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Angelo Aldo Marchetti - Un borghese illuminato: Affresco di un'epoca
Angelo Aldo Marchetti - Un borghese illuminato: Affresco di un'epoca
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E-book489 pagine4 ore

Angelo Aldo Marchetti - Un borghese illuminato: Affresco di un'epoca

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Info su questo ebook

Angelo Aldo Marchetti è stato una delle figure fondamentali nella storia del secondo Novecento della Città del Giorgione. Conosciuto dai più come storico Presidente della Banca Popolare di Castelfranco Veneto, ha ricoperto incarichi di prestigio anche in altri ambiti. Come imprenditore, con l’azienda di famiglia. Figura chiave nell’associazionismo, a partire da quello professionale, con ruoli guida nell’associazione commercianti cittadina come della camera di commercio provinciale. Fondatore del locale Rotary Club, di cui è stato testimonial riconosciuto per molti anni, ma anche in altre associazioni la sua presenza ha lasciato il segno, una per tutte il Comitato Borsa di studio per i tumori. È stato editore, con la Banca Popolare, curando la pubblicazione di volumi fondamentali per capire la storia della nostra comunità. E poi autore in proprio, con piccole monografie, madeleine della memoria tese a raccontare quelle storie minori che sono poi la struttura portante di una comunità. Un ritratto a 360° scritto grazie a un almanacco dei ricordi costruito pazientemente nel tempo.  
LinguaItaliano
Data di uscita25 set 2020
ISBN9788893782227
Angelo Aldo Marchetti - Un borghese illuminato: Affresco di un'epoca

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    Anteprima del libro

    Angelo Aldo Marchetti - Un borghese illuminato - Giancarlo Saran

    Angelo Aldo Marchetti

    Un borghese illuminato

    Affresco di un’epoca

    Di Giancarlo Saran

    Panda Edizioni

    ISBN 9788893782227

    © 2020 Panda Edizioni

    www.pandaedizioni.it

    info@pandaedizioni.it

    Foto dell'autore: Renato Vettorato

    Proprietà riservata. Nessuna parte del presente libro può essere riprodotta, memorizzata, fotocopiata o riprodotta altrimenti senza il consenso scritto dell’editore. Nomi e marchi citati nel testo sono generalmente depositati o registrati dalle rispettive ditte produttrici o detentrici.

    INTRODUZIONE

    di Giancarlo Saran

    Questo libro è un piano B.

    Come per tutti coloro che abitano la nostra amata Castelfranco Veneto il volto di Angelo Aldo Marchetti era a noi familiare, vuoi nell’incrociarsi nel passeggio sotto i portici come agli eventi che, per molti lustri, lo hanno visto protagonista di momenti fondanti della nostra comunità, sia in Teatro Accademico, il tempio laico della città del Giorgione, come in altri contesti, considerata la sua molteplicità di interessi e l’approccio partecipativo. Nel nostro caso con un’aggravante. Eravamo amici dei figli sin dai tempi dei calzoni corti e, una volta maturati e resi adulti, abbiamo avuto l’onore di condividere con lui una lunga militanza associativa, quella del Rotary Club, in cui l’assiduità è una delle pietre fondanti di una conoscenza cementata da ideali comuni.

    Ebbene, con queste premesse, credevamo di conoscere il dottor Marchetti abbastanza bene, pur sapendo della sua talentuosa ecletticità.

    Tuttavia mancava ancora qualche tassello a un mosaico che ritenevamo pressoché completo.

    Entro le volte del Duomo, opera di Francesco Maria Preti e custode della Pala del Giorgione, all’estremo saluto con cui la Città lo accompagnava verso l’ultimo viaggio, nel novembre del 2016, galeotta fu la testimonianza di Monsignor Lino Cusinato, l’oramai ex parroco che aveva condiviso con Aldo Marchetti molte battaglie.

    Ricordava dell’amico Angelo Aldo anche una costante e discreta presenza nell’affiancare la sua missione pastorale garantendo una oculata e puntuale gestione dei beni ecclesiastici che riguardavano la parrocchia.

    Sgranammo le orecchie e, uscendo in quella fredda mattina di sole, iniziammo a elaborare una riflessione.

