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Maggiordomo in tacchi a spillo: Harmony Destiny
Maggiordomo in tacchi a spillo: Harmony Destiny
Maggiordomo in tacchi a spillo: Harmony Destiny
E-book156 pagine1 ora

Maggiordomo in tacchi a spillo: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Jack Carlisle è un giovane imprenditore canadese, intenzionato ad assumere un maggiordomo che gli insegni l'etichetta, per fare colpo sul suo facoltoso zio. Nella ricerca è aiutato dalla cugina, che è sicura di aver trovato la persona giusta. Al colloquio, non si presenta però un uomo, bensì lady Frederica Elliott, aristocratica decaduta, bellissima e molto efficiente. Jack è affascinato da lei, tanto che è convinto che non farà nessuna fatica ad apprendere i suoi insegnamenti!

LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2015
ISBN9788858941690
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    Anteprima del libro

    Maggiordomo in tacchi a spillo - Brenda Hammond

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    At Your Service, Jack

    Harlequin Temptation

    © 2002 Brenda Hammond

    Traduzione di Tiziana Tursi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-169-0

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Frederica Imogen Elliott s’inerpicò su per la scalinata ghiacciata che conduceva alla porta d’ingresso, di quercia intarsiata, con la borsetta che le penzolava da una mano. Gli eccentrici stivali di lucertola con le suole in cuoio erano stati messi a dura prova dagli inclementi e scivolosi marciapiedi di Toronto, investiti da una violenta ondata di maltempo. Per fortuna, il cappello a falde larghe le teneva i fiocchi di neve lontano dagli occhi.

    Lo sguardo le cadde sul battente della porta, un leone con le fauci spalancate. Freddi afferrò l’anello e gli impresse tre vigorosi colpi.

    La sua soddisfazione evaporò alla vista del più convenzionale campanello a sinistra. Possibile che non gliene andasse mai bene una?

    Qualche secondo prima di essere trasformata in un pupazzo di neve, un uomo tatuato, con le guance adombrate da un giorno di barba aprì la porta. Indossava una vecchia tuta slabbrata e una bandana!

    Il suo primo e si sperava anche ultimo incarico si prospettava più difficoltoso di quanto avesse immaginato.

    Freddi si schiarì leggermente la voce. «Buonasera, signor Carlisle. Mi presento, io sono Freddi Elliott e...»

    «Spiacente, ma è in anticipo per il festino» biascicò quello e le richiuse la porta sul naso.

    Che modi! Quel tipo aveva un urgente bisogno di ingentilire le sue manifestazioni di cortesia. Se ne avesse avuta la possibilità, Freddi avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe tornata di volata in Inghilterra.

    Invece, decisa a non lasciarsi intimidire, premette l’indice sul campanello. La porta si riaprì.

    «Avevo detto di filare!»

    Prima che la porta si richiudesse, lei infilò il piede nell’uscio semiaperto. «Calma. Guardi che lei mi stava aspettando!»

    «Io?» La porta si riaprì di un’altra frazione di centimetro. «Temo che si stia sbagliando. La donna che aspetto stasera è alta e bionda, esattamente come ho specificato. E lei non corrisponde alla descrizione.» L’uomo la squadrò dalla testa ai piedi e consultò l’orologio. «A parte il fatto che, se è lei la pupa dell’agenzia, è in anticipo di un’ora.»

    Il fuso orario doveva aver compromesso temporaneamente le sue funzionalità uditive. Probabilmente non aveva capito bene.

    «Credevo di essere puntualissima» protestò Freddi. «E cosa c’entrano la mia statura e il colore dei miei capelli?»

    Lui le sfoderò un pigro sorriso. «Capelli biondi e gambe lunghe sono due attributi che mi attizzano. Ora se... vuole togliere quel piede e l’involucro pitonato in cui è racchiuso...»

    Lei fece come le era stato chiesto e si vide richiudere la porta sul naso.

    La vita sembrava decisa a frapporle un ennesimo ostacolo, non contenta di averla già lasciata al verde, appiedata e senza un tetto sulla testa. Freddi chiamò a raccolta quel po’ di coraggio che le restava e si attaccò nuovamente al campanello.

    Tempo qualche secondo e il suo neodatore di lavoro ricomparve. «Si può sapere qual è il problema?» l’apostrofò.

    «Il mio problema? Ci dev’essere un equivoco.»

    «Mi ha frainteso quando le ho detto di sparire?»

    «No. Ma è certo di volerlo? A quanto ne so io, un maggiordomo non dovrebbe attizzarla, ma, se è proprio deciso, posso sempre tornare sul taxi e farmi riportare in aeroporto.»

    «Ha detto maggiordomo

    «Sì.»

    La dignità che stava cercando di mostrare cominciava a vacillare. Le sventure che negli ultimi tempi si erano abbattute su di lei avevano minato le sue granitiche sicurezze.

    Gli anni di lavoro come segretaria si erano susseguiti senza scossoni, ma lo stipendio le bastava a malapena per alimentare il cavallo da corsa, per non parlare degli estratti conto astronomici che Simon, l’ex fidanzato, aveva prodotto a carico della sua carta di credito.

    Era stata Tabitha, la sorella di lui, che gestiva un’agenzia di lavoro interinale, a convincerla ad accettare l’incarico di maggiordomo. Sarebbe servito a rimpinguare le sue finanze e l’avrebbe aiutata a tornare in carreggiata, almeno così aveva sostenuto lei.

