Un avventura sotto il vischio: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Esattamente un anno dopo, Matteo scoprirà le conseguenze di quell'avventura di Natale, e questa volta sarà Keira a insegnargli qualcosa.
Sharon Kendrick
Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.
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Un avventura sotto il vischio - Sharon Kendrick
successivo.
1
«Signor Parenti?»
La voce delicata della donna penetrò i pensieri di Matteo, che non nascose il proprio fastidio. Si appoggiò allo schienale di pelle della berlina di lusso e alzò lo sguardo verso lo specchietto retrovisore. Stava pensando a suo padre, chiedendosi se avesse davvero intenzione di mettere in atto la minaccia che gli aveva rivolto poco prima che lui partisse da Roma e, nel caso, se lui fosse stato in grado di contrastarlo in qualche modo.
Sospirò, e pensò che i legami di sangue erano molto forti altrimenti nessuno, men che meno lui, avrebbe sopportato tanto da un genitore. Se non fosse stato per il legame che c'era tra loro, lo avrebbe salutato per sempre e gli avrebbe voltato le spalle. Invece, il solo pensiero gli procurava una stretta al cuore. Così come l'idea che suo padre potesse decidere di non vederlo mai più.
«Signor Parenti?» ripeté la voce gentile.
Matteo si lasciò sfuggire un mormorio d'irritazione. Non solo non sopportava le persone che gli parlavano quando lui dava chiari segni di non voler essere disturbato, ma quel viaggio non stava affatto andando come aveva programmato. Per prima cosa, non aveva visto nemmeno un albergo che gli interessasse comprare, inoltre la donna esile dietro al volante lo irritava da morire.
«Cosa?» domandò con una nota d'impazienza nella voce. La campagna inglese non si stava rivelando accogliente e gradevole come la ricordava, specie con quella donna alla guida dell'enorme limousine. Era la prima volta che aveva uno chauffeur femmina, e quando aveva posato gli occhi su di lei era stato tentato di pretendere che cambiassero autista. Poi aveva soprasseduto. L'accusa di essere un maschilista non sarebbe stata di certo una buona pubblicità.
Corrugò la fronte, poi cercò nello specchietto retrovisore lo sguardo della ragazza che faceva capolino da sotto la tesa dell'assurdo cappello che si ostinava a tenere in testa. Lei si schiarì la voce. «Ho detto che il tempo sta peggiorando.»
Matteo si voltò e guardò fuori dal finestrino. La luce grigia del crepuscolo era pressoché annullata dalla fitta cortina di neve che scendeva dal cielo. Si era talmente immerso nei suoi pensieri da non rendersi conto di ciò che lo circondava. «Ce la faremo ad arrivare a destinazione?»
«Lo spero proprio.»
«Lo spera?» ripeté lui con voce dura. «Che razza di risposta è questa? Si rende conto che ho un aereo da prendere?»
«Sì, signor Parenti, però è un volo privato e non partiranno senza di lei.»
«Sono consapevole del fatto che è un jet privato, dal momento che è mio» sibilò contrariato. «Mi aspettano a una festa a Roma questa sera e non ho intenzione di arrivare tardi.»
Keira si sforzò di trattenere un sospiro d'insofferenza e mantenne lo sguardo fisso sulla neve che turbinava davanti ai suoi occhi. Doveva mantenere la calma perché Matteo Parenti era il cliente più importante per cui avesse mai guidato, particolare su cui il suo capo aveva insistito fino alla noia quando le aveva affidato l'incarico. Doveva continuare a guidare senza mostrare il nervosismo che era stato suo compagno per tutti i giorni passati insieme. Perché non le era mai capitato di guidare per un cliente del suo calibro. Essendo l'unica donna tra i suoi colleghi, e anche la più giovane, di solito le venivano affidati gli incarichi meno importanti, come andare a prendere pacchetti e consegnarli con urgenza, o a recuperare bambini viziati da scuola per riportarli alle loro tate in una delle grandi ville esclusive che erano disseminate intorno a Londra. Nessuno di quei clienti londinesi però e-ra al livello del multimilionario Matteo Parenti.
Il suo capo le aveva spiegato che quella era la prima volta che l'italiano si serviva della loro società e che era suo dovere assicurarsi che avrebbe continuato a farlo.
