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Un oscuro passato: Harmony Destiny
Un oscuro passato: Harmony Destiny
Un oscuro passato: Harmony Destiny
E-book154 pagine2 ore

Un oscuro passato: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Nicole sta scappando dal marito, un ex galeotto che minaccia il loro bambino. Spaventata e senza un soldo, Nicole affida il piccolo a una coppia di amici e cerca lavoro in città, nella speranza di racimolare il denaro sufficiente per trasferirsi il più lontano possibile. Michael intuisce che la ragazza si trova in difficoltà, e spinto dall'attrazione che prova per lei, lei, l offre un posto di cameriera nel locale notturno di cui è proprietario. Ma sulla loro felicità incombe un passato pericoloso e inquietante...
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2016
ISBN9788858955505
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    Anteprima del libro

    Un oscuro passato - Anne Eames

    successivo.

    1

    A una stazione di benzina del Montana, a circa quaranta miglia da Joeville, Nicole Bedder si guardò nello specchio del bagno e si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione. Le ciglia finte che aveva tentato di incollare con tanta fatica erano rimaste attaccate al dito. Purtroppo, le tremavano le mani. Erano passate diciotto ore dall'ultima volta che aveva mangiato.

    Provò ancora, questa volta usando le pinzette, e infine vi riuscì. Non era abituata e sbatté le palpebre a lungo mentre frugava in borsetta in cerca del fard.

    Un colpo alla porta la fece sussultare.

    «Un attimo.»

    Si era già pettinata e cotonata i capelli biondo platino in un'acconciatura di cui Dolly Parton sarebbe stata fiera e si stava applicando uno strato di rossetto rosso fuoco sulle labbra già carnose, assicurandosi di uscire dai bordi naturali.

    Indietreggiò di un passo e osservò il risultato finale. La gonna di denim non era abbastanza corta e il top non sufficientemente stretto, ma gli indumenti sexy purtroppo non erano mai stati il suo forte.

    Si sistemò il reggiseno in modo che il petto sembrasse più prorompente e si girò di profilo per darsi ancora un'occhiata, l'ultima.

    Santo cielo! Chi era quella che aveva davanti?

    Senza concedersi il tempo di cambiare idea, aprì la porta. La signora di mezza età che aspettava fuori rimase senza fiato. La scrutò da capo a piedi e, quando le passò davanti prima di chiudersi in bagno, scrollò la testa con una smorfia di disgusto.

    Nicole s'impose di stare calma. Forse era sulla buona strada. Aveva appena convinto quella sconosciuta di essere una poco di buono, ma sarebbe riuscita a ingannare il proprietario del Purple Palace?

    Non le restava che provare. L'annuncio diceva che selezionavano aiutanti. Ecco perché aveva deciso di presentarsi al colloquio vestita in quel modo, per dimostrare che i trucchi vistosi non offendevano la sua sensibilità. Purtroppo non era facile come aveva creduto. Probabilmente si era soltanto illusa.

    Recitò una preghiera veloce, si riempì i polmoni e si diresse verso la vecchia Chevy verde cercando di non cadere dai tacchi alti.

    Il meccanico pulì le mani sporche in uno straccio e si girò verso di lei rimanendo a bocca aperta. Poi cercò di darsi un contegno fingendo di non avere notato la sua trasformazione, avvenuta in bagno.

    «Due cinghie sono consumate. Non credo che dureranno a lungo.» Stava fissando il suo top rosso con espressione tutt'altro che monacale.

    Nicole dovette trattenersi per non assestargli un pugno in pieno viso. Invece s'impose di rispondere con voce sicura. «Reggeranno altre quaranta miglia?»

    «Difficile da dire. Forse sì, forse no.»

    Nicole guardò la pompa della benzina, vide quanto era il totale e fece un rapido calcolo. Non poteva permettersi di cambiarle. «Credo che correrò il rischio» dichiarò con determinazione.

    «Come preferisce, signora

    Stringendosi nelle spalle, il meccanico si diresse verso il cofano e lo chiuse con un colpo.

    Nicole fu tentata di andare via senza prendere il resto, ma ventidue centesimi potevano servirle, rifletté mentre sentiva il coraggio diminuire di pari passo con il trascorrere dei minuti.

