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Accordo piccante: Harmony Privé
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E-book214 pagine3 ore

Accordo piccante: Harmony Privé

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Info su questo ebook

Tu sarai mia.
Lui ha finalmente conquistato la rispettabilità.
E lei ha capito cos'è il vero piacere.

La reputazione di Leon King, uomo d'affari senza scrupoli, sta per essere riabilitata grazie a un matrimonio di convenienza con la figlia di una delle famiglie più ricche di Sydney. Ma anche la sua bellissima sposa ha qualche scheletro nell'armadio: un bollente video-tape realizzato dieci anni prima sembra essere ancora in circolazione e rischia di rovinarla. Alla luce di questo possibile scandalo, consumare il matrimonio con Vita Hamilton potrebbe costare davvero caro a Leon. Ma è un prezzo che lui è disposto a pagare.
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2019
ISBN9788830504103
Accordo piccante: Harmony Privé

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    Anteprima del libro

    Accordo piccante - Jackie Ashenden

    successivo.

    1

    Leon

    «È molto semplice» affermai rivolgendo le spalle all'ufficio e guardando fuori dalle enormi finestre dal pavimento al soffitto che offrivano una spettacolare vista dell'imponente porto di Sydney. «Voglio tua figlia.»

    Dietro di me udii solo silenzio.

    Era evidente che lo shock che avevo provocato in Thomas Hamilton – uno dei più famosi e stimati filantropi della città – lo aveva ridotto al mutismo.

    Eccellente. Destabilizzarlo fino a che non avesse accettato le mie richieste era già una mezza vittoria.

    «Cosa significa che vuoi mia figlia?» mi chiese.

    Percepii un accenno d'instabilità nella sua voce. Molto, molto lieve, ma lo udii. Oh, sì.

    Non dissi nulla e lo lasciai sulle spine, continuando a osservare gli yacht ormeggiati e il traghetto che navigava verso Manly, mentre i raggi del sole accarezzavano le curve bianche della celebre Opera House.

    Cristo, amavo Sidney. Luminosa, maestosa ed eccitante, con un ventre oscuro e corrotto. Il mio tipo di città.

    Era come guardare me stesso allo specchio.

    Leon King. Secondogenito di Augustus King, un tempo imperatore della malavita di Sydney, che adesso stava rispondendo dei propri crimini in una struttura di massima sicurezza... cioè, era in prigione.

    Sì, il re è morto. Lunga vita al re!

    O dovrei dire ai re?

    King significava re e i nuovi re di Sydney – di nome e di fatto – eravamo io e i miei due fratelli, Ajax e Xander. Ma non era l'impero di nostro padre che volevamo ereditare, non quando eravamo stati noi ad annientarlo.

    No. Noi aspiravamo alla redenzione. Riabilitare il nome dei King con buone azioni. Ricostruire qualcosa dalle ceneri delle antiche vestigia, seguendo le vie della legalità o qualche sciocchezza del genere.

    A me non importava poi molto del nome dei King.

    Ero stato il braccio destro di mio padre, la forza alle sue spalle, e gli anni trascorsi in mezzo alla violenza mi avevano fatto terra bruciata attorno.

    Al tempo ero stato contento di essere il ragazzo cattivo, e avevo continuato a esserlo anche cinque dopo che mio padre era andato in carcere.

    Ciò che cercavo era un nuovo inizio in una città in cui nessuno sapeva chi fossi e che non avesse mai sentito parlare dei King. Un luogo in cui non avevo un passato e potevo essere chiunque desiderassi, padrone del mio destino. Dove potevo fuggire.

    Ma prima di tutto questo, mi rimaneva un ultimo ordine cui ubbidire. Un debito che avevo con il mio fratello maggiore. Ed ero pronto a fare qualsiasi cosa per tenervi fede.

    Distolsi l'attenzione dal panorama per voltarmi verso la raffinata stanza minimalista che era il mio ufficio. Ci trovavamo nella torre che ospitava la King Enterprises, la società di sviluppo immobiliare di enorme successo che i miei fratelli e io avevamo creato dalle ceneri dell'impero di nostro padre.

    Hamilton era seduto su una scomoda sedia che avevo posto davanti alla mia scrivania. Era un uomo di una certa età, con i capelli brizzolati e gli occhi azzurri, con l'aspetto curato che solo i ricchi possiedono.

    In quel momento, tuttavia, dimostrava tutti i suoi sessant'anni.

    Tendevo a esercitare quell'effetto sulle persone.

