Bello e tenebroso: Harmony Collezione
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Quando Joanna Logan incontra March Aubrey, il giovane giardiniere fa immediatamente breccia nel suo cuore. Il problema è che subito dopo, Joanna scoprirà che March non è affatto un giardiniere, ma il vero e proprio proprietario di Arnborough Hall. Questo cambia radicalmente al situazione, perché la giovane Joanna non ha alcuna intenzione di diventare la nuova Lady Arnborough, con tutto ciò che ne consegue. Tenere a bada l'attrazione che prova per lui, però, è tutt'altro che facile, e le certezze di Joanna cominciano a vacillare.
Catherine George
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Bello e tenebroso - Catherine George
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Mistress of His Manor
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2009 Catherine George
Traduzione di Edy Tassi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-075-0
1
La luce del tardo pomeriggio era così abbagliante dopo l’oscurità del vivaio da costringerlo a tirare fuori gli occhiali da sole mentre oltrepassava il vero e proprio ingorgo di carrelli nel cortile principale.
Eccellente. Gli affari andavano bene. E, cosa ancora migliore, a manovrare uno dei carrelli c’era una ragazza molto attraente. Che però venne subito raggiunta da due uomini, uno dei quali teneva per mano una bambina. Maledizione. Era impegnata, quindi. Fortunato il marito! Quando le arrivò a tiro, la ragazza gli rivolse un sorriso che lo bloccò di colpo.
«Potrebbe indicarmi dove sono le viole invernali?»
«Certo. L’accompagno io» rispose lui pronto. L’avrebbe accompagnata dovunque volesse.
«Grazie.» Lei si chinò a baciare la guancia della bambina. «Tu stai con papà e il nonno, amore.»
«No, vengo con te» rispose la piccola ribelle.
«Tesoro hai già caldo, e dove tengono le viole farà ancora più caldo. Chiedi a papà di comprarti un gelato.»
Quella magica parolina indusse la bambina a voltarsi raggiante verso il padre.
Una volta soli, lui la condusse in un giro vergognosamente tortuoso e quando finalmente raggiunsero la colorata distesa di viole, lei gli sorrise di nuovo.
«Che belle. Sono degli esemplari magnifici.»
«Grazie. Viene spesso qui?» Diavolo... non poteva uscirsene con qualcosa di meglio?
«No. È la prima volta. Mia madre ha affidato a me la scelta delle viole. Grazie per il suo aiuto» aggiunse poi. «Avrà sicuramente altro da fare. Adesso posso arrangiarmi.»
«Non c’è problema. Posso ritagliarmi qualche minuto.» O qualche ora. «Lei scelga che io l’aiuto a riempire il carrello.»
Poi la osservò di nascosto mentre studiava i fiori. Aveva delle deliziose curve sotto quei jeans e quella semplice maglietta bianca. La massa di capelli lisci che si arrotondavano appena sotto il mento aveva la stessa lucentezza e la stessa tonalità delle castagne, ma gli occhi con cui si girò a guardarlo erano scuri, a mandorla, e illuminati un’altra volta da quel suo sorriso abbagliante.
«Ecco...» gli disse soddisfatta, mentre lui appoggiava l’ultima cassetta nel carrello. «Meglio che mi fermi, prima di andare in rovina.»
«I nostri prezzi sono molto ragionevoli» la rassicurò lui. «Competitivi, direi.»
«Ne sono certa. Grazie mille per il suo aiuto.»
«È stato un piacere» replicò lui, poi richiamò l’attenzione di un commesso. «Per cortesia, mostra alla signorina la cassa e accompagnala all’ingresso principale.»
«Ce ne hai messo di tempo» disse suo padre, Jack Logan, quando Jo li raggiunse. «La signorina qui stava diventando irrequieta.»
«Mi spiace. Le viole erano lontane.» Sorrise. «La cosa strana è che al ritorno invece ci abbiamo messo pochissimo...»
Jack inarcò un sopracciglio. «Ti sei fatta prendere in giro?»
«Letteralmente. Ma è stato piacevole. La mia guida era molto affascinante... sotto tutta quella terra.»
«Sono stanca» si lamentò una vocina.
Jack scostò i riccioli scuri dal visino che gli premeva contro una spalla. «D’accordo gattina, andiamo a casa dalla mamma. Tu Jo rimani qui a dare un’occhiata alla Hall?»
Lei esitò, indecisa, ma poi annuì.
