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Il piccolo negozio dei desideri
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E-book347 pagine4 ore

Il piccolo negozio dei desideri

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Info su questo ebook

Rosa Larkin si sente perseguitata dalla sfortuna. La sua vita a Londra è un disastro e così, quando eredita un negozietto in un pittoresco paesino del Devon, il suo primo pensiero è quello di venderlo per sistemarsi con il ricavato. Ma non è così semplice. Il misterioso benefattore l’ha vincolata a un’importante condizione legale: il negozio non può essere venduto, ma solo ceduto a qualcuno che lo merita davvero. Rosa decide di provarci e investire tutti i risparmi per rimettere in sesto il negozio nella piccola comunità marina di Cockleberry Bay. Ma può farcela da sola? Chi potrebbe aiutarla ad avere successo? In compagnia del suo fedele bassotto Rosa sta per intraprendere un’avventura sorprendente, che porterà alla luce i segreti dietro la misteriosa eredità.

Numero uno in classifica in Inghilterra

Hanno scritto dei suoi romanzi:
«Questo libro farà risuonare le corde del vostro cuore e del vostro buonumore.»
Milly Johnson

«Scritto benissimo, questo libro ti entra nella pelle. Super raccomandato.»

«Un libro divertente, succoso, e straordinario: ne voglio ancora!»

«Uno di quei rari libri che ti rimangono a lungo in mente, anche dopo che hai finito di leggerli.»

Nicola May
vive vicino ad Ascot, in Inghilterra, con il suo bellissimo gatto bianco e nero, Stan. Ha cominciato a scrivere durante una fase caotica della sua vita, in cui doveva barcamenarsi tra tanti lavori contemporaneamente. Considera il successo dei suoi libri la ricompensa per il suo impegno e la sua determinazione.
LinguaItaliano
Data di uscita22 lug 2019
ISBN9788822735614
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    Anteprima del libro

    Il piccolo negozio dei desideri - Nicola May

    Capitolo 1

    «Sei di nuovo in ritardo, Rosa. Questo è un discount non un negozio di beneficenza».

    «Oh, avanti, signor Brown, mi faccia un sorriso. Adesso sono qui, no?».

    Ma sul viso arrossato del suo supervisore non c’era neanche l’ombra del suo solito sorriso.

    «Sono costretto a rinunciare a te, Rosa. Ho bisogno di gente motivata e, a essere onesto, dubito che tu sappia cosa significa questa parola. Sei stata già avvisata parecchie volte. Parlerò con l’amministrazione, ti faranno avere la tua ultima paga».

    Rosa sospirò. «Sul serio?». Quando il signor Brown non rispose, lei raccolse la valigetta dal pavimento e aggiunse: «Mentre lo fa, potrebbe anche dirgli che sono settimane che ho voglia di prendere questo lavoro di merda e infilarlo nel loro buco di culo a forma di moneta da una sterlina?».

    L’anziana vicina di Rosa stava appendendo una ghirlanda di agrifoglio alla porta d’ingresso, quando lei arrivò a casa a metà mattina.

    «Sei tornata presto, tesoro».

    Rosa disse, sottovoce: «Ed Ethel Beanacre vince il premio per la Vicina più Impicciona dell’Anno».

    «Cos’hai detto cara?»

    «Niente, Ethel, stavo parlando fra me e me».

    La vista della valigetta logora suscitò ancora più interesse.

    «Hai svaligiato una banca?». L’orribile risata di Ethel sembrava quella di una strega bisbetica.

    Rosa cercò le chiavi. «Non dirlo a nessuno, mi raccomando». Si portò l’indice alle labbra e le fece l’occhiolino.

    «Più tardi tornerai al lavoro?». La vecchia signora serrò le labbra con disappunto. «Non ce la faccio più con quel tuo cane che abbaia tutto il tempo finché non torni per il pranzo».

    Ignorandola, Rosa richiuse la porta d’ingresso, ci si appoggiò con la schiena e si lasciò scivolare a terra. Un piccolo bassotto, tutto eccitato, le saltò addosso per farle le feste, leccandole il viso con gusto.

