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Affari e fiori d'arancio: Harmony Jolly
Affari e fiori d'arancio: Harmony Jolly
Affari e fiori d'arancio: Harmony Jolly
E-book296 pagine3 ore

Affari e fiori d'arancio: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

2 ROMANZI IN 1.

Jason Garrett in un mese ha già licenziato tre tate. Maggie Sheperd sembra diversa, dolce, rassicurante e... molto attraente. Jason non ha dubbi, ha trovato la madre per Brady. Da parte sua Maggie sapeva sin dall'inizio che sposare Jason sarebbe stato uno sbaglio, ma non ha saputo resistere al suo sguardo magnetico e alla sua voce accattivante. Il loro è un accordo d'affari, ma nessuno le può vietare di sognare che un domani suo marito pronunci la fatidica frase: Ti amo.

Blake Decker ha urgente bisogno di una babysitter per la sua nipotina, affidatagli dopo la scomparsa prematura della madre. Casey Thomas sembra la persona più adatta: ha trovato la chiave giusta per fare breccia nel cuore della ragazzina. Il problema è che la breccia l'ha aperta anche nel cuore ormai sigillato da tempo di Blake. Lui non ha nessuna intenzione di farsi irretire, ma resistere sarà difficile.

LinguaItaliano
Data di uscita26 ago 2011
ISBN9788861839021
Affari e fiori d'arancio: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Affari e fiori d'arancio - Teresa Southwick

    Titoli originali delle edizioni in lingua inglese:

    Marrying the Virgin Nanny

    The Nanny and Me

    Silhouette Special Edition

    © 2009 Teresa Ann Southwick

    © 2009 Teresa Ann Southwick

    Traduzioni di Paola Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    ebook ISBN 978-88-6183-902-1

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Teresa Southwick

    AFFARI E FIORI D’ARANCIO

    Teresa Southwick

    L’AVVOCATO E LA TATA

    Affari e fiori d’arancio

    1

    Margaret Mary Shepherd non possedeva quel tipo di fisico che gli uomini tendono a spogliare con uno sguardo, ma se le fosse capitato di dover dare la preferenza a un uomo in base al suo aspetto, Jason Garrett sarebbe stato il prescelto. I capelli scuri e gli occhi color carbone gli conferivano un fascino da bel tenebroso che di certo gli era molto utile sia negli affari che in camera da letto.

    Appena entrata nel lussuoso attico di Mr. Garrett, in fondo allo Strip di Las Vegas, Maggie udì i vagiti di un neonato e previde l’attimo esatto in cui sarebbero arrivati gli strilli. L’uomo trasalì e il suo viso manifestò uno spavento che rasentava il panico.

    «Spero proprio che lei sia la signorina Shepherd, la bambinaia mandatami dalla Nanny Network» chiese speranzoso.

    «Sono io» confermò lei.

    «Grazie al cielo.» Sollevato, lui la fece accomodare. «Ginger Davies mi aveva assicurato che sarebbe arrivata entro un’ora.»

    «Mi ha detto che si trattava di un’emergenza, signor Garrett.»

    «Infatti» confermò lui, passandosi le dita tra i capelli in un gesto che doveva essergli abituale.

    Poiché era piuttosto alto, Maggie fu costretta a sollevare lo sguardo per osservarlo. La camicia sgualcita, la cravatta allentata e le maniche arrotolate fino ai gomiti mettevano in evidenza la sua struttura muscolosa.

    «Ho bisogno di una bambinaia e Ginger mi ha assicurato che lei è specializzata nella cura dei neonati.»

    Un vagito rabbioso provenne da qualche parte dell’appartamento. «Questo dovrebbe essere il suo» ipotizzò Maggie.

    «Sì, è mio figlio.»

    «Vado subito a...»

    «Aspetti un momento.» Jason Garrett si voltò in direzione del pianto infantile. «La direttrice della Nanny Network afferma che lei è molto brava ed esperta, ma gradirei verificare alcune cose.»

    L’agitazione del bambino aumentava e Maggie, spazientita, sentì il desiderio di mandarlo al diavolo. «L’agenzia che mi ha mandata qui, si è costruita una solida reputazione conducendo delle indagini dettagliate su ogni membro del personale e ne garantisce l’integrità morale. Questo dovrebbe bastarle.»

    «Non ho avuto la possibilità di parlare a lungo con Ginger. In ogni caso non sto assumendo la ditta. È lei che si prenderà cura di mio figlio e date le circostanze in cui mi trovo...»

