La fidanzata del capo: Harmony Jolly
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Joss Dawson sa che l'ultimo desiderio del padre è che lui ritrovi l'amore, ma dopo le rovinose conseguenze del suo matrimonio ha giurato a se stesso di non innamorarsi mai più. La soluzione, però, è davanti ai suoi occhi: Eva Sinclair, bellissima e intelligente assistente personale del genitore, accetta di fingersi la sua fidanzata. Sono anni che Eva è attratta da lui: per questo accetta di stargli accanto, ma sa che i rischi di mandare all'aria la vita che si è duramente costruita sono elevatissimi. Come farà a mantenere il giusto distacco da Joss, evitando di innamorarsi del suo capo?
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Anteprima del libro
La fidanzata del capo - Ellie Darkins
successivo.
1
«Puoi aiutarmi con la cerniera o hai intenzione di rimanere a guardare?»
Istintivamente Joss chiuse la porta alle sue spalle, domandandosi se qualcun altro avesse visto, e guardò dalla vetrata per assicurarsi che suo padre non fosse nelle vicinanze.
«Scusa, Eva. Stavo cercando mio padre. Che cosa ci fai nel suo ufficio? E perché sei svestita?»
Eva si strinse nelle spalle e lui osservò la pelle pallida della schiena, esposta alla luce dove il vestito era aperto.
«Edward è già in sala riunioni. Non dovresti essere là anche tu? Non importa. Puoi aiutarmi? Avrei dovuto essere all'incontro già da cinque minuti, ma mi sono rovesciata del caffè sul vestito e, adesso, la cerniera si è incastrata.»
«Va bene, va bene... certo» disse Joss, lanciando un'occhiata alla porta chiusa dietro di lui. «Mio padre voleva vedermi prima della riunione, ma non sono riuscito a liberarmi.»
L'uomo raggiunse Eva e spostò gentilmente le mani della ragazza, poi tirò la cerniera verso l'alto nel modo più veloce e impersonale possibile.
Eva si voltò a guardarlo da sopra la spalla e, quando i loro occhi si incontrarono, Joss sentì l'attrazione che provava sempre quando era in presenza dell'assistente del padre.
«Uhm... Joss, avrei bisogno che tu abbassassi la cerniera.»
Oh, no. Non avrebbe potuto farcela. Non era così sciocco. Teneva le mani e la mente lontano da quella ragazza da anni, e conosceva i limiti del proprio autocontrollo. «Non sono sicuro che...»
«Joss, vuoi abbassare la cerniera, una buona volta? Chiudi gli occhi, se vuoi, ma fammi uscire da questo vestito! Comunque, non sono nuda, sotto, se sei preoccupato per la tua delicata sensibilità.»
Lui inspirò a fondo e abbassò la cerniera, ma questa si incastrò a metà della schiena della ragazza.
«È bloccata.»
«Ancora? Perfetto. Speravo fosse solo colpa dell'angolazione con cui la stavo tirando. Riesci a sbloccarla?»
Joss non era sicuro di volerlo fare, visto che abbassarla ulteriormente avrebbe significato esporre altra pelle e scoprire esattamente che cosa lei avesse voluto dire quando aveva affermato di non essere nuda.
Si fece coraggio e districò i fili che erano rimasti impigliati tra i dentini, fino a riuscire a far scivolare agevolmente la cerniera lungo la schiena di Eva. Vide così le mutandine rosa che lei indossava, bordate da un delicato pizzo color crema. Peggio che nuda, forse... Era terribile poter osservare quel corpo, che aveva così spesso sognato, e sapere che era completamente fuori dalla sua portata.
«Finalmente! Grazie al cielo!» esclamò la ragazza sfilando l'abito e afferrandone un altro posato sulla poltrona del padre di Joss. L'uomo si diresse alla porta, ma Eva lo fermò. «Aspetta. Puoi chiudere la cerniera, questa volta? Non voglio essere più in ritardo di quanto sia già.»
Lasciandosi sfuggire un sospiro, Joss attraversò l'ufficio e fece come lei aveva chiesto, notando come le sue dita passassero vicino alla seta rosa alla base della schiena della giovane.
Prima però di portare a termine il compito, la porta dietro di lui si aprì.
«Eva, sei...?»
Maledizione a suo padre e al suo pessimo tempismo.
«Mi dispiace, Edward. Arrivo subito» disse Eva, raggiungendo da sola la cerniera e provando a tirarla verso l'alto.
«No, no... vedo che vi ho interrotto» ribatté Edward. «Immagino che foste sul punto di raggiungerci in sala riunioni.»
