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Un borgo della Liguria genovese nel XV secolo (1450-1500): Sestri Levante
Un borgo della Liguria genovese nel XV secolo (1450-1500): Sestri Levante
Un borgo della Liguria genovese nel XV secolo (1450-1500): Sestri Levante
E-book357 pagine3 ore

Un borgo della Liguria genovese nel XV secolo (1450-1500): Sestri Levante

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Info su questo ebook

L'accurato studio di Françoise Robin "offre un'immagine completa e vivace di uno di quei distretti della Riviera ancora poco conosciuti. Il lettore puù misurare i risultati di una colonizzazione del suolo perseguita per secoli e appena conclusa: più di venti Ville, villaggi abbarbicati sui pendìi delle montagne, un'economia dove l'arboricoltura s'impone in modo deciso, la rete molto densa dei fossati per l'irrigazione e lo stupefacente intrico di coltivazioni sullo stesso appezzamento di terreno: un paesaggio profondamente marcato dagli sforzi dell'uomo; una terra che risponde alla richiesta di prodotti di pregio, alla ricerca di elevati rendimenti. Una nuova economia che ben si adatta, pare, a strutture sociali rimaste arcaiche. [...]

Evocare Sestri Levante significava pure presentare un preciso esempio di colonizzazione genovese, dei suoi effetti, dei suoi caratteri. La storia di questa colonizzazione medievale sulle coste vicine o lontane del Mediterraneo è stata troppo spesso limitata a quella della conquista e delle forme istituzionali, a quella dell'amministrazione o del protettorato, a quella, infine, degli eventi militari o delle relazioni commerciali. Questa storia, vista dalla metropoli, non soddisfa per nulla la nostra curiosità. L'importanza di questo libro consiste nell'aver affrontato lo studio di una colonia dal suo interno: dai documenti locali. Cogliamo dal vivo l'esistenza di queste piccole comunità politiche che beneficiano, a quanto pare, di una larga autonomia. [...] L'influenza della Superba resta piuttosto debole: interventi politici negli affari locali che perlopiù si limitano a semplici arbitrati, debole pressione fiscale, assenza quasi totale di sfruttamento economico. A qualche ora di vela, Genova pare tuttavia molto distante agli uomini di Sestri.

Solo il borgo, l'«isola» fortificata, ancorata nel mare, dominata dal suo castello, è testimone di un reale possesso".
LinguaItaliano
Data di uscita6 lug 2016
ISBN9788899415198
Un borgo della Liguria genovese nel XV secolo (1450-1500): Sestri Levante

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    Un borgo della Liguria genovese nel XV secolo (1450-1500) - Françoise Robin

    COLOPHON

    Tutti i diritti riservati

    Copyright ©2016 Gammarò edizioni

    http://www.gammaro.eu

    ISBN 9788899415198

    Titolo originale dell’opera:

    Un borgo della Liguria genovese nel XV secolo (1450-1500)

    Sestri Levante

    di Françoise Robin

    Collana * Mnemosine / Letteratura e storia *

    diretta da

    Vincenzo Gueglio

    progetto grafico:

    Sara Paganetto

    Prima edizione giugno 2016

    Indice

    Prefazione

    Introduzione

    Presentazione e studio critico delle fonti manoscritte

    1. Il catasto

    2. Gli atti notarili

    3. Altre fonti

    PRIMA PARTE

    SESTRI: «RIVIERA» GENOVESE

    I. IL PESO DELLA GEOGRAFIA E DELLA STORIA

    1. Le montagne e il mare

    2. Genova e i Fieschi

    II. IL DOMINIO GENOVESE

    1. La Fortezza: insediamento militare

    2. I quadri politici ed amministrativi: genovesi o autoctoni

    3. La fiscalità genovese

    a) Imposte dirette

    b) Imposte indirette

    c) I pesi, misure e la moneta

    4. L’attrattiva della Città

    SECONDA PARTE

    LA REGIONE E LE SUE ATTIVITÀ

    I. IL TERRITORIO E LE TERRE DI SESTRI: I PAESAGGI AGRARI

    1. Introduzione: Dimensioni, confini e caratteri del territorio di Sestri

    2. L’interpretazione del catasto per la ricostruzione del paesaggio: problemi e difficoltà

    3. Distribuzione dei boschi e delle coltivazioni

    a) Veduta d’insieme

    b) La raccolta: boschi e castagneti

    c) Le colture arbustive: ulivi, vigne, fichi

    d) Le coltivazioni secondarie: cereali, prati e orti

    4. Tipi di paesaggio e di economie rurali

    a) Aree specializzate

    b) I territori più diversificati

    c) Il paesaggio

    Le colture miste

    Terrazze e i confini

    Irrigazione

    5. Conclusioni: evoluzione del territorio

    II. LE ATTIVITÀ: SFRUTTAMENTO E IMPIEGO DEI PRODOTTI DEL TERRITORIO

    1. Raccolta e piccole imprese

    a) Castagne e cereali; farine e mulini

    b) L’olio e il vino: i frantoi e la commercializzazione

    2. La pesca

    a) La tecnica

    b) L’organizzazione

    c) Consumi e vendita del pesce

    3. Il territorio e le sue attività: conclusioni

    TERZA PARTE

    L’HABITAT E LA VITA MATERIALE

    HABITAT E VITA MATERIALE

    I. I tipi di habitat

    1. L’Isola e il borgo: centri urbani della Podesteria

    L’Isola

    Il borgo

    2. Le ville o l’habitat rurale

    a) Tipo di habitat raggruppato: Villa con un solo Villaggio

    b) Altri tipi di habitat raggruppati: le Ville che possiedono due o più centri

    c) Tipo di habitat sparso: quattro Ville originali

    3. L’habitat rurale: tentativi di spiegazione

    a) Raggruppamenti o dispersione: le ipotesi

    b) La scelta della ubicazione per le case isolate

    4. Conclusione: povertà dell’habitat rurale

    II. LA CASA: DESCRIZIONE

    1. Edificazione e sistemazione

    a) Tipologie diverse: casa principale e pertinenze

    b) Costruzione e sistemazione esterna

    c) L’interno

    2. Modalità di occupazione

    3. L’arredamento

    III. VITA MATERIALE: L’ABITO DA CERIMONIA

    1. Forme e definizioni

    2. Stoffe e colori: vestiti da festa e vestiti d’uso quotidiano

    QUARTA PARTE

    GLI UOMINI: FAMIGLIE E MENTALITÀ

    I. LA FAMIGLIA: FAMIGLIA PRIMARIA O CLAN FAMILIARE?

    1. Studio dei cognomi

    2. La dimensione delle famiglie e la loro ripartizione

    3. Il gruppo familiare: l’albergo

    II. LA VITA DELLA FAMIGLIA: DISPERSIONE O CONCENTRAZIONE?

    1. La dispersione della famiglia

    a) Le doti

    b) Le eredità

    2. La concentrazione familiare

    a) Le doti

    b) Le eredità

    III. LA RELIGIONE E LA CULTURA

    1. Il clero e la chiesa

    2. Il sentimento religioso

    a) Luogo di sepoltura

    b) Studio dei nomi di battesimo

    La tradizione popolare

    I nomi d’origine religiosa

    Gli apostoli

    Il culto dei santi. I mendicanti

    c) I doni caritatevoli

    QUINTA PARTE

    ATTIVITÀ E PATRIMONI

    I. LE RICCHEZZE FONDATE SULLA TERRA

    1. Quantità e natura delle terre possedute

    a) Quantità di terre per iscritto

    Proprietà e coltivazioni

    b) Le proprietà terriere

    2. Proprietari e coltivatori

    a) I proprietari, gente di Sestri e uomini liberi

    b) Le relazioni di antica tipologia: locazioni e «livelli»

    La locazione

    Il «livello»