    «Non è una buona giornata, Hot Dog», gli disse Rosa. «Mamma è stata licenziata di nuovo». Accarezzò il suo pelo liscio e marrone. «Comunque, non tutto è perduto, visto che adesso sono la proprietaria di un negozio da qualche parte lontano da qui, almeno così sembra. Che ne pensi?»

    «Cos’hai detto?»

    «Oddio, Josh, mi hai fatto prendere un colpo! Cosa ci fai qui?»

    «Be’, io ci vivo qui», disse lui sbadigliando. «Avevo bisogno di dormire fino a tardi. Ieri sera abbiamo fatto una bevuta di Natale… Sai come siamo noi ragazzi del rugby». Sorrise. «Anche questo mese non mi pagherai l’affitto, ho capito bene? Sei fortunata che mi piaci».

    Josh, sei anni più vecchio di lei, era piuttosto attraente, a modo suo, sembrava un enorme orsacchiotto. Era alto, spalle larghe e, quella mattina, aveva una barba corta da sportivo, molto sexy. Con il suo lavoro nella City, Rosa era quasi sicura che non avesse bisogno di un inquilino. Secondo lei gli piaceva semplicemente avere compagnia. Sapeva che la sua villetta a schiera in una strada laterale di Whitechapel Road nel West End, una volta una zona povera, ma adesso un quartiere molto richiesto, doveva essergli costata un occhio e l’affitto che le faceva pagare – quattrocento sterline al mese – era molto basso per Londra.

    Josh la prese per un braccio e la fece alzare dal pavimento senza sforzo. «Dai, beviamoci una tazza di tè, così mi racconti cos’è successo questa volta».

    Hot cominciò ad abbaiare di nuovo.

    «Zitto!», dissero all’unisono, poi attraversarono la sala da pranzo ed entrarono in cucina.

    Seduti al tavolo con due tazze di tè bollente, fissavano la valigetta ancora chiusa, che sembrava osservarli, come se fosse un ospite indesiderato.

    «Allora, hai qualche idea su chi possa avertela lasciata?», chiese Josh alla fine.

    «Cosa?! La piccola orfanella Rosa Larkin? Essere stata allevata in orfanotrofio e in case famiglia non è granché come indizio, no?»

    «Mi dispiace, Rosa. Io non volevo…».

    «Non essere sciocco, Josh, è tutto a posto. Neanche l’avvocato sa chi c’è dietro a tutto questo. È tutto molto strano. La valigetta è stata recapitata al suo ufficio insieme a una lettera con le informazioni su di me per contattarmi e abbastanza denaro per pagare il loro onorario. Lo sa il cielo come ha fatto questa misteriosa persona a rintracciarmi, visto che sono senza fissa dimora e per la maggior parte del tempo senza lavoro. E poi non ho fatto niente per meritarmi un’eredità del genere, anzi, sono sorpresa che nessuno mi abbia ancora arrestata per aver rubato Hot».

    «Ma lo stavano picchiando fuori dal negozio! Hai fatto la cosa giusta».

    Josh si mise in grembo il cucciolo di bassotto. «Povero piccolo. Posso solo immaginare com’è stato infilarlo nel tuo zaino e scappare via, veloce come il vento». Rise. «Saresti un’ottima giocatrice di rugby. Perché non entri nella nostra squadra… penso che faresti proprio al caso nostro». Mise dell’altro zucchero nel tè e gemette. «Oddio, mi sento uno schifo, ma, forza, apriamo questa valigetta. Non è da te tirarti indietro».

    «Non so perché ma sono un po’ spaventata». Conscio del suo cambio di umore, Hot fissò Rosa e uggiolò.

    Josh le prese la mano. «Non devi, noi siamo qui con te. Avanti».

    «Chiunque me l’abbia lasciata, conosceva la mia data di nascita… è davvero strano». Rosa fece un respiro profondo e cominciò a girare i numeri arrugginiti del piccolo lucchetto a combinazione.

    Dentro alla valigetta c’erano tre buste marroni. Rosa cominciò ad aprirle.

    La prima conteneva l’atto di proprietà del negozio a Cockleberry Bay, più un mucchio di altri documenti che avevano a che fare con l’assicurazione, le bollette, le tasse eccetera.

    Josh gliele prese di mano. «Fammi vedere. L’atto di proprietà dovrebbe indicare il nome del precedente proprietario… mistero svelato. Oh oh».