    «Qual è la sua situazione, signor Garrett?»

    «Il mio bambino è nato l’undici dicembre. Ha solo un mese e in questo breve arco di tempo ho dovuto cambiare tre bambinaie. Vorrei trovare una persona di cui potermi fidare.»

    Il pianto infantile aumentò e lei non riuscì a sopportarlo.

    «Signor Garrett non so quali problemi le abbiano impedito di tenere al suo servizio le bambinaie precedenti, ma l’intervista che vuole farmi, può aspettare» replicò, facendo il gesto di dirigersi verso gli strilli.

    «Aspetti un momento...»

    «Non quando un neonato si agita in questo modo.» Mentre correva lungo il corridoio, inseguita dal padrone di casa, Maggie ebbe una vaga impressione di raffinata eleganza mescolata a qualche elemento prezioso. Quel tizio doveva essere pieno di soldi, ma non aveva idea di come comportarsi con un neonato in preda alla disperazione.

    Trovata la nursery, si precipitò verso la culla. Grazie a Dio, il bambino giaceva supino, ma aveva il visetto cianotico a furia di piangere. Agitava i piedini e le mani e le labbra gli tremavano.

    Senza esitare un attimo, lo sollevò e lo prese tra le braccia. «Povero piccolino» mormorò, accarezzandogli la schiena per farlo sentire al sicuro. «Andrà tutto bene, te lo prometto.»

    Continuò a cullarlo con dolcezza e quando lui si calmò, gli prese una manina e strofinò il pollice contro il suo piccolo palmo. I vagiti diminuirono fino ad assomigliare al miagolio di un gattino.

    «Lo so, tesoro. Hai perfettamente ragione. Le condizioni in cui ti trovi sono intollerabili, ma adesso miglioreranno.»

    Jason Garrett la stava osservando a occhi socchiusi e sembrava irritato per aver perso il controllo della situazione.

    «Non ho finito di parlare con lei» annunciò.

    «Ebbene, io le risponderò solo quando questo piccolo avrà capito che qualcuno è pronto a soddisfare le sue necessità. Come si chiama?» domandò lei, sorridendo al bambino.

    «Brady.» Il padre le si avvicinò e, sfiorando con un dito la fronte del figlio, sorrise. «Brady Hunter Garrett.»

    La sua espressione cupa si era addolcita a tal punto che Maggie, notandolo, s’intenerì.

    «È un bel nome. Forte» mormorò, seguitando ad accarezzare la mano del neonato. «Lieta di conoscerti, Brady Hunter Garrett.»

    «Lei è sempre così autoritaria?»

    «E lei è sempre tanto pretenzioso?»

    «Che cosa significa?»

    «Che i bisogni di Brady vengono prima dei suoi.»

    «No, se la mia necessità è assicurarmi che sia in buone mani» ringhiò Garrett.

    «Adesso capisco perché abbia cambiato tante bambinaie.»

    «Non sono tenuto a darle alcuna spiegazione del mio operato. Sono il datore di lavoro e lei è la mia dipendente.»

    «Non ancora. Se lei può intervistarmi, desidero fare la stessa cosa, in modo da capire se voglio lavorare per lei, oppure no.»

    «Passa sempre al vaglio i suoi potenziali datori di lavoro?»

    «Questa è la prima volta.»

    Maggie non riuscì a spiegarsi perché si comportasse in quel modo, ma qualcosa l’aveva irritata. La sua specialità erano i bambini dalla nascita fino a sei settimane. Entrava in servizio, stabilizzava la situazione di modo che le neo mamme potessero riprendersi dal parto e riposarsi e se ne andava prima di affezionarsi troppo al bambino e spezzarsi il cuore al momento di lasciarlo. Ginger Davies, proprietaria della Nanny Network, l’aveva sempre mandata presso delle coppie e la prima persona che aveva conosciuto era stata la madre. Quella volta era diverso.

    «Dov’è la signora Garrett?» domandò.

    «Non sono sposato.»

    «Ma Brady ha una madre.»

    Il volto di Jason Garrett s’incupì ancora di più. «La donna che lo ha messo al mondo non farà parte della sua vita.»

    Significava che era morta? Peccato che Ginger non avesse avuto il tempo di chiarirle la situazione.

    «È forse... Voglio dire, ha qualche malattia?»

    «Niente del genere. Le basti sapere che non sarà un problema» tagliò corto lui.

    Maggie non concordò. Sapeva per esperienza che la sparizione di una madre poteva creare dei problemi enormi.