    c) L’introduzione del capitale: la mezzadria

    II. PATRIMONI FONDATI SU ALTRE ATTIVITÀ

    1. L’artigianato e l’impresa

    a) I prodotti del suolo

    b) Il sottosuolo

    2. Il commercio

    a) L’interno

    I mezzi di trasporto terrestre

    Gli scambi

    b) Il commercio marittimo

    I porti e le imbarcazioni

    Gli scambi con Genova

    Il commercio lontano

    3. Il danaro

    a) Le locazioni-vendite

    b) I prestiti su pegno e ipoteca

    c) La pratica dell’usura: conclusione

    III. I TIPI SOCIALI

    1. Grandi famiglie e proprietari terrieri

    2. Mercanti, imprenditori e pescatori

    3. Artigiani, pescatori, osti e notai

    CONCLUSIONI

    Il territorio di Sestri

    La colonizzazione genovese

    APPENDICE

    1. Ripartizione dei patrimoni fondiari nelle diverse ville di Sestri

    2. Frammenti dal catasto

    Prefazione

    Non esisteva un motivo particolare per concentrare l’attenzione su Sestri Levante piuttosto che su altri borghi della Riviera ligure di Levante: tutti punti fortificati che costellavano la strada marittima verso l’Italia centrale. Molto presto sottomesso alla dominazione genovese, questo territorio non presentava alcuna profonda originalità e non si distingueva dai suoi vicini (Rapallo, Santa Margherita, Chiavari per esempio) se non per una vocazione agricola molto affermata e forse anche per il fatto che le barche che frequentavano il suo porto si dedicavano solo a piccoli traffici senza importanza.

    La scelta di Françoise Robin si spiega certo con il desiderio di evocare una civiltà propriamente rurale rimasta ai margini delle correnti del grande traffico commerciale, ma anche e soprattutto per la casualità della documentazione. Questo libro, uno dei primi, credo, consacrato alle economie e alle società delle campagne liguri del Medioevo, è nato dal fortunato incontro, per un periodo relativamente limitato, di due tipi di documenti: diversi fascicoli di atti notarili redatti sul posto e d’altra parte, fortuna molto più rara per questa regione, un catasto completo perfettamente conservato. Lo studio simultaneo di queste due fonti non è stato agevole: la ricerca ha dovuto dapprima concentrarsi, a lungo, sul vocabolario poco esplicito e talvolta oscuro utilizzato dagli estensori incaricati di descrivere in modo sommario e di tassare case e terre. Ma, superate queste difficoltà, il catasto permetteva di dare un’idea globale sufficientemente precisa del paesaggio agrario, dell’importanza relativa dei tipi di coltura e di ripartizione delle ricchezze fondiarie. Gli atti notarili stessi, come sempre, portavano ad analisi di dettaglio più concrete, più circostanziate e fornivano una quantità di informazioni molto preziose sui modi di vita, sui diversi aspetti di cultura materiale, sui diritti delle genti e sulla struttura delle famiglie.

    Così l’opera offre un’immagine al contempo completa e vivace di uno di quei distretti della Riviera ancora poco conosciuti. Il lettore può misurare i risultati di una colonizzazione del suolo perseguita per secoli e sicuramente conclusa da poco: più di venti Ville, Villaggi o frazioni, abbarbicati sui pendii delle montagne, numerose case isolate, una economia dove l’arboricoltura s’impone in modo deciso, quasi esclusivo, la rete molto densa dei fossati per l’irrigazione e lo stupefacente intrico di coltivazioni sullo stesso appezzamento di terreno: un paesaggio profondamente marcato dagli sforzi dell’uomo (anche se, come suggerisce l’autrice, costoro non hanno ancora costruito terrazze sui fianchi delle colline); un paesaggio ricco, vario, spesso confuso, una terra che risponde alla richiesta di prodotti di pregio, alla ricerca di elevati rendimenti. Una nuova economia che ben si adatta, pare, a strutture sociali rimaste arcaiche.

    Possiamo anche, d’altronde, meditare sulla totale libertà individuale di questa popolazione contadina - tutto sommato poco tassata dalla grande città, affrancata da ogni servitù di carattere personale - e sul suo potere economico: fatte salve le terre della Chiesa, tutti i campi appartengono agli abitanti del borgo, soprattutto contadini, e agli abitanti delle città: nessuna terra signorile qui, nessuna proprietà di mercanti genovesi.

    Evocare Sestri Levante significava pure presentare un preciso esempio di colonizzazione genovese, dei suoi effetti, dei suoi caratteri. La storia di questa colonizzazione medievale sulle coste vicine o lontane del Mediterraneo è stata troppo spesso limitata a quella della conquista e delle forme istituzionali, a quella dell’amministrazione o del protettorato, a quella, infine, degli eventi militari o delle relazioni commerciali. Questa storia, vista dalla metropoli, non soddisfa per nulla la nostra curiosità.