    «Cosa c’è che non va?»

    «È in bianco… l’informazione che volevamo è in bianco. Oddio, è davvero strano e non sono neanche sicuro che sia legale, ma per adesso prendiamola così. Le fatture sono a nome di Ned Myers. Uhm… però potrebbe averlo solo avuto in affitto. Questo nome ti dice qualcosa?».

    Rosa scosse la testa.

    Josh bevve un sorso di tè. «Comunque, vai avanti».

    La seconda busta conteneva delle chiavi appese a un portachiavi a forma di stella marina. C’era anche un biglietto scritto con mano tremante.

    Cara Rosa,

    non chiedere il perché di questo regalo.

    Solleverà la tua anima e la tua fortuna.

    Lascia che i tuoi angeli ti guidino

    e la pace sarà sempre con te.

    Strofina il tuo portachiavi quando hai dei dubbi;

    la sua energia è libera e pura.

    Io sarò al tuo fianco,

    non importa quanto sarà alta la marea.

    «Che mucchio di stronzate!», esclamò Rosa.

    «A me sembra bellissimo».

    «Oh, Josh, a volte sembri proprio una femminuccia».

    «Grazie. Sei davvero gentile».

    «Ascolta, posso solo ringraziare chiunque abbia pensato a me mentre diceva addio alle sue spoglie mortali. Ma questo posto potrebbe anche essere una baracca, quindi non agitiamoci troppo. Magari è tutto uno scherzo malvagio… chi lo sa. Sembra troppo bello per essere vero».

    «Ma è un negozio vero e proprio, Rosa… ti è stata data una proprietà tutta tua. È una cosa fantastica».

    «In ogni caso penso che lo venderò. Cosa dovrei farci con un negozio? E perché qualcuno dovrebbe lasciarmi qualcosa di bello?»

    «Io davvero non ti capisco, a volte. Dai, apri l’ultima. Forse ci darà qualche indizio in più», disse Josh passandole l’ultima pesante busta.

    «Oh, mio Dio… guarda!». Rosa cominciò a rovesciare sul tavolo un mucchio di banconote, mentre Hot abbaiava eccitato. «Posso comprarmi quegli stivali che ho sempre desiderato». Poi un’altra lettera, scritta con la stessa grafia malferma, scivolò fuori dalla busta, e lei disse: «Oh, no, basta stupidaggini sentimentali. Leggila tu, Josh. Io comincio a contare i soldi».

    «Non ce n’è bisogno. C’è scritto tutto qui». Josh cominciò a leggere ad alta voce:

    Cara Rosa,

    queste duemila sterline ti permetteranno di trasferirti nel Devon e ti aiuteranno ad avviare la tua attività.

    L’unica clausola del regalo che ti faccio è che tu non venda MAI il Corner Shop di Cockleberry Bay. Quando sarà il momento giusto, potrai cederlo a qualcuno che pensi lo meriti sul serio, e solo in quella circostanza.

    «Allora questo manda all’aria i miei piani. Ma come farebbero a sapere che lo vendo, comunque?».

    Mentre parlava, il televisore della cucina si accese all’improvviso. Hot aprì un occhio, uggiolò e poi tornò ad accoccolarsi in braccio a Josh.

    «Ti sei seduto sul telecomando, Josh?», chiese Rosa nervosa.

    «No, è sul frigorifero. Forse loro sono dalla tua parte eh, Rosa?»

    «Non cominciare. È già abbastanza dura vivere nel mondo reale, perché tornare anche come fantasma? Probabilmente è stato solo un sovraccarico di corrente». Contò cinquecento sterline e le diede a Josh. «Ecco qui un mese di affitto… e sono sicura di aver rubato più di cento sterline di cibo dal tuo frigorifero».

    Josh rimise il denaro nella busta. «Tienili, con i miei migliori auguri. Sono tanto felice per te, Rosa. Comunque questo non cambia il fatto che adesso mi lascerai, vero?»

    «Ce la farai», disse Rosa sorridendo.

    «Mi mancherai da morire, brutta stronza».

    «Ti mancheranno i migliori pompini che tu abbia mai avuto, vuoi dire».

