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La proposta di Miss Adelia: Harmony History
La proposta di Miss Adelia: Harmony History
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E-book241 pagine3 ore

La proposta di Miss Adelia: Harmony History

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Info su questo ebook

Londra, 1842
Miss Adelia Worthington ha un solo modo per riscattare Athelridge Hall, la tenuta di famiglia: sposare Simeon Morgan, magnate delle ferrovie che ne ha acquisito la proprietà. In cambio, lei può offrirgli un posto più che rispettabile in società. Un matrimonio però è l'ultima cosa che entrambi desiderano, soprattutto perché non potrebbero essere più mal assortiti di come appaiano. Simeon ha infatti la fama dell'impenitente libertino, Adelia dell'ereditiera viziata. Eppure, a dispetto delle premesse, il loro accordo matrimoniale sembra divenire conveniente non solo dal punto di vista dei reciproci benefici economici e sociali, ma anche del cuore...
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2020
ISBN9788830518070
La proposta di Miss Adelia: Harmony History
Autore

Sophia James

Neozelandese, laureata in Letteratura inglese e Storia all'Università di Auckland, ha scoperto la passione per la scrittura leggendo insieme alla sorella gemella i romanzi di Georgette Heyer.

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    La proposta di Miss Adelia - Sophia James

    successivo.

    1

    Londra, luglio 1842

    Era un'idea azzardata ma, come recitava il vecchio adagio, a mali estremi, estremi rimedi.

    Adelia Worthington diede tre colpi decisi con il batacchio sulla placca cromata del portone. Il maggiordomo che venne ad aprire guardò in direzione della strada, cercando di capire cosa avesse spinto una donna sola a presentarsi a quell'ora.

    «Cerco Mr. Simeon Morgan.»

    «Avete un appuntamento?»

    «No. Ma so che è in casa e avrei bisogno di parlargli.»

    Il pendolo dell'ingresso batté dieci rintocchi lunghi e due corti, confermando il muto messaggio contenuto nello sguardo del maggiordomo. Per un momento, Adelia pensò che le avrebbe richiuso la porta in faccia.

    Forse usare il titolo di sua madre le avrebbe facilitato le cose, decise. «Sono Lady Worthington.»

    E in effetti quel nome significava qualcosa, perché l'uomo tentennò e si fece indietro. «Accomodatevi, prego. Vado a dire a Mr. Morgan che volete parlargli.»

    Quella reazione la fece sorridere. Il domestico non poteva sapere che Adelia in realtà voleva ben altro, dal suo padrone.

    Un minuto più tardi, seduta su una poltroncina rivestita di velluto scuro, Adelia si guardava intorno nel salottino in cui era stata fatta accomodare. Una casa sontuosa, esattamente come se l'aspettava: mobili massicci, tende e tappezzerie sgargianti, suppellettili ingombranti. I nuovi ricchi avevano sempre bisogno di farsi notare, e lì non era diverso. I colori della carta da parati e della tappezzeria erano un pugno nell'occhio.

    Come una melodia stonata, o una sinfonia suonata da orchestranti improvvisati. Un'accozzaglia di oggetti, singolarmente anche di pregio, ma gettati lì alla rinfusa, messi in mostra per lasciare a bocca aperta il visitatore. Una smisurata ostentazione che la diceva lunga sulla vanità e sulla boria del padrone di casa.

    D'altronde era quella l'idea che Adelia si era fatta di Mr. Morgan: un uomo che si era arricchito investendo nelle linee ferroviarie destinate a percorrere in lungo e in largo la Gran Bretagna. Molti dei suoi concorrenti avevano tentato la fortuna con azzardate speculazioni che li avevano ridotti sul lastrico. Lui invece non aveva commesso passi falsi, accumulando un patrimonio ingentissimo. Fortuna o sagacia? Adelia non avrebbe saputo dirlo.

    Personalmente, non avrebbe scambiato Athelridge Hall e i suoi antiquati colori pacati con quella pacchiana dimora. Ed era proprio quello il motivo per cui si trovava lì: i Worthington avrebbero dovuto rinunciare alla loro casa se quell'incontro non fosse andato come sperava.

    Un rumore improvviso la indusse a voltarsi verso la porta. Sulla soglia era appena apparsa una bambina. Doveva avere otto, dieci anni al massimo. Lunghi capelli scuri... e un occhio pesto?