Lei pensava che fosse un'ottima cosa che il magnate avesse deciso di concedere alla Luxury Limousine il beneficio del dubbio, però era anche consapevole del fatto che li avesse scelti solo perché aveva organizzato quel viaggio all'ultimo minuto, e con il Natale alle porte non aveva trovato nessun altro autista. Sempre a detta del capo, Matteo Parenti era proprietario di diverse catene alberghiere e stava cercando un terreno in Inghilterra per espandere il suo impero. Fino a quel momento avevano visitato il Kent, il Sussex e il Dorset e avevano lasciato per ultimo il Devon, che tra tutte era la regione più distante da Londra. Personalmente lei non avrebbe fatto quella scelta, non in quel periodo dell'anno, con tutto il traffico prenatalizio però, dato che era lui a decidere, eccola lì in quell'assurda situazione.
Continuò a fissare davanti a sé i fiocchi che turbinavano nell'aria. Era strano. Lei lavorava con gli uomini e per gli uomini e ne conosceva le tante manie. Con il tempo aveva imparato che, per essere accettata, era meglio comportarsi come uno dei ragazzi invece che spiccare nel gruppo. Era per quello che portava i capelli corti, che non si truccava e che indossava il genere di abiti che non attiravano una seconda occhiata. Il suo aspetto da ra-gazzaccio era studiato per far sì che gli uomini si dimenticassero di lei e si rilassassero. Di solito funzionava, ma non quella volta. Matteo Parenti era un tipo molto scontroso e contagiava anche lei con il suo nervosismo.
A essere sincera fino in fondo, Keira si rendeva conto che la spiegazione per il disagio che provava era più complessa. Si aggrappò al volante, poco incline ad ammettere la vera ragione per cui si sentiva tanto consapevole di sé in sua compagnia. Il fatto era che, sin dall'inizio, lui l'aveva colpita con il suo potente carisma. Mai prima di allora le era sembrato di sentire un'intera orchestra di violini suonare nella sua testa alla vista di un paio di occhi scuri e di una massa di corti capelli corvini. Subito si era domandata cosa avrebbe provato ad affondarvi le dita. Ovviamente si era messa in riga all'istante, dicendo a se stessa che le sarebbe bastato anche solo poter instaurare una relazione amichevole e professionale, cosa che invece si era rivelata impossibile. Lui era troppo scorbutico e pronto a giudicarla.
Aveva subito notato la sua espressione a dir poco perplessa quando l'avevano assegnata a lui. Non le era sfuggito lo sguardo incredulo con cui l'aveva studiata dalla testa ai piedi, ed era rimasta infastidita quando le aveva domandato se si sentiva a suo agio a guidare una macchina tanto potente. Lei si era trattenuta a stento dal rispondergli. Non sarebbe servito a nulla spiegargli che sarebbe stata capace di smontare il motore della limousine fino all'ultimo bullone, e di rimontarlo in poco tempo se ce ne fosse stato bisogno. Ora poi si permetteva persino di ribattere con scortesia senza nascondere la sua irritazione. Come se fosse colpa sua se aveva iniziato a nevicare in quel modo assurdo!
Lanciò un'altra occhiata fuori dal finestrino e sentì salire l'ansia dentro di sé mentre incrociava lo sguardo di lui nello specchietto retrovisore.
«Dove siamo?» le domandò.
Keira sbirciò il navigatore.
«Nella foresta di Dartmoor, credo.»
«Crede?» ripeté lui con sarcasmo.
A quel punto lei si passò la lingua sulle labbra, sollevata che lui fosse finalmente più preoccupato dalle condizioni meteorologiche che dal fatto che a guidare fosse una donna. Sollevata anche che non fosse al corrente della tensione che le attanagliava lo stomaco. «Il navigatore ha perso il segnale un paio di volte.»
«E non ha pensato di dirmelo prima?»
Keira trattenne la risposta automatica che le salì alle labbra. A cosa sarebbe servito avvisarlo? Non era certo esperto della zona!
«Quando è successo lei era impegnato in una telefonata, e non ho voluto interromperla» gli fece notare. «E lei aveva detto...»
«Avevo detto cosa?»
Keira scrollò le spalle. «Che voleva tornare indietro percorrendo la strada panoramica.»
Matteo corrugò la fronte. Era vero che il pensiero di come gestire la minaccia di suo padre lo aveva distratto, però non ricordava di aver richiesto un giro turistico di una zona dove aveva deciso di non voler investire nemmeno un euro. Forse si era limitato a darle ragione quando lei aveva proposto una strada alternativa dato che le autostrade sarebbero probabilmente state molto trafficate a causa delle incombenti vacanze natalizie.
