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Perfetto con troppi difetti
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E-book119 pagine1 ora

Perfetto con troppi difetti

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Info su questo ebook

The Storm Series 3.5

La vita di Jake Wether è perfetta. Ha sposato la donna di cui è sempre stato innamorato e adesso è padre di tre meravigliosi bambini. I Mighty Storm vanno forte e la casa discografica è fiorente. Jake ha letteralmente tutto: la vita che non ha mai nemmeno osato sperare di avere, perché temeva di non meritarla. In effetti, ci sono stati molti momenti oscuri e la morte del suo migliore amico, Jonny Creed, ha rischiato di trascinarlo in una spirale di disperazione. Ma poi è arrivata Tru e ogni cosa è cambiata. Quello che Jake non sa è che il passato ha strani modi di ripresentarsi. E la sfida che i suoi demoni stanno per riportare alla luce potrebbe essere la più difficile che abbia mai dovuto affrontare.
Samantha Towle
Ha iniziato a scrivere mentre aspettava il primo figlio. La Newton Compton ha pubblicato il suo romanzo d’esordio Nonostante tutto ti amo ancora e la serie bestseller The Storm (The Bad Boy, The Wild Boy, Lover Boy). Vive con il marito e i figli nell’East Yorkshire.
LinguaItaliano
Data di uscita23 lug 2018
ISBN9788822724502
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    Anteprima del libro

    Perfetto con troppi difetti - Samantha Towle

    Capitolo 1

    Merda. Ho caldo. Perché ho così caldo? Ho il braccio addormentato e… cos’ho in bocca? Capelli?

    Capelli, indubbiamente.

    Belle.

    È di nuovo nel nostro letto.

    Mi allontano da viso e bocca la massa di capelli scuri e mossi. Guardo mia figlia, di tre anni, che dorme e sorrido.

    Deve essere venuta nel nostro letto di notte. Lancio un’occhiata allo spazio vuoto al mio fianco. Tru deve essere già di sotto con i ragazzi.

    A stento ricordo quando la mia vita non era così, quando la mia vita era vuota e carica di solitudine. Mentre adesso è piena di tutto quello che non avevo mai immaginato di poter avere.

    Tru, che mi ha dato una vita che va al di là dei miei sogni, e tre bellissimi, fantastici figli: JJ, Billy e Belle.

    Questa, questa qui, è una cazzo di perfezione. La mia vita è perfezione.

    Lo so quanto sono fortunato. E lo so perché c’è stato un tempo in cui la mia vita non era perfetta. Ma quello era prima, e questo è ora. E ora è fantastico.

    Credo di dover trascinare il culo fuori dal letto: stamattina ho una riunione alla casa discografica. Lascio in pace la mia piccola Bella Addormentata, così da concederle ancora qualche minuto di sonno prima di svegliarla.

    Faccio scivolare il braccio da sotto Belle, facendo attenzione il più possibile, poi scendo piano dal letto e mi dirigo in bagno.

    Sono a metà pisciata quando sento la voce assonnata della mia bimba, alle mie spalle: «Papi, perché io non ho il peeene?».

    Mentre mi faccio di lato per non farmi vedere da Belle, mi giro e mi scappa un sorrisetto. «Perché tu sei una femminuccia, tesoro».

    «Ma io voglio essere un maschio! Come te, JJ e Billy». Arriccia le labbra e mette il broncio. «Voglio un peeene!».

    Se ne sta lì, a chiedere un pene, con il suo pigiamino della principessa Disney e le braccia conserte sul torace, pestando il piede.

    Dio. È proprio come sua madre. Non che Tru abbia mai voluto un cazzo – be’, a parte il mio dentro di lei, chiaramente – ma Belle ha la stessa determinazione d’acciaio di Tru. Ed è identica a sua madre, il che significherà guai per me quando sarà più grande.

    Ma come so affrontare il carattere di mia moglie, so come affrontare Belle.

    «Okay, tesoro. Che ne dici di fare così?», le chiedo con tono accondiscendente, trattenendo le risate. Mi tiro su i pantaloni del pigiama e vado a lavarmi le mani. «Perché non chiedi un pene a Babbo Natale?». Nell’istante in cui lo dico, capisco quanto suoni sbagliato. Così sbagliato che implorerei Dio di potermelo rimangiare.

    «Babbo Natale, regalami un peeene!», inizia a gridare saltellando e battendo le mani.

    «Cazzo. Merda! No!». Vado nel panico mentre le parole mi escono di bocca, perché so esattamente com’è fatta Belle. È un maledetto pappagallo, ecco cos’è.

    «Cazzo! Merda! Babbo Natale, un peeene!», inizia a imitarmi lei, le mani ancora giunte.

    Merda. Tru mi ucciderà. Mi ucciderà sul serio.

    «Cristo!». Mi copro il viso con le mani. «Belle, no!».

    Mi abbasso e la prendo in braccio, lei si stringe ai miei fianchi con le piccole gambe paffute, le mani aggrappate al mio collo.

    «Non le dire, quelle parole. Sono parole brutte». Le tocco la punta del naso con il polpastrello mentre fisso i suoi grandi occhi marroni. Gli occhi di Tru.

