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Prendimi così
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E-book516 pagine7 ore

Prendimi così

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Info su questo ebook

The Mastered Series

Dall'autrice bestseller di New York Times e USA Today

Deacon McConnell ha sempre dovuto badare da solo a se stesso. Dalle sue parti presto o tardi tutti devono imparare a difendersi. La vita di Deacon è cambiata quando si è avvicinato al jujitsu. Grazie agli insegnamenti del Sensei Ronin Black, infatti, è diventato un combattente professionista. Con il suo fisico allenato ricoperto da tatuaggi e cicatrici di ogni tipo, ha tutta l'aria di un tipo poco raccomandabile. Ecco perché Molly Calloway, appena iscritta al corso di kickboxing, è subito intimorita da lui. Molly è l'esatto contrario di Deacon: è gentile, dolce e educata. E infatti non passa molto tempo prima che tra i due scoppi un'accesa litigata. Quello che entrambi non sanno, però, è che i loro mondi stanno per capovolgersi...

Lorelei James
autrice bestseller del «New York Times» e di «USA Today», è famosa per i suoi romanzi erotici. Vive nella parte occidentale del South Dakota con la sua famiglia. La Newton Compton ha pubblicato Legami, Stringimi ancora, Amami per sempre e Prendimi così, che compongono la Mastered Series.
LinguaItaliano
Data di uscita29 gen 2019
ISBN9788822730848
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    Anteprima del libro

    Prendimi così - Lorelei James

    Capitolo 1

    «Mi stai portando in uno strip club, sul serio?» Molly fissò Presley, l’amica/collega/solita attaccabrighe, nella speranza che stesse scherzando.

    Presley la prese sotto braccio. «Senti senti, e brava Molly, ci divertiremo. Te lo prometto. Sai, Bloody Mary lavorava qui».

    La bionda tutta muscoli della squadra di roller derby di Presley soprannominata Bloody Mary si parò di fronte a loro. «Perché ha smesso di fare la spogliarellista?»

    «L’anno scorso ha trovato lavoro come personal trainer. Mi sa che ai capi non andava a genio che avesse messo su tutti quei muscoli. Preferiscono che le loro spogliarelliste siano pelle e ossa, abbronzate e con le tette rifatte». Presley si strinse nelle spalle. «Non capisco. Se fossi un tipo che paga per vedere tette e culi ne vorrei vedere di tutti i tipi, non so se mi spiego».

    «Sinceramente no, Presley, e non capisco neanche perché secondo te dovrei voler vedere tette e culi. Cavolo, non voglio neanche guardarmi le mie, di tette».

    Erano arrivate sotto a un’insegna al neon che recitava Ballerine sexy e calde, pronte a ballare per te!.

    «Calde e pronte… Sembra una pizzeria» borbottò. Presley non rispose, così diede un’occhiata veloce ai ragazzi in fila di fronte a loro, in attesa di entrare. Più si avvicinavano all’entrata più era tentata di svignarsela.

    «Non sognarti nemmeno di scaricarmi, Calloway» la avvertì Presley sussurrandole all’orecchio. «Ci entri eccome e ti bevi almeno un drink. Se fa schifo ce ne andiamo».

    Il buttafuori, un omone afroamericano, quando vide Bloody Mary spalancò le braccia. «Marisol! Dammi un bacio».

    «Marisol era il suo nome da spogliarellista» sussurrò Presley.

    «Ci ero arrivata».

    «Black Bart, tesoro» disse melliflua Bloody Mary. «Sei sempre una meraviglia».

    «Non servono le sviolinate. Lo sai che vi faccio entrare tutti gratis. Chi hai portato per alzare il livello del locale?» chiese Black Bart.

    «Ti ricordi di Elvis, la mia squadra di roller derby Denver Divas?».

    Molly impiegò un attimo per ricordare che il soprannome della squadra di Presley era, ovviamente, Elvis.

    Poi Bloody Mary afferrò la mano di Molly e la trascinò in avanti. «Stasera facciamo provare lo stripclub alla signorina Molly».

    Black Bart squadrò Molly. «Sul serio?».

    Molly cercò di mantenere la calma. Quell’uomo era abituato a vedere donne dai corpi perfetti, nude, con tutto in bella vista, ma proprio tutto. Ti prego ignorami. Sarebbe stato più facile che vederlo ridacchiare, un chiaro segnale che non la trovava di suo gusto.

    Invece le scoccò un’occhiata sexy e un sorrisetto lascivo. «Se ti serve qualcosa, occhioni, qualsiasi cosa, vieni da Black Bart e ti aiuto io. Mmmh mmmh, dolcezza. Mi piacerebbe proprio aiutarti».

    Lei arrossì come una sprovveduta. «Ah, grazie».

    Bloody Mary strinse con forza il braccio di Molly, guidandola all’interno del locale. «Allora, Cherry, ecco il Jiggles, lo strip club più elegante di Denver. Non che significhi poi molto. Ma fidati, è dieci volte meglio degli altri club della città».

    Cherry? Fantastico, le avevano affibbiato un soprannome.

    «Sediamoci qui» disse Presley, indicando un tavolo sul retro. «Non ho bisogno di vedere una passera da vicino».

    «Allora perché siamo venute in un cavolo di strip club?» chiese Molly.