    Ma, se noi pensavamo di conoscere bene il Dr. Aldo e ci mancava questa parte della sua vita, nella comunità cittadina quanti potevano sapere di lui, oltre al fatto di essere stato l’ultimo – grande – presidente della oramai fu Banca Popolare di Castelfranco Veneto? Magari qualcuno ricordava il suo passato di imprenditore. Negli ultimi anni dopo essere stato editore di libri pubblicati dalla sua Banca, era divenuto lui stesso Autore di piccole pubblicazioni che hanno saputo raccontare la Città con molti inediti. Gli amici rotariani erano al corrente delle sue passioni, ad esempio i viaggi.

    Ne usciva un mosaico cui era giusto rendere omaggio.

    Dopo aver ottenuto la liberatoria da parte dei figli, Pieralberto, Alessandro, Enrico e Francesco, mi incamminai in questo percorso nella convinzione del vecchio adagio scripta manent.

    Comporre la scaletta dei testimonial che raccontassero i vari capitoli della variegata antologia marchettiana fu cosa conseguente. L’amico Giacinto Cecchetto, storico Direttore della Biblioteca, Monsignor Lino, ovviamente, e via via un bel dream team che si rese subito disponibile a comporre una sua personale cartolina a futura memoria.

    Tuttavia, come recita il saggio (e qui Aldo Marchetti avrebbe condito il tutto con una delle sue battute), dal dire al fare… dopo un anno eravamo ancora tra color che son sospesi.

    E così scattò il piano B. Grazie alla benevolenza di Enrico, l’unico dei quattro figli rimasto a Castelfranco con la sua famiglia, venni introdotto all’almanacco delle meraviglie.

    Sette bei tomi bellamente rilegati, entro i quali, negli anni, il notaio Marchetti aveva pazientemente (e ordinatamente) conservato un’antologia di foto, ritagli di giornali, carteggi vari, piccole note scritte brevi manu (alcune autentiche pillole di humor e saggezza).

    Ne è uscito un quadro d’insieme per cui, le pagine a seguire, attraverso il racconto di una vita che meritava l’onore a futura memoria, permette, e sta qui uno dei grandi pregi, di ricostruire la vita di una comunità. Quella Città di Castelfranco Veneto che, dopo la sua famiglia, il suo lavoro, la sua Banca, è sempre stata al centro dell’impegno, delle battaglie, della testimonianza del dottor Angelo Aldo Marchetti.

    Ne esce anche l’affresco di un’epoca che porta a un’ultima riflessione. Tutti noi dobbiamo essere grati a Marchetti per quanto ha fatto nella sua lunga militanza di uomo e di cittadino, documentato da una paziente raccolta e un ordinato archivio cartaceo, infatti stiamo vivendo un’epoca in cui la progressiva bulimia digitale che ci sta travolgendo, renderà più difficile, se non impossibile, documentare a futura memoria come lui ha fatto trasmettendoci il suo tempo.

    Le cronache locali sono vissute giorno per giorno da diverse testate social che non sono e non potranno essere testimonianza ai posteri come le analoghe cartacee L’Ora della castellana o Abitare la castellana, le due più note. I carteggi con data e firma in bella scrittura sono oramai prevalentemente sostituiti da una messaggeria digitale che lascia il tempo che trova, dopo il click di invio.

    Quelle di Marchetti, invece, sono riflessioni in calce conseguenti a un lungo e appassionato lavoro che, per noi, è divenuto un viaggio nel tempo con autentiche scoperte tanto che, in alcuni passaggi, sentivamo il suo passo ironico e discreto al nostro fianco, quasi fossero, queste pagine, scritte a quattro mani.

    IL RICORDO DI UN AMICO

    Un vecchio detto recita che il vero valore di una persona lo si coglie nel ricordo di chi lo ha conosciuto. Angelo Aldo Marchetti ha lasciato molto nei suoi percorsi di vita, caratterizzati da una vivacità umana e intellettuale ricca come pochi.

    Socio fondatore del nostro Rotary Club, non ha svolto solo i ruoli istituzionali che, a rotazione, ognuno di noi deve prima o poi affrontare: Presidente, consigliere etc., ma è sempre stato attivo e, soprattutto, propositivo anche nelle molte stagioni sociali che sono seguite alla sua storica annata di presidenza, qui ben ricordata, nell’oramai lontano 1970-71.

