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Fuga greca
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E-book169 pagine2 ore

Fuga greca

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Info su questo ebook

Piantata in asso dal fidanzato, l'autostima sotto i tacchi, Kayla Young decide di rifugiarsi su un'isola greca. Staccare da tutto per un po' non potrà che farle bene, e l'ultima cosa che desidera è dividere quel piccolo paradiso con qualcuno. Tanto meno con un uomo misterioso e arrogante.
In fuga dagli assilli di paparazzi e arrampicatrici sociali, che gli rendono la vita quotidianamente impossibile, Leonidas Vassalio non riesce a credere di dover spartire il suo rifugio con l'unica donna al mondo che non sa chi lui sia. Anche se questo particolare potrebbe giocare a suo favore...
LinguaItaliano
Data di uscita11 mag 2020
ISBN9788830513891
Fuga greca
Autore

Elizabeth Power

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    Anteprima del libro

    Fuga greca - Elizabeth Power

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Greek Escape

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2013 Elizabeth Power

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-389-1

    1

    «Così! Ecco quello che vogliamo! E smettila di perdere tempo, idiota...» La fotocamera scattò un istante prima che l’uccello si librasse dalla roccia e volasse via, sorvolando l’acqua cristallina. «Non pensavi davvero di farla franca, eh?» gli gridò, soddisfatta.

    Dal punto di osservazione sul fianco roccioso della collina che dominava la spiaggia, Kayla Young si guardò intorno facendo oscillare la lunga chioma bionda, imbarazzata all’idea che qualcuno l’avesse sentita. Ma non c’era nessuno. Non c’era nulla. A parte il vento caldo che sferzava la macchia scoscesa e il sole che picchiava implacabile dal centro del cielo cobalto. Kayla scrollò le spalle, sollevata.

    Non ricordava esattamente quando aveva iniziato a parlare da sola e rintanarsi in quella splendida isola non aveva contribuito a migliorare il suo equilibrio, pensò con una smorfia. O forse il suo era un patetico tentativo di soffocare l’urlo di dolore che le devastava il cuore, in attesa di essere liberato. Entro un paio d’ore, in Inghilterra, l’uomo con cui aveva pensato di passare la sua vita avrebbe sposato un’altra.

    A dispetto delle profonde cicatrici che la ferita del tradimento le aveva lasciato, Kayla sollevò di nuovo la macchina fotografica e guardò nell’obiettivo. Solo la mascella troppo serrata tradiva la sua tensione, mentre scrutava intorno, questa volta in silenzio.

    Il panorama era stupendo. Le montagne avvolte in una nebbiolina azzurra. L’acqua cristallina. Un greco sorprendentemente attraente...

    Il sentiero interno che aveva percorso per arrivare fin lì costeggiava la spiaggia deserta per poi risalire serpeggiando lungo il fianco della montagna. Dall’alto della sua postazione, Kayla puntò l’obiettivo sulla costa e dopo un breve attimo di esitazione inquadrò l’uomo. Dal punto in cui si trovava poteva vederlo a occhio nudo. Abbassò la fotocamera e restò a fissarlo.

    I capelli neri e ondulati coprivano quasi completamente il collo abbronzato che spiccava dalla maglietta bianca, indossata sui jeans di un azzurro sbiadito. Stava scaricando l’attrezzatura da pesca dalla barca in legno che aveva appena tirato a riva. Dai muscoli che si stagliavano sulle braccia e tendevano il cotone della maglietta sul petto ampio, Kayla concluse che fosse abituato a faticosi lavori manuali. Un vecchio camion malconcio era parcheggiato vicino alle rocce, sulla strada proprio sopra la spiaggia, e quando l’uomo si incamminò nella sua direzione, Kayla non riuscì a togliergli gli occhi di dosso.

    Per qualche ragione che non riusciva a spiegarsi, alzò la fotocamera per inquadrarlo e venne assalita da un’eccitazione assurda e sconsiderata. La barba scura, di qualche giorno, accentuava la mascella già mascolina e dava forza ai suoi lineamenti vigorosi. Aveva il fisico statuario di un uomo temprato alla vita, forte e in perfetta forma. Doveva avere una trentina d’anni e a giudicare dalla determinazione che gli si leggeva in viso, doveva essere abituato a prendere tutto ciò che voleva, pensò Kayla, calamitata dal suo modo di incedere, fiero e quasi arrogante.

    Uno con cui è meglio non aver niente a che fare, pensò con un curioso formicolio giù per la schiena.

    Aveva qualcosa di minaccioso. Forse era la curva della fronte abbronzata, le sopracciglia folte o quello sguardo così arcigno, mentre...

    Santo cielo! Stava guardando in su. L’aveva vista! L’aveva sorpresa mentre lo stava osservando.