    «Beviamo gratis. Vedi, i ragazzi qui non se la fanno con le spogliarelliste, non importa quante lap dance paghino. Quindi quando cominciano a guardarsi intorno e vedono un tavolo con delle ragazze libere…». Fece spallucce. «Ce la spassiamo tutti. Noi flirtiamo, loro ci pagano da bere, e qualche volta si finisce con una bella scopata».

    Molly notò che tutte le sedie del tavolo erano rivolte verso il palco, quindi non poteva girarsi verso la parete. «Sei andata a letto con uno conosciuto in uno strip club?»

    «Per certi versi è meglio che conoscere un tipo in un bar». Presley si sedette accanto a lei. «Basta che giri alla larga da quelli che si masturbano sotto al tavolo».

    La guardò sbalordita. «Riesci a vederli?»

    «Si vede da come muovono veloce il braccio» disse Bloody Mary. «Mi spiace sempre per quelli delle pulizie. Devono avere una scorta di potentissimi smacchiatori antisperma».

    La spogliarellista avanzò sul palco con addosso un top coperto di lustrini, pantaloni neri aderenti e un cappello nero da cowboy. Molly riconobbe la canzone, Wild Wild West. La spogliarellista era favolosa, aveva capelli castano ramati che le ricadevano lungo le spalle, gambe slanciate, e – porca miseria – si era appena strappata la camicetta per mettere in mostra due tette enormi. Dopo qualche piroetta attorno al palo si strappò di dosso anche i pantaloni. Era senza fianchi, e le gambe erano scheletriche. Uno sfavillante perizoma era l’unico indumento che le era rimasto, a parte le scarpe acriliche tacco dodici.

    Ruotò le anche, fece ondeggiare il culo inesistente, girò attorno al palo, si accovacciò e poi si rialzò lentamente. All’ultima rotazione si esibì in un ponte, mantenendo una mano sul palo fino a fare una rovesciata e atterrare in spaccata. Poi si sfilò il perizoma, nascondendo la patata con il cappello da cowboy. L’ultimo inchino lo fece infilandosi la testa tra le gambe, mostrando a tutti il suo ben di dio.

    Il dj avvertì i clienti di rimanere nei paraggi perché Madora the Sexplorer sarebbe salita sul palco nel giro di dieci minuti.

    Molly cercò di fare l’indifferente, ma fissava inebetita le donne che si aggiravano per il locale su tacchi vertiginosi e minuscoli scampoli di seta. Anche se avesse avuto un corpo da urlo dubitava che avrebbe mai avuto il fegato di andarsene in giro mezza nuda. Si chiese se le ballerine sentissero freddo.

    Certo che sì; basta guardare i loro capezzoli.

    D’altro canto, a vedere con quanta energia sfregavano il pacco di un tizio durante una lap dance, quanto meno si riscaldavano le chiappe con tutta quella frizione.

    La cameriera prese le ordinazioni. Bloody Mary ordinò Jager Bomb per tutte. A Molly lo Jägermeister faceva sempre venire in mente lui.

    Deacon McConnell.

    Perfino il nome trasudava sesso.

    Quando si era iscritta a un corso di kickboxing alla Black Arts non sapeva che Deacon Imbroglione McConnell fosse l’istruttore. Era entrato in palestra e l’aveva spaventata a morte. Non era il suo fisico assassino a mandarla in brodo di giuggiole, anche se un esperto di arti marziali alto un metro e novanta, muscoloso, pieno di tatuaggi, rasato e con gli occhi azzurri avrebbe fatto impazzire gli ormoni di qualsiasi donna. Non era mai stata attratta dagli spacconi, quindi quello che aveva sentito per lui l’aveva affascinata e spaventata allo stesso tempo.

    Non che Deacon se ne fosse accorto. Gli unici momenti in cui le prestava attenzione era quando la sgridava a lezione. Ma anche quando le sbraitava ordini come un sergente si chiedeva come sarebbe stato sentire quella sensuale e strascicata parlata del Sud sussurrare parole dolci contro la sua pelle accaldata, al buio.

    Visto che il capo di Molly, Amery Hardwick Black, era sposata con Ronin Black, il capo di Deacon, di tanto in tanto si ritrovavano a qualche incontro formale che esulava dalle lezioni in palestra. Una sera erano andati tutti in gruppo in un bar, e Molly aveva percepito che Deacon la stava guardando. Un coraggio liquido sotto forma di tre Margarita le aveva fatto incrociare lo sguardo di lui. Quegli occhi cristallini non avevano mostrato alcun rimorso per essere stati colti in flagrante, ma Molly non ci aveva visto nemmeno un briciolo di attrazione, quindi non ci aveva dato peso.

    Quell’uomo le inviava segnali contrastanti. Le faceva capire che gli dava fastidio che Molly avesse richiesto delle lezioni private di boxe a Fisher Durant, un altro istruttore della Black Arts, e non a lui. Deacon non aveva dato a vedere il suo disappunto per quasi un anno… finché Molly non era mancata a tre delle sue lezioni di kickboxing. Si era presentato al suo appartamento per tre domeniche pomeriggio di fila per farle recuperare le lezioni.

