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Un corpo da reato (eLit): eLit
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Un corpo da reato (eLit): eLit
E-book162 pagine2 ore

Un corpo da reato (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO
Non capita tutti i giorni di incontrare un investigatore privato con gambe da gazzella, pelle di porcellana e capelli rossi, lunghi e selvaggi. Ma Ripley Logan non vuole che la sua sensuale bellezza scoraggi i clienti: lei è una dura. Quando però tre brutti ceffi si infilano nella sua camera d'albergo, Ripley non ha scelta: darsi a una poco onorevole fuga. Peccato che sia completamente nuda e che l'unica via di salvezza sia rappresentata dalla stanza accanto, dove l'ignaro Joe Pruitt...
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2019
ISBN9788830504707
Un corpo da reato (eLit): eLit
Autore

Tori Carrington

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un corpo da reato (eLit) - Tori Carrington

    successivo.

    1

    Dita agili scivolarono avanti e indietro lungo la superficie liscia e compatta del flacone. Un calore umido aleggiava nell'aria, rendendo madida la sua pelle, facendole desiderare qualcosa per cui avrebbe dovuto attendere ancora qualche istante. Contrasse le dita, valutando il liquido pronto a zampillare, poi appoggiò la guancia contro il familiare toccasana che agognava da ore.

    Ripley Logan alla fine decise che nella vasca c'era acqua a sufficienza. Svitò il tappo del flacone della schiuma da bagno e ne versò una generosa dose nell'acqua. Non vedeva l'ora di immergersi nel liquido profumato per rilassare i muscoli e liberarsi dalla tensione che l'opprimeva.

    D'accordo, ammise, forse aveva preso decisioni più sensate di quella nel corso della sua vita. Seduta sul bordo della vasca da bagno dell'albergo trasse un profondo respiro, inalando il delicato profumo di pesca. Chi l'avrebbe mai detto che la professione dell'investigatore privato fosse così estenuante? Eccitante, senz'altro. Aveva imparato a maneggiare una pistola, seguito un corso di specializzazione, appreso i primi rudimenti del pedinamento. Ma il secondo giorno di lavoro del suo primo caso, si chiese perché nessuno le avesse parlato del senso di solitudine che avrebbe sofferto durante lo svolgimento di un incarico. Si alzò in piedi cercando di rilassare i muscoli. Avrebbe potuto accettare questa spossatezza se fosse derivata da una giornata produttiva. Ma divorare chilometri e chilometri alla ricerca di una donna che non voleva essere trovata era tutt'altro discorso.

    Guardò l'ora, poi tolse l'orologio da polso e lo appoggiò sul lavandino. Mezzanotte passata e non aveva fatto il minimo progresso nella ricerca di una certa Nicole Bennett. Sapeva di lei esattamente quanto dodici ore prima, quando l'aereo era atterrato a Memphis.

    Le sembrava di sentire le parole di sua madre. «Forse potrebbero anche riassumerti, tesoro. In fondo hai lavorato per loro sei anni e sei stata sempre seria ed efficiente. Sono sicura che accoglierebbero con gioia un tuo ripensamento.»

    La compagnia per la quale aveva lavorato era stata assorbita da un'altra impresa e un terzo dei dipendenti era stato messo o in prepensionamento o gratificato con una sostanziosa buonuscita. Ripley non si era lasciata sfuggire l'occasione, ma si era ben guardata dal confessare a sua madre che l'aveva interpretata come un segno del destino per potersi dedicare finalmente a qualcosa di più eccitante. Qualcosa che non comportasse tenere sempre nella borsetta un paio di calze di nylon di ricambio.

    Non che si fosse aspettata che sua madre, e anche suo padre, approvassero la sua decisione. Vivian Logan aveva quarantacinque anni quando si era rassegnata all'idea di non poter avere figli e aveva adottato Ripley. Lei, quindi, era cresciuta con dei genitori anziani, all'antica rispetto a quelli dei suoi amici. Ricordava con raccapriccio le feste di compleanno: tutti seduti in salotto, con tè e dolcetti, impegnati in qualche gioco di società. Finché Ripley era andata alle elementari, la cosa era stata tollerabile, ma da adolescente la situazione si era fatta insostenibile. Dopo l'ultima, umiliante esperienza, aveva convinto sua madre che il festeggiamento per il compleanno poteva benissimo risolversi in una cena al ristorante con i genitori.