    L’importanza di questo libro consiste nell’aver affrontato lo studio di una colonia dal suo interno: dai documenti locali. Cogliamo dal vivo l’esistenza di queste piccole comunità politiche che beneficiano, a quanto pare, di larga autonomia, eleggono i loro magistrati. Soprattutto notiamo il debole peso di questo assoggettamento genovese. Lo stato genovese, ridotto a una sottile frangia litoranea inframezzata da pericolose inclusioni, tesse legami sottili e lenti tra la metropoli e queste agenzie. L’influenza della Superba resta piuttosto debole: interventi politici negli affari locali che perlopiù si limitano a semplici arbitrati, debole pressione fiscale, assenza quasi totale di sfruttamento economico.

    A qualche ora di vela, Genova par tuttavia molto distante agli uomini di Sestri.

    Solo il borgo, l’Isola fortificata, ancorata nel mare, dominata dal suo castello, è testimone di un reale possesso. Questo territorio fu essenzialmente un avamposto militare, ma non un’agenzia commerciale, tanto meno una terra da colonizzare.

    Queste conclusioni, che dovranno essere confrontate con quelle dei lavori in corso sulle terre dell’Oriente genovese, mostrano, perlomeno per questi anni 1460-1490, che Genova, al contrario forse di altre città commerciali d’Italia, non ha propriamente colonizzato né sottomesso le sue campagne. Nonostante una presa di possesso militare, il mantenimento di una piccola guarnigione, l’invio di qualche ufficiale di giustizia o delle finanze, questa dominazione permane superficiale. L’apertura sul mare ha senz’altro accelerato l’evoluzione dell’economia, ma non ha molto trasformato né le abitudini di vita né le strutture sociali.

    Così la conoscenza di Sestri Levante permette di immaginare meglio, per il mondo mediterraneo, la profonda permanenza dei cantoni montani, restati al margine dalla diretta influenza della città; ci mostra che la storia dell’Italia medievale non deve limitarsi a quella delle metropoli economiche, al contrario. Lo studio delle campagne ci può insegnare molto e pure, come ci indica una delle conclusioni di Françoise Robin, aiutarci a conoscere meglio le origini e le caratteristiche di determinate società urbane. Il che, evidentemente, sconvolge un poco la direzione dei percorsi generalmente ammessi.

    Jacques Heers

    Parigi, 1976

    Jacques Heers (Parigi, 1924) allievo di Fernand Braudel, specialista di storia del Medio Evo, professore all’ Università di Paris-Nanterre, poi direttore degli Studi medievali a Paris IV.

    È autore di un fondamentale libro su Genova, più volte citato nel presente studio: Gênes au XIV siecle. Activitè economique et problèmes sociaux, Paris SEUPEN 1961, tradotto in Italiano da Jaca Book.

    Ha dedicato diversi libri al Medioevo italiano; tra questi: Christophe Colomb, Paris Hachette, 1981; Marco Polo, Paris, Fayard, 1983; Machiavel, id.1985; Le clan des Médicis, Paris, Perrin, 2008.

    Il suo ultimo lavoro è La naissance du capitalisme au Moyen Âge, Paris, Perrin 2012.

    introduzione

    Numerosi e importanti lavori sono stati dedicati allo studio delle grandi città italiane nel Medioevo. La storia politica, sociale ed economica di Firenze come di Genova, di Venezia, di Milano o di tante altre ci è ormai nota. Certamente restano ancora parecchi aspetti da precisare o da chiarire, ma non sarebbe più un nuovo e inesplorato ambito di ricerca.

    Per contro le campagne italiane sono ancora mal conosciute, come il «contado» della grande città (come quello di Firenze, per esempio) o come i feudi delle montagne: la campagna della città come quella del signore sono state oggetto di pochissime ricerche.

    Il «contado» di Firenze tuttavia è stato studiato un po’ di più, perlopiù su aspetti particolari, tramite i lavori di I.Imberciadori,¹ P.J. Jones,² E. Conti³ e Ch. Higounet.⁴ C.M. De la Roncière, che prepara un lavoro importante sulle campagne fiorentine nel XIV secolo, attualmente ha pubblicato un lavoro su un cambiavalute fiorentino che implica già ampi sviluppi sulla proprietà fondiaria di quest’uomo d’affari e le sue relazioni con i contadini.⁵

    Quanto ai feudi, Cl. Rotelli,⁶ F.Cognasso,⁷ M.C. Daviso di Charvensod,⁸ M.Cipolla⁹ hanno delineato l’immagine delle montagne piemontesi. Si aggiungano inoltre alcuni lavori sulla montagna bolognese¹⁰ o sulla regione di Verona.¹¹

    Tuttavia nessuna opera direi anche nessun articolo specifico si sono ancora interessati alle campagne liguri. Ora, questa regione presenta il vantaggio di offrire al contempo un «contado» genovese, essenzialmente la costa, sottomesso a Genova e numerosi feudi tenuti da Fieschi, Malaspina, Doria, Spinola o Grimaldi.