    Nell’agitazione del momento fece scattare la macchina, immortalandolo, e quando l’uomo gridò qualcosa, Kayla capì che se n’era accorto.

    Rimase immobile per un istante mentre lui accelerava l’andatura, puntando dritto nella sua direzione.

    Oh, mio Dio! Girò sui tacchi come una trottola e cercò di svignarsela. Mi segue!, pensò, disperata.

    Perché stesse correndo, Kayla non ne aveva idea. Non sarebbe stato meglio restare a fronteggiarlo?, si chiese. No, non se la sentiva di affrontare un uomo così arrabbiato. E comunque, cosa avrebbe potuto dire? Hai catturato la mia attenzione mentre guardavo il panorama e non sono riuscita a smettere di guardarti?

    Si lanciò uno sguardo ansioso alle spalle e vide che l’uomo guadagnava terreno, lungo la salita sassosa che portava alla villa. Al sicuro.

    Ma cosa ti è saltato in mente di fissarlo in quel modo?, si rimproverò. Non ne aveva avuto abbastanza degli uomini? Sapeva fin troppo bene quanto potessero essere fanfaroni, bugiardi, opportunisti e imbroglioni...

    «Oooh!»

    Inciampò su una pietra e lottò per rimanere in piedi, con l’inseguitore alle calcagna.

    Troppo tardi... Cadde sui sassi del sentiero e rimase lì immobile per qualche istante, senza fiato, disperata, ma sorprendentemente illesa.

    Sentì i passi che si avvicinavano e all’improvviso se lo ritrovò lì, in piedi al suo fianco. Respirava in maniera affannosa e aveva un tono ben poco amichevole, quando le rivolse alcune parole nella sua lingua.

    Kayla si alzò sui gomiti, sgomenta, con i capelli sparpagliati sulle spalle, come ruscelli d’oro pallido.

    Conosceva solo poche parole di greco. «Non ti capisco» gemette, anche lei senza fiato.

    L’uomo aggiunse qualcos’altro e le mise una mano sulla spalla nuda, a eccezione della spallina bianca del top di pizzo.

    Da vicino, era ancora più bello di quanto avesse immaginato. I suoi zigomi erano alti e ben definiti, sotto la perfetta pelle olivastra. Le sopracciglia color ebano incorniciavano profondi occhi neri e la sua bocca sembrava cesellata.

    «Ti sei fatta male?» si informò in inglese, un’inattesa traccia di preoccupazione sul viso.

    «No, grazie» rispose, mettendosi a sedere e cercando di non mostrarsi intimidita.

    «Allora torno a chiedertelo. Cosa stavi facendo?»

    «Delle foto.»

    «A me?»

    Kayla deglutì, fissandolo con i diffidenti occhi blu. «No, a un uccello. Ti ho fotografato per errore.»

    «Errore?» Dal modo in cui sollevò le sopracciglia, era chiaro che non le credeva. Puntò sull’ovale pallido del suo viso uno sguardo ostile. «Che cosa vuol dire... per errore?» sottolineò puntiglioso.

    La sua collera non si era raffreddata. Kayla l’avvertiva ribollire sotto la superficie ma, malgrado la rabbia che lo agitava, notò che la sua voce era calda e profonda e che, nonostante il suo inglese conservasse un pesante accento, aveva una perfetta padronanza della lingua. «Quante ne hai fatte?»

    «Solo una» gli rispose, ancora un po’ affannata. «Te l’ho detto. È stato un errore.»

    «Be’, per quanto mi riguarda è stato un errore di troppo. Esattamente, chi sei e cosa ci fai qui?»

    «Niente. Voglio dire... Sono in vacanza...»

    «E le tue vacanze prevedono di ficcare il naso negli affari altrui e di spiare la gente?»

    «Non ti stavo spiando!» Scossa dal modo in cui la scrutava e dal tono sospettoso della sua voce, Kayla iniziò ad avere paura. Forse l’uomo era in fuga... magari era ricercato dalla polizia! Ciò avrebbe giustificato l’agitazione che aveva manifestato accorgendosi di essere stato fotografato. «La mia fotocamera...» Cercò di mantenere il sangue freddo e si guardò intorno. La sua preziosa macchina giaceva in un cespuglio poco lontano.

    Si allungò per prenderla, ma l’uomo fu più svelto di lei. «Non danneggiarla!»

    Quel tipo era furioso e forse pericoloso, ma la fotocamera significava troppo per lei. Era il regalo che aveva fatto a se stessa dopo aver scoperto la relazione di Craig. Alcune donne cercavano conforto nei bei vestiti, lei invece usciva con la sua macchina e fotografava tutto e niente. Era una forma di terapia di cui aveva avuto un gran bisogno, negli ultimi tre mesi.

    «Dammi una buona ragione per cui non dovrei.»