    Michael Phillips rise tra sé, in sella alla sua vecchia cavalla da lavoro di nome Mae, salendo su per la collina verso la fattoria di sua sorella.

    Moriva dalla voglia di vedere l'espressione allibita di Taylor quando se lo fosse trovato lì, in Montana. Sì, voleva proprio gustarsi quel momento fino in fondo, concluse ridacchiando ancora.

    Si fermò dove il sentiero faceva una curva e, mentre scrutava la vallata, lasciò riposare Mae.

    Finalmente la vide. In ginocchio accanto alle aiuole di fronte alla vecchia fattoria che era rimasta uguale, rispetto a sette anni prima. L'unico cambiamento degno di nota erano i due bimbetti che giocavano sul selciato. Gli erano mancati i due nipotini, ma adesso aveva intenzione di recuperare. Mise Mae al trotto.

    Giunto a una certa distanza, legò la giumenta a un albero e proseguì a piedi nascondendosi dietro gli alberi perché la sorpresa fosse totale.

    Quando fu arrivato a pochi passi, svoltò l'angolo. Aveva le mani sprofondate nelle tasche con aria indolente e le labbra piegate in un sorriso soddisfatto.

    La piccola Emily, di due anni, lo vide per prima e corse dalla madre per ripararsi vergognosa dietro le sue gambe. L'altro, John, di circa sei anni, smise subito di giocare con il suo camion.

    «Mamma?»

    Taylor si asciugò la fronte con un guanto sporco di fango e rischiò di cadere in avanti quando vide di chi si trattava. «Michael!» urlò eccitata.

    Lui le corse incontro e l'aiutò ad alzarsi.

    «Ciao, sorella.»

    Si abbracciarono ridendo e piangendo insieme.

    «Quando sei...» Taylor si guardò intorno. «Come sei...» Gli buttò ancora le braccia al collo. «Oh, Michael! È così bello vederti. Quanto ti fermi?»

    Emily e John lo fissavano a una certa distanza con curiosità, non sapendo come comportarsi. Lui sorrise e strizzò loro l'occhio con espressione complice.

    «Mmh... con un po' di fortuna... Oh, diciamo sessant'anni, più o meno.»

    Lei rimase a bocca spalancata. Ed era proprio la reazione che lui aveva sperato.

    «Ho comprato il Purple Palace» le annunciò.

    Gli occhi di lei si allargarono. «Tu cosa

    «Sì. Ho preso anche la vecchia Mae.»

    «Mae?»

    «Il loro unico cavallo.»

    «Fammi capire. Hai venduto la società di famiglia.» Lo vide annuire. «E hai comprato il Purple Palace.» Poiché suo fratello fece ancora segno di sì, concluse: «E mediti di mandare avanti quel posto».

    Era ora di porre fine ai malintesi. «Ho in mente di ristrutturarlo. È vecchio, ma basterà poco per farlo tornare agli antichi splendori.»

    «E le... ragazze? Cosa mi dici di quelle ragazze?»

    «Ho rilevato anche loro. Hanno cambiato vita.»

    Il sorriso di Michael si trasformò in un'allegra risata, alla quale fece eco quella di Taylor.

    Quando si ricomposero, i bambini si avvicinarono per conoscere zio Mike e lo salutarono, gli occhi pieni di eccitazione. Poi, la mano nella mano, Taylor e Michael entrarono a bere una limonata.

    Lui non poteva fermarsi a lungo. C'era la possibilità che qualcuno rispondesse al suo annuncio. Dopo un'ora se ne andò promettendo di tornare per cena.

    L'intonaco rosa e le finiture color porpora erano scrostate, tuttavia Nicole dovette ammettere che la casa aveva il suo fascino. Se solo non fosse stata...

    Cercò con un sospiro di guardare attraverso una finestra, ma non vide segni di vita. Quando aveva bussato, nessuno era venuto ad aprire il pesante portone di quercia. Forse erano tutti di sopra a riposare in vista di una nottata faticosa. O forse il martedì era la giornata di chiusura.

    Come avrebbe potuto lavorare in un posto simile? Purtroppo non aveva scelta. Era disposta ad accettare qualunque impiego, pur di guadagnare.

    Il giorno prima, durante le sue peregrinazioni, era entrata in un bar e aveva ordinato una brioche e un bicchiere di acqua nell'attesa che qualcuno scartasse il giornale. Così avrebbe potuto gettare gratuitamente un'occhiata alla pagina delle inserzioni.