    «Anche». Questa volta fu lui a sorridere. «Vuoi che venga con te a controllare che sia tutto legale? Magari non c’è neanche l’acqua corrente. E poi dovrai trovare un posto dove vivere».

    «No, devo farlo da sola», gli rispose. «Mi hai aiutata abbastanza, e poi avrò Hot a farmi compagnia».

    «Ma partirete dopo Natale, vero?»

    «No, io odio il Natale. Tu starai con i tuoi genitori e io almeno non penserò alla solita merda. Metterò qualcosa in valigia e partirò domani. Penso che i treni arrivino fino in Devon, no?».

    Josh rise. «Sei fantastica».

    «Vorrei esserlo», disse Rosa sorridendo.

    Josh si aggiustò la cravatta. «Ascolta, sarà meglio che vada al lavoro. Prenderò del cibo da asporto quando torno a casa e dopo potremo controllare il tuo itinerario».

    «Prendi fish and chips, visto che mi trasferisco al mare».

    Capitolo 2

    Rosa sentì le farfalle nello stomaco mentre il treno entrava nella stazione di Cockleberry Bay. Hot aveva dormito quasi per tutto il viaggio, ma in quel momento era agitato e uggiolava.

    Scese dal treno più in fretta che poteva, trascinando un’enorme valigia e un sacco nero della spazzatura con la sua roba, e sentì anche lei il sollievo quando il piccolo bassotto subito alzò la zampetta contro il chiosco di un venditore di caffè.

    «Ehi!». Il tizio con la barba rossa non era per niente contento. Guardandolo, a Rosa venne in mente un vichingo pelle e ossa.

    «Oh, mio Dio, mi dispiace», disse immediatamente. «Sarei dovuta scendere a Exeter, ma avevo paura di non fare in tempo a risalire. Mi lasci comprare una bottiglia d’acqua e pulisco subito».

    L’uomo studiò la straniera spettinata che aveva davanti. I riccioli bruni spuntavano da sotto il berretto celeste con pompon, e incorniciavano il viso piccolo e rotondo. Jeans scuri e attillati finivano su due scarpe da ginnastica nere della Nike che avevano visto tempi migliori. Aveva una minuscola cicatrice sulla guancia sinistra che sembrava un fulmine in miniatura. E sebbene non avesse un filo di trucco, decise che era molto carina così, al naturale.

    Sorrise. «Viene da lontano allora».

    «Sì, da Londra».

    «Viene a fare visita alla famiglia per Natale, eh?».

    Caspita, pensò Rosa. Aveva sperato che la nuova città potesse offrirle una specie di anonimato.

    «Sì, giusto. Adesso devo proprio andare. Dov’è il posteggio dei taxi, per favore?».

    L’uomo barbuto si mise a ridere, rivelando un dente mancante. «Posteggio dei taxi? Posso darle il numero di Ralph Weeks. Vive nella baia e fa lui da autista qui in giro. Ma non sono sicuro che sia libero, il mercoledì ha un sacco di lavoro, perché non ci sono autobus per Ulchester. Comunque, io sono Seb», le disse porgendole la mano guantata.

    «Io sono Rosa e questo è Hot Dog».

    Seb rise a crepapelle. «Hot Dog? È il nome di cane più buffo che abbia mai sentito».

    «Be’, ci somiglia… Comunque, l’ho rubato».

    «Questo è ancora più divertente. Aspetta, chiamo io Ralph per te, ho il numero in memoria. Hai detto che hai rubato Hot Dog?»

    «È una storia lunga, ma non mi denunciare alla polizia. O non c’è nemmeno quella, nella baia?»

    «Impari presto, Rosa», disse tenendo il cellulare all’orecchio. «Non risponde. Ascolta, io mi sto congelando e stavo comunque per tornare a casa. Posso darti un passaggio?».

    Erano già le quattro, era buio e anche lei era stanca e infreddolita, quindi acconsentì: «Se tu potessi lasciarci allo Ship Inn sarebbe fantastico».

    Con passeggeri e bagagli sani e salvi a bordo, Seb gridò sopra il rumore esplosivo del tubo di scappamento del suo vecchio camioncino bianco: «Non è una limousine, mi dispiace, ma mi porta da un posto all’altro».

