Una sposa per lo sceicco: Harmony Collezione
Di Abby Green
5/5
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Info su questo ebook
Lo sceicco Salim Al-Noury è disposto ad abdicare piuttosto che mettere in pericolo il regno con i suoi oscuri segreti. Le cose cambiano radicalmente quando una donna viene assunta a corte con il preciso scopo di persuaderlo a riconsiderare le proprie decisioni. Tuttavia, quello non sarà l'unico effetto che Charlotte avrà su di lui...
Per Charlotte McQuillan il periodo di Natale è come un buco nero che inghiotte ogni cosa. Per questo è felice di accettare di lavorare durante le feste. Salim però si rivela uno dei suoi clienti più ostici, dotato di un magnetismo in grado di farle perdere la ragione, e il prezzo per portare a termine il proprio compito e salvare la corona potrebbe essere molto caro.
Abby Green
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Una sposa per lo sceicco - Abby Green
successivo.
Prologo
La doccia calda punitiva che lo sceicco Salim Ibn Hafiz Al-Noury si era appena autoimposto aveva fatto ben poco per disperdere il senso di vuoto che lo pervadeva dopo l'incontro sessuale non proprio soddisfacente con un'amante occasionale. Non era colpa della donna, che era bellissima e, soprattutto, accettava senza batter ciglio le sue regole di non avere legami.
Non si avvicinava mai a donne che non lo facessero, giacché aveva costruito la propria vita su un'indipendenza che coltivava da sempre. Aveva messo tutta la distanza possibile dalla sua famiglia e dalla pesante eredità della sua nascita, oltre che dai dolorosi ricordi della gioventù. E solo la distanza emotiva da chiunque poteva garantirgli che tali intollerabili pene non si ripetessero.
Salim e suo fratello Zafir erano stati generati con il freddo calcolo che si dedicava di solito ad animali di allevamento. Erano destinati a ereditare i troni di due paesi confinanti: Jandor, la patria natale di loro padre, dov'erano entrambi nati e cresciuti insieme alla gemella di Salim, Sara, e Tabat, che era invece la patria della loro madre.
I due regni erano stati in guerra per centinaia di anni, ma avevano raggiunto un accordo di pace quando la loro madre, la principessa incoronata di Tabat, aveva sposato il loro padre, da poco assurto al trono di Jandor, e insieme i due avevano promesso che i loro figli avrebbero assunto rispettivamente i regni dei due paesi.
Alla morte del padre, poco più di un anno prima, Zafir, il maggiore dei figli, era salito al trono di Jandor che per lui, più che per Salim, era sempre stato la sua casa.
Ma Salim doveva ancora assumere in modo ufficiale il suo ruolo come re di Tabat, e la pressione perché lo facesse si stava ormai intensificando.
Uscì dalla doccia avvolgendosi un telo di spugna intorno ai fianchi, irritato che i propri pensieri avessero preso quella direzione, e ignorando il pungolo della coscienza che gli diceva che doveva confrontarsi con quella situazione.
Fino a quel momento era riuscito a evitarlo perché si era dedicato alla costruzione di un vasto impero finanziario, che spaziava dalle proprietà immobiliari fino ai media e alle industrie tecnologiche, e non poteva staccarsi facilmente da nessuna di quelle attività. Anzi, non voleva staccarsene, anche se ormai aveva raggiunto un livello di successo che gli avrebbe consentito di farsi da parte, se solo avesse voluto.
Il vapore nel bagno cominciò a dissolversi e Salim poté vedere il proprio riflesso nello specchio. Fu quasi colto di sorpresa dall'espressione cinica del suo volto. Gli occhi azzurri spiccavano sulla pelle scura del viso, dove la corta barba bordava una mascella dura. Troppo dura.
Osservò senza alcun compiacimento la piacevole simmetria dei lineamenti, che rievocarono nella sua mente la versione più aggraziata e femminile, che era stata congelata all'età di undici anni, quando la sua povera gemella era morta.
Una parte di lui si era irreparabilmente rotta quel giorno: il suo cuore. E con esso ogni illusione d'invincibilità e la convinzione che il mondo potesse essere il luogo benevolo che aveva creduto che fosse. Con la morte di Sara aveva perso la sua compagna dell'anima, e non intendeva mai più sperimentare un dolore simile. Per un momento il ricordo del viso pallido e senza vita della sorella gli mozzò il fiato, anche se erano passati diciannove anni.