    Perché costa una fortuna!, avrebbe voluto gridare. E perché conteneva tutte le foto che aveva fatto da quando era arrivata sull’isola, il giorno prima. Però temeva che per quel pazzo furioso sarebbe stato un incentivo a fracassarla.

    «Forse potrei tenermela» dichiarò, mentre passava uno sguardo insistente e insolente sulle spalle ancora pallide di Kayla e sul suo piccolo seno.

    «Se ti fa felice!» scattò lei, irritata da quell’ispezione. Qualcosa in quello sguardo, tuttavia, le fece ribollire il sangue nelle vene, in modo del tutto inatteso. Immediatamente le risuonò nella mente un campanello d’allarme. Non sapeva chi fosse quell’uomo, né fino a che punto fosse pericoloso.

    Un uccello sbucò dalla foresta di pini sopra di loro e il suo grido selvaggio la fece trasalire. Per la prima volta Kayla si rese conto di quanto fosse isolata quella collina. A parte una manciata di casette bianche di pescatori addossate ai margini della spiaggia e tre o quattro villette sparse tra la boscaglia subito sopra la scogliera, non c’erano altri segni di insediamenti umani, mentre il villaggio più vicino, con il suo negozio e la sua taverna, distava circa cinque chilometri.

    Mentre stava tentando di alzarsi in piedi, un braccio muscoloso si tese verso di lei per aiutarla.

    L’improvviso atto di galanteria fu così inaspettato che Kayla prese automaticamente la mano che lui le stava offrendo. Era forte e un po’ callosa mentre la tirava in piedi, vicino a lui. Pericolosamente vicino.

    I sensi di Kayla si risvegliarono sotto l’effetto dell’aura di pulsante energia che sembrava circondarlo e dell’odore così virile e naturale che lo avvolgeva.

    Deglutì e alzò la testa. Con le scarpette basse gli arrivava a malapena alle spalle. Fece un passo indietro. «Non ho paura di te» affermò, con voce stentata.

    «Bene!» Il suo tono era ancora brusco e decisamente ostile. «In questo caso non ti preoccuperà sapere che non amo le impiccione che si intrufolano nella mia privacy. Quindi, se vuoi goderti le tue cosiddette vacanze» enfatizzò con disprezzo restituendole la macchina, «stammi lontana! È chiaro?»

    «Perfettamente! E posso assicurarti, signor... signor... nessuno» proruppe, visto che lui non aveva avuto la decenza di presentarsi, «che non desidero intrufolarmi da nessuna parte, tanto meno nella tua privacy» esplose, decisa a non farsi intimidire da quel pescatore greco, villano e irascibile. «Anzi, finché resterò su quest’isola, ti assicuro che farò tutto il possibile per evitare altri sgraditi incontri!»

    «Grazie!»

    Kayla frenò la propria indignazione un istante prima di mandarlo al diavolo e si incamminò giù per il sentiero senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.

    Quando finalmente sbucò dalla boscaglia davanti a Villa Bianca, dove alloggiava, sentì il suono distante di un veicolo che si metteva in moto e indovinò dal suono rozzo del motore che si trattava del vecchio camion che aveva visto sulla strada, poco più giù.

    Ancora scossa dall’incontro con quel tipo, decise di scaldarsi un pasto pronto nel microonde, nella piccola ma equipaggiata cucina della villa che apparteneva ai suoi amici, Lorna e Josh. Sapendo quanto avesse bisogno di una pausa, le avevano offerto la possibilità di andarsene per un paio di settimane.

    Non aveva incontrato anima viva da quando il tassista l’aveva scaricata davanti all’ingresso, il giorno prima. Ma... doveva essere così dannatamente scortese la prima persona in cui si era imbattuta? Forse, però, era meglio che fosse stato rude, anziché affascinante e falso come una banconota del Monopoli, rifletté, ricordando Craig Lymington.

    Oh, con quanta facilità aveva creduto alle sue promesse vuote! Si era innamorata e si era fidata quando le aveva giurato di voler passare la vita con lei.

    Ti spezzerà il cuore. Ricorda le mie parole, l’aveva avvertita sua madre con durezza, quando le aveva comunicato, pazza di gioia, che il più alto dirigente della sua azienda, la Cartwright Consolidated, le aveva chiesto di sposarlo.

    Erano stati insieme qualche mese e Kayla era stata oscenamente felice. Almeno fino alla notte in cui aveva scoperto quei messaggi sul cellulare di lui e aveva capito di non essere stata l’unica donna che Craig aveva ingannato, con le sue promesse fasulle.

    Gli uomini sono tutti uguali, dal più ricco al più misero, era la litania che ripeteva sempre sua madre.

    Kayla però non le aveva mai prestato ascolto, convinta che fosse rimasta amareggiata e ferita dalla sua sfortunata esperienza personale. Dopotutto, suo marito, il padre di Kayla, non

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