Candida, soffice neve tentatrice: Harmony Destiny
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Anteprima del libro
Candida, soffice neve tentatrice - Pamela Macaluso
successivo.
1
«Tanto vale che salga sul furgone, signorina. Non la lascio certo qui. Una tormenta di neve non è una cosa da prendere alla leggera.»
Patrice Caldwell spostò lo sguardo dalla propria macchina in panne nel fosso allo sconosciuto. Era molto alto e così intabarrato per il freddo che non riusciva a vedere altro che l'ombra degli occhi sotto lo Stetson. Da quanto ne sapeva poteva anche essere un maniaco assassino.
Lei lanciò un'occhiata al fucile abbandonato sul retro del furgone. La mancanza di sonno, le lunghe ore di guida e lo shock che l'avevano spinta a quel viaggio folle da Phoenix, Arizona, a quel posto sperduto nel Montana, pesavano immensamente.
Parlò senza pensare. O meglio, tradusse in parole i propri pensieri senza valutarne le conseguenze. «Morire congelati è meno doloroso che morire dissanguati per un colpo di fucile.»
Lo sconosciuto scosse la testa, mormorando qualcosa di incomprensibile. Poi le si avvicinò e senza tante cerimonie la prese in braccio.
Era la prima volta che le capitava. E fu sconvolgente. Come minimo. Persino attraverso tutti quegli strati di vestiario, intuì che l'uomo aveva un fisico duro come una roccia. Ribellarsi non era una scelta intelligente. Mettersi a discutere, inutile, visto che i suoi nervi erano già stati messi a dura prova nelle ultime ore.
Lui aprì la portiera e l'aria calda dell'abitacolo le colpì il viso. Quando la depose sul sedile del guidatore, pensò per un istante di girare la chiavetta e filarsela. Ma lui le era troppo vicino. Così si spostò con un sospiro nel posto passeggero, raccomandandosi a Dio.
Lo sconosciuto mise subito in moto e lei si voltò indietro a guardare la spider. Non sopportava l'idea di abbandonarla lì in quel modo. Oh, Signore, tutte le mie cose!
«Aspetti! Aspetti! Le valigie!»
«Non andranno da nessuna parte» rispose lui, continuando ad accelerare.
«Non ho nemmeno chiuso la portiera.»
Lui si abbassò la sciarpa sul collo. Ma la visuale non migliorò di molto. Aveva una folta barba scura e un paio di baffi gli copriva il labbro superiore. Comunque fu abbastanza per capire che faceva parte della categoria dei Belli e Sexy.
Gli occhi, poi, erano di un blu incredibile, sovrastati da lunghe sopracciglia nere. Erano occhi grandi e seducenti anche se al momento sembravano solo annoiati. «Signorina, il suo bagaglio è al sicuro. Nessuno è così stupido da andarsene in giro con un tempo simile.»
«Vuol dire nessun altro, immagino.»
Le parole non furono necessarie. Lo sguardo che le lanciò parlava chiaro.
Per la miseria, ma aveva idea di quanto era bello? Patrice doveva essere impazzita. Un tizio la rapiva in mezzo a una strada e lei non sapeva pensare ad altro che era un gran bel pezzo di figliolo. Forse il cervello le si era congelato.
Tecnicamente era uno sconosciuto, certo, ma uno sconosciuto che lei aspettava e che era stata felice di vedere. Aveva parlato tramite il cellulare con lo sceriffo di Clancy e questi le aveva detto che avrebbe mandato qualcuno ad aiutarla con un carro attrezzi.
Improvvisamente si rese conto che quello non era un carro attrezzi. «Lo sceriffo Jackson mi ha assicurato che sarebbe venuto qualcuno con un carro attrezzi» fece notare nervosamente.
«Infatti. Solo che il mio era all'altro capo del ranch. E comunque non avremmo mai fatto in tempo.»
«In tempo per cosa?»