    «Siete molto graziosa» osservò la piccola. Aveva un forte accento del nord. La figlia di Mr. Morgan, forse?

    Ma allora... era sposato?

    Un panico improvviso si impossessò di Adelia. Quell'apparizione avrebbe scombinato tutti suoi piani!

    Un istante più tardi giunse una donna, che non si fece scrupoli di afferrare la bambina per un braccio e portarla via. Adelia era combattuta. Doveva fare qualcosa? Intervenire, in qualche modo, per assicurarsi che la donna non facesse male alla povera piccina?

    Si alzò istintivamente proprio mentre il maggiordomo tornava con in mano un biglietto da visita. «Mr. Morgan dice di darvi questo. Dopo di che, mi ha chiesto di accompagnarvi alla vostra carrozza.»

    La bambina venne dimenticata all'istante. «Non intende ricevermi?» si stupì Adelia.

    «No.»

    «Se è impegnato, posso aspettare...»

    «È stato categorico.»

    «Mi rendo conto dell'ora inopportuna, ma se tornassi domani, sarebbe disponibile?»

    «Dice che per qualsiasi comunicazione deve rivolgersi ai suoi avvocati. Qui c'è l'indirizzo» concluse il maggiordomo, consegnandole il biglietto da visita.

    Che venne strappato e gettato per aria con un gesto stizzito. «Per cortesia, tornate dal vostro padrone e ditegli che ho già tentato questa strada, inutilmente. È questo il motivo per cui sono qui. Si tratta di una faccenda delicata, che va affrontata di persona, non per il tramite di avvocati o di terze persone.»

    «Mi rincresce, ma non posso farvi salire.»

    Adelia dovette cambiare tattica. E atteggiamento. «Ve ne prego, aiutatemi. Sono disperata. Non dovete fare altro che girarvi a guardare dall'altra parte. Al resto penso io.» Vide che il domestico tentennava. Buon segno, si stava ammorbidendo. «Devo assolutamente parlare con Mr. Morgan. Gli dirò che avete tentato di fermarmi, ma che non ci siete riuscito. Mi bastano cinque minuti. E dopo, avete la mia parola che non vi importunerò più.»

    «Potrei perdere il lavoro...»

    «Ve ne troverei un altro» ribatté lei pronta, scoccandogli quel sorriso capace di ammaliare qualsiasi bel giovanotto dell'alta società.

    Sul maggiordomo non sortì un effetto diverso. Rimase folgorato. «Avete detto che è importante?»

    «Di vitale importanza, sì.»

    «Cinque minuti?»

    «Non un secondo di più.»

    Un lungo silenzio. Poi un sospiro. «In cima alle scale. Seconda porta sulla sinistra. Ma vi avverto, non sarà felice di vedervi.»

    Adelia non perse tempo a rispondere, né a ringraziare.

    Corse verso le scale.

    Simeon Morgan se ne stava seduto sulla poltrona, al lato del camino, e fissava il fuoco acceso.

    Era stufo marcio del raffreddore che gli dava il tormento da giorni e che gli procurava anche violenti accessi di tosse. La febbre andava e veniva. Al momento doveva essere piuttosto alta, perché batteva i denti. E la pesante coperta di lana che aveva tirato via dal letto serviva a poco, visto che stava gelando.

    Sibilò una imprecazione e si passò una mano sugli occhi. Aveva dormito quasi tutto il giorno, perciò avrebbe sicuramente passato la notte in bianco.

    Le campane di St. James, a Piccadilly, gli confermarono l'ora: un quarto alle undici. Avrebbe voluto che fosse già l'alba. Si chiese cosa potesse volere, la moglie di Lionel Worthington, per presentarsi a casa sua. E a quell'ora, per giunta. Doveva essere impazzita. Si aspettava clemenza? Era venuta a implorare perdono per gli innumerevoli peccati di suo marito?

    Sembrava disperata, a quanto gli aveva riferito Harris. E non poteva essere diversamente, se aveva sposato un uomo di così basso spessore morale.

    Simeon si raddrizzò e cercò di fare un bel respiro. Be', Lady Worthington se la sarebbe vista con i suoi avvocati: li pagava per quello. E profumatamente.

    Cercò di ricordare che aspetto avesse la moglie di Worthington. Bionda. Minuta. Snella. Del viso no, non rammentava nulla.

