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La vita è adesso (eLit): eLit
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E-book128 pagine1 ora

La vita è adesso (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Un terribile malinteso ha costretto Angie ad allontanarsi dalla casa in cui ha sempre vissuto e in cui ha trovato l'amore della sua vita, Leo. Ora, dopo più di due anni, lui la cerca per riportarla indietro, proprio sotto le festività natalizie. Riusciranno a chiarire le incomprensioni una volta per tutte?
LinguaItaliano
Data di uscita29 dic 2017
ISBN9788858979327
La vita è adesso (eLit): eLit
Autore

Lynne Graham

Lynne Graham vive in una bellissima villa nelle campagne dell'Irlanda del Nord.Lynne ama occuparsi della casa e del giardino, soprattutto nel periodo che lei considera il più magico dell'anno, il Natale.

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    Anteprima del libro

    La vita è adesso (eLit) - Lynne Graham

    successivo.

    1

    «Un aumento... Mi stai chiedendo un aumento?» Claudia osservava la ragazza con una espressione incredula dipinta sul viso. «Malgrado la nostra generosità... Hai uno stipendio, vitto e alloggio... e ti ricordo che siete anche in due

    Imbarazzata dalla violenza di quella risposta, Angie si sforzò di continuare: «Lavoro tutta la settimana e in più sorveglio spesso i bambini la sera...».

    La sua insistenza fece imporporare le guance dell'elegante signora che le stava di fronte.

    «Non posso credere a quello che ho appena sentito. Sbrighi alcuni lavoretti di casa e ti occupi dei bambini. Perché non dovresti sorvegliarli di sera? In fondo, è la stessa cosa che fai ogni notte per tuo figlio. Per quale motivo dovremmo sentirci in dovere di pagarti degli extra? Non so come tu possa essere così ingrata dopo tutto l'aiuto che ti abbiamo dato.»

    «Lo stipendio mi basta appena. È sempre più difficile, per me, andare avanti così...» spiegò Angie timidamente, mentre un profondo senso di umiliazione la pervadeva.

    «Non so che cosa fai dei tuoi soldi, dal momento che non hai spese, ma so che mio marito George resterà scioccato quando verrà a sapere della tua richiesta di aumento» concluse secca Claudia.

    «Non è una richiesta, è una necessità» cercò ancora di insistere Angie, pur immaginando la reazione.

    «La mia risposta, comunque, è no! Le tue pretese mi stanno seccando molto, Angie. In fondo, il lavoro che svolgi qui da noi non è così impegnativo come lo descrivi: stai a casa e qualche volta lavi i piatti. Magari qualcuno pagasse me per svolgere solo queste mansioni! Tu e Jake ormai fate parte della famiglia. Ti abbiamo accolto quando eri nei guai e, permettimi di precisare, nessuno dei nostri amici avrebbe mai preso in casa una ragazza alla pari incinta e senza marito

    Angie non rispose; non c'era nulla da aggiungere; nessuna ragazza alla pari lavorava quanto lei. Come aveva potuto essere così ingenua da pensare che la sua richiesta sarebbe stata accolta!

    All'inizio era convinta che dai Dickson sarebbe stata una sistemazione provvisoria e che, una volta avuto il bambino, se ne sarebbe andata per trovare un impiego meglio retribuito e quindi ricostruirsi una vita.

    Giorno dopo giorno le sue certezze erano svanite, perché si era resa conto di quanto costasse mantenere un figlio e pagare un affitto in una città cara come Londra.

    «Non ne parliamo più. Puoi fare il bagno ai bambini, ora? Sono le sei e mezzo e fanno i capricci quando sono stanchi» le chiese Claudia in un tono fattosi più gentile, certa di averla avuta vinta.

    Alle otto di quella sera, Angie aveva messo a letto i bambini. Claudia e George erano usciti a cena. Sophia di sei anni, e i gemelli Benedict e Oscar di quattro erano bambini adorabili ma con carenze affettive. Il padre, un giudice, era quasi sempre fuori casa per impegni di lavoro; la madre, un'affermata donna d'affari, raramente lasciava l'ufficio prima delle sette di sera.

    Il campanello suonò proprio mentre Angie stava rimboccando le coperte a Jake; si precipitò giù dalle scale prima che il suono si ripetesse e svegliasse Sophia, che aveva il sonno leggero.

    Scostando una ciocca bionda che le era scivolata sul viso, si avvicinò alla porta, ansante.

    «Chi è?» chiese in tono affannoso.

    «Angie...»

    Lei indietreggiò istintivamente, turbata. Erano passati almeno due anni dall'ultima volta in cui aveva sentito quella voce maschile, dal velato accento greco, così particolare e sexy. Sussultò nel riconoscerla.

    Il campanello suonò ancora: il visitatore sembrava impaziente di essere ricevuto, e solo l'idea la fece tremare.

    «Smettila, per favore! Potresti svegliare i bambini!» sibilò Angie.

    «Angie, apri la porta» ordinò Leo.

    «Non... non posso. Non ho il permesso di aprire, quando sono sola in casa la sera. Non so che cosa vuoi, né come hai fatto a rintracciarmi. E comunque non mi interessa saperlo. Vattene!»

    Per tutta risposta, Leo suonò ancora il campanello. Con un sospiro di rassegnazione, Angie fece scorrere il chiavistello e aprì la porta d'ingresso.

    «Grazie...» borbottò Leo, gelido.