    La settimana successiva l’aveva accantonata in un angolo in palestra e le aveva ufficialmente chiesto di uscire. Era cosi emozionata e nervosa che non aveva pensato che forse la stava prendendo in giro. Così si era sentita un’idiota, seduta al ristorante ad aspettarlo per due ore, per poi ricevere un misero messaggio, che non era né una scusa né una spiegazione: Scusa, brutto momento, ci si vede in giro.

    Poi, per rendere le cose ancora più confuse, Deacon aveva ceduto le sue lezioni di kickboxing a Maestro Beck, il nuovo vice alla Black Arts. Così non l’aveva più visto per due mesi.

    Questo non significava che non l’avesse pensato. Anzi, lo aveva pensato fin troppo, il che era patetico, perfino quando metà delle volte immaginava di punirlo a dovere con un cazzotto a quel suo muso compiaciuto, mettendolo al tappeto. In palestra, di fronte a tutti.

    Sì? E le altre volte? Quando gli lecchi quei bicipiti muscolosi e tatuati e gli accarezzi la testa rasata fino a fargli fare le fusa? Lo stuzzichi fino a farlo impazzire dalla voglia così che si penta di averti dato buca?

    La cameriera portò da bere e sussurrò qualcosa all’orecchio di Bloody Mary.

    Lei si alzò e disse: «Uno dei miei ex clienti fissi è qui, nell’area vip. Vado a fargli una sorpresa».

    Cosa significava cliente fisso? C’era una tessera vip? Compri quattro lap dance e la quinta è gratis? E comunque che razza di disperato frequentava regolarmente uno strip club?

    «Molly, tutto bene?» chiese Presley. «Sei silenziosa».

    Le rivolse un finto sorriso. «Sto alla grande. Salute». Sollevò il bicchiere per un brindisi e se lo scolò. «Cavolo! Questa sì che è roba forte».

    «Io preferirei avere qualcos’altro di bello forte tra le gambe» si lamentò Presley.

    «Guardati attorno, Pres. Stasera mi sa che butta male». Molly le si avvicinò. «La mia prima volta è andata. Ho visto una spogliarellista e mi sono fatta un drink. Lasciamo stare questo posto e andiamo da qualche parte dove possiamo ballare, okay?»

    «Va bene. Vado a dire a Bloody Mary che ce ne andiamo».

    Molly si alzò. «Vado io. Tanto devo andare in bagno».

    Si avviò verso la zona vip, che non era delimitata da sipari in velluto; c’era solo un piccolo cartello che diceva di esibire la tessera. C’erano più fumo e specchi che tipi snob. Le sedie erano più grandi, forse per via di tutte quelle lap dance gratuite. Sulla parete in fondo alla sala c’era un bar privato.

    Una tavolata di imprenditori guardò un ragazzo nell’angolo che si godeva un’esibizione.

    Uomini soli sedevano a tavoli più piccoli tra gruppi di ragazzi.

    Molly guardò l’uomo che toccava il culo di Bloody Mary mentre lei gli si metteva cavalcioni, mettendogli le tette in faccia.

    Poi la donna si piegò all’indietro, così Molly poté vedere il viso del cliente abituale.

    Un volto familiare, che sorrideva a Bloody Mary con occhi di ghiaccio.

    Deacon.

    Il suo sorrisetto sexy si smorzò quando incrociò lo sguardo di Molly.

    Il cuore le batteva all’impazzata. Adesso capisco perché mi hai dato buca, bastardo che non sei altro. Con il viso in fiamme indietreggiò con passo tranquillo passando fra i tavoli, mentre l’istinto la spingeva a correre fuori di lì, prendere un taxi e andare a casa.

    Una volta in bagno afferrò il lavandino con le mani e chinò la testa, sforzandosi di respirare a fondo. Non le fu d’aiuto. La mortificazione si era trasformata in rabbia. Furiosa, si lasciò sfuggire un: «Brutto figlio di puttana, coglione di un leccaculo!».

    La porta del bagno si aprì.

    «Ehi. Che succede?» chiese Presley. «Ti sei precipitata qui dentro come se avessi visto il tuo prete nell’area vip».

    «No. Ma indovina chi ho visto?». Fece una pausa e incrociò lo sguardo dell’amica nello specchio. «Deacon».

    «Deacon il tuo ex istruttore di kickboxing?»

    «A quanto pare è il cliente abituale di Bloody Mary».

    Quando Presley non disse nulla e si limitò a controllarsi il trucco lo sguardo di Molly si intensificò.

    «Hai già visto Deacon qui altre volte».

    «Solo una, okay? Più o meno quando Knox e Shiori si sono sposati, quindi ho pensato che fosse una festa di addio al celibato».

    «Perché non me l’hai detto?»

    «Perché non credevo ti interessasse». La guardò attraverso lo specchio. «Perché, ti interessa?»

    «Non mi interessa».

    «Ah davvero? Allora perché sei così agitata?»

    «Non sono agitata!» Okay. Sembrava agitata. Si appoggiò alla parete. «Vederlo qui risolve il mistero della sua assenza al nostro appuntamento. Non sono il suo tipo».

    Presley la guardò dritta in faccia. «Fanculo. E fanculo lui. Non vuoi un uomo che sbava dietro a tette e culi, a meno che non siano i tuoi. Scommetto che una lap dance è il massimo a cui può aspirare visto che è così robusto, meschino e minaccioso».