    Lo studio rurale di questi feudi, interessante per le sue implicazioni sui rapporti signori-contadini, è purtroppo quasi impossibile a causa dell’assenza di documenti.

    Ho così dovuto abbandonare il mio progetto originario di studiare il feudo di Lavagna appartenente ai Fieschi, sulla Riviera del Levante.

    Restava una seconda possibilità: lo studio del borgo del «contado» genovese. La borgata di Sestri Levante offriva un interesse tutto particolare per la presenza di un catasto del 1467, uno dei rari che si siano conservati per tutta la Liguria.¹² Qualche fascicolo di atti notarili, di certo meno originali, inoltre, completavano questa documentazione.

    Queste due fonti mi hanno permesso di affrontare con esattezza lo studio del paesaggio e dell’habitat rurale, dati diretti del catasto, quindi la descrizione dei metodi di coltivazione e l’organizzazione agricola di una regione contadina. Inoltre ho potuto attraverso gli atti notarili cogliere la fisionomia sociale di questo borgo, come pure i gruppi familiari, gli aspetti della vita comunitaria.

    Tutto questo porta all’oggetto principale di questo lavoro, poiché Sestri è possesso genovese: le relazioni della Città con un borgo della Riviera e, tramite queste, le relazioni tra Genova e il suo distretto.

    Ho dapprima visto l’aspetto politico della dominazione genovese a Sestri: in quale modo Genova, ha garantito la sua sovranità, per mezzo di quali quadri amministrativi? Ha saputo imporre una occupazione marcata, una «colonizzazione» come Firenze o, al contrario, si è accontentata di un controllo puramente militare e di trarre dalle Riviere i tributi che potevano versarle?

    Ma anche il problema economico è interessante. Genova è forse penetrata nella campagna di Sestri con le sue abitudini commerciali o con i suoi capitali al punto da modificarne la fisionomia? Ha forse trasformato una borgata rurale in un porto attivo per le esportazioni e le importazioni di prodotti genovesi o al contrario lascia a Sestri totale autonomia per assicurare gli scambi commerciali che le sono necessari o redditizi?

    Infine non trascuriamo neppure gli aspetti sociali: la struttura sociale è potuta cambiare sotto l’influenza di Genova così come la mentalità popolare. Anche in questo caso, qual è il limite dell’influenza genovese? I contadini di Sestri seguono le mode della Città o al contrario hanno conservato una cultura più rurale e peculiare?

    Non potrei concludere questa presentazione senza evocare i due anni di ricerca all’Archivio di Stato di Genova e ringraziare calorosamente, in questa sede, il professor Domenico Gioffrè per la sua accoglienza e il sempre valido aiuto che ha gentilmente voluto accordarmi.

    F. R.

    NOTE

    1I Imberciadori, Mezzadria classica toscana con documentazione inedita dal IX al XIV sec., in «Annales E.S.C.», 1954.

    2 P.J.Jones, From manor to mezzadria: a tuscan case-study in the medieval origins of modern agrarian society, in «Florentine studies: politics and society in Renaissance Florence», Londres, 1968

    3 E. Conti, I catasti agrari della repubblica fiorentina, in «Istituto storico italiano per il medioevo», Rome, 1966.

    4 Ch. Higounet, Les «terre nuove» florentines au XIV siècle, in «Studi in onore di Amintore Fanfani», III, Milano, 1962.

    5 C.M. De la Roncière, Un changeur florentin du trecento: Lippo di Fede del Sega (1285-1363), Paris, 1974.

    6 C.Rotelli, L’economia agraria di Chieri attraverso i catasti dei secoli XIV-XVI, Milano, 1967.

    7 F. Cognasso, Per la storia economica di Chieri nel secolo XII, in «Bollettino storico bibliografico subalpino», 1911.

    8 M.C. Daviso di Charvensod, I più antichi catasti del Comune di Chieri 1253, Turin, 1939; Id., I catasti di un Comune agricolo piemontese del XIII secolo, in «Bollettino storico bibliografico subalpino», 1956.

