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Il mio cuore per il chirurgo: Harmony Bianca
Il mio cuore per il chirurgo: Harmony Bianca
Il mio cuore per il chirurgo: Harmony Bianca
E-book154 pagine2 ore

Il mio cuore per il chirurgo: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Dottori, romanticismo e passione nella città che non dorme mai.

Il talentuoso chirurgo Dan Morris è in grado di curare i suoi piccoli pazienti come nessun altro, ma fuori dalla sala operatoria non dà confidenza a nessuno. Finché non incontra Molly Shriver, la fisioterapista che si occupa di suo figlio. Molly è capace di guardare oltre la maschera che indossa e di riconoscere l'uomo che vi si nasconde dietro. Ma permetterle di aiutarlo potrebbe rivelarsi un enorme passo falso.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2019
ISBN9788830501461
Il mio cuore per il chirurgo: Harmony Bianca
Autore

Laura Iding

Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il mio cuore per il chirurgo - Laura Iding

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    NYC Angels: Unmasking Dr Serious

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2013 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Giacomo Boraschi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-146-1

    1

    «Noooo!» gemette Josh, aggrappandosi alla bambinaia quando Dan cercò di toglierlo dal divano. «Voglio che mi prenda Gemma!»

    Dan Morris strinse i denti. Fu assalito dal rimorso mentre suo figlio gli dimostrava nuovamente come preferisse la compagnia di Gemma, la donna di mezz’età che si occupava di lui da sei mesi, a quella del padre. Con una facilità derivata dalla lunga abitudine, però, ignorò i propri sentimenti e parlò con gentilezza mentre toglieva delicatamente il bimbo dalle braccia di Gemma.

    «Va tutto bene, Josh. Ti avevo detto che per qualche settimana sarei rimasto a casa con te, ricordi? Oggi ti accompagnerò alla seduta di fisioterapia. Non devi avere paura. Ti sarò vicino per tutto il tempo.»

    Il bimbo non parve entusiasta della promessa, ma per fortuna smise di ribellarsi e si strinse contro il petto di suo padre come se volesse accettare il proprio destino. Aveva smesso di piangere, tuttavia ogni tanto singhiozzava in modo altrettanto straziante.

    Dan lo sistemò nell’apposito seggiolino sul sedile posteriore della BMW nera e allacciò la cintura di sicurezza prima di sedersi al volante. Cercò febbrilmente un modo per rompere il ghiaccio fra loro. Voleva che Josh si sentisse amato. Ma come? Fino a quel momento le parole si erano rivelate inutili.

    «Papà, la terapia mi farà male?»

    All’innocente domanda di suo figlio, Dan fu assalito da un miscuglio d’ira e rimorso. Quante volte Josh gli aveva rivolto la stessa domanda all’ospedale? Quante volte era stato costretto a rispondere di sì? Si schiarì la voce e sorrise al bimbo nel retrovisore. «No, la fisioterapia non ti farà male. La fisioterapista ti farà esercitare le gambe. Non ci saranno punture, te lo prometto.»

    Josh parve rassicurato e Dan guidò con prudenza nel traffico di Manhattan fino alla clinica di fisioterapia situata fra le pareti dell’Ospedale Pediatrico Angel Mendez, comunemente noto come Angel, dove si trovava il suo reparto di chirurgia cardiotoracica. Pregò il cielo che la fisioterapista, Molly Shriver, si dimostrasse all’altezza della sua fama.

    Per suo figlio voleva soltanto il meglio. Non poteva tollerare l’idea che forse Josh non avrebbe più potuto camminare. Se Molly Shriver era brava come si diceva, sarebbe sicuramente riuscita a compiere il miracolo.

    Arrivarono con dieci minuti di anticipo, perché Dan detestava arrivare in ritardo. Come si furono seduti nella sala d’aspetto, una giovane donna dagli occhi verdi con i capelli biondorossi raccolti in una coda di cavallo venne ad accoglierli.

    «Buongiorno» li salutò con un luminoso sorriso, guardando Josh.