    Puntuale quindi quest’opera scritta con passione e desiderio di condivisione da un altro amico rotariano, Giancarlo Saran. Lungo le pagine, come suggerisce la felice scelta del titolo, è raccontata la singolare figura di un borghese illuminato, ma grazie alla paziente opera di notaio scrupoloso e attento a descrivere i diversi aspetti della sua comunità, abbiamo anche un inedito affresco di un’epoca.

    Questo libro non è solo un riuscito gioco di squadra, come insito nello spirito rotariano. Vi è un socio, Saran, che racconta la vita di un senatore illustre, Marchetti, ma sono gli stessi soci rotariani tutti che, in occasione di una raccolta fondi nell’annata presieduta da Adriano Pietrobon, hanno voluto contribuire al progetto editoriale di questo libro. I proventi, infatti, andranno a sostenere le attività del Comitato Borsa di Studio per la cura dei Tumori. Un ente cittadino, con oltre quarant’anni di storia, che nella sua lunga attività ha erogato oltre quattrocento borse di studio a medici, tecnici e paramedici che operano nel settore oncologico all’interno dei nostri ospedali di Castelfranco Veneto e Montebelluna. Una quadratura del cerchio ideale, considerato che, a suo tempo, di questa associazione fu presidente lo stesso Angelo Aldo Marchetti e, ora, è guidata da Giancarlo Saran. Buona lettura.

    Sergio Zanellato

    Presidente Rotary Club Castelfranco Asolo a.s. 2020 - 2021

    PRESENTAZIONE

    di Giacinto Cecchetto

    La mia quasi trentennale vicenda professionale castellana alla guida della Biblioteca, del Museo e dell’Archivio Storico è intrecciata indissolubilmente, sin dal mio arrivo a Castelfranco agli inizi degli anni ’80, con la figura e la storia di Angelo Aldo Marchetti, soprattutto nelle comuni iniziative negli ambiti della salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico-artistico cittadino e di quelle che si sono rivelate, soprattutto negli anni ’90, autentiche imprese editoriali, raffinate e di elevata qualità scientifica, da lui pervicacemente volute e promosse nelle vesti di Presidente della Banca Popolare di Castelfranco Veneto e pure come socio del Rotary di Castelfranco-Asolo, di cui è stato fondatore nel 1964.

    Questo procedere fianco a fianco per lunghi periodi, così l’ho sempre percepito, caratterizzato da numerosi incontri, in Biblioteca o nella sede della Banca o nella sua residenza di Borgo Asolo, da telefonate di aggiornamento e verifica dello stato dell’arte di redazioni di testi e di apparati iconografici, di tanti libri costruiti e direi quasi cesellati insieme, tutto nel segno di una trascinante passione culturale e di una cura competente per ogni progetto ideato e infine compiuto, pur sempre nel bel mezzo dei suoi impegni famigliari, bancari e dei contemporanei ruoli e incarichi ricoperti in varie altre attività istituzionali di cui da lui mi giungeva con discrezione e sobrietà l’eco, ebbene: mi son sempre chiesto quanto vaste potessero essere le ‘pianure’ in cui si inoltrava e quanta energia e dedizione profondesse nei settori più svariati, e tutto ciò fondato su un senso quasi atavico di responsabilità e di impegno doverosi verso e nella società cittadina e le sue varie articolazioni (politica, sociale, culturale, ecclesiale, associativa…), tutto permeato da un senso civico e una determinazione, manifesti nelle sue azioni e coerentemente espresso nella sobrietà e franchezza del suo eloquio privato e pubblico, senza fronzoli e venato spesso di sapida ironia.

    Così, per me, è stato ed è Marchetti, figura imprescindibile nel mio DNA e nella mia storia personale e professionale. Sapevo, intuivo, meglio, la multiforme storia di Marchetti, il padre affettuoso, l’imprenditore, impegno politico a livello provinciale nel partito liberale, il consigliere comunale, protagonista della vita economica cittadina come consigliere della Banca Popolare e poi come suo attivissimo presidente, anima del Rotary club. Per tutto il resto della sua vita, il viaggiatore instancabile, ovunque nel mondo, curioso indagatore di culture, fonte e nutrimento di una visione globale autenticamente aperta, l’uomo di cultura innamorato della sua città di un amore dal quale germinavano, incessanti, l’ideazione, la promozione, e negli ultimi anni anche la cura autorale, di un autentico tesoro editoriale, di rara qualità e originalità di cui la città e la Castellana possono menar vanto.

