Il cuore del gigante
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Info su questo ebook
George MacDonald
George MacDonald (1824-1905) was a popular Scottish lecturer and writer of novels, poetry, and fairy tales. Born in Aberdeenshire, he was briefly a clergyman, then a professor of English literature at Bedford and King's College in London. W. H. Auden called him "one of the most remarkable writers of the nineteenth century."
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Anteprima del libro
Il cuore del gigante - George MacDonald
I LEONCINI
frontespizioGeorge MacDonald
Il cuore del gigante
ISBN 978-88-9296-854-7
© 2020 Leone Editore, Milano
Traduttore: Giulio Mainardi
www.leoneeditore.it
Testo in italiano
Testo in inglese
C’era una volta un gigante che viveva al margine della Terra dei giganti, dove questa confinava col paese della gente comune.
Tutto, nella Terra dei giganti, era così grande che alla gente comune appariva solo come una massa di montagne e nuvole spaventose; e, per quanto tutti ne sapessero, nessun uomo ne era mai tornato vivo per riferire che cosa vi avesse visto.
Da qualche parte vicino a questa frontiera, dal lato della gente comune, viveva, al margine d’una grande foresta, un manovale con sua moglie e uno stuolo di figlioli. Un giorno Birichina, come la chiamavano, indispettì suo fratello Bobo Sbuffo, fino a che lui non ne poté più e le tirò un pugno al lato della testa. Birichina pianse; e Bobo Sbuffo se ne dispiacque e vergognò così tanto, che pianse anche lui, e scappò nel bosco. Era via da tanto tempo che Birichina iniziò a preoccuparsi, perché voleva molto bene a suo fratello; ed era così tormentata di averlo prima provocato e d’essersi poi messa a piangere, che alla fine corse nel bosco a cercarlo, anche se era più probabile perdersi che ritrovarlo. E, appunto, sembrò che l’esito fosse questo: perché, correndo e correndo senza guardarsi intorno, alla fine si ritrovò in una valle totalmente sconosciuta. E non c’è da stupirsi: perché ciò che lei credeva una valle, con curvi fianchi rocciosi, non era che lo spazio tra due radici di un grande albero, che cresceva alla frontiera della Terra dei giganti. Si arrampicò su uno dei due lati, e proseguì verso quella che credeva una montagna nera dalla cima tondeggiante, molto lontana; ma scoprì presto che era invece molto vicina, ed era uno spazio cavo, tanto grande che non avrebbe saputo dire in che cosa fosse stato scavato. Osservandolo, si rese conto che era il vano di un’immensa porta; avvicinandosi e guardando più attentamente, riuscì a vedere la porta, lontana all’interno; con un picchiotto di ferro a un bel po’ di metri sopra la sua testa, e grande come l’ancora d’una grande nave. Ora, nessuno era mai stato scortese con Birichina, e lei, pertanto, non aveva paura di nessuno. Il pugno di Bobo Sbuffo, infatti, non lo prendeva nemmeno in considerazione. Così, notando un piccolo buco al fondo della porta, che era stato rosicchiato da un qualche topo gigante, entrò dentro pian pianino, e si ritrovò in un immenso salone. Non riusciva a vedere l’altra estremità di quell’ambiente, a eccezione del grande fuoco che bruciava laggiù, e che per la distanza era ridotto a una scintilla. Corse verso questo fuoco veloce quanto poteva, e non era lontana quando qualcosa le cadde davanti con un gran fracasso; lei ci inciampò sopra, e rotolò sul pavimento. Non si fece molto male, però, e si rialzò subito dopo. Vide che l’oggetto in cui era inciampata era simile a un grande secchio di ferro. Quando l’esaminò più da vicino, si rese conto che era un ditale; e alzando lo sguardo per vedere a chi fosse caduto, scorse una faccia enorme, con occhiali grandi come i finestroni rotondi d’una chiesa, curvi su di lei, che cercavano il ditale in ogni luogo. Birichina lo afferrò immediatamente con entrambe le braccia, e riuscì a sollevarlo di un paio di centimetri verso il naso di quella scrutante gigantessa. Questo movimento fece sì che la vecchia signora vedesse dov’era il ditale; e, infilandoci il dito, lo fece sparire dagli occhi di Birichina tra le pieghe di un calzettone bianco simile a una nuvola nel cielo, che la signora gigantessa stava rammendando indaffarata. Era, infatti, la sera del sabato, e di domenica suo marito voleva sempre indossare calzettoni bianchi. Certo, naturalmente mangiava i bambini piccoli, ma solo quelli davvero piccoli; e se mai gli veniva in testa il