    Al suo ingresso Dan si era alzato, ma Josh era rimasto ovviamente seduto sulla sedia della sala d’aspetto, vestito con shorts e maglietta come richiesto per la fisioterapia. La giovane donna si accosciò davanti al bimbo, in modo che i loro occhi si trovassero allo stesso livello. «Devi essere Josh Morris, ma dimostri più di sette anni. Sei sicuro di non averne otto o nove?» chiese.

    Josh ridacchiò e scosse la testa. «No, ho sette anni. Però fra venti giorni ne avrò otto.»

    «Oh, bene! Adoro i compleanni. Dobbiamo organizzare un bel party per festeggiare!» esclamò lei, facendolo ridacchiare di nuovo. «Mi chiamo Molly e sono felice che oggi tu sia venuto a trovarmi.»

    Dan infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans e guardò affascinato, notando con riluttante ammirazione come Molly fosse subito riuscita a comunicare con Josh. Pareva proprio che s’intendesse di bambini.

    Molto più di lui, questo era certo.

    «Oggi ci divertiremo» annunciò Molly, tendendo la mano verso il bimbo. «Sei pronto per giocare con me?»

    Definitivamente rasserenato, Josh annuì con entusiasmo mentre le dava la mano. Forse Molly non aveva capito che il bimbo non poteva camminare, pensò Dan precipitandosi a prenderlo in braccio. «Siamo pronti» annunciò, gettandole un’occhiata ammonitrice.

    Lei socchiuse un attimo gli occhi, poi sorrise. «Ha lasciato la sedia a rotelle di Josh in macchina?» chiese con finta dolcezza.

    L’idea che suo figlio fosse relegato su una sedia a rotelle lo faceva sudare freddo. Dan poteva passare dodici ore di seguito a ricucire arterie e vene coronariche per riparare danni ai minuscoli cuori, ma le ore che aveva passato all’ospedale di suo figlio dopo l’incidente erano state le peggiori della sua vita. «No» rispose brusco. «Josh non ha bisogno della sedia a rotelle. Ci sono io. E adesso c’è anche lei per aiutarlo a camminare di nuovo.»

    Molly strinse le labbra e smise di sorridere. Dan credette che avrebbe continuato la discussione, invece li condusse in una stanza molto più grande. Tutt’intorno erano sparsi attrezzi per gli esercizi, insieme con una quantità di giocattoli di ogni tipo e dimensione. Molly accennò a un tavolo sulla destra. «Josh dovrebbe sedersi là. Vuole sedersi anche lei, alla sua sinistra?»

    Dan depose gentilmente Josh sulla sedia, meravigliandosi del fatto che la fisioterapista lo avesse invitato a sedersi vicino al bimbo. Aveva creduto di dover restare in disparte. «Posso sedermi là» replicò, indicando una sedia di plastica nell’angolo.

    «No, così non va» ribatté Molly allegramente. «Deve restare vicino per aiutarci. Non è vero, Josh?»

    «Sì» rispose il bimbo con entusiasmo.

    A Dan non andava molto a genio l’idea di prendere ordini da quella donna, ma aveva giurato di fare tutto il necessario per suo figlio. Forse, pensò, Molly voleva insegnargli gli esercizi che avrebbe fatto eseguire a Josh, in modo che lui potesse farlo esercitare anche a casa. «Okay, d’accordo.»

    Accostò uno sgabello e si sedette alla sinistra di suo figlio.

    «Molto bene.» Molly prese un pallone di plastica rossa e accostò un altro sgabello, sedendosi alla destra di Josh. «Adesso giocheremo a palla. Ti va?»

    Il bimbo annuì con fervore.

    «Allora guarda. Dovresti lanciare la palla in alto, così...» Molly diede una dimostrazione pratica, scagliando la palla in aria e riprendendola al volo. «E poi riprenderla. Sei pronto?» chiese.

    Non appena Josh annuì, gli lanciò la palla in modo che dovesse alzare le braccia per prenderla. «Bravo!» approvò. «Adesso lanciala ancora in alto verso il tuo papà.»

    Prima che Dan si rendesse conto di quello che stava accadendo, Josh obbedì alla richiesta. La palla volò in alto e ricadde di lato, così Dan dovette reagire in fretta per prenderla. Provò l’impulso di protestare per l’aria divertita di Molly, ma come al solito nascose le proprie emozioni. In ogni caso l’entusiasmo e l’allegria di Molly gli parevano stranamente rilassanti.