    Capiva che la carriera che aveva intrapreso avrebbe spaventato a morte i suoi genitori. Ma l'idea di una vita ordinata e prevedibile, come aveva condotto per cinque anni, spaventava a morte lei.

    Tolse la calibro nove dalla fondina e la soppesò. Non riusciva a vedersi con un'arma. Le sembrava di essere un bimbo che gioca ai cowboy e doveva frenare l'impulso di puntare l'arma ed esclamare: «Bang, bang!». Solo che se avesse anche premuto il grilletto, oltre che puntare l'arma, questa volta avrebbe fatto un bel buco nella parete. Mise la sicura e posò l'arma sul lavandino accanto all'orologio.

    Da come erano andate le cose quel giorno avrebbe detto che l'unica occasione di sparare un colpo sarebbe stata al poligono di tiro. Serrò le labbra. Era certa di essere in grado di sparare a qualcuno se la situazione l'avesse richiesto. Ma c'era una gran differenza tra sparare a una sagoma di cartone e sparare a un essere umano. Eppure il pensiero che avrebbe potuto farlo se non ci fosse stata nessun'altra possibilità la fece sorridere.

    E pensare che fino alla settimana precedente il più grave rischio che aveva corso era stato di ferirsi con un tagliacarte!

    Ripley sospirò e scostò dal viso i ricci ramati. Okay, quella giornata non era stata eccitante come avrebbe voluto. Ma questo non significava che la situazione, l'indomani, non si sarebbe potuta evolvere in qualcosa di più simile all'avventura.

    L'acqua era tiepida, il livello al punto giusto, le bolle che formavano una coltre soffice e profumata. Ripley si spogliò e si immerse voluttuosamente nella vasca. Mentre si godeva il tepore, diede un'occhiata allo specchio della stanza da bagno. Quello che c'è di curioso negli alberghi è che gli specchi sono posizionati in modo tale che uno si riflette nell'altro sì da offrire una completa visuale di ogni angolo dell'ambiente. Sforzandosi di ignorare il principio di cellulite alle cosce, si guardò intorno chiedendosi chi mai potesse apprezzare una visuale perfetta di tutti gli ambienti contemporaneamente. Per Ripley quella panoramica era una riprova della sua solitudine, in uno dei migliori alberghi di Memphis.

    Si immerse completamente. Le bolle le solleticavano il naso. Le spazzò via con una mano ricoperta di schiuma. A questo punto afferrò un asciugamano per ottenere un miglior risultato e si rilassò di nuovo socchiudendo gli occhi. Sembrava che i piedi avessero corso la maratona di Boston, o che avessero misurato la distanza tra la sua città, St. Louis, e Memphis. Il corpo era stremato come se avesse nuotato per tutto il Mississippi, che era ben visibile al di là della finestra che dava sulla balconata. Cosa avrebbe dato per un massaggio!

    A suo parere l'abilità nel massaggio era un criterio tra i più importanti nella scelta del partner. I tre personaggi che aveva frequentato negli ultimi cinque anni si erano dimostrati, al riguardo, un'assoluta nullità. Emise un gemito rendendosi conto che l'umore peggiorava. Dopo l'ultimo disastro aveva rinunciato a trovare l'uomo giusto, l'anima gemella di cui parlano le riviste patinate, il principe azzurro delle fiabe. Aveva deciso di accontentarsi di un rapporto cameratesco, ma pareva che nessuno dei ragazzi che le stavano intorno fosse interessato. Così aveva stabilito che, in generale, la vita doveva essere in qualche modo vivacizzata. Il suo amico Nelson Polk, tempo prima, aveva commesso l'imperdonabile errore di essere dello stesso suo parere.

    «Non ho mai trovato una donna che abbia tenuto fede a questo principio, sai?» le aveva detto Nelson, mentre scuoteva il capo, assorto nella successiva mossa degli scacchi. Il tempo - era autunno inoltrato - era mite, il parco di St. Louis ancora affollato. «Pensa ai miei tre divorzi e alle due bancarotte, tanto per dirne una. Non permettere che succeda anche a te, Ripley.»

    Questa conversazione aveva avuto luogo sette mesi, dieci giorni e tre ore prima; Ripley non l'avrebbe mai dimenticata perché per la prima volta Nelson aveva fatto un accenno alle circostanze che l'avevano portato da investigatore privato a vagabondo senza tetto, inquilino del parco. Quel momento le sarebbe stato sempre impresso nella mente perché aveva avuto una visione di quella che sarebbe stata la sua vita se non le avesse dato velocemente una svolta.