    In quel momento due signori anziani seduti al tavolo accanto avevano cominciato a ridere dinanzi all'annuncio che il nuovo proprietario del Purple Palace cercava un aiutante e che per quel posto di lavoro non era richiesto alcun tipo di esperienza o referenza.

    «Immagina cosa dovrebbe saper fare il candidato, se fosse donna, in un luogo così» aveva detto uno dei due mettendosi a ridere.

    No! L'annuncio non poteva essere per quello. Nico le respinse una simile possibilità. In realtà, non avendo alternative, si sarebbe dovuta accontentare. Nella zona il lavoro scarseggiava. Da quando avevano finito di girare una serie televisiva e la produzione di Hollywood aveva chiuso il set, tutto era tornato nella normalità e lei aveva esaurito il ruolo di comparsa.

    Non vedendo alcun movimento all'interno, girò intorno al portico. Notando un dondolo accanto all'ingresso di servizio, vi si sedette e si lasciò cullare dal cigolio godendosi quell'attimo d'inatteso relax.

    All'improvviso udì il nitrito di un cavallo e uno scalpiccio di zoccoli e, senza esitare, balzò in piedi. La sua macchina era parcheggiata davanti all'entrata. Perciò, chiunque fosse, la persona in arrivo sarebbe venuta a cercarla. Rassegnata al proprio destino, tirò indietro le spalle, buttò il petto in fuori e si diresse ancheggiando verso la porta principale.

    Purtroppo un tacco a spillo si conficcò tra una fessura e l'altra delle assi di legno.

    Un cowboy incredibilmente bello scese da cavallo.

    Nicole tentò disperatamente di liberarsi, ma udì il colpo secco del tacco che si staccava dalla suola. Lo sconosciuto si fermò, le mani sui fianchi, e la scrutò.

    Fa' appello al senso dell'umorismo, si disse Nicole. Scavando nel bagaglio della sua esperienza teatrale, zoppicò verso di lui cercando di trovare una battuta divertente che mitigasse l'atteggiamento glaciale dello sconosciuto. Sì, glaciale era davvero la parola giusta.

    Si sforzò di sorridere. Lui incrociò le braccia al petto e rimase immobile a fissarla senza aprire bocca.

    Cosa stava osservando con tanta attenzione?, si chiese lei con stupore. Facendosi coraggio, scese dal portico con la mano tesa ostentando una sicurezza che era ben lontana dal provare.

    «Mi chiamo Nicole» si presentò. «Sono venuta qui per quel lavoro.»

    Lui guardò la mano che gli veniva tesa come se stesse seriamente soppesando la possibilità di essere contaminato da un eventuale contatto. «Nicole e poi?» si limitò a chiedere in tono neutro.

    «Nicole Bedder.»

    Con riluttanza le strinse la mano, in fretta, e si presentò: «Michael Phillips. Sono il proprietario».

    «Aspetti un attimo. Un uomo dirige un...» Per un attimo Nicole aveva dimenticato il ruolo che stava recitando, ma si riprese subito. Con voce melliflua continuò: «Mmh, giusto. Parità di diritti, immagino».

    Lasciò quelle dita lunghe e callose, fece un passo indietro e abbandonò le braccia lungo i fianchi.

    «Sono pronta a cominciare.» Ti prego! Ti prego!

    Lui spinse indietro il cappello scoprendo la fronte abbronzata e la fissò incredulo. Lei non vacillò. Ma dopo quella che giudicò la più lunga pausa del secolo, cedette e parlò per prima.

    «Così... il lavoro è mio?»

    2

    «Non so che genere di lavoro stia cercando, ma io ho bisogno di un aiutante, non di una...» Michael si fermò prima di pronunciare la parola prostituta e lasciò che fosse lei a colmare il vuoto.

    «So fare di tutto» insistette Nicole.

    Michael scosse la testa. «No, mi spiace. Non mi serve una come lei.» Così dicendo, le voltò la schiena e si diresse verso la porta.

    Nicole lo seguì protestando: «Come fa a dirlo? Non mi ha messo alla prova».

    Lui continuò a camminare sperando che lei si arrendesse. «Primo, ho bisogno di un uomo» sbottò quando fu chiaro che non se

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