    Harris non gli aveva fornito dettagli quando lo aveva informato di quella visita inattesa. «Ha un'aria smarrita, signore» si era limitato a commentare. «Avete presente un gatto randagio?»

    Be', un altro randagio era proprio l'ultima cosa di cui aveva bisogno, decise Simeon andando con il pensiero a Flora Rountree. Gli era piombata in casa una settimana prima e la sentiva piagnucolare giorno e notte, nonostante la referenziata istitutrice che aveva assunto apposta per badare a lei.

    Un brutto periodo sotto tutti i punti di vista. Prima la morte di Catherine. E adesso...

    In quel momento la porta si aprì. Simeon alzò lo sguardo, immaginando che fosse tornato Harris. Invece sulla soglia apparve una giovane donna. Bellissima. La creatura più incantevole che avesse mai visto.

    Lei entrò, spinse la porta alle sue spalle e la chiuse a chiave.

    «E voi chi siete?» l'apostrofò lui bruscamente.

    La fronte aggrottata che lei oppose a quel saluto tutt'altro che benevolo non tolse niente alla bellezza del suo volto: gli occhi di un verde smeraldo sembrarono scintillare ancora di più e la bocca carnosa, sensuale, si richiuse, conferendole un'espressione preoccupata.

    Simeon provò un guizzo all'altezza dello stomaco. Una reazione del tutto indesiderata.

    «So che non avrei dovuto, Mr. Morgan, ma ciò che ho da dirvi, in tutta onestà, non è cosa che io possa discutere con i vostri avvocati.»

    «Sto poco bene» borbottò lui tirando su la coperta. Perché aveva risposto così? Quale bisogno aveva di giustificare il proprio aspetto trasandato? Dopotutto, quella sconosciuta si era presentata a casa sua a un'ora indecente, e pretendeva di essere ricevuta anche dopo essere stata messa alla porta.

    Lei girò il capo, e il bagliore delle candele le illuminò i capelli. Morbidi riccioli dorati sfuggivano ai lati del cappello ornato di piume, deliziosamente inclinato sul capo.

    Era la febbre alta, decise Simeon. Oppure era morto, e un angelo era disceso dal cielo per venirlo a prendere.

    Un angelo che aveva urgenza di parlargli, però.

    «Sono Miss Adelia Worthington. La figlia di Lord Worthington.»

    «Una parentela di cui non andrei molto fiero, se fossi in voi.»

    Adelia si lasciò scivolare addosso l'offesa e proseguì. «Sono venuta a farvi una proposta.»

    «Una proposta?»

    «Uno scambio, se preferite. Prima, però, devo sapere se avete una moglie.»

    «No» rispose lui, perplesso. Che significava? Dove voleva andare a parare, la sua inopportuna visitatrice?

    «Bene. Il fatto è che Athelridge Hall, la tenuta vicino a Barnet che ci avete portato via, appartiene alla mia famiglia, che vi risiede stabilmente, ed è tutto quello che ci rimane. Non intendo perderla perciò, per rimediare ai disastrosi danni causati dagli incauti investimenti di mio padre, sono venuta a farvi una proposta di matrimonio.» Adelia si concesse una pausa, per deglutire. «Tra me e voi, intendo. Sono illibata, e molti giovani dell'alta società hanno chiesto la mia mano, nel corso dell'ultima Stagione. Nel caso nutriste qualche dubbio su quanto asserisco, avrete modo di documentarvi. È stato un trionfo senza pari, un successo che vi verrà confermato da più parti.»

    Simeon dovette attendere che lei si fermasse a riprendere fiato per replicare. «Mi state dicendo che sareste una specie di trofeo? L'ineguagliabile Miss Worthington?»

    «In pratica sì» confermò lei senza falsa modestia. Tuttavia, quando riprese a parlare, la sua voce tremava appena. «In cambio di quel che vi offro, dovete donarmi Athelridge Hall. Essendo mio marito, rimarrebbe di vostra proprietà a tutti gli effetti, si intende, ma resterebbe casa mia, e potrei continuare ad abitarci. Per voi è una proprietà secondaria, forse addirittura una seccatura. So che siete molto ricco, e quella tenuta per voi rappresenta un investimento insignificante, ma non avanzerei mai nessun'altra pretesa, nei vostri confronti. Di nessun genere.»

    «Andiamo, Miss Worthington, non direte sul serio!» proruppe Simeon.