    9 M.Cipolla, Documenti piemontesi del secolo XIV riguardanti «campari», in «Atti della Reale Accademia», XXXIV, Turin, 1899.

    10 A. Palmieri, La montagna bolognese nel Medioevo, Bologna, 1919.

    11 A.Tagliaferri, L’economia veronese secondo gli estimi dal 1409 al 1635, Milano, Torino 1967; M.Lecce, I beni terrieri di un antico istituto ospedaliero veronese (secoli XV-XVIII), in «Studi in onore di A.Fanfani», III, Milano, 1962.

    12 Due catasti, uno dell’anno 1420, l’altro del 1473 si trovano attualmente conservati negli archivi di Albenga.

    PRESENTAZIONE E STUDIO CRITICO

    DELLE FONTI MANOSCRITTE

    1. Il catasto

    Per questo lavoro mi sono servita principalmente di un catasto di Sestri Levante, che porta il numero 395 della serie dei «Manoscritti». Si presenta sotto forma di un Registro di 22 cm di larghezza per 30,5 di lunghezza e 5 cm di spessore. Due tavole di legno rilegate sul dorso con una striscia di cuoio servono da copertina chiusa con due briglie di cuoio munite di un gancio di metallo.

    Nonostante il cuoio sia in alcuni punti liso e sfilacciato, lo stato di conservazione è buono. Il testo è scritto tra due margini fronte-retro di un foglio piuttosto spesso. Su alcune pagine si distingue una numerazione spesso praticamente indecifrabile.¹ La scrittura è bella, nitida e fitta, quasi sempre ben leggibile, benché l’inchiostro, sbiadito nelle prime pagine, abbia assunto una tinta scura che, a volte, rende difficile la lettura. I nomi propri all’inizio del paragrafo sono spesso ornati da belle iniziali dal disegno semplice ma grazioso. La lingua utilizzata è il latino, salvo per i nomi di luoghi scritti in genovese, contrariamente ai nomi propri latinizzati.²

    Il documento reca, in alto sulla prima pagina, la data 20 luglio 1467. Si distinguono nettamente tre parti separate da una decina di pagine bianche. Ognuna corrisponde ad uno dei terzieri del territorio di Sestri: terziere del borgo, terziere di San Giovanni, terziere di Santa Vittoria.

    Ogni terziere è a sua volta suddiviso in Ville, il primo comprende il borgo e due Ville e ciascuno degli altri due 10 Ville.³

    Sotto il nome della Villa l’estensore ha segnato quelli dei proprietari seguiti dall’elenco dei loro possedimenti fondiari, cioè delle case e dei terreni. Non risulta nessuna menzione dei beni mobili o del bestiame. Ogni terra o casa è valutata, quindi accompagnata da un prezzo in lire scritto in lettere sulla stessa riga e riportato in cifre in una colonna speciale a destra del foglio. Inoltre questi possedimenti sono generalmente localizzati e le terre sono caratterizzate dalle coltivazioni che vi sono praticate. Purtroppo manca un’importante informazione: la superficie di questi terreni. Cosicché questo catasto offre tre serie di indicazioni per ogni proprietario: dapprima la quantità dei suoi possedimenti seguita dal loro valore, globale e parziale, in seguito la tipologia delle coltivazioni e in terzo luogo la localizzazione delle terre e delle case.

    Tuttavia permangono dei problemi. Spesso il termine «terra» o quello di «domus» non è seguito da alcuna indicazione, né di coltivazione né di luogo. Inoltre, in qualche caso, il redattore si serve dell’espressione «pro eo quod habet», senza precisare la natura dei terreni, il che rende praticamente impossibile l’interpretazione. Infine più terreni situati nello stesso luogo sono, a volte, valutati globalmente, da cui l’impossibilità di ritrovare il valore di ognuno e di inserirli, ad esempio, in una tabella dei prezzi.

    Lo studio dei possessori presenta una seconda serie di difficoltà. In effetti, da una parte il nome del proprietario può essere seguito dall’indicazione «et fratres», d’altra parte si trova spesso l’espressione: «heredes quondam». In tal caso risulta difficile conoscere il numero delle persone che sfruttano in comune i beni elencati.