«Per metterci al sicuro prima che arrivi la tormenta.»
«Allora l'aspettate davvero!»
Lui fece un grosso respiro. «Sicuramente quelle graziose quattro ruote rimaste in panne avranno una radio. Non l'ascoltava?»
Lei ascoltava un CD. Musica dolce, balsamica, nel tentativo di calmare il tumulto della mente e dell'anima.
«Sì, la spider ha la radio ma non l'ascoltavo.»
Altra espressione annoiata. «E non ha neppure visto le nuvole addensarsi?»
Altro che guardare le nuvole! Con tutta quella neve sulla strada aveva dovuto concentrarsi sulla guida.
E comunque, sapendo dove la conversazione andava a parare, preferì non rispondere a quella provocazione. Dopo quelle trentasei ore, l'ultima cosa di cui aveva bisogno era che qualche novello predicatore le facesse la paternale.
Così si sistemò meglio sul sedile, strofinandosi le mani gelate. Grazie al cielo si era comprata guanti, berretto di lana, sciarpa e doposci nella stazione di servizio dove aveva fatto benzina. Se avesse avuto una giacca a vento sarebbe stato meglio. O un bel montone come lo sconosciuto.
Lo sconosciuto in questione rallentò, guardò a sinistra e s'infilò tra due pali di metallo, chiaramente un segnale di riferimento per imboccare una specie di viottolo che s'addentrava nella foresta.
Patrice cercò di memorizzare il posto ma non era facile: intorno vedeva solo alberi, sassi e tanta neve. Paletti di ferro segnalavano il percorso, ma chissà quanti ce n'erano nella zona. Sarebbe stata capace di ritrovare la strada da sola se avesse dovuto fuggire?
Si agitò, i nervi tesi e all'erta osservando l'uomo di sottecchi. «Come mai saliamo? Non dovremmo scendere a valle?»
«Il rifugio più vicino è da queste parti.»
Rifugio?
I fiocchi cominciavano a cadere più fitti, vorticando a mulinello. Se non fosse stato per i tergicristalli che mantenevano due piccole finestrelle sul paesaggio, la visibilità sarebbe stata zero.
Continuarono ad andare avanti per altri cinque minuti, poi la strada si allargò in una radura. Al centro sorgeva una baita in legno, un quadretto da cartolina di Natale davvero suggestivo: però Patrice al momento non riuscì ad apprezzarlo.
Lo sconosciuto parcheggiò sotto una tettoia e spense il motore. Poi, senza dire una parola, si sporse verso di lei e prese un cellulare dalla tasca della portiera. Fuori il vento fischiava in mo do sinistro e il freddo era quasi insopportabile.
Quando lo vide prendere il fucile, il tremore che la scuoteva s'intensificò notevolmente. «Deve proprio portarselo dietro?» gli chiese.
«Be', gli orsi in questo periodo dell'anno sono in letargo ma non si sa mai.» L'uomo scese dal furgone e si diresse verso la baita.
Orsi?
Lei si guardò intorno preoccupata poi saltò giù e lo seguì in fretta sotto lo stretto portico. Un'insegna di legno pendeva sopra la porta. Vi erano incise, una intrecciata all'altra, una C e una G con il numero cinque accanto.
L'interno era più ampio di quanto Patrice s'immaginasse, e immerso nell'oscurità. L'uomo si tolse i guanti e accese due lanterne al cherosene poste sul tavolo. Ne trasferì una su un cassettone sistemato accanto a due letti a castello. Vi erano due panche ai lati del tavolo e un piccolo divano.
«Chiuda la porta» ordinò.
Lei ubbidì, appoggiandosi contro la parete di legno, pronta a darsi alla fuga se necessario, e l'osservò mentre accendeva il camino di pietra e la stufa. Quando si accorse che aveva messo il fucile nella rastrelliera, si sentì molto meglio.
