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Amanti latini - La storia di Ovidio e Giulia
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Amanti latini - La storia di Ovidio e Giulia
E-book78 pagine1 ora

Amanti latini - La storia di Ovidio e Giulia

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Info su questo ebook

Nell’anno 8 d.C. l’imperatore Augusto mandò al confino a Tomi, piccolo porto sul Mar Nero, il poeta Publio Ovidio Nasone, e l’anno dopo esiliò nelle isole Tremiti la propria nipote Giulia Minore, figlia di sua figlia Giulia Maggiore. A nessuno dei due fu mai concesso il ritorno a Roma, e le cause vere di quei provvedimenti restano misteriose: per Ovidio si addusse la sua licenziosa produzione poetica, per Giulia Minore la causa ufficiale fu invece una relazione adulterina, ma molti pensarono invece a motivi politici. Vent’anni dopo Livia Drusilla, vedova di Augusto e ormai alle soglie della morte, ripercorre quelle vicende con Lucio Valerio Adunco, antico amico di Ovidio e innamorato non confesso di Giulia Maggiore, ora capo della polizia di Roma e anch’egli in possesso di molti segreti.
LinguaItaliano
Data di uscita27 feb 2020
ISBN9788835379690
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    Amanti latini - La storia di Ovidio e Giulia - Franco Mimmi

    Franco Mimmi

    AMANTI LATINI – 2

    La storia di Ovidio e Giulia

    PROLOGO

    Note di Lucius Valerius Aduncus

    praefectus urbi di Roma

    dal 15 al 29 dopo Cristo

    Trovai queste note – poche pagine battute a macchina, probabilmente su una Underwood dei primi decenni del secolo scorso – tra i fogli terzo e quarto del codice trecentesco Hispanicus C. della Biblioteca nazionale di Parigi, pagine non riportate da catalogo alcuno e facilmente mimetizzate dal minimo spessore della carta velina su cui erano scritte. Era il gennaio dell’anno scorso, da pochi mesi era stato reso noto il ritrovamento di alcuni frammenti delle Historiae ab initio bellorum civilium di Lucio Anneo Seneca detto il Vecchio o anche il Retore, contenuti in un papiro, il P.Herc. 1067, che faceva parte della biblioteca ritrovata nella Villa dei Pisoni a Ercolano. Dell’opera di Anneo Seneca, padre dell’assai più famoso Seneca il Giovane, era noto fin lì l’argomento - la storia di Roma dalla fine delle guerre civili ai primi decenni dell'impero – ma neppure il titolo preciso, che fu ritrovato in un frustulo del papiro carbonizzato decrittato da una giovane filologa e papirologa, la professoressa Valeria Piano.

    Quella notizia, davvero entusiasmante per gli addetti ai lavori, mi aveva spinto al viaggio a Parigi per un esame del codice Hisp.C., che sapevo, grazie alla catalogazione informatizzata della biblioteca, contenere brani di varia natura di autori spagnoli attivi tra il primo secolo a.C. e il primo secolo d.C. raggruppati per città di provenienza, e tra essi l’unico paragrafo fin lì conosciuto dell’opera del retore cordovese: un brano di quattordici righe dove viene descritto il saccheggio con il quale Giulio Cesare punì Cordova, rea di essere stata una base importante del suo avversario Gneo Pompeo Magno.

    Più abbondanti, nel codice, erano le citazioni da opere di Lucio Anneo Seneca il Giovane, figlio del Retore. La prima è una frase assai conosciuta ma purtroppo messa assai poco in pratica: Hoc mihi satis est, cotidie aliquid ex vitiis meis demere et errores meos obiurgare (A me basta questo: togliere ogni giorno qualcosa dai miei vizi e castigare i miei errori). Poi alcuni passi del notissimo De tranquillitate animi e un capitolo intero dell'opera scientifica giovanile De motu terrarum. Di Marco Anneo Lucano, pure di Cordova e nipote di Seneca, una sessantina di versi dell'operetta Catachtonion, in cui un eroe, di cui non si capisce l'identità, scende agli inferi.

    Infine, di un tal Lucio Valerio Adunco, di cui il codex dice che è lontano parente dei Seneca e che ha studiato oratoria a Roma, compaiono una elegia amorosa e alcuni distici erotici. Questi ricordano fortemente l'Ars Amatoria di Ovidio e sono dedicati a una certa Furia il cui nome reale era probabilmente diverso, e che, a giudicare dall'ambiente in cui il poeta la descrive, apparteneva all'alta società augustea. E qui finiva il codice ma non senza avermi svelato, tra le sue due ultime pagine, i tre fogli su carta velina scritti a macchina e bucherellati qua e là da una battitura troppo nervosa, forse della mano stessa che lì li aveva abbandonati, e che annunciavano in maiuscole epigrafiche:

    NOTE DI LUCIUS VALERIUS ADUNCUS

    PRAEFECTUS URBI DI ROMA

    DAL 15 AL 29 DOPO CRISTO

    I caratteri tondi e marcati della Underwood continuavano così:

    "I versi trovati nel codice di Parigi, non molto adatti a un poliziotto, possono risultare fuorvianti, ma la parentela con i Seneca consente di identificare questo Lucius Valerius Aduncus con il praefectus urbi di cui ho invece trovato una serie di documenti (insieme con molti altri che certo provengono dagli archivi riservati della polizia) in un codice ternione, ovvero di tre bifogli, ovvero di sei carte, della biblioteca bodleiana di Oxford catalogato tra gli arrivi del 1604, dunque due anni appena da quando aveva incominciato a funzionare quella che fu la prima grande biblioteca pubblica in Europa.

    A togliere ogni dubbio residuo, nello stesso codice sono contenuti anche dei carteggi di questo Adunco (d'ora in poi lo chiameremo semplicemente così) soprattutto con il grande poeta Publio Ovidio Nasone ma pure con gli imperatori Augusto e Tiberio e con varie personalità dell'epoca tra cui i Seneca, ai quali si dice legato non solo per parentela ma anche per amicizia. Infine, a confermare che l’Adunco di Parigi e quello di Oxford sono la stessa persona, vi è naturalmente il fatto che il cognomen Aduncus, certo riferito a un naso non proprio greco, risulta talmente raro nella storia romana da essere in realtà un hapax, un caso unico, a meno che non si voglia ipotizzare l'esistenza di due Luci Valeri Adunchi coevi e con gli stessi parenti ma dedito l'uno alla poesia e l'altro alle armi e alle investigazioni. Lo escludo.

    Il foglio si chiudeva su questa perentoria affermazione dell’ignoto scolaro, con la quale mi trovavo completamente d'accordo. Mi stavo però chiedendo come c'entrasse Ovidio con quell'antico poliziotto, e passai all’ultima carta con la speranza di trovarci una risposta. C'era invece la seguente indicazione:

    "Ovviamente non potevo battere a macchina le note di Adunco nel religioso silenzio della Nazionale di Parigi o della Bodleiana di Oxford, e quando feci questa ricerca le fotocopiatrici non esistevano ancora. Ho dunque copiato a mano in un quaderno i documenti che mi sono sembrati più interessanti, traducendoli mentre li scrivevo (ma ho lasciato qua e là anche nell'originale latino alcuni brani e versi che mi sono piaciuti particolarmente) e cercando, questo sì, di copiarli in

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