    «Che cosa credi che intenda?» Gli rivolsi un ampio sorriso, infaustamente noto per essere quello che facevo prima di assestare il colpo di grazia. Niente disorientava di più di un sorriso prima di ricevere un pugno in faccia. «La voglio sposare.»

    Hamilton impallidì. «Non puoi dire sul serio.»

    «Sono dannatamente serio. Non scherzerei mai sulla santità del matrimonio.»

    Mi scrutò, confuso dal mio sarcasmo e dal sorriso.

    Ottimo. Lasciamolo nella sua perplessità. Renderà più facile chiudere l'accordo.

    «Ma... perché vuoi sposare mia figlia?»

    «Credevo di avertelo spiegato.» Aggiustai i polsini della camicia di cotone bianco, ammirando con calma il contrasto con il blu scuro dell'abito. Piccoli movimenti prima di vibrare il colpo finale. Un'altra strategia per giocare con un avversario, e amavo giocare con i miei antagonisti. Era un delirio di onnipotenza. «Mio fratello intende espandere la King verso il mercato degli appartamenti di lusso, e incontriamo difficoltà a trovare investitori.»

    Hamilton annuì. «Questo lo capisco. Ma mi sfugge il motivo per cui, per questa espansione, è necessario un matrimonio.»

    «Si tratta del nome» chiarii. «Nessuno vuole affidare il proprio denaro nelle mani di un King. Non con i nostri trascorsi.»

    Un muscolo guizzò sulla mascella di Hamilton. «Ma non hai bisogno di mia figlia per questo. Tu consegnami i soldi che hai promesso di darmi, e io convincerò i miei amici che sei un cavallo vincente su cui puntare e...»

    «Magari fosse così semplice» lo interruppi con un sospiro esagerato. «Ma, purtroppo, non lo è. Ho bisogno... di una polizza assicurativa, in caso tu venga meno all'accordo o lo cambiassi, o alterassi i termini.»

    «Non lo farei mai!» si scaldò Hamilton.

    Me ne infischiai. Lui non era il pilastro della comunità come tutti pensavano. Stava affogando nei debiti di gioco, una dipendenza che tentava di tenere segreta.

    Purtroppo per lui, non era più così. Almeno per me. Ero bravo a scavare nel marcio delle persone e, per quanto lo riguardava, ne avevo trovato parecchio.

    «Non m'interessa ciò che faresti o non faresti» dichiarai con freddezza. «Mi serve una garanzia e tua figlia lo è. Inoltre, essere presentato ai tuoi amici non è necessario. Abbiamo bisogno di una totale trasformazione della nostra immagine.» Feci una pausa per assicurarmi che mi stesse seguendo. «Avere come suocero il più grande filantropo di Sydney metterà a tacere coloro che nutrono ancora dei dubbi su di noi e, ci auguriamo, incoraggerà altri a investire nella King Enterprises

    Erano già trascorsi cinque anni da quando mio padre era finito in prigione, ma la nostra fama sembrava perseguitarci. Le nostre intenzioni venivano ancora considerate con sospetto.

    Avevamo rigato dritto, ma nella mente di alcune persone eravamo ancora dei criminali.

    Era difficile sfuggire a un passato come il nostro – e forse non ci sarei mai riuscito – ma avrei fatto di tutto perché fosse possibile per i miei fratelli.

    Hamilton scosse la testa, ma io proseguii. «Farai girare voce che siamo affidabili. Ci inviterai a tutti gli eventi di beneficenza, parlerai bene di noi ai tuoi amichetti, e affermerai che il passato è passato, eccetera...»

    «Non puoi davvero pensare che io...»

    «E in cambio» lo interruppi, «salderò i tuoi debiti di gioco.»

    La bocca di Hamilton si richiuse di colpo, e la sua espressione divenne più cupa, quasi predatoria. «Debiti di gioco?»

    «Andiamo, Tommy» mormorai, godendomi la scintilla di rabbia nei suoi occhi al mio tono condiscendente. «Sei nei guai fino al collo. Tutti quegli investimenti che pensavi potessero risollevarti hanno fallito. L'evasione fiscale con quelle meravigliose organizzazioni benefiche non è risultata efficace come un tempo. O forse vivi al di sopra delle tue possibilità? Comunque sia, io posso aiutarti.» Gli elargii un altro sorriso. «Tutto ciò che devi fare in cambio è volgere il pollice verso l'alto con i tuoi amici per quanto riguarda la King Enterprises. E, sì, concedermi tua figlia come garanzia.»