    Sapevo, intuivo... eppure a me mancava, e credo anche a larga parte di tutti coloro che lo conoscevano e lo frequentavano, l’effettiva percezione e quindi l’apprezzamento della vastità, della multiformità e nel contempo, della coerenza dei suoi impegni pubblici e delle sue imprese editoriali.

    A colmare questa lacuna, ma soprattutto ad assolvere a un improcrastinabile dovere di riconoscenza da parte della comunità cittadina, ha provveduto in modo esemplare, con vivezza di accenti e cura ricognitiva, Giancarlo Saran, attivissimo rotariano come Marchetti, protagonista di una travolgente stagione come Assessore alla Cultura, lui stesso, come Marchetti, intraprendente promotore e curatore di pubblicazioni sul patrimonio storico e di memoria della città murata.

    Come procedere per l’arduo cimento si è chiesto Saran? La risposta, la soluzione, è venuta, con il consenso, l’adesione e l’aiuto dei figli di Marchetti, Pieralberto, Alessandro, Enrico e Francesco, grazie ai quali Saran, oltre a prodursi come testimone, ha potuto metter mano a quello che lui stesso ha definito «almanacco delle meraviglie… sette bei tomi bellamente rilegati, entro i quali il notaio Marchetti aveva pazientemente (e ordinatamente) conservato un’antologia di foto, ritagli di giornali, carteggi vari, piccole note, scritti brevi manu, autentiche pillole di humour e saggezza».

    L’impresa di Saran si è rivelata a dir poco ardua, tale era la densità e l’intensità e lo sfolgorare delle ‘meraviglie’. Era necessario identificare una linea per così dire narrativa e, sotto questo profilo, la struttura cronologica dei tomi ha costituito la chiave di lettura e ricostruttiva del ‘tempo’ che Marchetti ha vissuto da protagonista.

    Mezzo secolo, insomma, di vicende e di impegni in vari settori che la scrittura appassionante e appassionata di Saran ha reso quasi una sorta di docu-film, o, se si vuole, una ricognizione zenitale in movimento sui ‘paesaggi’ di istituzioni, luoghi, consessi, singole persone, che Marchetti ha percorso lasciando profonde e spesso memorabili tracce e testimonianze.

    Non c’è forse ambito della vita castellana e trevigiana in cui Marchetti non sia stato chiamato a svolgere ruoli di responsabilità.

    Questi ‘fronti di impegno’, e altri ancora, illuminati da Saran, sono tutti attraversati e tra loro legati, più o meno esplicitamente, da un filo rosso: le ‘creazioni‘ (perché tali vanno ritenute e sono), editoriali che dal 1971 in poi hanno letteralmente costruito una autentica e prestigiosa ‘biblioteca’, integrata e colloquiante con la Biblioteca comunale, a disposizione dei cittadini, degli studenti, dei docenti, degli studiosi, delle istituzioni culturali laiche e religiose, delle università, le quali ultime, ricercate da Marchetti, hanno garantito contributi scientifici prestigiosi e di altro profilo.

    Nel 2014 Marchetti mi invitò a scrivere un testo di presentazione di quella che sarà la sua ultima ‘creatura’ dedicata ai giardini del centro storico cittadino, una galleria di sguardi su giardini privati, che talora raccontano essi stessi le storie delle donne e degli uomini che li hanno plasmati; giardini curati con ogni possibile dedizione; giardini invisibili sui quali le foto dello stesso Marchetti aprono squarci rari eppur unici e preziosi.

    Sui giardini si sono scritte pagine a fiumi; giardini di ogni epoca, foggia e latitudine: stupefacenti architetture, spazi d’armonico colloquio tra acqua e verzure, recinti segreti, dimore dell’anima e dell’interiorità, metafora, sempre - non importa se storici, monumentali o raffinati - del giardino ostensivo e riservato che è in ognuno di noi, come scrive il poeta portoghese Fernando Pessoa. Ed è nel suo giardino interiore e riservato, nel silenzio del giardino modellato con le proprie mani, che Marchetti ha voluto germinasse ancora un atto di amore verso la Sua città, a mezzo secolo e più, da quel lontano 1955, quando, ancor giovane, novello Livingstone, aveva intrapreso un lungo viaggio, nel contempo virtuale e reale, alla scoperta della città e del suo territorio, della loro storia e del loro patrimonio.