«Se vuoi ti faccio compagnia io» si offrì suo nonno, ma lei scosse la testa e lo baciò con affetto.
«Hai l’aria stanca. Torna a casa con Jack e Kitty e di’ a Kate che ho fatto il possibile per scegliere bene le viole. Più tardi telefono per sentire come sta.»
Jo si protese per baciare la bimba assonnata, poi salutò con un cenno della mano i due uomini e si incamminò lungo una strada che si snodava fino alla portineria merlata di Arnborough Hall.
Comprò una guida, pagò il costoso biglietto d’ingresso e poi s’incamminò sul sentiero lastricato che attraversava prati verdi e vellutati, fino a un fossato tanto ampio da dare l’impressione che l’antica dimora vi galleggiasse sopra come un castello incantato.
«Mi spiace, ma l’ultima visita della giornata è già cominciata» le disse un’inserviente, quando Jo entrò nella Great Hall. «Ma se desidera dare un’occhiata da sola, prego si accomodi.»
«Grazie.» Jo osservò il superbo soffitto e la collezione di armature alloggiate nelle nicchie che si aprivano lungo gli alti muri di pietra. Era contenta di poter esplorare l’edificio da sola. Con la guida in mano entrò nella biblioteca per ammirare l’abbondanza di volumi che conteneva, insieme a un magnifico mappamondo e un altrettanto magnifico planetario. La stanza odorava di pelle antica addolcita dall’aroma di un potpourri. Si fermò un istante, accigliata. Era certa di aver già visto una stanza simile, prima. Poi provò la stessa sensazione in un piccolo salottino formale arredato con mobili dorati. E ancora in una meravigliosa sala da pranzo con il suo lungo tavolo degno di un banchetto. Quando raggiunse la sala da ballo si era ormai convinta di aver già visitato Arnborough Hall in un’altra vita e si concesse di indulgere a una piccola, piacevole fantasia... immaginandosi a vorticare a ritmo di valzer sotto quei magnifici lampadari.
Poiché non aveva tempo di seguire il consueto itinerario dei visitatori, raggiunse subito una lunga galleria nella quale erano appesi gli oggetti che più la interessavano, i preziosi dipinti della Hall, fra i quali, così diceva la guida, era annoverato anche un raro ritratto di Constable. I ritratti di famiglia risalivano addirittura al primo periodo Tudor e Jo li studiò tutti con attenzione. Individuò un probabile Holbein, più avanti un Peter Lely e nella sezione georgiana spalancò gli occhi davanti a un Gainsborough e a un Lawrence. Ma quando arrivò ai ritratti vittoriani rallentò fino a fermarsi. Gli uomini del diciannovesimo secolo raffigurati sulle tele non erano solo spiccatamente somiglianti fra loro, ma avevano anche qualcosa che le risultava familiare. Aveva già visto altrove quei tratti. Ma dove? Di nuovo nella sua fantomatica esistenza precedente? Jo sospirò e consultò l’orologio. Tempo scaduto.
Mentre usciva dalla portineria, Jo avvertì un moto di piacere alla vista di un’alta figura in lontananza. Il suo bel giardiniere aveva un aspetto diverso adesso, con i jeans puliti e vissuti e una maglietta bianca che gli fasciava le spalle ampie e la vita stretta. I suoi capelli color inchiostro erano umidi sulle punte e non aveva più né l’accenno di barba né gli occhiali da sole. Quando si avvicinò sorridendole dopo averla riconosciuta, Jo trattenne all’improvviso il fiato. I suoi occhi avevano il colore dell’ambra scura che lei associava a quello dei leoni.
«Ha fatto un giro della casa?» le chiese cordiale.
Jo annuì, sorridendo. «Gli altri sono già andati. Io sono venuta con la mia macchina per poter dare un’occhiata alla Hall da sola.»
«Suo marito avrà già messo la bambina a letto quando lei arriverà a casa?»
«Veramente quello era mio padre. Ma siccome sembra troppo giovane per la parte, io lo chiamo Jack. E Kitty è la mia sorellina. Se vuole avere il quadro completo, il più anziano, affascinante gentiluomo del gruppo era mio nonno.»
Lui arrossì leggermente. «Le chiedo scusa.» Poi la sorprese con un sogghigno. «D’altro canto, la mancanza di un marito è un’ottima notizia... o ci sono dei pretendenti appostati da qualche parte?»
Jo rise e scosse la testa. «No, sono single.»