    Molly aveva visto molte donne corteggiarlo perché il fatto che fosse robusto, meschino e minaccioso lo rendeva attraente. E lei era abbastanza intelligente da ammettere che in parte era quello il motivo per cui anche lei lo trovava affascinante.

    Trovava. Passato. Lascia perdere. «Ho bisogno di un drink».

    «Andiamo. Pago io».

    Molly la seguì fuori dal bagno.

    Presley si fermò all’improvviso in mezzo al corridoio, tanto che Molly le andò a sbattere contro.

    Quando sollevò lo sguardo per vedere cosa avesse attratto l’attenzione di Presley rimase di sasso.

    Deacon era appoggiato al muro, le braccia muscolose incrociate, un ginocchio piegato e lo stivale da cowboy contro la parete. Sembrava una posa casuale, ma lei non si fece abbindolare.

    «Vattene» disse a Presley. «Ho bisogno di parlare con Molly».

    Molly sentì una fitta allo stomaco.

    «Che maniere del cazzo» disse Presley.

    Deacon la ignorò e continuò a fissarla con quel suo sguardo pensieroso.

    Inquietante.

    Sexy.

    Basta, ormoni, fate i bravi.

    Poi Presley si frappose tra lui e Molly. «Cosa vuoi che faccia?»

    «Vai. Gli do cinque minuti».

    «Non farti prendere per il culo».

    «Tranquilla».

    Mentre si allontanava Presley guardò prima Molly, poi Deacon. «Sono laggiù se ti serve qualcosa».

    «Non le servirà niente».

    «Non stavo parlando con te, stronzo».

    «Lo so. Continua a camminare».

    Quando furono soli Molly si tenne a debita distanza. «L’hai trattata male».

    «E allora?»

    «Allora ti comporti bene solo con le spogliarelliste che lavorano all’area vip?».

    Le rivolse uno sguardo fulmineo. «A volte. Che ci fai qui?»

    «Bevo con le amiche e mi godo gli spogliarelli».

    «Non mi sembri tipa da posti come questo».

    «Non mi pare che tu possa rimproverare me per essere qui, visto che a quanto pare sei un cliente abituale di questo strip club, signor vip».

    In un secondo Deacon l’aveva bloccata contro il muro, la bocca contro il suo orecchio.

    Molly fremette quando il suo alito caldo le solleticò il collo.

    «Maledetti fiori» mormorò. «Hai sempre questo profumo dolce. Anche dopo aver sudato in palestra per un’ora non puzzavi come gli altri».

    «Mi hai fatto un complimento».Gli posò le mani sul petto e lo allontanò. «Adesso vai avanti».

    Un leggero ringhio le vibrò sulla guancia. «Mi fai andare fuori di testa, tu».

    «Ehi!» gridò un uomo alle loro spalle. «Lasciala andare». Il buttafuori si fermò a un passo da Molly e le posò una mano sulla spalla. «Ehi, occhioni, questo coglione ti sta dando fastidio?»

    «No, non le sto dando fastidio, ma ti spezzo la mano se non gliela togli di dosso».

    «Deacon!» sussultò lei. «Cosa ti prende?».

    «Mi sa che questo me lo devo gestire io» disse BlackBart. «Conosci questo buffone, dolcezza?».

    Dire di non averlo mai visto prima sarebbe stata una vendetta perfetta. Ma così lo avrebbe istigato. E quando Deacon Imbroglione McConnell si arrabbiava era un pericolo per tutti. «Sì, lo conosco. È… era il mio istruttore di kickboxing».

    Black Bart sorrise. «Sul serio. Sei una di quelle bambole che fa karrattè

    «No. Ho scoperto che mi piace picchiare duro un paio di volte la settimana».

    «Capito». Nonostante il ringhio d’avvertimento di Deacon, Black Bart si frappose tra loro. «Devi solo dirlo e lo sbatto fuori a calci in culo. Non mi va che si minaccino le donne, nel mio club».

    «Ci stavamo scaldando un po’, ma adesso abbiamo finito».

    Lo sguardo cupo di Deacon diceva col cavolo, ma tenne la bocca chiusa.

    «Okay. Se ti serve qualcosa vieni da me».

    «Non mi piace come ti guarda» disse piano Deacon, il tono senza dubbio minaccioso.

    «Come se ti fossi accorto di come mi guardava» gli disse rabbiosa. «Hai continuato a lanciarmi occhiatacce fin da quando mi hai intrappolata qui».

    «Fissarti e lanciarti occhiatacce non è la stessa cosa, tesoro, e la conosci bene la differenza. Soprattutto con me».

    «Colpa mia. Ma tu lanci sempre occhiatacce. Fa parte del comportamento da duro esperto di arti marziali? Porti la gente a incazzarsi con te così puoi spaccargli la faccia?»

    «Spaccargli la faccia?». Increspò le labbra in un sorriso. «Piccola. Se faccio a cazzotti con qualcuno la faccia gliela deformo».

    «Che schifo. Grazie per la bella immagine».

    Deacon le si avvicinò. «Nessuno qui sa che sono un esperto di arti marziali. Sono affari miei».

    «Comunque non credo che si parli molto durante una lap dance».