Anche in quel caso, però, spettava a lei immaginare che si sarebbero trovati in difficoltà, visto il cattivo tempo.
«La tormenta di neve è arrivata all'improvviso» aggiunse la ragazza, quasi avesse intuito il corso dei suoi pensieri.
La rabbia di Matteo crebbe e lui si costrinse a tenerla sotto controllo. Non sarebbe servito a niente trattarla male. Sapeva bene quanto potessero essere incostanti ed emotive le donne, sia sul lavoro sia nella vita privata, e lui detestava gli eccessi di emotività. Se l'avesse ripresa, probabilmente sarebbe scoppiata a piangere e l'avrebbe fissato con occhi lacrimevoli e arrossati, stringendo contro il viso un fazzoletto umido. No, certe scene non erano fatte per lui. Lui amava una vita priva di drammi e traumi. Una vita vissuta secondo le sue regole.
Il pensiero gli corse brevemente a Donatella, che lo stava aspettando alla festa cui lui non sarebbe riuscito ad andare. Alla sua espressione delusa nel momento in cui avesse realizzato che, dopo diverse settimane di frequentazione, quella notte non sarebbero finiti nel letto della lussuosa suite dell'albergo di Roma che lui aveva prenotato. L'aveva fatta aspettare a lungo prima di fare sesso con lui, e lei non aveva nascosto la frustrazione dell'attesa. Purtroppo avrebbe dovuto aspettare ancora un po'.
«Sarà meglio che ci porti sani e salvi all'aeroporto. Non m'importa di perdere la festa di stasera, ma vorrei arrivare tutto d'un pezzo a Natale. Pensa di potercela fare?»
Keira annuì, anche se il cuore le batteva sempre troppo forte per una che se ne stava seduta dietro al volante. La realtà era che si stava rendendo conto che erano nei guai. Guai grossi. I tergicristalli andavano come pazzi, eppure non riuscivano ad avere la meglio sui fiocchi di neve che oscuravano il cielo e l'orizzonte. Non le era mai successo di avere una così scarsa visibilità ed era pentita di non aver utilizzato le strade più trafficate, anche a costo di infastidire il multimilionario Matteo Parenti con lunghe attese in colonna. A essere sincera, si era anche più volte domandata perché lui non utilizzasse l'elicottero per spostarsi, fino a quando non l'aveva informata che, per i suoi scopi, gli serviva analizzare da vicino la conformazione del territorio.
A pensarci bene, l'aveva informata di molte cose. Del fatto che non gli piaceva il caffè delle macchine a gettoni e che piuttosto che mangiare cibo di scarsa qualità, preferiva saltare i pasti. Di come amava il silenzio all'infinita sequela di canzoni natalizie che venivano trasmesse dalle stazioni radio anche se poi, quando lei aveva scelto un canale di musica classica, non si era lamentato. In quel momento anzi lo aveva visto chiudere gli occhi e rilassarsi contro lo schienale del sedile. Anche allora il suo cuore aveva preso a battere forte.
Keira decelerò appena mentre passava accanto a una piccola casa su cui brillava un Babbo Natale che guidava una lunga slitta fatta di luci intermittenti rosse e verdi. Un'insegna altrettanto luminosa stava a indicare il miglior bed and breakfast di Dartmoor.
Il problema era che lei non era abituata a uomini come Matteo Parenti. In realtà, a giudicare dalle reazioni che aveva visto sui volti della gente quando lui usciva dal-l'auto con quel suo viso aristocratico e quel corpo che sembrava appartenere a un guerriero antico, non erano in molti a esserlo. Anche la luce nei suoi occhi a volte sembrava indicare che era pericoloso.
Keira si riscosse da quei pensieri. Non era certo quello il momento di preoccuparsi di Matteo Parenti, e nemmeno di pensare alle vacanze che si stavano avvicinando e che la riempivano di angoscia. In compenso era arrivato il momento di accettare il fatto che la tormenta stava peggiorando a ogni momento che passava, e che lei stava perdendo il controllo dell'automobile. Sentiva la resistenza delle ruote contro la neve che si era accumulata sul fondo stradale e la fatica che facevano per trovare l'attrito necessario per affrontare la leggera salita. Il motore sembrò perdere i colpi, e lei si rese conto che se non fosse stata attenta...
L'auto si