Alchimie e segreti: Harmony Destiny
Di Maggie Price
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Anteprima del libro
Alchimie e segreti - Maggie Price
successivo.
1
Un agente speciale della scientifica dell'FBI era abituato a volare da un capo all'altro del paese per accorrere sulla scena del delitto.
Stavolta, però, sebbene nel bagagliaio dell'auto noleggiata all'aeroporto di San Francisco portasse il computer e la valigetta col kit dell'attrezzatura, non era venuto da Washington per dare la caccia a un pericoloso assassino.
Per la prima volta da anni, Rory Sinclair lavorava in proprio.
Per non destare sospetti, si sarebbe spacciato per un consulente privato esperto in analisi chimiche e avrebbe alloggiato in un bed and breakfast.
Aveva appena oltrepassato il cartello che dava il benvenuto a Prosperino, ridente e assolata cittadina californiana. Quella sera la pioggia cadeva fitta sul parabrezza.
Da quel poco che riusciva a vedere delle aiuole fiorite e delle panchine di legno allineate lungo i marciapiedi che fronteggiavano i negozi ormai chiusi, doveva trattarsi del classico, sonnacchioso paesino di provincia.
Che di recente, però, stava vivendo un inquietante dilemma.
Blake Fellon, un suo vecchio compagno di università, gli aveva telefonato due giorni prima spiegandogli per sommi capi la situazione. Qualcuno aveva contaminato l'acqua dell'Hopechest Ranch, il centro di accoglienza per bambini e ragazzi provenienti da famiglie disastrate, che Blake dirigeva da tempo. Alcuni membri del personale e diversi residenti della casa famiglia erano stati malissimo, ma l'ispettore dell'EPA, l'ente governativo per la protezione ambientale, chiamato a tamponare l'emergenza, non era ancora venuto a capo di niente. La lentezza con cui procedeva nelle analisi cominciava a destare in lui qualche sospetto.
Seguendo le indicazioni della cartina inviatagli da Blake via fax, Rory svoltò all'ennesimo incrocio imboccando una stradina tortuosa che si arrampicava su una collina. Blake gli aveva assicurato che dalla vedova Honeywell si sarebbe sistemato nel migliore dei modi, ma la comodità non era l'unico motivo per cui Rory si stava recando lì.
Anche Charlie O'Connell, infatti, l'ambiguo ispettore dell'EPA, era ospite di casa Honeywell. Poteva tornargli utile fare due chiacchiere con lui. Giacché c'era, ne avrebbe approfittato per tenerlo d'occhio e scoprire se stava facendo il doppio gioco.
La casa, quando arrivò, gli parve molto grande. La facciata era illuminata da diversi faretti piantati nel terreno; contò ben quattro piani, facendo riferimento alle luci accese all'interno delle finestre.
Arrestò l'auto accanto ad altre due che vide sul lato della casa e uscì. Aveva quasi smesso di piovere, constatò prendendo il borsone, la valigetta e il computer dal bagagliaio.
Non ebbe bisogno di suonare alla porta, gli bastò spingerla. Era aperta. Lasciatosi alle spalle l'aria gelata di quella serata di fine gennaio, si ritrovò in un ampio ingresso le cui pareti erano rivestite da pannelli di quercia. Al centro di un tappeto giallo e azzurro sistemato in obliquo su un angolo, una scrivania fungeva da banco della reception.
Al di là di un arco, alla sua sinistra, intravide uno studio stipato di libri, col pavimento di legno e un grande camino acceso di fronte a un invitante divano di pelle verde bosco.
Tornando a guardarsi intorno nell'ingresso, notò una targa con su scritto privato affissa sul muro, accanto a una porta socchiusa.
Posati i bagagli, si avvicinò alla scrivania, ma si arrestò udendo una voce. Proveniva dall'interno della stanza. «Non capisco perché faccia tanto la sostenuta. Le ho solo fatto un complimento.»