    «Molto bene, Josh. Adesso, signor Morris, dovrebbe lanciare la palla verso suo figlio.»

    Dan si accinse a correggerla... Dottor Morris, chirurgo pediatrico, ma in quel momento doveva concentrarsi su suo figlio. «Dan» replicò mentre rilanciava la palla in aria affinché Josh potesse prenderla. «Chiamami Dan.»

    Lei non fece commenti, come se non si curasse del suo nome. Continuò a guardare il bimbo. «Adesso tira il pallone in aria verso di me» lo istruì. «Più alto che puoi.»

    Stavolta Josh mirò meglio, sebbene la palla ricadesse troppo lontano. Ripeterono il gioco più volte e Dan non poté fare a meno di sbirciare impazientemente l’orologio. D’accordo, era comprensibile che Molly volesse stabilire un rapporto con Josh, ma il servizio sanitario pagava veramente per quel gioco? Come si potevano curare le gambe del bimbo facendogli lanciare un pallone in aria? Quando sarebbero cominciati gli esercizi per rinforzare i muscoli?

    «Bravo» approvò Molly con un altro luminoso sorriso. Sembrava che amasse veramente il suo lavoro. «Okay, adesso giocheremo a footbag.» Rimise la palla sulla mensola e prese una pallina marrone. «Non hai mai giocato a footbag?»

    «No» rispose Josh, accigliandosi un poco mentre guardava Molly.

    Lei lanciò la pallina in aria e la fece rimbalzare sul gomito, rilanciandola ancora per poterla riprendere. Poi ripeté l’azione con l’altro gomito e finalmente con il ginocchio.

    Dan avrebbe voluto ricordarle che suo figlio non poteva camminare e nemmeno muovere le gambe per fare uno stupido gioco. Ma poi Molly tornò a sedersi sullo sgabello, tenendo la pallina in mano.

    «Questo gioco non è facile, quindi dovrai concentrarti al massimo» ammonì. «Ce la farai?»

    Josh annuì con gli occhi spalancati.

    «Forse potremmo far giocare anche il tuo papà» propose Molly con un lampo malizioso nello sguardo.

    Senza preavviso, lanciò la pallina in aria e la fece rimbalzare sul gomito, poi sul ginocchio, indirizzandola verso Dan. Lui la prese un attimo prima che lo colpisse in mezzo alla fronte.

    Spazientito, le rilanciò la pallina in grembo. «Non sarebbe il caso di lasciar stare i giochi e mettersi al lavoro?»

    Come ebbe pronunciato il rimprovero, desiderò ritirarlo, anche perché Josh si era offuscato come se stesse per piangere.

    Molly dovette fare uno sforzo enorme per mantenere il suo sorriso rilassato. Avrebbe voluto prendere il bimbo in braccio e portarlo lontano da quel mostro di padre.

    «Mmmh, temo che stamattina il tuo papà si sia svegliato di malumore» mormorò, quindi prese la pallina e fece girare lo sgabello per fronteggiare Josh. Poi si sporse avanti con aria complice e parlò sottovoce. «O forse dipende dal fatto che non sa giocare» osservò come se condividessero un grande segreto. «Dovremmo insegnarglielo, non credi?»

    Josh si morsicò il labbro e annuì, sbirciando suo padre con ansia. «Okay» confermò con un filo di voce, come se fosse diviso fra il desiderio di parteggiare per lei e quello di proteggere il suo papà.

    Molly fece del proprio meglio per ignorare lo sguardo penetrante del dottor Morris. Sapeva benissimo chi fosse, naturalmente. In fin dei conti lo aveva visto alla cerimonia del taglio del nastro quando l’Angel aveva inaugurato la nuova ala neonatale, sebbene lui non l’avesse notata. Inoltre si occupava di molti pazienti che erano stati operati da lui. I genitori decantavano le sue qualità di chirurgo.

    Come medico il dottor Morris aveva una reputazione eccellente, ma conoscendolo di persona Molly si era scoperta un po’ delusa. Certo, era molto attraente... alto, con le spalle ampie, i capelli

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