    Con Rosa che sorreggeva il suo corpicino, Hot allungava il collo per guardare fuori dal finestrino cosa succedeva nel buio.

    «Non ci sono nemmeno i lampioni, vedo».

    Seb rise. «Sì, qui una torcia è la tua migliore amica. Ormai io conosco ogni buca e pezzo di asfalto rotto. Anche se il consiglio comunale ha fatto lo sforzo di mettere le luci di Natale, che dovrebbero accendersi a minuti».

    Rosa provò a localizzare il Corner Shop mentre passavano per la stretta stradina, ma aveva l’indirizzo nella borsa e non voleva far capire a Seb che stava cercando qualcosa di preciso. Erano affari suoi e voleva che restassero tali… almeno per il momento.

    Svoltando in un’altra stradina, si tirò su di scatto quando vide dei caratteristici negozi di regali, un fornaio e un macellaio, tutti decorati in modo delizioso per le festività.

    Finora lei aveva conosciuto solo l’attività frenetica della vita di città e questo era come tornare indietro nel tempo. Notò una coppia che faceva dondolare il proprio bambino per le braccia, poi entrarono tutti insieme in uno dei caffè che mettevano in bella mostra un’impressionante varietà di dolci nella vetrina appannata.

    Lei non sapeva cosa volesse dire avere una famiglia così. Sua madre era un’alcolizzata e sul suo certificato di nascita non compariva nessun padre. La storia diceva che, quando lei aveva sei mesi, nonostante gli sforzi della madre per badare a lei, i servizi sociali l’avevano portata via.

    Poi c’erano stati Maureen e Len che, non avendo avuto figli, l’avevano presa in affido con l’intenzione di adottarla. Purtroppo, a Maureen era stato diagnosticato un cancro in fase terminale quando lei aveva sei anni, e Len non era riuscito a gestire una bimba piccola e una moglie morente. Così era cominciato il suo girovagare tra case famiglia e affidi temporanei. C’era stata un’altra coppia che quasi l’aveva adottata, ma Rosa era una bambina difficile e nessuno se l’era mai sentita di adottarla definitivamente.

    Rosa sospirò e cullò Hot fra le braccia. A essere onesti, la sua relazione anomala con Josh, fatta di pompini (solo quando era ubriaca), era stata la cosa più vicina alla felicità che avesse mai provato… e adesso aveva rinunciato anche a quella.

    Rinunciare era una cosa tipica per Rosa. Non sopportava gli idioti.

    Seb la stava osservando. «Quello sì che era un sospiro. Siamo quasi arrivati… Subito dopo l’angolo ci troveremo davanti allo Ship». Scalò la marcia per rallentare e aspettare di essere superato da una motocicletta.

    Fu allora che Rosa lo vide. Il negozio. Illuminato dai fanali del camioncino, vide che aveva una bella facciata curva, la vernice turchese si stava staccando dalla porta d’ingresso, sulla quale era ancora appeso un cartello malconcio con la scritta CHIUSO. Sopra la bella vetrina a bovindo, delle lettere ormai sbiadite formavano le parole The Corner Shop. Sopra il negozio c’era un appartamento vuoto. Nel vederlo, Rosa sentì rinascere l’entusiasmo. Se anche quello faceva parte del pacchetto, all’improvviso l’intera faccenda non sembrava tanto male.

    «Che peccato», disse a sé stessa.

    «Vuoi dire per il Corner Shop?», chiese Seb.

    «Sì».

    «Ormai sono quasi cinque anni che è chiuso. Prima era una piccola miniera d’oro».

    «Che cosa vendeva?»

    «Tutto e niente. Era il preferito sia della gente del posto che dei turisti. In effetti è un po’ un mistero, il vecchio signor Myers lo ha mandato avanti finché non ce l’ha più fatta a salire gli scalini che portano all’appartamento».

    «Che Dio lo benedica… ma perché un mistero?»

    «Oh, nessuno di noi riesce a capire perché non l’ha venduto».

    «Non aveva famiglia?»

    «Lui non ne ha mai parlato. È morto all’età di novantotto anni nella casa di cura sopra la collina, circondato dai molti amici che si era fatto qui».

    «Ah, capisco».

    «Eccoci arrivati. Lo Ship Inn, milady».