    «No, di solito no».

    «Vabbè. Io me ne vado».

    Lui scosse la testa. «Non ho finito di parlarti».

    «Non abbiamo niente da dirci. Ti ho incontrato per caso in uno strip club. E allora? Sei single. Sono affari tuoi se paghi una pollastrella con le tette rifatte perché ti strofini un culo rinsecchito sul pacco». Fece una pausa. «Ti basta?»

    «No. Per niente». La schiacciò al muro. «Vedi ancora Jake, quel banchiere del cazzo amico di Amery?».

    Come faceva a saperlo? E poi, perché gli importava?

    «Cos’è che ti ha attratta di quel coglione? Il bel vestitino? Il bravo impiegato che lavora dalle nove alle cinque? I capelli impomatati?»

    «Forse il fatto che non mi ha dato buca al primo appuntamento» ribatté lei. Diede una spudorata occhiata alla testa rasata di Deacon. «Sembri geloso dei suoi capelli, pelato».

    Gli si indurì lo sguardo. «Mi raso per scelta».

    «Come faccio a sapere che invece non è perché altrimenti dovresti farti il riporto?».

    Dio mio. Non posso credere di averlo detto. A Deacon.

    Si preparò alla sua reazione.

    Ma niente avrebbe potuto prepararla alle labbra di Deacon che si posavano sulle sue in un’esplosione di passione, desiderio e possesso.

    Quel bacio la infiammò. Le girava la testa, e lottò contro la tentazione di aggrapparsi a lui per sopravvivere, perché, porca miseria, il bacio di Deacon era devastante quanto un suo pugno. Molly si arrese a lui, trasformando il bacio da passionale a dolce.

    L’intreccio tra le loro lingue si allentò, e lui le stuzzicò le labbra mordicchiandole e sbaciucchiandole teneramente. Poi le nascose il viso nell’incavo del collo, tremante. «Cazzo. Lo sapevo».

    «Sapevi cosa?» riuscì a chiedergli.

    Lui si ritrasse. Non sembrava scioccato o mortificato. Si passò una mano sulla bocca e nei suoi occhi comparve una feroce determinazione. «Non volevo farlo. Non qui, non così. Ma lo considero un segnale».

    «Di cosa?». Di quanto sono stupida?

    «Che staremo insieme».

    Il volume della musica era aumentato, quindi forse non aveva capito bene. «Cosa?»

    «Staremo insieme. Ti voglio da troppo tempo. Ti vedo – cazzo ti annuso – e non riesco a toglierti dalla testa. Ho cercato di starti lontano, per il bene di entrambi. Ma adesso che ho assaggiato la tua bocca così dolce non posso più farne a meno».

    «Sei sempre così presuntuoso?».

    La guardò perplesso. «Hai ricambiato il bacio».

    Molly arrossì. Accidenti. Aveva ragione.

    Ammettilo: potrebbe incastrati ovunque. In qualsiasi momento.

    «Non dirmi che non lo vuoi».

    «Non so neanche cosa intendi, quindi io e te non staremo mai insieme, Deacon».

    Le rivolse di nuovo quel suo sguardo pericoloso. «Perché, un ragazzo come me, un esperto di arti marziali tatuato senza una laurea, non va bene per te?»

    «Oh, smettila di fare finta che ti dispiaccia. Non ne hai più il diritto, da quando non ti sei presentato all’appuntamento. L’unico motivo per cui mi vuoi è perché non mi hai avuta. O forse adesso ti attraggo di più perché ti sto dicendo di no». Non sono il tuo tipo, Mister vip. Non farmelo dire ad alta voce. È già abbastanza umiliante.

    «Di sicuro ti sei fatta più spavalda». La fissò con gli occhi socchiusi, rimanendole addosso fino a farla appoggiare di nuovo al muro.

    «Sono contenta che la mia trasformazione da timida a sfacciata ti diverta».

    Lui distese le mani sul muro, ai lati della testa di lei. «Non sono divertito. Sono orgoglioso. Dovresti esserlo anche tu. Ne hai fatta di strada, hai imparato a farti rispettare, verbalmente e fisicamente».

    Un sacco di complimenti. Ma era troppo tardi.

    «Per quanto sia felice di avere la tua approvazione professionale sui miei progressi, ecco, mi faccio rispettare. Addio, Deacon».

    Si abbassò per sgusciare da sotto il suo braccio e se ne andò senza nemmeno voltarsi.

    Capitolo 2

    La velocità massacrante che Deacon aveva impostato sul tapis roulant alla fine cominciò a spossarlo.

    Era talmente sudato che il cardiofrequenzimetro era scivolato giù come la fascia che reggeva l’mp3, così aveva dovuto sfilarsela. Quindi aveva corso ascoltando il rumore sordo dei suoi passi e del respiro controllato.

    Di domenica alla Black Arts c’era un silenzio di tomba, come piaceva a lui. Dopo il soggiorno in Giappone del Maestro Ronin Black l’anno precedente, aveva assunto altri istruttori di jujutsu, quindi Deacon passava meno tempo a insegnare e si concentrava maggiormente sulle arti marziali. Nonostante le proteste di Deacon, Maestro Beck si era accollato le sue lezioni di kickboxing.

