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Tango Piduista
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E-book203 pagine2 ore

Tango Piduista

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Info su questo ebook

Una ricerca che è diventata tesi, una tesi che diventa libro. Le trame oscure della P2 di Licio Gelli si snodano nei corridoi della Casa Rosada di Buenos Aires, sostenendo la scalata dei militari al potere. Dal colpo di stato di Videla ai vuelos de la muerte, la mano di Gelli e compagni è l'aiuto esterno che permette di soffocare la repressione nel silenzio. Una presenza costante e influente, ratificata dall'iscrizione alla loggia dell'ammiraglio Massera e di altri militari autorevoli. Occasione importante per capire a fondo le ragioni di tanta violenza e rivedere allo specchio gli anni bui del nostro paese. Con una domanda sinistra: sarebbe potuto succedere anche in Italia?
LinguaItaliano
Data di uscita28 mag 2018
ISBN9788827831205
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    Anteprima del libro

    Tango Piduista - Gabriele Zangarini

    Chomsky)

    Prefazione

    di Maurizio Chierici

    Davvero la P2 non c’è più?

    Il ‘900 era l’Italia dei democristiani, comunisti, socialisti e fascisti di rimessa aggrappati alla nostalgia dei giorni neri. Abbiamo scavalcato il secolo nel qualunquismo dei post fascisti, post democristiani, post socialisti. Non dei post piduisti perché i numerari delle liste segrete resistono con l’impegno del modulare il programma di Gelli nelle tecnologie 2000: regressione della democrazia agli statuti regi con oligarchie che svuotano la carta costituzionale, pluralismo politico fuorilegge. E la storia del malaffare in doppio petto si allunga ai nostri giorni nascosta alle generazioni alle quali affidiamo il futuro. Memoria trascurata da libri, cattedre, giornali, dibattiti della politica e grandi pagine del passato raramente richiamate (in ore impossibili) nelle rievocazioni Tv impegnate a sfumare il passato che imbarazza i protagonisti cresciuti sotto la maschera della massoneria segreta, ripiegata nelle ombre amiche, sempre sulla cresta dell’onda. Protagonisti rimasti protagonisti non solo perché Berlusconi (tessera 1186, fascicolo 625) sale al Quirinale per suggerire al capo dello Stato un governo ideale, mentre Maurizio Costanzo (fascicolo 125, passato a fil di spada da Gelli tre giorni prima di Berlusconi) lo accoglie nella poltrona televisiva proprietà Mediaset e Roberto Gervaso (fascicolo 622) accompagna in edicola la Storia d’Italia di Montanelli distribuita addirittura da Repubblica. Solo Fabrizio Cicchitto (tessera 2232) scivola negli addii. Lascia il parlamento dove era entrato quarant’anni fa, sinistra socialista di Lombardi. Se ne va col timbro della Nuova Destra sbocciata nei giardini delle logge.

    Memorie oscurate, nessuno ne parla. E i ragazzi di buona volontà si improvvisano archeologi per recuperare un passato più che mai presente. All’università ho provato a coinvolgere gli studenti nello scavo P2. Smarrimento della ragazze prima fila. Forse un profumo…, Forse il parcheggio…. Sorride lo studente che sa. Una pistola…. Novantotto allievi; solo quattro coscienti che la P2 non era un paracarro, ma la ragnatela che mantiene il mistero sulle strategie dei colpi di stato striscianti che inquinano le democrazie in rodaggio. Memoria ormai ristretta ai racconti di famiglia. Tango Piduista comincia così.