    Il catasto è, dunque, di difficile consultazione e ogni tentativo di statistica include necessariamente un certo margine di incertezza.

    A volte compaiono alcune indicazioni aggiuntive: per le Ville del terziere di San Giovanni e per una delle Ville del terziere di Santa Vittoria la numerazione dei possedimenti di ciascun proprietario è seguita dal montante dell’imposta che deve pagare.

    Al contrario, mancano le abituali informazioni per le ultime 4 Ville del terziere di Santa Vittoria, dove gli inquirenti hanno indicato il solo nome del proprietario e, a fronte, la somma imposta, senza menzionare i suoi beni e senza che alcuna indicazione permetta di spiegare la ragione di questa improvvisa interruzione.

    Genova ha dunque fatto stabilire questo catasto al fine di calcolare l’imposta sul patrimonio, o «posse», alla quale è soggetto, ciascun anno, ogni possessore delle Riviere. L’intitolazione precisa che il catasto è stato «noviter registratum et redactum per ultimos carcullatores». Ecco dunque un nuovo catasto e non un semplice aggiustamento degli anni precedenti. Sottolineiamo l’importanza di questo fatto che permette di conoscere la precisa fisionomia della ripartizione fondiaria a Sestri nel 1467. D’altra parte, questo catasto è rimasto in vigore almeno fino al 1482; in effetti, spesso in margine sono trascritte delle piccole rettifiche, in modo generalmente poco leggibile, per aggiungere o, al contrario, sottrarre una terra dai possedimenti del proprietario e l’ultima data è quella dell’anno 1482. Il catasto di Sestri rende così possibile uno studio del sistema fiscale genovese sulle Riviere.

    Chi ha redatto tale catasto? Funzionari genovesi o magistrati locali? Nessuna indicazione a riguardo. Certamente nell’amministrazione genovese la redazione di catasti di questo tipo doveva essere usuale. Documenti simili dovevano esistere in tutti i territori genovesi per aiutare la città a imporre la «posse». Purtroppo questo catasto di Sestri è uno dei rari ancora conservati in tutte le Riviere di Genova. È questa la ragione della sua importanza e del suo nuovo interesse per lo studio dell’economia e delle strutture sociali delle Riviere, ancora poco note. Questo ricchissimo documento permette non solo di conoscere con grande precisione la fisionomia economica di un territorio della Riviera di Levante, ma anche la struttura sociale di una borgata sottoposta a Genova e l’ammontare dei patrimoni dei suoi abitanti. Grazie all’esempio di Sestri si può anche immaginare con più facilità la vita di queste campagne liguri e i loro rapporti con Genova.

    2. Gli atti notarili

    Ho trovato, in altre parti degli archivi di Genova, le minute di due notai di Sestri Levante, che hanno praticato nella seconda metà del XV secolo. Giacomo Bellerone e Giacomo Zignaigo risiedono entrambi a Sestri e sono censiti nel catasto del 1467.

    Questi documenti, sistemati nelle tradizionali «filze» o fascicoli dell’«archivio di Stato» (3 di Giacomo Bellerone; 4 di Giacomo Zignaigo), hanno date piuttosto diversificate. Quelli di Giacomo Bellerone vanno circa dal 1450 al 1480. Tuttavia la «filza» n. 3 comprende un numero piuttosto rilevante di documenti redatti nel 1430 e 1433, la cui scrittura è molto differente. È improbabile che si tratti del medesimo notaio. D’altra parte nella «filza» n. 1 alcuni atti molto rari sono firmati da altri notai di Sestri.

    Quanto a Giacomo Zignaigo ha esercitato il suo mestiere essenzialmente dal 1470 a circa il 1515, dunque un po’ più tardi di Giacomo Bellerone.

    Ho considerato i soli documenti che riguardano gli anni dal 1450 al 1500, lasciando da parte, tranne per qualche atto particolarmente importante, le date estreme, troppo distanti da quelle del catasto (1467). I tre quarti dei documenti si trovano d’altronde inclusi in questo lasso di tempo.

    Ogni «filza» comprende da 400 a 500 minute o atti redatti piuttosto precisi e sviluppati, generalmente catalogati e numerati in modo molto estroso. Solo la «filza» n. 2 di Giacomo Bellerone risulta più o meno ordinata. Certi atti, tuttavia, non hanno

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