Lo sconosciuto tirò fuori il cellulare e formò un numero. «Mack? Sono Stone. È qui con me.» Si spostò all'indietro lo Stetson e una ciocca di capelli corvini gli scivolò sulla fronte. «Sì... siamo al sicuro al rifugio cinque. Per piacere, riferiscilo a Jackson. Ci risentiamo a giorni... Okay, okay. Ciao.»
Si chiamava Stone. Un nome austero che gli stava a pennello. «Stone è il suo nome o cognome?» gli chiese Patrice incuriosita.
«Il nome.»
Lei gli si avvicinò tendendogli la mano. «Patrice Caldwell. È un piacere conoscerla, Stone.»
Lui esitò per un istante, poi rispose al gesto. Aveva una stretta salda e ferma. Stranamente rassicurante.
«Si rimetta i guanti, signorina. Ha le mani di ghiaccio. Ora preparo il caffè» l'informò, dirigendosi verso una credenza.
Mentre Stone si dava da fare, lei curiosò in giro. Ogni cosa era catalogata in un elenco con la relativa sistemazione accanto. «È da molto che abita qui?»
A lui sfuggì una bassa risata. «Non vivo qui. È soltanto un ricovero per gli uomini che si allontanano dal ranch e devono passare fuori la notte. Oppure un rifugio dove ripararsi quando il tempo diventa troppo brutto, come oggi.»
«Capisco... Allora lei è un cowboy?»
C'erano ranch e cowboy anche in Arizona ma non ne aveva mai incontrato uno. Per Patrice i cowboy erano soltanto gli eroi dei film western che tante volte aveva guardato con il padre alla televisione.
«Esatto.»
«Le piace il suo lavoro?»
Lui scrollò le spalle. «Immagino di sì. Non ci ho mai pensato.» Si girò verso la cucina. «Il caffè sarà pronto a momenti. Intanto vediamo se riusciamo a trovarle degli abiti più caldi.» Investigò nel cassettone in silenzio. «Ecco, sono certamente un po' grandi ma non ho altro.»
Una maglia di lana, blue jeans, una camicia di flanella.
«Grazie» disse lei rigirandosi tra le mani quegli enormi indumenti maschili.
«Vedo se riesco a recuperarle anche un giaccone» aggiunse Stone, aprendo gli sportelli della seconda credenza. Vi erano cuscini, coperte, guanti, berretti e un paio di giacche a vento.
«C'è un posto dove posso cambiarmi?»
«È tutto qui.»
Il vento faceva sbattere le imposte chiuse. Forse pretendeva che andasse fuori?
«Può girarsi, per favore?»
«Certamente.» Le porse un montone e si volse verso il camino. «Mi avverta quando ha finito.»
Lei appoggiò i vestiti sul letto superiore e incominciò a spogliarsi con un senso di disagio che passò non appena si sentì addosso gli indumenti più caldi. Le stavano tre volte grandi ma era un altro vivere.
Si volse verso il caminetto e rimase senza respiro. Non che lui non fosse stato di parola. Tutt'altro. Era l'immagine che creava a turbarla. Stava appoggiato con un braccio alla mensola di pietra, l'altro abbandonato lungo il fianco, con il cappello in mano. Le fiamme giocavano in modo conturbante con il corpo solido e possente facendolo sembrare ancora più forte e più alto.
Patrice si mise una mano sulla bocca, soffocando un'esclamazione di meraviglia e si diede un'occhiata. Se lui incarnava la fantasia di ogni donna, lei doveva avere l'aspetto di una bambina di cinque anni che giocava a fare la grande.
Ridendo si arrotolò le maniche della camicia. «Può girarsi.» Fece lo stesso lavoro con i jeans e si tirò su. Il riso le morì sulle labbra davanti all'espressione intensa che vide dipinta in quegli occhi di cielo. All'improvviso si sentì nuda.
«Nella credenza dovrebbe esserci della corda da usare come cinta.»