«Lei si azzardi a sfiorarmi di nuovo e la scaravento in mezzo alla strada» rispose una voce di donna. Il tono era inequivocabilmente gelido.
Spostandosi appena, Rory cercò di sbirciare all'interno di quello che doveva essere una specie di ufficio. Vide una libreria, un archivio e l'angolo di una scrivania. Davanti a questa, c'era una donna che studiò brevemente: altezza media, spalle diritte, viso dall'incarnato chiarissimo ora appena arrossato da una collera a stento tenuta a freno. I capelli scuri, naturalmente ondulati, ricadevano sul maglione turchese sotto il quale indossava una gonna nera, lunga fin quasi alle caviglie.
L'uomo che aveva parlato prima avanzò, entrando nella sua visuale. Era alto e ben piantato. Dai capelli castani ingrigiti sulle tempie, Rory calcolò che dovesse essere sui quaranta. Ai pantaloni di velluto a coste aveva abbinato un maglione beige a collo alto.
«Guardi che non era mia intenzione offenderla» riprese cercando di addolcire la voce. «Mettiamola in questi termini. Siamo tutti e due liberi, adulti e vaccinati. Potremmo aiutarci a vicenda a soddisfare certi nostri umanissimi bisogni...»
«L'unico bisogno che può aiutarmi a soddisfare è quello di uscire da questo ufficio. Così potrò tornare a occuparmi dei miei ospiti.»
I miei ospiti? Rory si stupì. Blake gli aveva detto che il bed and breakfast era gestito dalla signora Honeywell, una vedova che cucinava divinamente; perciò si era aspettato un'attempata donnina con un grembiule annodato in vita e i capelli sale e pepe raccolti con le forcine dietro la nuca. Peggy Honeywell invece sembrava poco più che una ragazzina. Possibile che fosse già vedova?
Come avvertendo la sua presenza, lei si voltò verso la porta e incrociò il suo sguardo. Rory mise a fuoco due scintillanti occhi verde smeraldo.
Peggy si rivolse all'uomo. «Mi scusi, devo occuparmi di un cliente.»
L'uomo si girò, vide Rory e dovette interrompere la conversazione. «Mi fermerò ancora qualche giorno. Se dovesse cambiare idea...»
«Non credo. Buonanotte, signor O'Connell.»
Quant'è piccolo il mondo!, pensò Rory fingendosi intento a infilare le chiavi dell'auto nella tasca del suo giubbotto di pelle nera. A fare il cascamorto con la signora Honeywell era proprio Charlie O'Connell, l'uomo che era venuto a sorvegliare.
Peggy uscì dall'ufficio con la grazia di una ballerina. «Mi scusi tanto, non l'avevo sentita entrare.» Vide i bagagli. «Mi dispiace, ma siamo già al completo.»
«Dovrebbe esserci una prenotazione a mio nome. Rory Sinclair.»
«Oh, sì. Blake mi aveva detto che sarebbe arrivato stasera.» Gli sorrise. «Non so perché, l'aspettavo più tardi. Peggy Honeywell.» Esitò un istante, impacciata, prima di porgergli la mano.
A Rory parve morbida e calda.
Con la coda dell'occhio, notò che O'Connell era uscito dall'ufficio e si era appoggiato allo stipite della porta. Stava fissando la sua valigetta.
Rory si girò a presentarsi. «Rory Sinclair.»
O'Connell dovette staccarsi dallo stipite. «Charlie O'Connell. Qual buon vento la porta a Prosperino, signor Sinclair?»
«Sono chimico. Blake Fellon mi ha chiamato per analizzare l'acqua dell'Hopechest Ranch. Pare che sia contaminata da qualche sostanza tossica.»
Gli occhi di O'Connell si fecero cauti e sospettosi. «Sono questioni delicate. Ci vuole tempo per venirne a capo.»
«Verissimo. Ma con tutte le persone che sono finite in ospedale, Blake teme che il ranch possa beccarsi qualche denuncia. Il legale della fondazione Hopechest gli ha consigliato di far analizzare l'acqua da un consulente privato» spiegò Rory. «E lei, signor O'Connell? È qui in vacanza?»