I suoi occhi scintillarono. «Fantastico, lo sono anche io! Festeggiamo con qualcosa da bere prima che torni a casa.»
Jo sbatté le palpebre. «Accidenti, voi giardinieri non vi perdete certo in convenevoli!»
Lui scosse la testa. «La vita è troppo breve. Allora, vieni?» le chiese, abbandonando ogni traccia di formalità. «L’Arnborough Arms è proprio in fondo alla strada. A proposito, io mi chiamo March.»
«Io sono Joanna, e siccome ho sete, la risposta è sì.»
«Bene allora, Joanna. Se tagliamo i giardini in questo punto possiamo prendere la scorciatoia.»
«Mi sembra di capire che conosci bene il posto.»
«Sin da piccolo. La tua famiglia ti aspetta a casa per cena?»
Lei scosse la testa. «Ho cucinato il pranzo prima di venire qui, mentre Jack girava attorno a mia madre... che io chiamo Kate, a proposito... e la faceva impazzire chiedendole ogni cinque minuti come si sentiva.»
«Non sta bene?»
«Aspetta un altro bambino» rispose Jo, pensierosa.
Camminarono in silenzio fino a un muretto che delimitava la fine del sentiero ricoperto di erba. Lì March l’afferrò per la vita e l’aiutò a scavalcarlo. «Eccoci arrivati; giusto un paio di metri dalla porta posteriore del pub. Aspetta un istante, devo dire due parole al proprietario.»
Jo rimase a guardare mentre March bussava contro la porta chiusa e poi entrava.
«Non è ancora orario di apertura?» gli chiese quando tornò a prenderla.
«È sempre aperto. Ho solo chiesto a Dan se possiamo occupare la saletta sul retro per chiacchierare in pace. Altrimenti rischieresti di venire calpestata da quelli che giocano a freccette.»
Il pub era piacevole, con le sue travi scure e le pareti bianche. Ed era anche deserto. Jo inarcò un sopracciglio mentre il suo accompagnatore la scortava in una stanzetta dietro il bar. «Calpestata?»
«Più tardi di sicuro» insistette lui deciso. «Allora, cosa ti andrebbe, Joanna?»
«Un succo di pompelmo con della limonata e molto ghiaccio, grazie.» Poi gli chiese dov’era il bagno e andò a rinfrescarsi.
Quando tornò, i loro bicchieri li stavano aspettando su un tavolino accostato a una finestra a strombo.
«Ho lavorato tutto il giorno e non devo guidare, perciò posso godermi una bella birra» le disse lui, sollevando il bicchiere. «Alla tua salute, Joanna.»
«Vivi qui vicino?»
«Qualche minuto a piedi. E tu?»
«A un’ora di macchina.»
March si appoggiò allo schienale della sedia, rilassato, le lunghe gambe distese in avanti. «Cosa ne pensi della Hall?»
«È un posto splendido. Non è che per caso il suo proprietario è single, vero?» chiese Jo speranzosa. «Perché potrei sposarlo e trasferirmi lì già domani.»
Lui rise. «Ti piace così tanto?»
«È l’atmosfera. Per quanto sia antica, sa comunque di casa.»
«Hai dato un’occhiata ai ritratti della Long Gallery?»
«Non a tutti. Il tempo è scaduto a metà dell’epoca vittoriana.»
«Peccato» commentò lui, poi bevve un altro sorso di birra. «Allora dimmi, Joanna, cosa fai nella vita?»
«Lavoro con mio padre.»
«Di cosa si occupa?»
«È un costruttore.»
«E ovviamente andate d’accordo.»
«Dal punto di vista professionale formiamo davvero un’ottima squadra.» Sorrise ironica. «Ma la mia vita privata lo preoccupa. Ogni tanto gli piace recitare la parte del padre-padrone e insiste che vada a vivere a casa con lui e Kate.»
Le labbra di March si contrassero. «Perché? Ti piace darti alla pazza gioia?»
«Magari!» Poi Jo si fece seria. «A parte gli scherzi... Ho avuto la mia dose di festini quando andavo a scuola. Ma adesso conduco una vita piuttosto normale nella mia casetta vicino al parco.»
March la osservò con rispetto. «Tuo padre deve pagarti bene, allora.» Poi sollevò le mani. «Scusa. Osservazione maleducata.»
«Non preoccuparti. E tu dove vivi?» gli chiese lei.
«In una specie di appartamento.»
«Lavori tutte le domeniche?»
«Quando c’è bisogno, sì. Da adesso