    «Grazie, Seb. Posso darti qualcosa per la benzina?». Rosa si era ricordata all’improvviso del rotolo di banconote nella sua borsa e del fatto che Josh le aveva consigliato di aprire un conto corrente appena possibile.

    «No, non essere sciocca. Una sera mi offrirai da bere qui al pub», rispose sorridendo. «Adesso tu e Hot, sistematevi e, se non dovessi rivedervi – anche se sono sicuro del contrario –, vi auguro una buona vacanza e un felice Natale». Grattò il bassotto dietro le orecchie e poi uscì per aiutare Rosa a scendere e a tirare giù il suo bagaglio dal retro.

    Capitolo 3

    Rosa stava dando da mangiare a Hot nella sua stanza allo Ship Inn, quando arrivò una telefonata da Josh.

    «Volevo solo controllare che foste arrivati nel Devon senza problemi».

    «Sì, siamo arrivati sani e salvi. Il negozio è in rovina, almeno a giudicare dall’aspetto. Mi hanno detto che è rimasto vuoto per cinque anni e, mi dispiace dirlo, ma penso che quelli del posto saranno un po’ scioccati quando vedranno una ragazza di Londra che affronta questa nuova impresa».

    «Allora sei già stata a vederlo?»

    «No, ci siamo passati accanto venendo qui. È davvero pittoresco, con una bellissima vetrina a bovindo».

    «Quindi mi sembra di capire che sei pronta ad accettare questa sfida».

    «Be’, non ho molta scelta, no? Non posso deludere il mio misterioso benefattore. Anche se ho paura, Josh. Non so niente su come si manda avanti un negozio».

    «Non ti preoccupare. Vai a dargli un’occhiata come si deve domani e vedi che impressione ti fa. Se vuoi posso venire lì con il mio amico Carlton. Ha rinnovato tantissimi negozi. Forse ha solo bisogno di una ripulita e qualche ritocco».

    «Okay, grazie. La mia stanza qui al pub è molto accogliente e sono contenta di averla prenotata per qualche giorno. La finestra dà sulla baia. Oh, Josh, l’ho visto solo al buio, ma questo posto è davvero bello con le luci di Natale che si riflettono sul mare. Non vedo l’ora che sia domani mattina, così io e Hot potremo andare in esplorazione. Ma ascolta, la cosa migliore sai qual è? C’è un appartamento sopra il negozio».

    «Oh, Rosa, questa sì che è una bella cosa! Fantastico».

    «Be’, aspettiamo di vedere in che stato è, apparteneva a un uomo di novant’anni che ci ha vissuto un sacco di tempo da solo».

    «Pensi che sia stato lui a lasciarti il negozio?»

    «Adesso non ci voglio pensare. Sono qui, staremo a vedere come vanno le cose». In quel momento il bassotto saltò sul letto e cominciò a leccarle la faccia. «Ehi», disse Rosa, cercando di non ridere. «Hot ti saluta».

    «Salutamelo anche tu». Josh fece una pausa poi aggiunse: «Mi sento maledettamente solo qui senza voi due».

    «Vedrai che presto ti godrai la ritrovata libertà e poi, come hai detto, puoi venire qui quando vuoi. Non so ancora quanto è grande l’appartamento. Ti chiamo domani sera».

    «Okay. Dormi bene e sii positiva domani, quando andrai là. Penso che sia un bene per te… un nuovo inizio».

    «Comunque io amo Londra, Josh».

    «Lo so, Rosa, ma ricordi quante volte hai detto che volevi metterti in proprio?»

    «Attenta a quel che desideri, giusto?», disse Rosa ridendo. «Io e Hot staremo bene. Spero che non svegli tutto il pub abbaiando stanotte, ma grazie a Dio sembra sfinito quanto me. Adesso un bel bagno e poi a nanna. Buonanotte».

    «Buonanotte, madame».

    Capitolo 4

    Rosa fu svegliata da un sonno profondo da qualcuno che bussava alla porta.

    «Buongiorno, cara. Volevo solo sapere se volevi la colazione, smettiamo di servirla fra venti minuti».

    «Sì, grazie». Rosa si era appena resa conto che con l’eccitazione del suo arrivo al pub, la sera prima non aveva cenato e stava morendo di fame. «Va bene se porto anche il mio cane giù in sala da pranzo?»