    «Cazzo. Me…».

    «Parole brutte», ripeto, lanciandole un’occhiata seria. «Non le ripetiamo, quelle parole. Mai più. E soprattutto non davanti a mamma. Okay?»

    «Allora, Babbo Natale, mi dai un peeene se non dico butte paole¹?».

    «Oddio», gemo.

    «Babbo Natale! Peeene!», ridacchia lei.

    «È ora di fare colazione, Belle», le dico. «Vuoi i cereali di Frozen?», le chiedo per distrarla.

    Quel cazzo di film snervante della Disney è il suo preferito e lei mangia solo quella marca di cereali.

    «Fozen!», grida.

    Per poi lanciarsi nel coro di Let It Go mentre la porto fuori dal bagno e scendo giù in cucina dove dovrebbe essere la mia tribù. Il tempo di arrivare all’ultimo scalino e inizio a cantare insieme a lei. Quando quella canzone del cazzo l’hai sentita un miliardo di volte, diventa difficile non cantarla.

    «Mamma!», grida Belle nell’istante in cui mettiamo piede in cucina. «Papi dice che Babbo Natale mi eegala un peeene!».

    Cazzo.

    Gli occhi di Tru incrociano i miei. «Davvero?».

    Le vedo un abbozzo di sorriso agli angoli della bocca.

    Faccio un sorrisone e mi stringo nelle spalle. «Quello che la mia piccolina vuole, la mia piccolina avrà».

    Metto a sedere Belle al suo posto per la colazione.

    «’giorno, JJ e Billy». Bacio la testa dei miei bambini, che hanno gli occhi incollati alla tv.

    Ricevo un «’giorno» da parte di Billy e un grugnito da parte di JJ.

    Poi vado da Tru, che sta imburrando i toast, e le faccio scivolare le mie braccia intorno alla vita. La faccio girare per guardarla negli occhi e le afferro il sedere, adesso non a portata d’occhio dei miei figli, e gli do una bella strizzata. «’giorno», le sussurro mentre premo le mie labbra sulle sue.

    Dio, quanto sa di buono. Lei sa sempre di buono.

    «’giorno». Ricambia il mio bacio, poggiando la mano sul mio petto nudo. «E buona fortuna quando dovrai spiegare a Belle per quale motivo non riceverà un pene il giorno di Natale».

    Tru ride piano mentre io faccio scivolare di nuovo le mie labbra sulle sue, il suono che vibrando mi arriva all’uccello.

    «Per allora se ne sarà dimenticata». La guardo fisso negli occhi.

    «Oh, certo, come no. Proprio come si era dimenticata di quando le avevi detto che le avresti comprato una Ferrari rosa per il suo terzo compleanno».

    Cazzo, me l’ero scordato.

    Belle era impazzita quando si era resa conto che non c’era nessuna Ferrari rosa. È probabile che io stia viziando un po’ Belle. Be’, è probabile che io stia viziando tutti i miei figli, ma quando da bambino non hai avuto niente, ai tuoi vuoi dare tutto.

    «Allora, i miei hanno detto che avrebbero tenuto i ragazzi stasera. Pensavo che potremmo uscire o… starcene a casa». Tru mi accarezza il petto e lo stomaco con le dita, fermandosi proprio al di sopra dell’elastico dei pantaloni del pigiama.

    Il pisello, ovviamente, mi si mette sugli attenti. È sempre sugli attenti, davanti a Tru.

    «Se posso dire la mia, io dico di restarcene a casa. Senza vestiti, per tutta la notte».

    Lei sorride, una luce che le attraversa gli occhi. «Casa e niente vestiti, okay».

    «Mamma! Colascione!», grida Belle.

    Tru scuote la testa ridacchiando.

    «Vuole i cereali», le dico. «Li prendo io». Le do un ultimo, lungo bacio.

    «Colascione!», grida di nuovo Belle.

    Con un sospiro lascio andare Tru, ma non senza strizzarle di nuovo quel sederino. Tiro fuori i cereali dalla credenza e poi prendo la tazza della principessa e il cucchiaio preferito di Belle. Verso latte e cereali, poi le porto la tazza.

    Insomma, guardatemi: l’esempio della vita domestica.

    «Come si dice, Belle?»

    «Gazie, papi». E mi sorride prima di infilare il cucchiaio nei cereali.

    Dio, quant’è tenera. Non c’è da meravigliarsi che io sia un pupazzo nelle manine di quella bimba.

    «Amore, vuoi del caffè?», chiedo a Tru.

    «Certo».

    Verso caffè per entrambi e le porto il suo mentre lei è impegnata a preparare il pranzo per i ragazzi e a mangiare il suo toast.

    «Vuoi che faccia qualcosa?», le chiedo.

    «No, non ti preoccupare».

    «Vuoi che porti i ragazzi a scuola mentre vado in casa discografica?»

    «Ce li portano i miei».

    Eva e Billy, la madre e il padre di Tru, sono una benedizione del cielo. Ora vivono a Los Angeles, gli ho trovato una casa proprio in fondo alla nostra strada. Con la scuola dei bambini e il mio ufficio qui, ci passiamo più tempo che nel Regno Unito. Eva e

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