    Le dita della giovane si richiusero sulla minuscola croce d'oro che teneva appesa al collo. «Sono serissima, Mr. Morgan. Avreste su di me tutti i diritti di un marito, ma al tempo stesso sareste libero di scegliervi un'amante. O più di una, se preferite. Non mi opporrei a nessuna vostra decisione. Sarei una moglie devota, accondiscendente e discreta. Gestirei la proprietà con garbo, diplomazia e raffinatezza. E se anche voleste dormire ad Athelridge Hall, non avrei niente in contrario né mi aspetterei che mi conduceste con voi a Londra. Sarei disposta a fare tutto ciò che voleste chiedermi, senza lamentarmi. In breve, sarei una moglie pressoché ideale. Tollerante, disponibile e accomodante. Non vi accorgereste nemmeno di avermi tra i piedi.»

    «Una disponibilità assoluta» riassunse Simeon, esterrefatto.

    «Che immagino incontri il vostro favore.»

    Lui rise. «Voi non sapete niente di me, Miss Worthington. Quanti anni avete?»

    «Diciannove.»

    Una bambina, o quasi. «Andatevene a casa e ringraziate il cielo di averla scampata bella.»

    Gli occhi di lei divennero più scuri. Sembravano sprizzare scintille. Votata al martirio, sì, ma di certo non docile, o disposta a battere in ritirata. Due deliziose fossette comparvero sulle sue guance mentre si mordeva un labbro, contrariata. «Ho ricevuto proposte lusinghiere da tutti i migliori partiti dell'alta società. E da diversi uomini sposati. Perché a voi non piaccio?»

    «Perché non ho alcun desiderio di prendere moglie, e non mi alletta nemmeno l'idea di una donna mansueta e arrendevole come quella che mi proponete. Qualche compagna di letto al bisogno mi basta. Amanti, cortigiane... chiamatele come vi pare. Ne cambio una a settimana, appena mi stanco di loro. Niente scenate, niente domande, niente piagnistei. Relazioni senza vincoli di sorta, che non richiedono un serio impegno e non fanno soffrire nessuno.» Simeon si alzò e attraversò la stanza per versarsi un goccio di brandy. Sentiva tornare i brividi, e aveva bisogno di riscaldarsi. «Se comunque la vostra prima Stagione è stata un così sensazionale successo, tra i vostri pretendenti ce ne saranno diversi anche più adatti di me a soddisfare i vostri capricci. Sceglietevene uno. E ora andatevene.»

    «No.»

    Un rifiuto asciutto. Deciso. Che lo indispose. «Basta così, Miss Worthington. Tornatevene dai vostri ottusi pretendenti. Quegli azzimati giovanotti di cui di certo amate circondarvi sarebbero certo più allettati di me dalla prospettiva di una così avvenente e devota mogliettina.»

    La vide corrucciarsi appena. Ma Simeon non era cieco, una giovane come Miss Worthington era destinata a fare strage di cuori. Il volto angelico, lo sguardo limpido, l'espressione vulnerabile... Lui stesso faceva fatica a staccarle gli occhi di dosso.

    E si odiò per quello.

    «Non posso farlo, Mr. Morgan» dichiarò lei. «Perché, vedete, la casa in cui sono nata ora appartiene a voi. E la rivoglio indietro.»

    «È stato vostro padre a mandarvi qui?» Sì, quel verme sarebbe stato capace di abbassarsi a tanto: sacrificare una figlia per gli errori che aveva commesso e che continuava a commettere. Di spingerla a compiere un atto indegno e immorale senza farsi il minimo scrupolo, di mandare qualcun altro al suo posto, a fare il lavoro sporco.

    La giovane impallidì visibilmente a quelle parole. «Sono venuta di mia iniziativa, signore.»

    «E avete rischiato parecchio, vista l'assurdità della vostra proposta, la gracilità della vostra persona e l'ora tarda.»

    «A volte le strade facili e sicure non sono percorribili, e bisogna cercarne altre.»

    «Con tutti quei pretendenti che si accalcano dietro la vostra porta, vi consiglio di nuovo di scegliere quello che più vi aggrada e di farvi portare all'altare.»

    Un altro lampo di collera balenò negli occhi di lei. Aveva dei segreti, dedusse Simeon.

    «Siete voi a possedere il titolo di proprietà della nostra casa, signore.»