    Non che fossero gremite di studenti. Aveva alte aspettative, e solo chi aveva carattere non mollava. Che importava se i suoi allievi avevano paura di lui? Se non li avesse spronati si sarebbero presentati a lezione svogliati e fuori forma. La paura era un ottimo sprone.

    Con Molly aveva decisamente funzionato.

    Il solo pensiero gli iniettava fuoco nelle vene. Era passata dal cercare di mimetizzarsi ogni volta che le si avvicinava al dargli del sadico bastardo prima di scaricare una raffica di pugni sul sacco da boxe.

    Quello era stato uno dei momenti nella sua carriera da istruttore di cui andava più fiero.

    La grinta di Molly a lezione si era riversata anche nei suoi rapporti interpersonali. Aveva sentito dire che le sue capacità manageriali avevano alleggerito il carico di lavoro della moglie del suo capo. L’aveva vista sempre più sicura quando uscivano in gruppo. Eppure, nonostante tutti quei cambiamenti, era ancora gentile, dolce e premurosa. La voleva come non aveva mai voluto nessun’altra. Certo, voleva scoparla e vedere quegli occhi nocciola accendersi di passione, ma voleva anche… altro. E, visto che era una sensazione nuova, non aveva la più pallida idea di cosa farne o come comportarsi.

    Mentre continuava a correre a quel ritmo forsennato ripensò alla prima volta che aveva preso in considerazione l’idea di interagire con lei al di fuori delle lezioni.

    L’anno precedente i collaboratori della Black Arts si erano dati appuntamento al Fresh, un club fetish, per la festa di compleanno di Ivan Stanislovsky. Mentre i suoi amici bevevano o se la squagliavano per vedere gente esibirsi in sculacciate, frustate e pratiche bondage lui e Molly si erano messi a discutere animatamente.

    «Perché non mi hai detto che prendevi lezioni private di boxe?» le aveva chiesto quand’erano rimasti da soli al tavolo.

    Lei aveva sbuffato in quel suo modo carino. «Perché sapevo che l’avresti presa sul personale».

    Per fare in modo che gli amici non origliassero le si era avvicinato tanto da riuscirle a contare le lentiggini sul naso. «Che lezioni di kickboxing frequenti?»

    «Le tue». Lo osservò. «Vuoi dirmi che sei un istruttore più scrupoloso di Fisher?»

    «Ti sembro il tipo a cui importa se i suoi allievi eccellono in un corso di fitness? Sì. Cerco di distruggerli».

    «Perché?»

    «La sopravvivenza del più forte, piccola».

    «Scusa, ma questo atteggiamento fa di te un allenatore di merda, Deacon».

    «Quella testa di cazzo di Fish è un allenatore di merda. Io sfinisco i miei allievi per farli diventare più forti di prima». Faticava a distogliere lo sguardo dalla bocca seducente di Molly, che chiedeva di essere baciata all’istante. «Quindi hai assunto Fisher perché volevi passare del tempo da sola con lui?»

    «Sì, esatto» tubò lei sarcastica. «Invece di mostrarmi come aumentare la potenza e la velocità mi lega al sacco e mi scopa davanti a tutti. Mi sorprende che non ti sia arrivata la voce».

    Provò a concentrarsi sullo sguardo di sfida che le illuminava gli occhi invece di strozzare Fisher seduta stante, lì su quel divanetto. A ogni respiro il profumo floreale di Molly aleggiava verso di lui.

    «Ma se hai così tanta voglia di dimostrare che il tuo cazzo è più grande del suo la prossima volta porto un righello».

    Deacon rise. «Per me faresti meglio a portare un metro, piccola».

    «Mi sorprende che tu riesca a contenere quel gigantesco… ego».

    A proposito di grandi forme. Cristo. Aveva cercato per tutta la sera di non fissare le sue tette davvero spettacolari. Per qualche motivo non aveva indossato gli abiti castigati di sempre. E lo faceva andare fuori di testa pensare che si fosse vestita in modo diverso perché c’era Fisher.

    Aveva bisogno di stuzzicarla un po’, così sollevò una mano per attorcigliarsi una lunga ciocca castana e lucente attorno all’indice. Mentre risaliva la spirale le sfiorò con le nocche il seno sodo e candido.

    Il fatto che non gli scacciasse la mano lo intrigò. Come la vista del battito cardiaco che le pulsava sul collo mentre la toccava.

    «Perché vuoi fare lezioni in più per aumentare la tua potenza?»

    «Mi stai chiedendo se ho ancora paura della mia ombra?»

    «Da quello che ho visto sei diventata molto più sicura e sei molto più brava nella difesa».

    Non sembrava convinta.

    «Che c’è?»

    «Sai cos’ho fatto oggi? Ho aiutato a insegnare a un corso di autodifesa. Ero di fronte a cinquanta ragazze e ho raccontato di essere stata aggredita. Di come mi sono sentita un’idiota per non essermi accorta dei pericoli che mi circondavano. Di come mi sono sentita fortunata perché almeno non ero stata stuprata. Poi ho confessato di non essere riuscita a uscire da sola al buio per più di un mese dopo l’accaduto. Perfino se mi dimenticavo qualcosa in macchina non riuscivo a uscire dall’appartamento. Un ragazzo forte e muscoloso come te non sa come ci si sente a essere spaventate a morte. Così raccontare a quelle ragazze che ho preso il controllo della paura iscrivendomi a corsi di autodifesa mi ha fatta sentire meglio».

