Il Baffo del Dittatore
Di Anna Russo
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Se lo avessero saputo non lo avrebbero mai catturato, anzi si sarebbero ben guardati dal farlo.
Il fatto è che lui quel giorno sembrava un cane e loro presero il cane.
Quel giorno faceva molto freddo.
Era una settimana che faceva un freddo così e la gente non ne poteva più.
In realtà la gente non ne poteva più di molte cose, ma di tutte le altre era proibito lamentarsi. Così tutti finivano per lamentarsi esageratamente del freddo, concentrando sulle condizioni atmosferiche tutte le loro pene.
Era per il freddo che non c’era il pane, sempre per il freddo che non c’era il latte. Per il freddo la carne non c’era più da molto tempo e ancora a causa del freddo la gente spariva.
Così grazie al freddo potevano parlare di tutto quello che volevano, perché tutto quello che volevano dire non si poteva dire: era vietato.
Ma a lui (quello che sembrava un cane) di tutto quello che era vietato non importava un bel nulla e niente e nessuno avrebbe potuto impedirgli di dire quello che pensava.
Lui aveva una vecchia pelliccia grigia, non aveva alcun nome e aveva cinque anni e a parte questo non aveva altro.
Anzi non è vero, un nome lo aveva, ma se adesso lo dico suonerebbe troppo strano, così lo saprete solo tra qualche pagina.
In realtà era un nome che ciascuno interpretava a suo modo, ma comunque lo rese sempre riconoscibile.
Anna Russo
Anna Russo was born in Naples, Italy. Her debut as a writer partly came about after she received a major literary prize for travel writing: "The Next Generation".As a result of the grant she lived for twelve years in Southern France where she became close to the gypsies, particularly two of the "grand" families of Reyes and Baliardo. From this research and collaboration, she wrote two important books, "Gitani si nasce e si diventa" (We are born and we become Gypsies) and "El Cante Flamenco" (The Flamenco Song), which received support from the Spanish Consulate in Italy and by the Cervantes Cultural Institute.Her meeting with the publisher Salani generated another book, "La bambina Babilonia" (Babilonia Girl), which received great success and was awarded numerous prizes: Cento Award ’05 -The international Award Gay-Tachè ‘07.Following this success, she signed with Einaudi r. one of the most respected publishers in Italy. Her new writing includes: "Pao alla conquista del mondo" (Pao conquerer the world) published in 2006 by Einaudi r."Caro Hamid, fratello lontano" (Dear Hamid, my far brothers) in 2007 by Einaudi r. . The meeting with Einaudi publisher represent a decisive turn in the poetics and direction of the author.In meanwhile she do a lot of conference running up and down Italy to be more near kids and their world.At the same time, in 2007, begins a collaboration with the prestigious production house, Demas & Partners, for the creation and scriptwriting of the series “I racconti dell’aquilone” (Tales of a Kite), 26 episodes of thirteen minutes each, a series which brings the author’s subjects towards other media carriers.In 2008 publishes with the famous publishing house Fatatrac, ”Ibrahim, the child of the field”, a text that immediately meets an outstanding public success.In 2010 publishes with Mursia “The Dictatore’s Moustaches” that becomes a didactict text in the middle school, and in 2011 published with Alacran “Chuang Tse and The first Emperor”.She lives in Rome, Italy.
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Il Baffo del Dittatore - Anna Russo
IL BAFFO DEL DITTATORE
Anna Russo
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IL BAFFO DEL DITTATORE
Copyright © 2012 by Anna Russo
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Thank you for respecting the author's work.
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Ogni giorno accadono numerosi miracoli,
peccato che li scambiamo per coincidenze.
(La ragazza senza piedi)
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IL BAFFO DEL DITTATORE
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Questa storia è ambientata un po’ nel passato e un po’ nel futuro di un mondo che solo per miracolo non si è estinto su un pianeta così lontano che pochi ne conoscono l’esistenza.
Quel mondo così lontano non è molto diverso dal nostro eppure proprio a causa delle sue coordinate nello spazio i destini di quel popolo alieno si sono attorcigliati in un modo così strano da diventare un groviglio inestricabile e complesso, totalmente estraneo dalla nostra coerente linearità.
Alcuni scienziati e molti astrofisici hanno puntato i loro cannocchiali in quella direzione, ma il pianeta sembra come in ombra, forse perché i suoi abitanti ancora si vergognano per quello che è accaduto e allora si nascondono.
Ma per fortuna, anche se per incoscienza o guasti tecnici, si va a finire nel punto più lontano della galassia, i miracoli sono capaci di raggiungerci ovunque, nonostante le nostre intenzioni.
E il miracolo, quello a cui quegli uomini e quelle donne di quello strano pianeta devono la loro esistenza, è quello che vi racconto nelle pagine che seguono…
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Se lo avessero saputo non lo avrebbero mai catturato, anzi si sarebbero ben guardati dal farlo.
Il fatto è che lui quel giorno sembrava un cane e loro presero il cane.
Quel giorno faceva molto freddo.