Le sue dita si strinsero così forte sul bordo del lavello che le nocche diventarono bianche. Fu solo il suono insistente di una vibrazione che lo riportò al presente. Si diresse verso la camera da letto del suo attico di New York e notò il telefono che emetteva lampi di luce sul comodino. Quando lo afferrò e vide chi era, avvertì una stretta al petto, un misto di sensazioni turbolente, la più forte delle quali era il senso di colpa. Fu tentato di lasciare che rispondesse la segreteria telefonica, ma sapeva bene che avrebbe solo rimandato l'inevitabile.
«Fratello, che piacere sentirti» esordì brusco.
Zafir emise un grugnito a quella risposta. «Ho cercato di contattarti per settimane. Diavolo, Salim, perché fai così? Rendi le cose più difficili per tutti, incluso te stesso.»
Salim fece finta di non aver sentito. «Immagino di dovermi congratulare con te. Mi dispiace di non essere stato presente al tuo matrimonio.»
Zafir sospirò. «Non mi aspettavo che venissi, Salim, ma sarebbe stato piacevole per te incontrare Kat. Lei vorrebbe conoscerti.»
Il suo tono fece stringere ancor più il petto di Salim. Aveva fatto così un buon lavoro a tenere lontano da sé il fratello, che adesso sembrava impossibile colmare la distanza. E perché di colpo sentiva di doverlo fare? Represse quell'insano impulso e si disse che non doveva nulla a Zafir né a sua cognata, che adesso era la regina di Jandor.
«Non ho davvero tempo per i convenevoli, fratello. Perché hai chiamato?»
Zafir si indurì. «Sai esattamente perché ho chiamato. Hai evitato fin troppo a lungo i tuoi doveri. I consiglieri del governo a Tabat hanno atteso per più di un anno che salissi al trono, come stabilito da nostro padre.» Prima che Salim potesse reagire, il fratello proseguì: «Tabat sta per precipitare nel caos. Non riguarda solo te, Salim, il popolo ha bisogno di stabilità. È venuto il momento che tu ti assuma le tue responsabilità. Sei un re, che ti piaccia o no».
Salim avrebbe voluto gridare nel telefono che lui era la cosa più lontana da un re che un uomo potesse essere. La sua vita era sempre stata distante dal mondo della politica e dai sovrani, lui non aveva mai chiesto quel ruolo che gli era stato messo addosso ancor prima che nascesse. L'accettazione dello status quo di Zafir era lontanissimo dal suo atteggiamento di rifiuto. Ma Zafir proseguì prima che potesse dire qualsiasi cosa.
«Non puoi evitarlo, Salim. È il tuo destino e se non lo accetti avrai del sangue sulle tue mani.»
Destino. La rabbia di Salim si dissipò mentre pensava cupamente al destino della sorella. Era stato il suo destino quello di cadere dal muro e morire così giovane?
Dopo quello che era accaduto a Sara non credeva più nel destino. Credeva che ognuno si costruisse il proprio. E questo era ciò che lui aveva fatto per tutta la sua esistenza, tanto per se stesso che per onorare la vita che la sorella aveva perso.
Guardò fuori, lo skyline di Manhattan, dove l'alba di un giorno tardo autunnale stava sorgendo lentamente, bagnando ogni cosa di una soffice luce rosata. Era un panorama molto bello, ma lo lasciava indifferente. In quel momento un falco si librò nell'aria proprio davanti alla finestra, maestoso e ferale, girando in cerchio in cerca di una preda. Era lontano dal suo habitat naturale, eppure sia lui sia le prede si erano adattate all'ambiente, così come avevano fatto gli umani. Un ricordo gli riaffiorò nella mente, lui e Sara nel deserto con i loro falchi. La sorella aveva sollevato una mano per incoraggiare il proprio uccello a volare alto, dicen-do al fratello che il suo falco era troppo pigro per fare altrettanto... Era così spensierata, innocente...
«Salim?»
La voce del fratello ruppe il silenzio e un macigno gli piombò sulle spalle. Destino o no, sapeva che non poteva evitare un'eredità che peraltro non aveva mai chiesto. Doveva affrontarla.
«Bene...» borbottò. «Gli darò la loro incoronazione Avvisali che sto arrivando.»
E facendo questo, si assicurò silenziosamente, avrebbe troncato per sempre i legami con il suo cosiddetto destino, e anche con il suo passato.