    Merda, Deacon sapeva cosa stava per dirgli.

    «Ma secondo te sono ancora traumatizzata da quell’aggressione. Non dovrei parlare in pubblico di quello che mi è successo. Non dovrei dire ad altre ragazze che precauzioni prendere per non finire in una situazione come quella». Gli lanciò un’occhiataccia. «Credi che sia debole. È per questo che non ti ho chiesto di darmi lezioni. Fisher non mi ha mai vista come una vittima».

    Quando cercò di scansarsi Deacon strinse la ciocca chiusa tra le sue dita. Scrutò ogni centimetro del suo viso. Dal fuoco che si sprigionava in quei suoi grandi occhi marroni alla fronte corrugata, alle guance arrossate per via del caldo e dell’alcol, fino alle labbra serrate.

    «Lasciami».

    «Hai detto la tua; adesso tocca a me. Ho detto ai tuoi amici di scordarsi che avresti dato una mano a lezione che non pensassero che tu avessi in programma di dare una mano a lezione. Perché l’ho fatto? Perché non hai mai parlato con me o con nessun altro in palestra riguardo l’aggressione. Credevo di avere ancora presa su di te. Ho sbagliato e mi dispiace. Ma non ho mai pensato che fossi debole, soprattutto perché hai affrontato le tue paure e le hai prese a calci sui denti. A lezione ti dico di fortificarti? Sì. Ma sprono tutti a spingersi oltre. Sai qual è il vero motivo per cui non mi hai chiesto di farti lezione? Tesoro, hai paura dell’attrazione che c’è tra noi». Si concentrò un momento sulla sua scollatura. «Il pensiero di stare da sola con me, con le mie mani su di te, il mio corpo stretto al tuo, la mia voce nel tuo orecchio… ti fa scappare. Ma ti avverto, piccola: non credere che non ti inseguirò». Avevano portato ancora da bere, interrompendo il momento.

    Molly non gli aveva più rivolto la parola per il resto della serata.

    E lui per un altro anno non aveva avuto le palle per chiederle di uscire. Un anno. Patetico, cazzo. Poteva anche essere aggressivo in combattimento e a lezione, ma era un fifone quando si trattava di rapporti uomo/donna. Così, quando Molly aveva saltato le sue lezioni di kickboxing per tre volte consecutive aveva colto l’opportunità di trasformare il loro rapporto istruttore-allieva in qualcosa di più. Aveva caricato in macchina il sacco portatile e altre attrezzature da allenamento e si era presentato a casa sua.

    L’espressione di Molly quando gli aveva aperto? Impagabile.

    Poi però aveva cercato di impedirgli di entrare. Deacon, invece di mettersi a ridere e scansarla, le aveva chiesto se davvero aveva intenzione di mollare il suo corso. Perché le avrebbe permesso di tornare solo se avesse recuperato le ore perse.

    Molly lo aveva fatto entrare, riluttante.

    Era certo che lei aveva immaginato di prendere a pugni la sua faccia mentre colpiva il sacco. Dopo l’allenamento Deacon aveva ordinato cinese. Avevano mangiato seduti vicini sul divano di lei e avevano guardato tre episodi di Bar Rescue.

    Così l’aveva avvertita che sarebbe tornato la domenica successiva per un’altra lezione di recupero. Dopo un allenamento estenuante lo aveva scioccato cucinando un arrosto di maiale con tanto di contorno. Quelle poche ore con lei gli erano rimaste impresse nella memoria per sempre.

    Ma la terza lezione… quella faticava a ricordarla. Era un caldo pomeriggio fuori stagione, quindi Molly aveva indossato pantaloncini attillati e un top sportivo da far schizzare gli occhi fuori dalle orbite. Avevano fatto soprattutto esercizi a terra, perché guardarle le tette ballonzolare ogni volta che picchiava il sacco… La forza di volontà di un uomo non era infinita. Se n’era andato con una scusa patetica subito dopo l’allenamento.

    Poi era successo tutto quel casino.

    E non gli aveva dato modo di spiegarsi.

    Non che avesse saputo cosa dirle, comunque. Perché perfino a lui sembrava una schifosa scusa del cazzo.

    «Scendi da quel coso. Subito».

    Cristo. La voce tonante del suo allenatore era davvero potente.

    Deacon non ubbidì all’istante, così Maddox si sporse in avanti e pigiò tutti i bottoni sullo schermo finché il macchinario non si spense.

    Impreparato all’improvvisa mancanza di movimento, Deacon andò a sbattere contro le maniglie. Poi appoggiò ciascun piede su un lato del nastro, si tolse l’asciugamano dal collo e si tamponò viso e testa.

    «Cosa ti prende?» chiese Maddox. «Tre ore di tapis roulant significano che domani non riuscirai ad allenarti».

    Deacon sollevò piano la testa, respirando a fatica per lo sforzo. Rispettava molto il suo allenatore. Maddox Byerly non era solo la forza che lo spingeva a raggiungere finalmente un traguardo nella sua carriera nelle arti marziali, era diventato anche un buon amico. Ma trascorrere sei giorni la settimana insieme significava che dovevano mantenere un confine tra l’amicizia e gli allenamenti.