    Freddi mosse un passo verso il signor Carlisle. «Dal momento che la prima volta non deve averlo udito, glielo ripeto. Mi chiamo Elliott e sono il suo maggiordomo. Se intende sbarazzarsi di me, il minimo che possa fare è rimborsarmi l’equivalente della corsa in taxi. Temo che non accetterebbe la mia Visa.»

    Quel tipo doveva avere seri problemi linguistici, perché, anziché risponderle, se ne stava lì impalato, con le braccia muscolose incrociate sul petto, a fissarla dritto negli occhi.

    Freddi serrò i pugni. Aveva quasi dato dell’idiota al suo nuovo datore di lavoro. Il fuso orario doveva aver risvegliato il suo lato impulsivo, facendole dimenticare quanto disperatamente quel lavoro le servisse.

    Certo che anche lui avrebbe potuto riservarle un’accoglienza un po’ più calorosa. Ma, da zoticone ottuso quale era, evidentemente non aveva saputo fare di meglio.

    Trascorrere i successivi tre mesi in sua compagnia era fuori discussione. Già le era difficile prestarsi a recitare la parte del maggiordomo. Farlo per Jack Carlisle era più di quanto si potesse chiedere a qualsiasi essere umano.

    Freddi si voltò. Tanto valeva dichiarare chiuso l’argomento e cambiare aria.

    «Aspetti!»

    Le suole degli stivali scivolarono e Freddi si immaginò a gambe all’aria, ai piedi della scalinata, ma il pronto intervento del padrone di casa le risparmiò il memorabile ruzzolone.

    «Aspetti. Come ha detto di chiamarsi?»

    «Freddi Elliott. Ero il suo maggiordomo, ma ho deciso di dimettermi prima di prendere servizio» sibilò lei, piccata.

    «Lei è Elliott? L’agenzia ha mandato lei?»

    «Precisamente.»

    «Ma non doveva essere una donna!»

    Freddi inarcò le sopracciglia e socchiuse le palpebre nel più contenuto cenno di sdegno del suo repertorio. «Le ricordo che la discriminazione sessuale è un reato.»

    Lui la guidò verso la porta. «Sarà meglio che entri. Non mi sembra il caso di continuare questa conversazione qui fuori.»

    A dispetto della temperatura polare, Jack Carlisle portava una felpa senza maniche ed era scalzo. Quando infine la fece accomodare in casa, Freddi capì perché. A differenza del clima glaciale dell’aristocratica magione di famiglia, che suo padre non poteva permettersi di riscaldare, l’abitazione di Jack aveva una temperatura tropicale.

    Freddi lo seguì lungo il corridoio fino a un salone nel quale campeggiava un lungo tavolo di ciliegio. Oltrepassarono la scalinata hollywoodiana, poi la sala da pranzo ed entrarono in salotto.

    Jack Carlisle si lasciò cadere mollemente in poltrona. Appoggiò i piedi sul divanetto di fronte, incrociò le caviglie e le rivolse un’espressione enigmatica.

    Non l’aveva invitata a sfilarsi cappotto e cappello. Aveva trascurato di farle cenno di accomodarsi e sembrava ignorare le più elementari regole di buona educazione. Freddi sedette in un angolo del divano.

    Lui scattò in piedi e si diresse all’angolo bar. Tamburellò le dita sul piano di cristallo ed estrasse un bicchiere. Poi stappò una bottiglia di whisky. Se ne versò un generoso quantitativo. Vi aggiunse del ghiaccio e lo trangugiò.

    Che situazione! Era stata sua cugina, Tabitha James, a cacciarlo in quel pasticcio. Al telefono lui le aveva confidato di essere a corto di capitali.

    «A che cosa ti serve il denaro?» si era informata lei.

    «Ho scoperto un nuovo metodo di fusione dei metalli e devo potenziarne le applicazioni.»

    «Che ne è stato degli altri investitori?»

    «Be’, preferiscono muoversi in campi più sicuri e con maggior cautela, date le avvisaglie di recessione.»

    «Lo hai proposto a zio Avery?»

    «Certo.» Jack aveva sospirato. «Ha detto che ci penserà.»

    Simon, il fratello di Tabitha, gli aveva di sicuro fatto terra bruciata intorno, esprimendo le sue riserve sul conto del cugino che, come diceva lui, mancava di savoir faire. Doveva anche aver ricordato a zio Avery la figuraccia fatta dal rivale canadese, a soli ventitré anni, quando, fresco di laurea, aveva colpito il primo ministro alla nuca con un escargot.

    Non sapeva quali fossero stati gli argomenti che Simon aveva addotto, però, il vecchio gli aveva dato credito. Non soltanto Simon era sul posto, ma era stato anche nominato di recente responsabile dell’area marketing dell’impero di famiglia che produceva macchinari e attrezzature per lavori di scavo.

    Zio Avery si apprestava a compiere una visita esplorativa di persona e, nel frattempo, aveva consigliato a Jack di trovarsi una donna di buon lignaggio. La moglie giusta era garanzia di sicuro successo nella vita, era il suo motto.

    A Jack non restava che stare al gioco e trovarsi qualcuno che gli insegnasse le buone maniere e portasse ordine e classe nella sua esistenza votata allo sbando. In caso contrario, avrebbe potuto dire addio ai soldi e a ogni speranza di futuro radioso.

    Era stato allora che Tabby gli aveva suggerito di assumere un maggiordomo,

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