    «Adesso, se per lei va bene» continuò lui. «Ho qualche domanda da farle.»

    «Sono un libro aperto.»

    «Posso vedere le sue referenze?»

    «Non ho portato niente con me.»

    «È la prima che si presenta senza raccomandazioni.»

    «Vengo da un altro impegno e mi spettavano alcune settimane di vacanza. Ginger mi ha detto che si trattava di un’emergenza e io sono venuta subito. Provvederà lei a inviarle tutte le referenze che desidera.»

    «Voglio averle prima che lei inizi a interagire con mio figlio.»

    «In questo caso abbiamo un problema.» Maggie abbassò lo sguardo sul bambino che si succhiava il pugno e la fissava con gli stessi occhi scuri di suo padre e avvertì un fremito nel petto. Era un bimbo molto bello, ma questo non la meravigliava perché suo padre era di un’avvenenza straordinaria.

    Di solito, vedendo un neonato, sentiva insorgere solo l’istinto della bambinaia, in quel caso, invece, l’emozione era diversa. Perché? Perché non c’era una madre, o perché quel piccolino era passato da una bambinaia all’altra e aveva bisogno di lei? O per via di suo padre?

    Jason Garrett era conturbante come l’eroe di uno dei romanzi d’amore che aveva letto. Era Mr. Darcy, Heathcliff ed Edward Rochester riuniti insieme a formare un individuo attraente, intrigante e pieno di fascino.

    Era la prima volta da molto tempo che non si emozionava in quel modo. Nel giro di qualche minuto, quella coppia padre-figlio l’aveva scossa in profondità. Quali e quanti danni le avrebbe fatto, avendone il tempo e la possibilità?

    «Non credo di poter lavorare per lei, signor Garrett.» Detto questo, gli mise il bambino tra le braccia e dal modo in cui lui si irrigidì, comprese che non era avvezzo a prenderlo in braccio.

    Rifiutando d’impietosirsi, Maggie si diresse verso la porta.

    «Signorina Shepherd... Aspetti» la pregò lui, rincorrendola.

    Lei si voltò, ma riuscì a guardare solo il colletto della sua camicia. «È inutile che sprechiamo ancora il suo tempo.»

    «Il mio tempo riguarda me. Le sto chiedendo pochi minuti del suo.»

    «Non penso che ci sia rimasto altro da dire signor Garrett.»

    «È qui che sbaglia.»

    «Sbaglio?» Maggie prese la sua borsetta dal tavolo e s’infilò la tracolla sulla spalla.

    Il bambino ricominciò a piangere e sul viso di suo padre apparve un’espressione di panico. «Va bene. Forse sono stato un po’ affrettato nel mio giudizio. Ma cerchi di vedere le cose dal mio punto di vista.»

    «E quale sarebbe?»

    Sbagliava nel domandarlo, ma non era il primo errore che commetteva e non sarebbe stato l’ultimo, si disse lei. Addolcirsi perché lui ammetteva di essere stato un po’ avventato, era solo il primo scivolone.

    «La bambinaia numero uno non riusciva a calmarlo e affermava che di norma i bambini piangono di notte. Quando mio figlio piange è perché ha fame e io sono propenso a farlo mangiare invece di aspettare l’ora prevista.»

    «Sono d’accordo» convenne lei, convinta che se un bambino piange deve avere qualche motivo e quindi non va ignorato. Per prima cosa viene il bambino. Punto. E chi lo cura deve essere sempre pronto a intervenire. «Che cos’è successo alla seconda bambinaia?» chiese infine.

    «Un’emergenza familiare» spiegò lui, guardando il figlioletto. «Una cosa che capisco bene.»

    Maggie non aveva mai avuto una famiglia vera e propria. «Non è stata colpa sua.»

    «No, ma mi ha creato un grosso problema. Senta, devo chiederglielo. Lei è entrata qui e lo ha tranquillizzato in trenta secondi. Come ha fatto?»

    Maggie scrollò le spalle. «Sono brava nel mio lavoro, signor Garrett.»

    «Non intendevo con i bambini in generale» aggiunse lui con un sorriso che lo trasformò. «Ma ho visto con i miei occhi che con mio figlio ha dimostrato una grande abilità.»

    Se lei era abile con i neonati, lui lo era nel fare dei complimenti. All’inizio li aveva tenuti sottochiave, ma adesso che gli servivano, ne faceva ampio uso, avvalendosi per di più del suo fascino. «Brady è un bel bambino» si complimentò.

    «È molto più di questo, signorina Shepherd...»