    Questa volta lo sguardo di Hamilton mi soppesò come se stesse valutando una decisione d'affari, quale in effetti era. Il mio aiuto per cancellare i debiti in cambio del suo supporto per rivalutare l'immagine dell'intera famiglia King.

    Una situazione vantaggiosa per tutti.

    «Ho due figlie» puntualizzò infine Hamilton, fissandomi.

    Interessante. Ne conoscevo solo una, quella che appariva in tutte le cronache mondane. Clara Hamilton. Una graziosa giovane donna dell'alta società con folti capelli biondi, intensi occhi azzurri e un paio di tette da urlo. In altre parole, esattamente il mio tipo. E a me piacevano le ragazze altolocate. Era curioso vedere come i loro modi altezzosi scomparissero quando le scopavo. O come la loro dignità si sgretolasse mentre mi imploravano gridando il mio nome.

    In pubblico mi condannavano per il mio passato, per i miei legami con l'impero criminale di mio padre, per la brutalità e la violenza con cui i criminali come noi erano soliti agire.

    In privato, invece, nell'oscurità della stanza da letto, lo amavano. I miei trascorsi le eccitavano, le scatenavano. Quelle ragazze impazzivano per un cattivo ragazzo, e io ero il peggiore di tutti.

    Eccetto Ajax. Lui era più malvagio e ribelle di me.

    «Dammi quella carina» dichiarai.

    Hamilton contorse le labbra. «Clara non è...»

    «Non ti prometto che non la toccherò, ma ti prometto che non le farò del male.» Non mi dispiaceva un po' di dolore nel sesso, ma non amavo costringere una donna. Cosa c'era di divertente?

    A Hamilton non piacque affatto la mia affermazione. «E se lei non volesse sposarti?»

    «È un problema tuo, non mio.» Infilai le mani in tasca e rilassai la postura. «Senti, non è una condanna all'ergastolo. Dille che ciò che voglio è che finga che siamo coinvolti in una travolgente storia d'amore e che sia follemente innamorata di me. Quindi organizzeremo delle nozze fastose e poi lei potrà avere la mia villa di Darling Point. Io lascerò il paese e lei sarà l'unica a beneficiarne. Trascorsi sei mesi, una volta che i miei fratelli e io avremo ottenuto solidi sostegni finanziari, lei mi farà pervenire i documenti per il divorzio, e ce ne andremo ognuno per la propria strada, amici come prima.»

    Hamilton strinse gli occhi. «Perché la finzione?»

    «Le apparenze contano, Tommy» puntualizzai. «E tu, più di chiunque altro, dovresti saperlo. Sarebbe spiacevole che risultasse un matrimonio di convenienza, non trovi? Apparirebbe troppo venale. Per niente consono alla nuova immagine dei King.»

    «Anche un divorzio repentino non lascerebbe una buona impressione.»

    «Trascorrerà tempo a sufficienza per convincere la gente che sia legittimo e, come dicevo, avverrà quando avrò intascato abbastanza denaro dagli investimenti.» Gli lanciai un'occhiata cospiratoria. «Sarà il nostro piccolo segreto, Tommy?»

    Hamilton appoggiò il gomito sul bracciolo della sedia e si strofinò il mento, come se stesse riflettendo attentamente. Tuttavia, un bagliore nei suoi occhi raccontava tutt'altra storia. Bramava il mio denaro con tutto se stesso.

    Perfetto.

    Rimasi in piedi, con aria distaccata. Era curioso come la calma conducesse gli altri al limite. E Hamilton, al momento, era teso fino allo spasimo. Lo percepivo dalla contrazione delle spalle e dal modo in cui batteva un piede sul tappeto.

    Non disse nulla, lasciando che il silenzio calasse nella stanza, perché era un'arma molto utile per chi sapeva come usarla. E io ero bravo con le armi in generale.

    Il silenzio si protrasse, diventando opprimente.

    Alla fine, Hamilton cambiò posizione. «Proporrò la cosa a Clara e sentirò cosa ne pensa.»

    Scossi la testa. «Tu vuoi il denaro, no? Sei sul punto di perdere tutto. E pensa allo scandalo se si venisse a sapere dei tuoi piccoli problemi di gioco. Non credo che sia quello che desideri, o sbaglio?»

    Si agitò sulla sedia. «D'accordo. Mi assicurerò che accetti la proposta.»