Joss non ebbe il coraggio di sollevare lo sguardo, ma poté quasi sentire il sorriso sul viso del padre.
«Vi aspettiamo.»
Edward uscì dalla stanza prima che Joss potesse spiegare che non era successo niente tra lui ed Eva. Scoccò uno sguardo alla ragazza e la vide in imbarazzo quanto lui, mentre era ancora alle prese con la cerniera. La aiutò senza esitare, questa volta, e poi si avviò a grandi passi verso la porta.
«Che cosa diremo?» chiese Eva.
«Me ne occuperò io.»
Joss entrò nella sala del consiglio, combattendo ancora contro l'immagine del corpo di lei con indosso solo la biancheria intima e lo sguardo incuriosito e divertito del padre quando aveva chiaramente frainteso quello che stava succedendo nel suo ufficio.
Era ormai abituato a vedere Edward deluso, soprattutto quando si parlava di lui e le donne. Da quando il matrimonio di Joss era fallito, infatti, suo padre aveva a malapena tentato di nascondere il disappunto per il fatto che lui non avesse nemmeno provato a sistemarsi con un'altra donna. Inoltre sapeva che, la prima volta che aveva parlato del proprio divorzio con i suoi genitori, entrambi avevano pensato che la colpa fosse solo sua.
Poi, quando era entrato a far parte dello staff dell'ufficio, emergendo dalle nubi oscure della depressione seguita al divorzio, si era reso conto della forte attrazione che provava per l'assistente esecutiva di suo padre.
Si era imposto di non avvicinarsi a lei per nessun motivo. Il padre teneva molto alla ragazza, e non avrebbe reagito bene se lui avesse ferito i suoi sentimenti. Dopo ciò che Joss aveva fatto al proprio matrimonio – la sua incapacità di prevenirne il fallimento – sapeva di non essere in grado di rendere felice nessuna donna.
Per lo meno suo padre lo rispettava professionalmente. Lavorava per la catena di grandi magazzini di lusso di proprietà della famiglia dai tempi della scuola, e aveva guadagnato la posizione di vicepresidente dei negozi del Regno Unito. Ma il rispetto professionale e l'orgoglio personale erano cose differenti, e Joss sapeva che la presenza di uno non avrebbe mai compensato l'assenza dell'altro.
Tutti gli occhi si puntarono su di lui, quando entrò nella sala riunioni al secondo piano, Eva subito dietro. Trovarono un paio di sedie libere nell'angolo. La luce del sole filtrava attraverso la vecchia finestra con i vetri a piombo, illuminando la stanza che, nei giorni nuvolosi, riusciva a essere opprimente.
Joss tentò di catturare lo sguardo del padre, ma l'uomo aveva gli occhi rivolti alla finestra, e lui non capì se Edward stesse cercando di evitarlo oppure fosse così affascinato dal panorama che si vedeva oltre i vetri da non riuscire a distogliere l'attenzione. Le strade di Kensington erano brulicanti di gente e Joss comprese dal rumore esterno che il marciapiede era colmo di turisti e clienti che si fermavano ad ammirare le magnifiche vetrine, per le quali il negozio era rinomato.
Alla fine suo padre si schiarì la voce e si guardò intorno nella stanza, fissando a uno a uno tutti i presenti.
«Vorrei ringraziarvi per essere qui» cominciò Edward, con un sorriso che Joss non riuscì a interpretare. «Specialmente con un preavviso così breve e per giunta di venerdì pomeriggio, quando so che preferireste essere a pranzo al pub. Mi dispiace che, come alcuni di voi potrebbero aver intuito, una riunione urgente del consiglio di amministrazione raramente sia foriera di buone notizie. Oggi non è diverso. Così, è con grande dispiacere che devo annunciare che, a causa di gravi problemi di salute, mi dimetto dalla compagnia con effetto immediato.»
Joss sentì un brivido gelato attanagliare lo stomaco, mentre assimilava le parole del padre. Doveva essere malato – molto malato – per prendere in considerazione l'idea di lasciare il lavoro.
Ma Edward continuò a parlare, non lasciandogli il tempo di riflettere.
«Sapete tutti che, negli anni, ho compiuto quelle scelte necessarie per garantire un passaggio di consegne senza problemi, quando fosse arrivato il momento. Dunque, se siete ancora tutti d'accordo, vi lascerei nelle capaci mani di mio figlio, Joss, che diventerà Direttore Generale e Presidente del consiglio di amministrazione al mio posto. Eva, naturalmente, assisterà Joss nel suo nuovo ruolo, poiché sospetto che conosca il mio lavoro meglio di me. So che tutti voi continuerete a essere di supporto, così come lo siete stati con me. Adesso, immagino vi siano delle domande, quindi risponderò meglio che potrò. Chi è il primo?»
