Archeologia e museologia
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Anteprima del libro
Archeologia e museologia - Daniele Biancardi
Intro
«Archeologia e museologia appaiono fin dall’antichità una cosa sola; da quando esistono gli uomini, intesi nella loro specificità culturale e biologica, appare ormai chiaro che essi hanno, in un modo o nell’altro, raccolto, conservato e tesaurizzato quegli oggetti che si rivelavano utili solo in quanto recavano i segni di un passato più o meno lontano
. In questo saggio ci occuperemo, appunto, di archeologia e musei, con qualche esempio europeo, italiano e ferrarese». (D.B.)
INTRODUZIONE
La prima testimonianza storica di una attività archeologica, è un documento epigrafico, un mattone di fondazione, dovuto al re di Babilonia Nabonedo (556-539 a.C.), rinvenuto a Larsa, in Iraq, datato al VI secolo a.C.; il documento ci fa sapere che un suo predecessore Nabucodonosor II (605-562 a.C.) aveva scoperto il tempio di Burnaburiash, altro sovrano babilonese vissuto nel XIII secolo a.C., e da lì risale e fa decifrare l’iscrizione di Hammurabi (1792-1750 a.C.), stabilendo che il luogo era lo stesso. Il re Nabonedo, consapevolmente, fece restaurare il tempio, aggiungendovi una nuova iscrizione, da affiancare a quella antica, un segno tangibile che ha la funzione di essere percepito e riconosciuto come un passato rivisitato e sempre attuale: oggi diremmo una scelta museografica
1.
Alla corte dei faraoni egiziani maturano le forme più raffinate e concettualmente evolute di accumulo e conservazione degli oggetti, che hanno la loro espressione più alta nelle sepolture
2; accanto alla salma si trovavano gli oggetti accumulati nel corso dei giorni e degli anni precedenti la morte del faraone, oggetti di vario tipo appartenuti al sovrano, con l’integrazione delle pitture geroglifiche.
Il futuro corredo funerario restava in un palazzo che, alle origini, era probabilmente un tempio; al suo interno doveva essere ricavato uno spazio adatto alla conservazione sia degli oggetti destinati a compiere il viaggio nell’aldilà, sia di quei materiali carichi di significato, che erano indispensabili alla loro produzione: oro, argento, bronzo, perle, giada, porfido...
3. I nostri musei di arte e di archeologia sono eredi di quelle antiche tombe - e quindi, anche degli antichi tesori
4.
La tomba dunque, come primo museo. D’altro canto il collezionare è un atteggiamento tipico dell’uomo; gli uomini di Neanderthal raccoglievano ossa e crani secondo un certo criterio, cerimoniale o simbolico, organizzavano corredi funebri per i defunti. Si abbellivano con penne di aquila e altri uccelli a scopo ornamentale 5, e le esibivano come simbolo di autorità; facevano commerci di pietre e conchiglie per farne collanine e bracciali, lo dimostra il ritrovamento, nella Grotta di Fumane (VR), di una conchiglia datata ad almeno 47.600 anni, che reca in superficie tracce incontrovertibili che provano l’applicazione di pura ematite finemente macinata e la sospensione con una cordicella che ha lasciato delle strie riconoscibili
6.
Più avanti nel tempo, in pieno Neolitico sono state scoperte tombe già chiaramente differenziate in funzione del sesso e della condizione sociale delle persone che vi erano seppellite. Più tardi numerose civiltà hanno ulteriormente accentuato queste differenze e in tal modo hanno lasciato nelle sepolture esemplari svariati di attrezzi, armi, oggetti da toeletta, gioielli e ornamenti, tappezzerie, strumenti musicali, opere d’arte, ecc.
7.
Nel mondo antico dei Greci la raccolta di oggetti offerti agli dèi è ampiamente documentata; da ogni luogo della Grecia affluivano ai santuari rupestri statue, oggetti in oro e pietre preziose, tripodi, stoffe e tanto altro ancora; le offerte una volta entrate nel tempio divenivano proprietà degli dèi ma rimanevano esposte allo sguardo degli uomini, divenivano un tramite tra il visibile e l’invisibile
, intermediari tra i mortali e gli immortali, questi oggetti sono stati chiamati semiofori, oggetti che non hanno utilità ma che " sono dotati di un significato; non essendo manipolati ma esposti allo sguardo, non subiscono usura" 8.
Nel luogo sacro, dove l’oggetto è dedicato alla divinità, ma anche offerto alla vista di tutti, si prefigura "l’idea stessa di museo, dove gli oggetti, assunti a proprietà del dio, non possono più appartenere ad un singolo ma costituiscono un inalienabile bene collettivo da tutelare, conservare, rispettare. I santuari dell’antichità hanno quindi