    Racconti del padre raccolti da Gabriele Zangarini con la curiosità di chi vuole uscire dalla nebbia nella quale sta crescendo. Scopre fascisti, partigiani e trasformisti del dopoguerra nell’esempio concreto di Licio Gelli, camicia nera di Mussolini volontario in Spagna e ufficiale di collegamento con la Wermacht nell’agonia della Repubblica di Salò. Chissà come una sorella lo avvicina al Comitato di Liberazione clandestino. Comincia la carriera delle due facce. Vite parallele nei rifugi delle logge dove elabora l’esoterismo avvolgente della P2. Zangarini lo insegue con la curiosità di vuol capire come e perché. Non si rassegna alla analisi di un potere che nell’ombra gonfia l’avidità dei burattinai. L’inquieta il sospetto che i comandamenti del Piano Rinascita del gran maestro accompagnino sotto traccia la transizione di ogni società democratica nei moduli centralizzati di una società autoritaria. E rovescia la ricerca: quale ruolo potrebbe giocare la P2 aggiornata - P3, P4 - nei paesi governati da militari dove il verticismo delle divise reprime ogni sospiro? Affronta il labirinto per scoprire la finzione di una normalità spennellata nella quiete armata delle maschere quotidiane che nascondono paura e tragedie. Ecco l’Argentina e l’Uruguay delle alte uniformi di gelliana osservanza. Migliaia di ragazzi spariti nel niente, torture, carceri segrete; sofferenze soffocate dall’allegria del Tango e nei mondiali del pallone. Non per caso inaugurano le prime dirette delle Tv del Cavaliere con la benevolenza del governo craxiano e la complicità dei papaveri che amministrano i palcoscenici internazionali dello sport. Naturalmente italiani, naturalmente tessera P2.

    Zangarini insegue il Gelli che si allarga nelle Americhe latine trascinato dall’esperienza di Giancarlo Elia Valori, alto funzionario per la Rai: compra e vende spettacoli e canzoni. Zangarini ricostruisce strategie e furbizie, mediazioni e seduzioni dei soliti noti da questa e dall’altra parte del mondo. Recupera incredulo le testimonianze per capire come sia stato possibile nascondere nel perbenismo la violenza delle società pianificate dalla globalizzazione. E insegue Valori che trascina le ambizioni di Gelli in America Latina. Figlio di un compagno di scuola dell’Amintore Fanfani cavallo di razza del dopo De Gasperi, gli si apre facile la carriera Rai: funzionario alle relazioni internazionali. Coltiva relazioni vaticane, - Cavaliere di Cappa e Spada del Papa - e gira il mondo nell’obbedienza massonica. Dopo l’abbraccio a Gelli coltiva amici nei servizi segreti. Insomma, Zelig dai mille profili che Zangarini insegue nella meraviglia delle scoperte: quel mettere d’accordo alte uniformi e Chiesa argentina senza riuscire ad assaporare il trionfo della giunta militare. Succede qualcosa alla corte del Peròn al quale aveva organizzato il viaggio di ritorno a Buenos Aires dall’esilio spagnolo. Gelosie, pettegolezzi. E il vecchio presidente chiude le porte della Casa Rosada. E l’opportunismo di Gelli lo scarica senza battere ciglio. Resterà l’unico espulso nella storia P2. Lascia l’eredità de la serena convivenza tra golpisti e Conferenza Episcopale argentina. Nella cerimonia d’insediamento del governo militare - generale Videla e ammiraglio Massera (tessera P2) - la cornice dei vescovi sfuma l’angoscia del popolo che trema. Nella poltrona prima fila il nunzio apostolico Pio Laghi (destinato al berretto cardinalizio) e il cardinale Giovanni Benelli vice segretario dello Stato Vaticano. Ospiti d’onore isolati come naufraghi. Ogni altra diplomazia straniera sfugge la vetrina che nobilita il colpo di stato. Come mai il Vaticano benedice? Paolo VI, anziano e malato, viene male informato da chi nasconde la realtà. Da Buenos Aires sempre notizie rassicuranti del nunzio che due volte la settimana gioca a tennis con Massera, il quale trasforma la Scuola Meccanica della Marina nell’Auschwitz del Rio de la Plata. Intanto il Gelli chaperon accompagna l’ammiraglio da Andreotti. Italia supermarket: vende armi, navi, chissà cos’altro. Gran maestro mediatore degli affari ricompensato dalla fiducia dei golpisti. Li rappresenta alla casa Bianca quando Reagan diventa presidente. Tv e giornali in festa di qua e di là dal mare. Informazione inquinata che Zangarini racconta con la precisione del testimone immaginario. Posso giudicare in quanto spettatore amareggiato dall’obbedienza ai cappucci neri del Corriere della Sera nelle mani P2. Editore, direttore, amministratore delegato, consiglieri di maggioranza, giovani reporter alla ricerca di scorciatoie di carriera col numero dell’affiliazione in tasca. Resta l’interrogativo sospeso nel dubbio di Zangarini: se è successo allora e i superstiti ancora galleggiano, l’incubo delle trame invisibili può riproporsi nell’evo dei computer?