    Colpita dalla sua presenza, Angie rimase a bocca aperta, il sangue che le pulsava violentemente nelle vene.

    «Non puoi entrare...» provò a obiettare poco convinta.

    Un sopracciglio color ebano si sollevò con fare insolente.

    «Non essere ridicola.»

    Involontariamente lo sguardo di Angie si fermò su quegli occhi scuri come una notte tempestosa, e un lungo brivido la scosse.

    Leo Demetrios in persona era lì, davanti alla porta d'ingresso dei Dickson: un metro e ottanta di intrepida raffinatezza e devastante mascolinità.

    Ampie spalle riempivano la sua giacca da sera dall'ottimo taglio, pantaloni neri perfettamente cuciti accentuavano i fianchi snelli e le lunghe gambe. La luce dell'atrio evidenziava ogni particolare della sua affascinante figura e si rifletteva sui capelli corvini.

    Angie non riusciva ancora a credere che fosse davvero lui quello che aveva di fronte.

    «Non puoi entrare» ripeté, facendo scorrere il palmo sudato delle mani lungo i suoi jeans scoloriti.

    «Vo... voglio bere, ho sete» mormorò Sophia ancora semiaddormentata, affacciandosi in cima alle scale.

    Lei si girò di scatto e corse nell'ingresso debolmente illuminato.

    «Torna a letto, la porto subito...» la rabbonì, sperando che nessuno la sentisse.

    Intanto Leo era entrato e si era chiuso delicatamente la porta alle spalle. Angie si girò di nuovo, lanciandogli un'occhiata sgomenta e, nel contempo, supplichevole: non poteva rivolgergli la parola per non rivelare alla bambina la presenza di uno sconosciuto in casa.

    Lo lasciò ad aspettare e corse in cucina a prendere un bicchiere d'acqua. Claudia e George erano andati a cena fuori e forse, a quell'ora, si trovavano già sulla strada del ritorno. Chissà che cosa sarebbe successo se l'avessero trovata a parlare con uno sconosciuto nella loro casa.

    Mentre si chiedeva perché Leo fosse venuto a cercarla, riaccompagnò a letto Sophia e si precipitò nuovamente giù da lui. Grazie a Dio, era ancora nell'ingresso. Non si sarebbe meravigliata di trovarlo già placidamente accomodato su uno dei divani in pelle del soggiorno. Era una persona famosa, ricca e influente nel mondo degli affari; la gente lo trattava con rispetto, di sicuro nessuno lo avrebbe lasciato ad aspettare sulla porta di casa o addirittura nell'atrio.

    Angie si arrestò sull'ultimo gradino delle scale: lui stava osservando il suo corpo snello ma ben fatto; quando i loro sguardi si incrociarono, sentì il cuore batterle all'impazzata fino a soffocarla.

    «Non ti tratterrò a lungo» la informò Leo con un sorriso ironico.

    «Che cosa ci fai qui?» sussurrò lei, lottando per superare la momentanea perdita di concentrazione; quindi, come assalita da un brutto presentimento, spalancò costernata i luminosi occhi azzurri

    «Si tratta di mio padre? Sta male, è successo qualcosa?»

    Leo aggrottò le sopracciglia.

    «Per quel che ne so, il vecchio Brown gode di ottima salute.»

    Angie fu mortificata dall'occhiata di manifesta condiscendenza con cui lui l'aveva guardata: che domanda stupida! Figuriamoci se Leo si sarebbe mai abbassato a portare notizie sul maggiordomo di suo nonno!

    Contraddicendo le rigidissime regole imposte dalla padrona di casa, Angie aprì cautamente la porta che dava sul soggiorno.

    «Parleremo qui...» disse un attimo dopo, sforzandosi di assumere un'espressione apparentemente normale.

    Era un'impresa impossibile, in realtà, se pensava a Jake che dormiva tranquillamente al piano di sopra, e a Leo che si comportava con il freddo distacco di un estraneo.

    All'improvviso fu travolta dai ricordi: quando aveva diciannove anni, lei aveva cercato in tutti i modi di conquistarlo, infrangendo le regole della sana educazione ricevuta.

    Alla fine si era resa conto di essere stata presuntuosa, perché Leo l'aveva scaricata senza pensarci due volte.

    Il silenzio aumentava la tensione; Angie alzò gli occhi e si accorse che Leo la osservava ancora. Arrossì, incapace di fronteggiare la situazione; con fare nervoso mosse il capo all'indietro, nel tentativo di scostare i lunghi capelli che le incorniciavano il viso.

    Lui seguì con lo sguardo il movimento di quella cascata di fili scintillanti.

    «Come hai scoperto che ero qui?» domandò Angie titubante, visto che il silenzio era ormai diventato insostenibile, almeno per lei.

    «Mio nonno mi ha chiesto di rintracciarti...»

    «Wallace?!» esclamò lei, incredula, aggrottando la fronte.

    Wallace era il nonno inglese di Leo per parte di madre. Sua figlia aveva, infatti, sposato il padre di Leo, un potente armatore greco.

    «Sono qui solo per trasmetterti un invito: Wallace sarebbe felice se tu trascorressi il Natale con lui.»

    «Natale?» ripeté Angie, incredula

    «Sì, vorrebbe conoscere il suo bis-nipotino» dichiarò Leo.

    Quell'ultima precisazione la lasciò a bocca aperta, e quasi sul punto di svenire. Leo conosceva le sue disavventure e sapeva che... aveva un figlio? Non

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