«Sono l'ispettore della protezione ambientale. Sono qui in veste ufficiale, per occuparmi di questo problema con l'acqua.»
«Per carità. Non ho nessuna intenzione di esserle di intralcio.»
«Lo spero per lei.» Così detto, O'Connell si girò e uscì dalla casa sbattendosi dietro la porta.
«Mi dispiace» mormorò Peggy, mortificata.
«E di cosa?» replicò Rory.
«Abbia pazienza. Il signor O'Connell a volte sa rendersi decisamente antipatico.»
«Non vedo perché debba scusarsi per lui.»
«Sì, in effetti... È che mi dà fastidio che si debba mancare di rispetto a uno dei miei ospiti.»
Rory alzò le spalle. «Non ci ho nemmeno badato.»
«Meglio così.» Peggy si scostò i capelli dietro le spalle. «Immagino che sia stanco dopo un viaggio così lungo. Le rubo solo un minuto per sistemare il registro.» Raggiunse la scrivania e aprì un grosso volume. «Blake mi ha spiegato il motivo della sua visita, signor Sinclair.»
«Rory.»
Lei gli sorrise appena. «Qui in città teniamo tutti il fiato sospeso per via di quel problema con l'acqua. L'hanno bevuta anche diverse ragazze incinte ospiti del ranch; ora sono in ansia per quello che potrebbe succedere ai loro bambini.»
«Sì, Blake mi ha detto anche questo.»
«Il sindaco ci ha assicurato che l'acqua di Prosperino viene analizzata ogni giorno; ma siamo tutti molto preoccupati. I negozi non fanno in tempo ad approvvigionarsi di acqua in bottiglia, tanta è la richiesta.»
Rory annuì. «Ho con me tutta l'attrezzatura necessaria. Fintanto che mi tratterrò qui, analizzerò ogni giorno l'acqua che esce dai rubinetti.»
Lei alzò gli occhi dal registro. «Gliene sarei grata. Sa, starei molto più tranquilla. Naturalmente sono disposta a pagarle il fastidio.»
«Ci mancherebbe. Essendo un ospite, è mio interesse assicurarmi di utilizzare acqua potabile.»
Lei gli porse una penna e gli indicò la riga vuota su cui avrebbe dovuto firmare e annotare il suo domicilio.
Mentre eseguiva, Rory notò che gli stava fissando le mani. «Le do subito un anticipo o...?»
«No, non si preoccupi. Blake mi ha detto di addebitare il suo conto alla fondazione Hopechest.» Lesse l'indirizzo che lui aveva scritto sul registro. «Non mi era mai capitato un cliente che ha casa a Washington D.C.»
Nei suoi trentacinque anni di vita, Rory non ricordava di aver mai avuto qualcosa di simile a una casa, ma non ritenne di doverglielo dire. Era più interessante andare a fondo di quell'impressione che si faceva sempre più nitida, a mano a mano che passavano i minuti, e cioè che la proprietaria di casa Honeywell fosse un tantino nervosa in sua presenza. «Lei invece è nata a Prosperino?»
«No. Sono nata in Irlanda.»
«Ah, sì? Dall'accento non si direbbe.»
«Non ci sono rimasta molto.» La donna prese una chiave. «Le mostro la stanza.»
«La seguo.»
«È al terzo piano. Se ha bisogno di una mano coi bagagli...»
«No, grazie. Viaggio sempre leggero.» Era una necessità imposta in parte dal lavoro che faceva, sempre sbattuto da un posto all'altro. Comunque Rory non aveva mai posseduto né desiderato, per la verità, niente che non potesse entrare in una valigia e portare con sé.
«La colazione viene servita dalle sette alle dieci» lo informò Peggy, avviandosi alla scala. «Nel tardo pomeriggio, offro ai miei ospiti uno spuntino a base di cracker, formaggio e