    Ero consapevole di avvertire una certa distensione in petto che non poteva né doveva essere sollievo, dato che ero certo fin dall'inizio che avrebbe accolto la mia offerta. Eppure era ciò che provavo.

    Ajax mi aveva affidato la responsabilità di assicurare la potenziale espansione della King Enterprises e io intendevo portare a termine il mio incarico, soprattutto perché glielo dovevo.

    E quel debito sarebbe stato saldato.

    Il solo pensiero mi procurava una grossa soddisfazione, non potevo negarlo.

    Che bravo soldatino che sei.

    Ma non per molto. Una volta lasciata Sydney, mi sarei permesso ciò che non mi era sempre stato consentito: il lusso di potere scegliere.

    «Fallo» replicai. «E se lei mostra delle perplessità riguardo al matrimonio, rammentale che la mia casa è dotata di una piscina. Le ragazze amano le piscine.»

    Lentamente, Hamilton si alzò dalla scomoda sedia. «A una condizione.»

    Il sorriso mi si gelò. «Non credo che tu sia nella posizione di imporre delle condizioni.»

    «Tuttavia, ne ho una.» Il suo sguardo era diretto e determinato. Non intendeva cedere. «Non la contatterai prima del matrimonio. E non la toccherai. Sarà un'unione solo di facciata.»

    Fui sul punto di mettermi a ridere. «Che cosa? Non vuoi che le sudicie mani di un King si posino sulla tua preziosa figlia?»

    Tacque, ma la luce nei suoi occhi parlò per lui. No, non lo avrebbe tollerato.

    Increspai un sopracciglio e mi divertii a giocare, incapace di resistere a una dimostrazione di potere. «E se lei invece vuole che le metta le mani addosso?»

    Divenne paonazzo. «Impossibile. Tu la disgusti.»

    «Certo, perché non mi conosce.» Scrollai le spalle. «Non mi interessa. Come ho detto, se non mi vuole, non la costringerò. Ma se mi vorrà... be'...» accennai un sorrisetto per provocarlo. «Non posso garantirti niente.»

    L'espressione di Hamilton si trasformò in una maschera di disprezzo. «Non lo farà. Te lo garantisco.»

    Era tenero che un pilastro della comunità fosse così protettivo con la figlia. Tranne per il fatto che sapevo che era una finzione. A lui premeva solo la reputazione sua e della famiglia, come tutti gli uomini di quella risma. Quello e il denaro. Sono certo che se gli avessi offerto una cifra superiore, non si sarebbe fatto scrupoli a concedermi la prima notte di nozze con la sua preziosa bambina.

    Purtroppo, però, impormi di non toccare la ragazza non fece che accrescere in me il desiderio di farlo.

    Forse ero un perverso. O era un cliché.

    «Purtroppo, non entrare in contatto con tua figlia contraddice la mia necessità di una relazione sotto gli occhi di tutti, il che significa che devo rifiutare la tua condizione» conclusi, lasciando svanire il mio sorriso per assumere un'espressione glaciale. «Tu vuoi il mio denaro. Allora, dammi la ragazza. Tutto qua.»

    L'accordo non gli piaceva, ovviamente, ma dal momento che non aveva alcun potere di contrattazione, non gli restò altro che lanciare vuote minacce mentre la sicurezza lo scortava fuori dal mio ufficio.

    Non appena la porta fu chiusa dietro di lui, presi il telefono e composi il numero di Ajax.

    «Sì, che c'è?» rispose secco.

    «Sarai lieto di sapere che Hamilton ci offrirà il suo sostegno per la ricerca di investitori per l'espansione della nuova King Enterprises» lo informai.

    Grugnì. «In che modo? Quella carogna non voleva avere niente a che fare con noi.»

    «Diciamo che gli ho offerto un grosso incentivo.»

    «Cosa hai fatto? No, aspetta. Ripensandoci, non voglio saperlo.»

    «Meglio, infatti» convenni. «C'è un'altra cosa.»

    «Che cosa?»

    «Devi congratularti con me, fratello.»

    «Perché?»

    Mi voltai di nuovo verso il panorama, il mio riflesso che mi fissava, il sorriso rapace del mostro sotto le sembianze di un affascinante principe. Una bestia che non mi spaventava più.

    La tua sposa avrà un bello shock, però.

    Sì, era possibile.

    Il mio sorriso divenne più ampio. «Perché? Perché mi sposo.»

    2

    Vita

    «Stai scherzando.» Fissai mio padre, allibita. «Chi vuoi che sposi?»

    Lui assunse l'espressione inflessibile

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