    «Maggie.»

    Lui annuì. «È mio figlio, Maggie. E io sono un capo esigente. Lo ammetto. E non so niente dei bambini. Ammetto anche questo. Ma la cosa più importante che deve sapere è che sono un padre protettivo. Io credo che chi si prende cura di un bambino debba seguire dei principi inderogabili.»

    «Quali, per esempio?»

    «Fare il proprio lavoro. Tornando a casa inaspettatamente dall’ufficio, ho trovato la bambinaia numero tre sul balcone che beveva un bicchiere di vino e Brady che piangeva nella culla.»

    Maggie trasalì. «È orribile.»

    «È ciò che ho pensato anch’io e l’ho licenziata in tronco.»

    «Ha fatto bene.»

    «Ecco perché mi trovo nei guai. Ho una società da mandare avanti.»

    «Ne ho sentito parlare. L’industria Garrett sta sviluppando un enorme progetto nei pressi dell’autostrada 15 e ha monopolizzato tutte le gru del Sudest.»

    Lui sorrise di nuovo, facendole accelerare i battiti del cuore. «Non c’è niente al mondo che mi piacerebbe di più che restare a casa e prendermi cura di mio figlio, ma ho delle responsabilità. Molta gente conta su di me e io conto su di lei. Ho un estremo bisogno dei suoi servigi.»

    «Non vuole più vedere le mie referenze?»

    «Mi rendo conto che non servono a misurare le capacità di una persona, ma leggere che lei è qualificata a prendersi cura dei lattanti mi rassicurerebbe. Comunque sia, sono pronto ad assumerla seduta stante, referenze o no.»

    Brady cominciò a piangere e lei comprese che padre e figlio formavano una squadra compatta. I vagiti salivano di tono e dopo un attimo Jason le riconsegnò il pargoletto.

    «Buono, tesoro» mormorò lei, ricominciando ad accarezzargli il palmo. Il bambino emise qualche singhiozzo, poi si chetò.

    «Credo di aver visto le referenze necessarie» affermò Jason. «Con me non avrebbe smesso di piangere nemmeno se gli avessi offerto migliaia di dollari. L’intervista è finita. Si consideri assunta.»

    Maggie non era sicura che fosse una buona idea, ma non se la sentiva di abbandonare il bambino. «D’accordo» disse.

    «Brady si è addormentato.»

    Alzando gli occhi, Jason vide Maggie sulla porta dello studio. Fino a quel momento era stato tanto assorto a leggere le informazioni che Ginger Davis gli aveva inviato su Maggie, che si era dimenticato di dirle di raggiungerla quando avesse sistemato il bimbo.

    «Si sieda» la invitò, indicando una poltrona davanti alla sua scrivania.

    Lei scelse quella a sinistra e raccolse le mani in grembo.

    «Brady è a posto?»

    «È un angioletto» rispose lei, sorridendo. «Ha fatto il bagno, ha bevuto tutto il latte e adesso dorme beato».

    «Bene» approvò lui, indicando la pila di fogli che aveva davanti. «Ginger è molto efficiente.»

    «L’ho sempre giudicata una donna di parola, del tutto affidabile.»

    Buono a sapersi, perché la Nanny Network esigeva un mucchio di soldi per i suoi servizi. Nella vita ogni cosa ha un costo, ma non si sa mai se vale la pena pagarlo.

    Nel caso di suo figlio, non era deluso. Non aveva mai provato un amore così forte come la prima volta che aveva visto Brady e quel sentimento si era moltiplicato da quando l’aveva portato a casa.

    Dandogli la notizia della gravidanza imprevista, Catherine aveva dichiarato che avrebbe risolto subito quel problema, ma Jason non aveva accettato che suo figlio venisse eliminato come se fosse un inconveniente, o una macchia su un tappeto.

    Dopo lunghe trattative era riuscito a raggiungere un accordo: la madre avrebbe ricevuto una notevole somma di denaro dopo aver firmato di rinunciare a tutti i diritti sul bambino.

    Jason era stato ben felice di pagarle le operazioni di chirurgia plastica e tutti gli interventi estetici per aiutarla ad appagare le sue mire di attrice. Quello che non aveva messo in conto erano le difficoltà che avrebbe incontrato nel trovare una persona competente a cui affidare il figlioletto.

    «E così, finalmente ha ricevuto le mie referenze?» domandò Maggie, strappandolo dai suoi pensieri.

    Jason guardò il foglio che teneva in mano. «Lei è orfana?»

