Non siamo solo cagnolini
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ANUNNAKI - Narrativa
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Anteprima del libro
Non siamo solo cagnolini - Maria Giovanna Farina
peloso.
Quel primo incontro
Sono nata sotto un ponte perché la mia mamma si è innamorata perdutamente di uno spinone incrociato con un pechinese conosciuto per strada, non so cosa ci abbia visto in quel peloso ma, si sa, l’amore è follia. È uscire di senno, è volare in un’altra dimensione. Resta il fatto che lui non ha voluto prendersi l’incarico di essere padre e ci ha lasciate ancor prima che io vedessi il buio di una galleria dove la mia mamma ha improvvisato un giaciglio per farmi venire al mondo sul morbido. Ma torniamo un passo indietro: la gravidanza è stata a dir poco traumatica. Mia mamma, sola e molto paurosa, io le assomiglio, se ne stava tutto il giorno sotto il ponte per paura di essere catturata, picchiata o torturata dagli esperimenti di laboratorio. Non sarei mai nata se lei non mi avesse amata dal primo istante, ma sono al mondo e sono felice, però a causa di tutte le ansie di mia mamma sono un po’ strana.
Siamo due sorelline ed un fratellino, ci assomigliamo molto anche se diversi di carattere: lui è sempre attaccato alla coda di mamma, io sono un tipo indipendente tranne quando odo il temporale e in quel caso mi precipito a cuccia, se cuccia si può chiamare il pagliericcio che mamma ha costruito con le sue zampe. L’altra sorellina è morta dopo pochi giorni, non ha mai succhiato il latte e ha chiuso gli occhietti durante la seconda notte dalla nascita. La natura ci seleziona, se non siamo adatti meglio soccombere, nostra mamma ha seguito l’istinto, ma ciò che avverte dentro di sé non è mancanza di senso materno, solo l’imperativo categorico di dover rispondere al suo unico padrone: il codice genetico. L’elica magica sa tutto di noi e contiene anche le esperienze dei nostri avi, i loro errori e le loro migliori scoperte che ci rendono sempre più capaci di sopravvivere alle avversità di Madre Natura. Noi pelosi sappiamo come rimanere in vita, anche se, purtroppo, adagiati nelle mollezze della civiltà ci siamo un po’ adeguati alla poltrona. Nonostante ciò, il lupo primitivo, da cui tutti discendiamo, affiora ugualmente e anche se ricacciato dalle agiatezze della vita contemporanea non si perde d’animo: quando dobbiamo difendere la casa e noi stessi non c’è nulla che ci blocchi. Mostriamo i denti e ciò significa stai alla larga dal mio territorio
se poi decidiamo di combattere, chi perde, lupo docet, mostra la gola all’avversario e non c’è nessuno spargimento di sangue. Al contrario ci sono purtroppo combattimenti tra cani, ma questa è un’altra storia e soprattutto non è naturale ma indotta dall’uomo che, mai pago di fare le guerre, snatura il nostro essere e ci vuol far diventare, in certe brutte occasioni, dei mercenari.
Morta la mia sorellina, la vita continua come è naturale che sia; io cresco felice succhiando il latte della mamma finché un brutto giorno mi sveglio ed ho un freddo freddissimo, tutto intorno è bianco e la mamma non si alza, sembra un sasso: è morta. Inizio a piangere disperata. Sono sola al mondo, mio fratello ha seguito un signore e non è più tornato da noi sotto la galleria: e ora cosa faccio abbandonata in mezzo alla neve senza protezione? La mamma è indispensabile per crescere sana e forte, poi da grande me ne andrò per la mia strada, ma ora sono una lattante, come faccio? Urlo tutto il mio dolore finché sfinita mi sono quasi addormentata, ma mi rialzo di scatto quando avverto il mio corpo avvolto e ingarbugliato da una rete: mi hanno catturata. Mi ritrovo subito dopo tra le braccia di una signora molto gentile che dice: Ma è una cagnolina, carina, deve essere una birbantella! Possiamo stare però tranquilli, non è certo un cane morsicatore
. E si fanno una bella risata perché non mi conoscono, ho dei dentini super aguzzi che sfodero se mi fanno arrabbiare.