La stanza piombò nel silenzio. Joss fissò il padre. Problemi di salute? Edward non si era assentato dal lavoro per malattia nemmeno un giorno, in tutta la sua vita, e adesso dava le dimissioni? È vero, avevano parlato di programmi per la successione. Ogni uomo d'affari di alto livello cercava di prevedere ogni contingenza, e Edward non avrebbe voluto lasciare la compagnia nel caos, se gli fosse successo qualcosa. Ma c'era dell'altro oltre questo? Suo padre sapeva che presto si sarebbe dimesso?
Il terrore aumentò. Edward non avrebbe mai dato le dimissioni per un problema al femore o un guaio all'angina, come più volte aveva descritto una delle sue paure riguardo alla salute. Aveva sempre ripetuto che avrebbe diretto la Dawson fino a quando non fosse stato rinchiuso in una bara. Se dava le dimissioni, significava che doveva esserci una notizia terribile.
Il panico e il dolore serrarono la gola di Joss, mentre notò per la prima volta la sfumatura leggermente grigiastra della pelle del padre e le rughe intorno agli occhi che indicavano un forte affaticamento. Perché non se ne era mai accorto prima? Suo padre non era un giovincello, eppure lavorava ancora sedici ore al giorno a un'età in cui la maggior parte delle persone era già in pensione.
Avrebbe dovuto convincerlo a prendere le cose con più leggerezza, avrebbe dovuto assumersi lui più responsabilità.
Incontrò lo sguardo di Edward e vi lesse una profonda comprensione. Avrebbe voluto correre ad abbracciarlo, ma qualcosa lo teneva immobilizzato sulla sedia, gelandogli il sangue.
Poi sentì un leggero calore diffondersi dalle dita e vide che Eva gli aveva stretto la mano.
«Edward, possiamo fare qualcosa per aiutarti?» domandò la ragazza.
A Joss pungevano gli occhi e serrò la mascella per impedire anche a una singola lacrima di scivolare fuori. Doveva tenere sotto controllo le proprie emozioni. Inoltre, se avesse dovuto asciugare la guancia, sarebbe stato costretto a liberare la mano da quella di Eva e, al momento, non credeva di esserne capace.
«Forse dovremmo parlarne nel mio ufficio?» propose Edward a Joss, con voce gentile. «E voi intanto...» proseguì, rivolto ai membri del consiglio di amministrazione, «avrete un bel pettegolezzo di cui parlare e potrete pensare a che cosa volete chiedermi. Tornate pure a terminare il vostro pranzo al pub, se vi va. Ma affrettatevi a farvi venire in mente le domande da farmi, perché ho intenzione di sdraiarmi su un lettino al sole prima della fine della prossima settimana.»
Edward si alzò, e Joss notò, per la prima volta, che per farlo dovette appoggiarsi al tavolo.
Joss uscì dallo stato di trance mentre percorrevano il corridoio verso l'ufficio del padre, e cominciò a porre al genitore una domanda dietro l'altra.
«Papà? Che cosa sta succedendo? Stai bene? È di questo che volevi parlarmi prima della riunione?»
Edward collassò sulla poltrona dietro alla propria scrivania e si appoggiò allo schienale. «Sì. Mi dispiace, figliolo. Avrei voluto dirlo prima a te, ma non sei arrivato al nostro appuntamento...»
«Papà, se avessi saputo...»
«Lo so.» Edward addolcì le parole con un sorriso. «Lo so. Ma è stato difficile per Eva convocare tutti con così poco preavviso. Non potevo più rimandare.»
«Non potevi rimandare? Che cosa c'è che non va, papà?»
«Siediti, figliolo.» L'uomo indicò la poltrona davanti alla sua. «Anche tu, Eva. Dovete ascoltare entrambi. Si tratta di cancro. Temo non ci sia più nulla da fare. A quanto pare, l'ho ignorato un po' troppo a lungo. Così ho pensato che fosse arrivato il momento di concedermi quella vacanza che mi ripromettevo da trent'anni, e lasciare a voi il timone mentre ho ancora la possibilità di rispondere alle vostre domande.»
Joss fissò il padre, incapace di accettare quelle parole. Cercò ancora la mano di Eva e la strinse con forza, ricevendo coraggio dalla presenza della ragazza.
«Quanto ti resta, papà?»
«Oh, conosci i dottori. Non ti danno mai una risposta certa. Qualche mese, sembra. Abbastanza da potermi divertire un po', prima di andarmene. Amo il mio lavoro, lo sapete entrambi, ma notizie come