    «Non rifilarmi i tuoi silenzi del cazzo, Deacon. È tanto difficile dirmi qual è il problema?»

    «Da morire, a dire il vero».

    «Pazienza. Non vado da nessuna parte finché non cominci a parlare».

    Nei rari casi in cui in passato Deacon aveva avuto bisogno di consigli si era affidato a Ronin o a Knox. Non lo incalzavano mai; aspettavano che fosse lui ad andare da loro. Ma Maddox era un maledetto bulldog: esigeva che Deacon gli raccontasse tutto della sua vita fuori dalla palestra, perché secondo lui si ripercuoteva sulle sue performance agonistiche. Così negli ultimi sei mesi quel figlio di puttana aveva cercato di costringerlo – cercato era la parola esatta – a raccontargli tutto. Fino a quel momento non aveva funzionato, così provò a addolcirsi. «Non so quale sia il tuo problema. Pensavo ti facesse piacere che facessi un po’ di esercizio».

    «Bel tentativo. Fai con calma e poi dimmi cosa c’è che non va. Non ho nient’altro da fare oggi».

    «Hai intenzione di riempirmi di cioccolata e tampax dopo che mi sarò confidato?» ribatté. Questi nuovi arrivati non avevano sentito dire che lui – Deacon Imbroglione McConnell – non era per le stronzate del tipo parliamone tra amici?

    Maddox si sfregò le guance. «Qualcosa per i dolori mestruali ti aiuterà parecchio, coglione».

    Deacon voleva ridere. Maddox non si beveva le sue stronzate, ed era per questo che andavano così d’accordo. Afferrò la bottiglietta d’acqua e ne bevve metà.

    «Cos’è successo per farti allenare come se dovessi correre a una maratona?».

    Per quanto volesse dirgli che non erano affari suoi, sapeva che se non avesse sputato il rospo sarebbe crollato. «Un contrattempo in uno strip club».

    Maddox sollevò la testa di scatto. «Ti prego dimmi che non hai fatto a botte».

    «Non con i tizi che stavano fuori dal locale, con il buttafuori o il proprietario».

    «Cristo, Deacon. Hai picchiato una spogliarellista?»

    Deacon si lasciò cadere sulla sedia accanto a lui. «No».

    «Comincia dall’inizio».

    Guardare le scarpe da ginnastica logore era più facile che fissare Maddox negli occhi. «Ieri dopo l’allenamento mi sentivo ancora irrequieto. Starmene seduto a casa a fare zapping mi avrebbe solo fatto innervosire, perché finisco sempre col guardare combattimenti. Così sono andato al mio strip club». Sentiva che Maddox lo fissava, così sollevò lo sguardo. «Che c’è?»

    «Perché hai la fissa per gli strip club?»

    «A chi non piace guardare delle pollastre sexy che ballano nude?». Prese un altro sorso d’acqua. «Non tutti quelli che frequentano gli strip club sono dei pervertiti che non riescono a trovarsi una donna».

    Maddox continuava a sembrare scettico.

    «Alcuni vanno a teatro, al balletto e all’opera per divertirsi» disse, sulla difensiva. «A me diverte guardare belle donne con corpi da urlo che ballano nude».

    «Non l’ho mai pensata da questa prospettiva».

    «Costa meno di un appuntamento il sabato sera al cinema con popcorn. Anche se dài la mancia per una lap dance».

    «Bella giustificazione».

    Sbuffò. «Non mi sono mai illuso che la bruna sexy che mi sorride voglia vedermi fuori dal club».

    «Quindi non sei mai uscito con una spogliarellista?»

    «Specifica cosa contendi con uscire».

    «Andarla a prendere, portarla a cena, e poi finirci a letto».

    Deacon scosse la testa. «Non sono un tipo da appuntamenti. Mi sono scopato qualche spogliarellista».

    «Non capisco». Maddox sollevò le mani. «Non giudico il tuo modo di divertirti. Ma quando guardo le ballerine vedo solo la loro età. Non mi sento un pervertito se le guardo. Mi sento triste. Ammetterlo probabilmente mi fa sembrare un moralista».

    «Ti rende una brava persona, perché vuoi salvarle».

    Maddox si appoggiò allo schienale e incrociò le braccia. «Torniamo a te. Quindi sei andato allo strip club. Stai bevendo qualcosa, pensi agli affari tuoi, quando…».

    «Una delle mie ex ballerine preferite è venuta a trovarmi nell’area vip». Si incupì. «Mi si è seduta sopra, mi ha messo le tette in faccia, e quando ho alzato lo sguardo, ho visto Molly».

    «Molly. Vuoi dire Molly…».

    «L’ex allieva che ho voluto scopare fin da quando l’ho vista? La donna dalla quale mi hai costretto ad allontanarmi mentre mi allenavo per l’ultimo combattimento? Già, quella Molly».

    Maddox fischiò. «E lei? Ha usato qualche mossa che gli ha insegnato Fisher contro di te?»

    «Un calcio nelle palle sarebbe stato meno doloroso di come mi ha guardato». Abbassò la testa. «Hai idea di quanto mi dia fastidio averle

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