    «Certo, non vedo l’ora di conoscerlo. Anzi, sul bancone ci sono delle orecchie di maiale con sopra il suo nome».

    Rosa sorrise. Sembravano tutti molto amichevoli lì nel Devon. Ne avrebbe approfittato più che poteva prima che si accorgessero che lei era la nuova proprietaria del loro amato Corner Shop.

    Sheila Hannafore aveva quelli che Rosa poteva descrivere solo come capelli di un bianco brillante, acconciati con una pettinatura vecchio stile. Doveva avere circa sessantacinque anni, ma sembrava molto più giovane. Le sue guance rosse si adattavano perfettamente al suo viso simpatico e aveva i denti più perfetti che Rosa avesse mai visto.

    «Sheila, vero? Mi dispiace, ma sono terribile con i nomi».

    «Sì, sono io. Proprietaria e direttrice dello Ship Inn da più di trent’anni. Ed è tutta la mia vita, tesoro».

    «Lo gestisce da sola?»

    «Purtroppo sì. Brian, il mio ultimo marito, è mancato un anno fa».

    «Mi dispiace tanto».

    «No, cara, era un miserabile bastardo e con la sua assicurazione mi sono fatta il lifting e mi sono sistemata i denti, e questo mi ha aiutato a superare il dolore».

    «Stavo per farle i complimenti per i denti, sono davvero brillanti».

    «Sì, i marinai dicono che non abbiamo più bisogno del faro, basta che io digrigni i denti».

    «Divertente».

    «Bene… allora colazione all’inglese, vero? O sei una di quelle strane tipe di città che hanno paura della carne e dei farinacei?»

    «Va bene tutto, grazie».

    «Perfetto. Ti porterò anche dell’acqua… e prendi pure un’orecchia per il tuo cane. Anche se qui le usiamo più che altro come rimedio contro la sbornia. Adesso sono io che mi sono dimenticata il suo nome».

    «Hot Dog».

    «No, cara, non oggi. Non ci sono hot dog nel menu».

    «No, Hot Dog è il nome del mio cane».

    «Be’, non l’avrei mai detto. Sono davvero sorpresa».

    Rosa fece una risata. Le piaceva l’accento del Devon. A una prima impressione, le piaceva Sheila Hannafore.

    «Lo porto fuori per una breve passeggiata, mentre lei cucina», disse.

    «Fai pure quello che devi fare, cara. Io torno in un baleno».

    Dopo aver fatto passeggiare Hot, che ora si godeva la sua orecchia di maiale sotto il tavolo, Rosa sentì lo stomaco che brontolava rumorosamente. Proprio in quel momento, Sheila apparve da dietro il bancone del bar con un enorme piatto pieno di cibo.

    «Questo è un vero banchetto», disse Rosa prendendo coltello e forchetta. «Grazie mille».

    «Buon appetito, cara. Posso chiederti cosa ti porta da queste parti?»

    «Ehm… faccio solo visita alla famiglia», rispose Rosa inzuppando una salsiccia in un tuorlo d’uovo.

    «E chi è la tua famiglia? Non ti ho mai visto da queste parti prima».

    «Sheila… va bene se ti chiamo Sheila, vero?»

    «Certo cara».

    «Avevo solo bisogno di venire via da Londra. Là mi stavano facendo impazzire, avevo sentito che il Devon era delizioso e be’… eccomi qua».

    «Allora non passerai il Natale con la tua famiglia?»

    «No. Non siamo molto legati».

    «Oh, che peccato. I miei ragazzi non mancano mai di farmi visita. Il più giovane arriverà più tardi. Poi troverà qualche scusa per stare con la fidanzata, ma non puoi dirgli cosa devono fare a quell’età, no? Il più grande arriva la mattina di Natale con Martha, sua moglie, e i miei nipotini ovviamente. Loro vivono qui vicino. Tre piccoli tesori, io li adoro».

    «Questa è una bella cosa».

    «Be’, lo spero. Dovranno avere un po’ di pazienza, a Natale qui siamo in piena attività. Ho un sacco di tacchini farciti pronti per l’abbuffata».

    «Quindi siete aperti anche il giorno di Natale?»

    «Oh, qui siamo

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