    Così ho scritto nella presentazione di questo che ho definito esso stesso un ‘libro-giardino’: «Forse potevano bastare i ‘quaderni’, s’è detto Marchetti, o forse no. Il periglioso mare della vita porta con sé tempeste e uragani che occultano ai nostri occhi la Stella Polare. Poi, esausto il ruggire dei marosi, la ricerca dell’approdo. Un approdo in un luogo di pace, un luogo in forma di giardino, il Suo giardino».

    Ecco: a un giardino rigoglioso di bellezze, di scoperte, di conoscenze, possono essere paragonati tutti insieme i libri che Marchetti ha voluto, ideato, persino cesellato, offrendoli come un ideale bouquet floreale che non teme il trascorrere delle stagioni, un lascito culturale di straordinaria qualità, testimonianza di un amore vero per la propria città, di un alto senso civico nell’agire a sostegno dello studio, della documentazione, del restauro, della tutela e della valorizzazione di ogni tessera costituente il patrimonio d’arte e di storia di cui Castelfranco può andare orgogliosa. Un orgoglio, questo della comunità cittadina, di cui è intrisa tutta la vita di Marchetti; una vita che il libro uscito dalla penna brillante e certo anche dal cuore di Giancarlo Saran finalmente viene illuminata per chiunque, ora e in futuro, vorrà coglierne in pieno la ricchezza e le profonde e durature tracce incise lungo ben mezzo secolo di storia cittadina.

    GLI ESORDI

    Angelo Aldo Marchetti nasce in piazza, a Castelfranco Veneto, l’8 settembre del 1927. In piazza è una prima specificazione necessaria in quanto sarà proprio lo stesso Marchetti, negli anni a venire, lungo una delle sue pubblicazioni, autentici annales di storia cittadina, a specificare come, sino a che lo sviluppo urbanistico del secondo Dopoguerra non avrebbe stravolto la storica architettura castellana, fatta di cerchia murata, piazza e qualche borgo, l’orgoglio identitario locale era egualmente ripartito tra "quei nati dentro el casteo e quei nati in piassa".

    In una macchinina sotto i portici di Piazza Giorgione.

    In realtà la sua famiglia era originaria di Galliera Veneta, nella vicina terra dell’alta padovana. Il nonno Angelo era funzionario presso il Comune, e il papà Alberto, assieme al socio Ettore Massignan, avviò una fortunata attività di commercio al dettaglio e di grossista nel settore dei generi alimentari, nei locali della piazza allora del mercato, divenuta poi piazza Giorgione nel 1942.

    La ditta nel tempo, preso il volo dagli sterrati di piazza del Mercato, si affermò ben presto in una vasta area estendendosi alle province limitrofe di Padova, Vicenza e Venezia, restando tuttavia sempre lontana dai capoluoghi.

    Il papà di Aldo è stata una figura che ben rappresenta quel ruolo di borghesia illuminata che, nel contesto storico in cui visse, seppe non solo sviluppare la sua attività imprenditoriale con lungimiranza e buon senso, rimanendovi poi legato tutta la vita, anche quando i figli Aldo e Francesco ne presero saldamente in mano le redini, ma presente pure in quel contesto più ampio teso a favorire lo sviluppo e il ben esser della propria comunità. Presente nell’organigramma della locale Banca Popolare quale sindaco supplente, con l’istituto presieduto dal conte Antonio Di Broglio e nel c.d.a. nomi quali l’avv. Andrea Andretta, il notaio Francesco Chiavacci, il conte Valperto degli Azzoni Avogadro, Carlo Pinarello.

    Non solo impresa e credito, settori strettamente collegati tra loro, ma anche attenzione al sociale. Un esempio la cordata che lo vide tra i promotori nel sostenere l’Istituto Magistrale parificato femminile con sede a palazzo Casanova – Avogadro, in borgo Treviso.