Sono un po’ preoccupata, saliamo su di un furgoncino io e un barboncino nero niente male, ho sempre avuto il debole per i ragazzi dai capelli ricci: ops, pardon per i cagnolini dal pelo mosso. Lui è molto amichevole e mi sento subito più tranquilla. Il viaggio non sembra essere particolarmente lungo, infatti odo il rumore tipico di un cancello e immediatamente dopo lo sportello del furgone si spalanca. Su, scendi piccola
, non faccio questioni ma, piccola a chi? Ho un fisico slanciato, lunghe zampe esili ma robuste e una pelliccia che fa invidia ad una volpe del Canada. Non voglio passare per un tipo polemico e obbedisco senza fiatare, così mi ritrovo sul lettino di un veterinario che mi sottopone ad una visita, al termine della quale decide che sono sanissima e mi fa subito una puntura, ma non sento alcun fastidio. Ora sono pronta per la gabbia singola dove per una settimana mi rompo un po’ le scatole, però il vitto è decente, il rancio si lascia mangiare anche se mi procura un po’ di mal di pancia. Che dire: tutto sommato non mi è andata male, potevo finire sotto le ruote di un camion o peggio ancora in un laboratorio come cavia.
Dopo qualche giorno arriva a farmi visita una tizia tutta moine con una strana pronuncia e fa discorsi di cui non capisco quasi un’acca. Il suo accompagnatore dice sì con la testa, ma non risponde mai nulla.
Non dovrebbevo pevmettere il meticciato, questa mescolanza tra vazze geneva solo l’abbandono. E poi, guavda poveva cava, che fisico sgvaziato. Gambe lunghe e secche come un chiodo. Ma sì, dai, facciamo un’opeva buona e povtiamola a casa. Favà pipì sui tappeti?
La tipa non mi ispira molta fiducia, ma del resto cosa posso fare? Non ho la possibilità di scegliere e diventare una morsicatrice mi porterebbe solo guai, mentre la permanenza in albergo diventerebbe più lunga. Non voglio essere un ostaggio degli uomini per tutta la mia vita, meglio fingere di nulla nella speranza di una possibile fuga una volta fuori di qui, così metto a tacere le mie impressioni negative su questa che sembra essere una povera snob.
Mi ha tenuta per sei mesi in giardino, mai una passeggiata, mai una spazzolata al pelo che ogni giorno diventava sempre più annodato, non mi potevo adagiare sul fianco che i nodi tiravano maledettamente e non mi davano pace. Ma perché non mi ha lasciato dov’ero, almeno all’albergo mi trattavano con rispetto e nessuno mi canzonava per la mia magrezza.
Il cibo che mi propinava era solo mangime, ma di mavca come dice lei con la sua pronuncia da nobile decaduta, capirai della marca cosa mi interessa, io so soltanto che ho sempre mal di pancia e sogno i bocconcini di pollo.
Una mattina mi mette un collarino rosso a cui aggancia il guinzaglio: finalmente si va a spasso, non vedo un cane da giorni e sono felicissima. Scorgo da lontano alberi e prato, che bello! Dicono sia il recinto dei cani dove possiamo correre e conoscere tanti amici, infatti ci sono numerosi cagnolini: non vedo l’ora. Appena entrata tutti mi vengono incontro festosi, do sempre la giusta impressione: sono un tipo affascinante e nessuno può resistermi! Gioco, corro e creo un gruppo che mi segue: sono felice, questa è la vita che sognavo con uno stuolo di amici ammiratori che fanno tutto quello che voglio. Le ore passano senza che me ne accorga e piano piano gli altri ritornano a casa mentre io resto sola nel recinto: della tizia strana con cui vivo neppure l’ombra. Mi preoccupo, mi sento smarrita: sono di nuovo sprofondata nella solitudine. Un signore seduto sulla panchina fuori dal recinto mi osserva, sembra perplesso, infatti entra e controlla se sul collare c’è un indirizzo, poi vedo che prende dalla borsa un telefono e compone un numero
C’è un cane nel recinto, qui ai giardinetti e non ha una medaglietta, credo lo abbiano abbandonato o dimenticato. Non so.
Ci risiamo, capisco che devo ritornare in albergo. Nuovo viaggio sul camioncino e nuova visita dal veterinario. Mi controllano dalla testa alla coda e intanto ascolto i loro discorsi
"Dal microchip sappiamo chi è la proprietaria, l’abbiamo già chiamata ma non risponde, il telefono non è più attivo, abita qui vicino e siamo già andati a fare un sopralluogo, niente da fare è andata chissà dove. La cagnolina torna in