    Aveva subito fatto partecipe Nelson della sua idea, aspettandosi obiezioni o discussioni in proposito, tentativi di farla desistere da quella che poteva essere una decisione sciocca. Invece lui aveva sorriso, senza incoraggiarla, ma neppure scoraggiandola. E ricordava perfettamente di aver pensato che se un giorno fosse diventata madre, quello sarebbe stato l'atteggiamento che avrebbe tenuto nei confronti dei propri figli. Non li avrebbe mai costretti nel nido: avrebbe dato loro l'opportunità di prendere le proprie decisioni e di spiccare il volo.

    Questa conversazione aveva scavato un solco incolmabile nella bambagia in cui era stata soffocata per la vita intera, e lei aveva deciso di tirarsene fuori per sempre. Così, per la prima volta nella sua vita, aveva tenuto tra le mani una pistola. Non certo perché nutrisse l'inconscio desiderio di andare in giro a spaventare la gente. Niente era più lontano dai suoi pensieri. Ma era consapevole di aver dato un indirizzo nuovo alla propria esistenza. Se avesse continuato a lasciarsi trascinare dalla marea, sarebbe finita con l'approdare chissà dove, chiedendosi come mai fosse finita lì. Aveva fatto la segretaria perché... Corrugò la fronte. Le sembrava passato così tanto tempo! Aveva ottenuto un diploma in informatica, ma aveva finito col fare la segretaria.

    Trascinata dalla marea...

    Un lieve bussare la fece sussultare. Ripley spalancò gli occhi. Il servizio in camera aveva dimenticato qualcosa? Riluttante, si mise a sedere nella vasca. Udì un rumore sospetto come di una chiave che veniva inserita nella serratura, poi un minaccioso click che sembrava provare che la porta era stata aperta.

    Qualcuno era entrato nella sua stanza.

    Gli occhi sbarrati, Ripley fissò lo specchio mentre si immergeva completamente nell'acqua. Il riflesso le mostrava chiaramente due mani che tenevano una pistola inquietante. Una pistola di dimensioni tali che faceva apparire la sua calibro nove un innocuo giocattolo.

    Non aveva senso. Aveva trascorso la giornata chiedendo a destra e a manca di Nicole Bennett. La risposta più eccitante l'aveva ricevuta dall'addetto al banco dei pegni che le aveva digerito in faccia mentre posava sul banco la tazzina del caffè. Doveva ricontrollare accuratamente i propri appunti... almeno per spiegarsi la presenza di uno, anzi tre gorilla armati che si aggiravano nella sua stanza.

    Ragazzi, che serata!

    Joe Pruitt gettò il catalogo delle calzature sul pavimento, spense la luce e si sdraiò sul letto, le mani dietro il capo. Il chiarore della luna filtrava dalla finestra semiaperta che dava sulla balconata, riportandogli alla mente lo spicchio di luna che aveva scorto poco prima. Una luna fatta per gli amanti, ricordò di aver pensato. Fece una smorfia. Amanti. Già! Negli ultimi dieci anni la sua unica amante era stata la Sole Survivor, Inc., la casa produttrice di scarpe da ginnastica. Be', non era del tutto onesto. C'era stata una certa Tiffany nel Texas, e poi Nanette nel Nord Dakota e Wendy a Washington. Solo in quel momento aveva notato la correlazione tra l'iniziale dei nomi e degli stati e il sorriso si accentuò. Comunque fosse, la relazione era durata al massimo un paio di settimane. Un lasso di tempo più che sufficiente alle ragazze per scoprire che la casa produttrice veniva di gran lunga al primo posto per Joe e a lui per rendersi conto che, a parte il sesso, aveva ben poco in comune con ognuna di loro. Non che avesse importanza. Aveva stabilito da tempo che il sistemarsi non faceva per lui.

    Durante l'ultimo viaggio d'affari in Nuovo Messico aveva stipulato un accordo con la Shoes You Use, un accordo che normalmente gli avrebbe fatto spuntare un sorriso da un orecchio all'altro... Eppure, per qualche strano motivo, la cosa l'aveva lasciato abbastanza indifferente.

    Indifferente. Se per esempio avesse prestato più attenzione alle spogliarelliste di poco prima, forse in quel preciso

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