1
Camminando avanti e indietro per l'ufficio vuoto, Charlotte McQuillan fissò per l'ennesima volta l'orologio. Il re, Salim Ibn Hafiz Al-Noury, o più precisamente l'uomo che sarebbe stato incoronato re di lì a tre settimane, la stava facendo aspettare da più di un'ora.
Non era un segreto che fosse il più riluttante re del mondo, dal momento che aveva rimandato l'incoronazione per più di un anno: erano infatti passati molti mesi da quando suo fratello era stato incoronato re del vicino Jandor. Ma non era una sorpresa, dal momento che Salim era famoso come l'enfant terrible sulla scena internazione dei playboy milionari.
Charlotte conosceva bene la sua reputazione, anche se solo di riflesso. Le riviste di gossip erano una maledizione per lei, dal momento che era stata lei stessa protagonista di un celebre scandalo quando era molto giovane, tuttavia la fama dello sceicco, con la sua oltraggiosa bellezza, la sua mitica virilità e la capacità di trasformare ogni cosa in oro era qualcosa che non si poteva ignorare. Le sue imprese sessuali erano eguagliate solo dalla sua capacità di ammassare ricchezza e successo nei vari affari in cui era coinvolto.
Charlotte si avvicinò alla finestra e guardò il mare di sabbia sconfinata sotto un cielo blu intenso. Il sole era un globo infuocato e lei quasi rabbrividì nella piacevole aria condizionata, immaginando come doveva essere trovarsi là fuori senza un filo d'ombra. Il breve percorso che aveva compiuto dall'aereo fino all'auto che l'aspettava l'aveva quasi uccisa.
Con i capelli biondo ramati, non era mai stata un'amante del sole. Eppure eccola lì. Perché quando le era arrivata l'opportunità di sfuggire ai preparativi natalizi londinesi, l'aveva colta al volo. Dire che quello non era il suo periodo preferito dell'anno era un eufemismo. Detestava il Natale, con tutte le sue luci sfolgoranti e la forzata gioiosità festiva, perché era stato proprio durante quel periodo che la sua vita era andata in pezzi e lei aveva capito che felicità e sicurezza erano solo delle illusioni che potevano essere strappate via in qualsiasi momento.
Come il Mago di Oz, che era emerso da dietro la sua facciata accuratamente costruita per rivelare che non era affatto un mago.
Tuttavia, mentre osservava quel panorama che non poteva essere più diverso e lontano dal mondo londinese, non si sentiva affatto sollevata. Provava quasi un senso di pena. Peggio, uno struggimento. Perché a dispetto di tutto in cuor suo aspirava a quel genere di Natale che veniva celebrato in film zuccherosi o nelle cartoline dove le famiglie sorridevano insieme felici.
Il fatto che in realtà trascorresse il giorno di Natale da sola, con le lacrime che le rigavano il viso mentre guardava per l'ennesima volta film sentimentali, era un segreto che si sarebbe portata appresso nella tomba.
Emettendo un suono di disgusto, distolse il viso dal panorama e relegò quelle emozioni al luogo cui appartenevano: un angolo remoto del suo cuore. Si distrasse guardandosi intorno nel vasto ufficio reale nel quale, secondo il protocollo, non avrebbe mai dovuto essere ammessa senza la presenza dello stesso re. Sospirò.
Una volta doveva essere stata una sala impressionante, con gli affreschi su tutte le pareti, anche se ormai sembravano sbiaditi, come tutto quello che sino a quel momento aveva visto a Tabat e nella sua capitale. Tuttavia la città l'aveva incuriosita, con le sue antiche viuzze fiancheggiate da palazzi in pietra, percorsa dal fiume che aveva la sua sorgente nelle montagne e scorreva fino al mare sulla costa del vicino Jandor.
Il paese era ricco di risorse naturali, di cui il petrolio era la più importante e redditizia. Le infrastrutture però avevano un serio bisogno di ammodernamento, insieme a una miriade di altri aspetti, sociali, politici ed economici. C'era grande bisogno di un leader preparato, in grado di traghettare quel mondo retrogrado nel Ventunesimo secolo. Il suo potenziale era formidabile, aveva solo bisogno di essere usato.
Ma da quel poco che lei era venuta a sapere dello sceicco Al-Noury e della sua reputazione, non aveva molte speranze che potesse accadere presto. Lo sceicco non aveva fatto mistero che le sue priorità concernessero il suo impero d'affari in Occidente. Lei era stata assunta da suo