    Introduzione

    Questa tesi prende spunto da un’immagine. Licio Gelli esultante a Buenos Aires per la vittoria della Coppa del Mondo dell’albiceleste guidata da Cèsar Menotti, il 25 giugno del 1978. Al suo fianco i rappresentanti delle tre Armi argentine: Jorge Rafael Videla per l’Esercito, Emilio Eduardo Massera per la Marina e Orlando Ramón Agosti per l’Aviazione. Una fotografia, un’istantanea cercata invano nello sconfinato mondo della rete. Uno scatto che, probabilmente, non esiste.

    Quante volte leggendo libri, articoli e reportage sulla storia sociale legata al Mundial argentino del 1978 ci si imbatte nel nome di Licio Gelli? Lui, il burattinaio, l’uomo della P2, ritratto nel pieno della felicità il giorno della finale allo stadio Monumental. Spesso e volentieri sono solo cenni, talvolta compaiono rapidi resoconti sulle sue attività sudamericane, altre volte ancora si citano le conoscenze altolocate: Perón, Videla, Massera. Ma così come la sua immagine festante a Buenos Aires pare introvabile, allo stesso modo giungono offuscate le informazioni sul suo operato nella patria del tango. Qual è stato il vero ruolo di Gelli, e della sua P2, in Argentina? Che grado di complicità ha raggiunto con i vertici della sanguinosa junta militar che ha governato il paese dal 1976 al 1983?

    Queste sono le domande che hanno animato il presente elaborato. Quesiti alimentati dalla necessità di comprendere perché all’interno della lista degli affiliati P2 fossero presenti ben 23 nominativi argentini, tutti politici e militari. Le risposte, a volte nebulose, altre volte abbacinanti, hanno trovato un affidabile punto di partenza nelle parole dell’onorevole Tina Anselmi, presidente della «Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2»: «Il rilievo dell’attività internazionale del ‘Maestro venerabile’ è di segno certamente non inferiore a quello della sua presenza italiana».

    Cercare di capire il grado di connivenza tra Gelli e i poteri forti della Casa Rosada è di fondamentale importanza per comprendere il rischio che il nostro paese ha corso tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta. La loggia P2 si è rivelata una potente organizzazione sotterranea, tanto nascosta quanto influente. Grazie all’elevato rango dei suoi adepti avrebbe potuto in poco tempo imporsi in tutti gli ambiti del processo democratico: politica, sindacati, esercito, servizi segreti, stampa. Un inserimento graduale e silenzioso, come il peggior virus che si impadronisce dei più importanti gangli vitali. Con l’ispirazione e l’esempio di un terribile precedente: il «Proceso de riorganización nacional» argentino.

    La vastissima letteratura sull’argomento P2 riempie gli scaffali delle biblioteche, anche se si concentra quasi esclusivamente sui risvolti italiani dell’epopea piduista, relegando le trame sudamericane in piccoli paragrafi. Allo stesso tempo alla voce ‘dittatura argentina’, dove altresì esistono innumerevoli e preziosi contributi, spesso non si conferisce il giusto peso all’influenza di Gelli e della sua organizzazione. Solo il lavoro di Claudio Tognonato, intitolato «Affari nostri. Diritti umani e rapporti Italia Argentina 1976 – 1983», riconduce alla giusta dimensione il legame tra «Propaganda 2» e junta militar argentina, in particolare sotto l’aspetto delle oscure relazioni diplomatiche.

    Questo elaborato si propone quindi di rileggere gli anni della guerra sucia da un nuovo punto di vista, quello piduista, seguendo una metodologia di analisi cronologica. Una sorta di riclassificazione del bilancio dittatoriale argentino, riesaminato sotto il profilo dei legami con gli esponenti della «Propaganda 2». Fin dai preludi, ossia dal ritorno di Perón, il primo presidente argentino non massone, cacciato nel 1955 e riabbracciato nel 1973 grazie proprio alla mediazione di Gelli con la massoneria locale. Il primo capitolo pertanto analizza l’insediamento del burattinaio toscano e il suo legame con il mondo peronista, che ancora oggi è tra i protagonisti assoluti della politica argentina.