    «Allora dite al vostro amato padre di venire qui con il denaro in tasca, e potrei valutare la possibilità di restituirgliela. Andrebbero bene anche delle cambiali. Un piano di rientro con rimborsi parziali a scadenza.»

    Gli occhi di lei divennero lucidi. «Impossibile.»

    Era così giovane, rifletté Simeon a un tratto. E decise di mandarla via. Meglio spaventarla, per indurla a darsela a gambe. Non sarebbe stato difficile.

    «Non sono disposto a pagare un prezzo così alto per la vostra virtù, Miss Worthington. Comunque, se voleste provare a fare un altro tentativo, mostrandomi la vostra mercanzia...» affermò, lasciando volutamente in sospeso quella frase così irriverente.

    «La mercanzia?» Lei avvampò.

    «Tentatemi con i vostri seni, i fianchi. Scoprite le gambe. Sì, insomma, quelle parti di una donna per cui noi uomini saremmo pronti a venderci l'anima. Slacciatevi il corpetto. Stupitemi.»

    Gli occhi di lei si sgranarono. «Non penso...»

    «Non pensate, Miss Worthington. Fatelo e basta.» Simeon era in preda a una collera crescente, perché capiva che il padre della giovane doveva aver orchestrato con grande attenzione quel piano diabolico. Lionel Frankton Worthington era un bastardo, e sua figlia doveva essere fatta della stessa pasta. Avrebbe punito entrambi, raccontando in giro di cosa erano stati capaci, ed esponendoli al pubblico ludibrio.

    Adesso Miss Worthington avrebbe capito di essersi spinta troppo in là. Sarebbe scappata a gambe levate da casa sua, dalla sua vita, e non avrebbe avuto il coraggio di ripresentarsi.

    Attese di vederla girarsi sui tacchi e correre via.

    Quando invece due dita tremanti presero a trafficare con i bottoni del corpetto, il cuore gli mancò di un battito. Al di sotto apparve il pizzo delicato di una camiciola, talmente sottile da lasciar intravedere la candida pelle di un seno, il contorno di un capezzolo, quasi un bocciolo di rosa proprio al centro del soffice rigonfiamento...

    Il pendolo batté undici rintocchi. E gli occhi di Simeon, ammaliati, si abbeverarono della dolce visione di quei seni. Gli sarebbe bastato allungare una mano per toccarli. Miss Adelia Worthington era pronta a offrirsi a lui. Era uguale a suo padre, dopotutto, un uomo che non aveva modo di ripagare il suo debito.

    Simeon scosse il capo, sibilando un'imprecazione. Lo scambio propostogli da Miss Worthington era inaccettabile, e tuttavia nessun uomo sano di mente avrebbe rifiutato ciò che gli veniva offerto. Le si avvicinò.

    Al diavolo le conseguenze!, pensò. Non era mai stato un santo. Se l'incantevole figlia del suo peggior nemico era venuta a tentarlo, le avrebbe fatto capire che stava scherzando con il fuoco. E che rischiava di scottarsi.

    Era un uomo prestante, vigoroso: i pantaloni aderivano ai fianchi snelli, alle lunghe gambe muscolose. La camicia bianca era sbottonata fino alla vita. Alla luce rossastra del fuoco che scoppiettava nel camino, sembrava quasi Ade, il tenebroso cacciatore di anime venuto per portarla con sé nell'Oltretomba.

    Se ne sarebbe dovuta andare quando lui le aveva suggerito di farlo, ma Adelia non aveva ancora perso le speranze, nonostante tutto.

    Lui le si fermò davanti. Alzò una mano, le tracciò con un dito il solco sotto il seno destro, prima di risalire fino al capezzolo. Il calore che le divampò dentro la paralizzò. Se Mr. Morgan avesse voluto farla sua, non avrebbe avuto la forza di fermarlo. Era un uomo rozzo, parlava con un accento strano, quasi a scatti, misurando le parole come per nascondere le proprie origini. Eppure quei suoi occhi intensi sembravano capaci di bloccarla, l'aura che circondava quel corpo prestante l'ammutoliva.

    E quel dito che continuava a solleticarle la pelle suscitava in lei una reazione istintiva. Per la prima volta in vita sua, Adelia comprese il significato della parola desiderio. All'improvviso faceva fatica a respirare, e reclinò il capo all'indietro mentre qualcosa cominciava a pulsarle in mezzo alle gambe. Una sorta di languore.

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