    «Questo significherebbe che i miei genitori sono morti. In realtà non so dove siano. Non li ho mai conosciuti. Appena nata, venni abbandonata sui gradini della Casa del Buon Pastore, la Good Shepherd House for Children, dove mi trovarono Sorella Margaret e Sorella Mary.»

    Il suo tono era così sereno e pacato che lui impiegò qualche istante a formarsi nella mente un quadro esatto. Dunque la nuova bambinaia era stata scartata all’età di Brady, come una noia, un inconveniente. «Perciò Margaret Mary Shepherd...»

    Lei annuì. «Mi diedero il nome delle sue suore e mi accolsero nella casa dei bambini abbandonati.»

    Era raro che qualcosa lo stupisse, ma in quel caso Jason restò a corto di parole. «Mi perdoni, ma non so che cosa dire.»

    «Questo implica che ha pietà di me.»

    «No, io...»

    «Non importa. Io mi considero fortunata. Sono stati tutti buoni con me. Nessuno mi scacciava quando chiedevo dell’altra pappa d’avena» dichiarò Maggie, riferendosi a una scena del libro di Dickens. «Avevo un tetto sopra la testa, un letto in cui dormire e delle persone che si prendevano cura di me. Godo di buona salute e ho il grande privilegio di fare un lavoro che adoro. Non sono finita sulla cronaca nera di qualche giornale. La mia storia avrebbe potuto avere una conclusione drammatica, ma qualcuno si è dato la pena di affidarmi alle suore.»

    Catherine non si sarebbe data alcuna pena. Gli aveva consegnato Brady in cambio di un mucchio di soldi.

    Lo sguardo di Maggie Shepherd era diretto e fiero. Non mostrava di essere intimidita da lui e Jason non sapeva se rallegrarsi, o meno. Considerando i problemi che aveva incontrato con le altre bambinaie, avrebbe preferito una buona dose di paura.

    A prima vista l’aveva giudicata una ragazza banale, anche se i suoi grandi occhi azzurri, allungati verso le tempie, gli erano sembrati insoliti. Portava i capelli legati a coda di cavallo. Se li avesse lasciati sciolti, le sarebbero arrivati a metà schiena e le avrebbero dato un aspetto più maturo, invece di quell’aria da ragazzina. Gli sarebbe piaciuto vederla con la chioma al vento.

    Quando stringeva al petto il suo bambino, la bocca che gli era parsa troppo grande, diventava... intrigante e la tenerezza che traspariva dal suo sguardo la faceva diventare bella. Non era un tipo appariscente, o eccitante. Non suggeriva pensieri di letto, ma l’insieme formato dalla sua carnagione chiara e levigata e dalla sua espressione dolce era più che gradevole.

    Posando le mani sulla scrivania, si protese in avanti. «Si domanda mai dei suoi genitori?»

    La sua serenità non si alterò. «Sarebbe uno spreco di energie.»

    «Ma non è curiosa?» insistette Jason, domandandosi se un giorno Brady l’avrebbe interrogato su sua madre e sulle ragioni per cui l’aveva abbandonato. La verità era brutta e lui non era disposto a rivelarla. Ma almeno sapeva qual era. Maggie invece non sapeva niente dei suoi genitori. Possibile che a volte non ci pensasse? «Non si chiede mai dove possano essere? Che aspetto abbiano? Perché lei è così com’è?»

    Maggie lo fissò un momento, poi si alzò, tradendo per la prima volta un certo nervosismo. «Se è un modo per farmi sapere che mi giudica inadatta a occuparmi di suo figlio...»

    Anche Jason si alzò e si accorse di quanto lei fosse piccola e fragile. Le torreggiava sopra e questo lo fece sentire a disagio finché ricordò con quanta perizia e decisione avesse calmato il bambino. Quella ragazza era una forza della natura.

    «Non voglio pregarla, ma ritengo che sia un mio diritto di padre conoscere la donna a cui sto per affidarlo.»

    «Se non si fida di me, le sarei grata se me lo dicesse.»

    «Nel suo curriculum non c’è niente di personale, o di professionale che possa indurmi a ritrattare la mia offerta di assunzione.»

    «Bene. Allora, se è d’accordo, vado a sistemarmi, approfittando del fatto che Brady dorme.»

    «Non vuole restare un momento? Avrei qualche altra domanda da farle.»

    Lei esitò. Poi tornò a sedersi. «Va bene.»

    «Quando ha scoperto di saper sussurrare ai bambini?» Jason aggirò la scrivania e si sedette sull’angolo. «Sono

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