Era una settimana che faceva un freddo così e la gente non ne poteva più.
In realtà la gente non ne poteva più di molte cose, ma di tutte le altre era proibito lamentarsi. Così tutti finivano per lamentarsi esageratamente del freddo, concentrando sulle condizioni atmosferiche tutte le loro pene.
Era per il freddo che non c’era il pane, sempre per il freddo che non c’era il latte. Per il freddo la carne non c’era più da molto tempo e ancora a causa del freddo la gente spariva.
Così grazie al freddo potevano parlare di tutto quello che volevano, perché tutto quello che volevano dire non si poteva dire: era vietato.
Ma a lui (quello che sembrava un cane) di tutto quello che era vietato non importava un bel nulla e niente e nessuno avrebbe potuto impedirgli di dire quello che pensava.
Lui aveva una vecchia pelliccia grigia, non aveva alcun nome e aveva cinque anni e a parte questo non aveva altro.
Anzi non è vero, un nome lo aveva, ma se adesso lo dico suonerebbe troppo strano, così lo saprete solo tra qualche pagina.
In realtà era un nome che ciascuno interpretava a suo modo, ma comunque lo rese sempre riconoscibile.
*
Era nato da una donna cinque anni prima, ma sembrava un po’ morto.
La sua mamma indecisa tra il seppellirlo o no, lo guardò, lo vide tutto blu, poi si accorse che qualcosa di rosso gli sbocciava sulle guance e allora fece un gesto da mamma e invece di seppellirlo, dato che comunque non poteva tenerlo, lo avvolse in una sciarpa verde e lo mise nella ruota dell’ospizio di carità, sicura che chi c’era dall’altra parte avrebbe potuto fare qualcosa per il suo piccoletto.
In quel mondo e in quell’ epoca si faceva così.
I bambini di troppo venivano messi nella ruota dell’ospizio e passavano da quella parte della vita dove una famiglia è composta da una madre, un padre e dei fratelli, a quella dove l’esistenza te la guadagni da solo dal primo momento in cui apri gli occhi (sempre se a quel punto ne hai voglia).
Ma quella sera quelli dell’ospizio dimenticarono di controllare la ruota degli orfanelli.
A loro discolpa bisogna dire che quella notte faceva davvero molto freddo, così un torpore grave si impadronì della gente, anche di quelli che avrebbero dovuto controllare la ruota, che ormai essendo abituati a tutto pensarono: Se c’è un bimbo sulla ruota piangerà!
Il pensiero li rasserenò.
Andarono a dormire con la coscienza a posto e si addormentarono così profondamente che non avrebbero sentito neppure lo scoppio di una bomba.
Ignara di tutto e fiduciosa, sua mamma lo lasciò piangendo, mentre lui ancora non aveva deciso da che parte del mondo stare e per il momento preferiva starsene ad occhi chiusi, a non piangere e a non pensare, tutto raggomitolato in una strana stoffa verde un po’ lucida che lo faceva sembrare più un cocomero che un bambino, così quelli che passarono di lì pensarono davvero che lo fosse.
Ma, nonostante avessero tutti fame, il cocomero gelato d’inverno non piaceva a nessuno, di conseguenza nessuno si preoccupò di lui né qualcuno considerò che i cocomeri d’inverno non ci sono. Ma erano troppo intorpiditi per pensare, così non pensarono. Cercavano solo di tornare a casa in fretta, prima delle otto, perché dopo, quelli che comandavano avrebbero sparato a chiunque avrebbero incontrato per strada.
*
Anche lui, che adesso chiameremo Cocomero
(che come nome proprio scriverò con la maiuscola iniziale), se ne stava intorpidito nella ruota indeciso tra la vita e la morte, incapace di pensare, finché qualcosa di morbido e caldo gli sfiorò la guancia.
Era il primo gesto d’affetto che un essere vivente gli rivolgeva. Allora Cocomero si attaccò a quel gesto con tutte le sue forze e prese a vivere.
Come prima cosa aprì gli occhi e sorrise al suo benefattore.
Era un cane, anzi una cagna magrissima e bianca che lo guardava con gli occhi umidi indecisa se mangiarselo o no, dato che non mangiava da giorni e ormai lo stomaco iniziava a prendere il sopravvento sulla ragione.
Ma proprio in quel momento a Cocomero venne da ridere. Allungò la manina sul naso del cane, lo schiacciò e gli fece il solletico.
La cagna non riceveva un gesto d’affetto da un sacco di tempo e si sentì come sciogliere.
Le si sciolse il cuore.
Gli occhi le si riempirono di lacrime e provò una gioia così grande come non aveva mai provato. Allora regalò un’altra leccata al piccolo Cocomero, questa volta d’affetto, e fu allora che lo adottò.
La neomamma decise di dare anche un nome al suo cucciolo. Lo chiamò Arf.
Ma per nominarlo dovette abbaiare, così svegliò quelli che volevano dormire e a causa dei troppi pensieri la cosa non gli veniva bene. Allora si appellavano a tanti pretesti dicendo che era per questo o per quello che non potevano dormire pur di