    Un amore, quello peronista, che il ‘venerabile Maestro’ abbandona presto in favore delle nuove sirene militari, più vicine ai suoi interessi ed alle sue aspirazioni. Nella seconda sezione viene presentata di conseguenza la complicità del mondo piduista con i vertici dittatoriali. Dopo un dovuto accenno a quel patto criminale e internazionale chiamato Plan Cóndor, si passa all’analisi di tutti gli ambiti in cui si manifesta palesemente l’influenza di Gelli: la sentita amicizia con Massera, le manovre finanziarie con i fidati Ortolani e Calvi e l’ambigua posizione vaticana.

    Nel terzo capitolo protagonisti assoluti diventano la stampa italiana e i suoi rappresentanti. Per introdurre la questione viene raccontata la penetrazione del «Gruppo Rizzoli» nel mondo editoriale argentino, per poi passare al silenzio imposto dai vertici piduisti al maggior quotidiano italiano: il «Corriere della Sera». Grazie ad una minuziosa indagine dell’archivio del giornale milanese si intuisce come l’argomento ‘Argentina’ sparisca progressivamente dalle sue pagine, con buona pace dei desaparecidos e della difesa dei diritti umani. A tal proposito di notevole impatto sono gli articoli dedicati alla rassegna della Coppa del Mondo di calcio, dove irrealtà e aziendalismo si mescolano in un terribile cocktail omertoso. Stesso discorso per il Mundialito in Uruguay, un’invasione di linea al di là del Rio de la Plata per capire ulteriormente il grado di propaganda pro-dittatoriale raggiunto dagli uomini di Licio Gelli.

    La parte finale della trattazione invece si concentra sugli epiloghi: prima la scoperta delle liste della «Propaganda 2» e, poco più di un anno dopo, la caduta della junta militar argentina. Entrambe le esperienze lasciano strascichi notevoli. Si generano lunghissimi processi, soprattutto in Argentina, dove il complicato meccanismo che mantiene i militari sospesi tra colpevolezza e innocenza viene scardinato solo grazie all’ostinata decisione di Nestór Kirchner, un presidente peronista giunto dalle pampas.

    In conclusione, ciò che questa tesi vuol dimostrare è come l’influenza di Licio Gelli e dei suoi collaboratori in Argentina sia stata molto più decisiva di quanto ripropongano i libri sull’argomento. Cruciale è stato il ruolo di Gelli nel ritorno di Perón, altrettanto importante è stata la sua mediazione con i vertici militari. Fondamentale infine il silenzio imposto agli organi di stampa in Italia, paese da cui discendono circa 25 milioni di argentini. Una complicità transatlantica basata su un comune sentire ideologico. Una danza maligna costruita passo dopo passo, abbraccio dopo abbraccio. La massoneria fascista che trascina il rigore marziale in un ballo perverso. Un tango criminale, un tango infernale.

    Un tango in salsa piduista.

    Capitolo I – L’insediamento

    1.1 Il primo ritorno di Perón dopo l’esilio

    Il 16 Novembre 1972 alle ore 23,10 un volo Alitalia DC-8 parte da Roma con destinazione Buenos Aires. Nella capitale argentina giungerà alle 10.10 italiane del 17 Novembre 1972, dopo un breve scalo all’aeroporto di Dakar, in Senegal. Sul velivolo viaggiano, secondo i dati ufficiali, 154 passeggeri. Non si tratta di un volo di linea qualunque, di quelli che riempiono quotidianamente il cielo atlantico. È probabilmente l’evento politico di maggior importanza dei primi anni settanta argentini, perchè su quell’aereo siede il personaggio più carismatico del paese sudamericano: Juan Domingo Perón.

    Perón sta per tornare in patria dopo ben diciassette anni di esilio seguiti alla Revoluciòn libertadora, colpo di stato realizzato dalle forze militari antiperoniste nel 1955.¹ In tutto questo tempo l’ex presidente ha soggiornato inizialmente in Paraguay, poi in Venezuela, Panama e Repubblica Dominicana, per stabilirsi infine nella Madrid guidata da Francisco Franco. Qui, in Spagna, nella lussuosa villa denominata Quinta 17 de Octubre, (nome scelto per commemorare il giorno in

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