    Nel 1948 questo istituto, condotto dalle suore di San Luigi, vide messa in forse la sua permanenza in città, non più sostenuto dall’ordine che lo aveva voluto. Una situazione che avrebbe messo in crisi tutta una comunità e, in particolar modo, quelle famiglie che, altrimenti, non avrebbero avuto la forza economica di far proseguire gli studi alle loro ragazze. Per rilevarlo era necessaria una somma di 6,6 milioni di lire. Dopo vari solleciti il Comune intervenne con 3 milioni e successivi 1,3 milioni vennero reperiti tramite altri canali pubblici. A distanza di quattro anni, nel novembre del 1952, di quella cifra iniziale messa a disposizione per salvare urgentemente l’Istituto Magistrale, rimanevano scoperti ancora 2,3 milioni di lire. Ecco allora che il Comitato di salvezza magistrale scrisse una petizione, per stimolare le persone più sensibili della comunità al fine di portare a compimento questo progetto su cui loro, per primi, erano scesi in campo, impegnandosi di tasca propria.

    Egregio Signore, questa nostra circolare ha lo scopo di interessare una parte scelta di cittadini su di un dovere che dovrebbe incombere su Castelfranco tutta, segue la descrizione di quanto detto sopra precisando come, la perdita di questo Istituto avrebbe assai danneggiato il prestigio di questo centro importante e avrebbe apportato danno non lieve a molte famiglie bisognose di far studiare le figliuole senza eccessivo peso economico e con una certa sicurezza morale. Ricordando come, dopo quattro anni, non solo l’Istituto sia rimasto in Città, ma anche la mano pubblica abbia dimostrato la necessaria sensibilità, si segnala comunque che la cifra rimasta scoperta era tuttora di 2,3 milioni. Ecco pertanto che si vuole far presente quanto detto, perché i sottoscritti desiderano che la cittadinanza conosca questo merito di fatto e sappia che, se oggi Castelfranco è invidiata perché ha questa Scuola Superiore Pareggiata, lo deve alla generosità e al sacrificio compiuto da quelli che compresero l’importanza della cosa. La conclusione conseguente si fa affidamento pertanto nell’aiuto costante di tutti i benpensanti e gli amanti dello sviluppo e prestigio della nostra Città, affinché concordemente e generosamente si faccia in modo che il Comitato possa completare la sua opera di bene ed essere liberato da ogni impegno. Primo firmatario Alberto Marchetti e, a seguire, altri quali Gino Genovese, Francesco Chiavacci, Vamnio Trevisan.

    Papà Alberto e mamma Giulia Zanta ebbero quattro figli dopo Angelo Aldo. Un doppio nome, Angelo Aldo, di cui il primo voluto dal padre, il secondo dalla madre, sappiamo poi quale ha prevalso… e d’ora in poi lo nomineremo narrativamente anche solamente come Aldo. Seguirono a ruota Mario, Bruna morta in tenera età, Francesco e, con un piccolo distacco generazionale, Bruno. Quattro vite dai percorsi diversi, ma accomunate da alcuni fil rouge. L’amore per l’arte, la cultura, coltivati assieme alle rispettive professioni. Mario farmacista a Vicenza, Francesco compagno di vita imprenditoriale di Aldo con la passione per la pittura e l’avvocato Bruno che, in realtà, più che gli ambienti forensi fu molto impegnato nella vita politica, con un cursus honorum di assoluto rilievo, culminato nella decennale esperienza di presidente del Consiglio Regionale del Veneto, a Palazzo Ferro-Fini.

    Ma torniamo al giovane Aldo, che correva assieme ai suoi coetanei lungo spazi aperti come la fantasia infinita nell’inventarsi i giochi in voga da sempre. Da nascondino a bandiera.

    Gli esordi scolastici di Angelo Aldo sono promettenti sin dall’inizio, con qualche sfumatura curiosa.

    Già in seconda elementare la prima medaglia sul petto. Un biglietto di lode, riservato agli alunni più meritevoli, firmato dalla maestra Olga Faggiato Carlesso. Sono i tempi, rimpianti, in cui l’interlocutore scolastico, che affiancava la famiglia nella crescita e maturazione del giovane allievo, era uno solo. Riferimento importante poi, nell’imprinting di ognuno di noi, che quell’epoca l’ha vissuta. Chi non porta ancora nel cuore il nome, il volto, i gesti del proprio maestro o maestra? Tasselli di vita indelebili, ad alto valore aggiunto nella formazione di intere generazioni e, a sentire le testimonianze degli stessi insegnanti, una vera missione di vita, specialmente quando, nelle realtà di una società prevalentemente rurale, i modelli di riferimento erano pochi ma, se di qualità, con valore senza tempo.

    In effetti la pagella di Aldo lancia già dei segnali indicativi. Otto e nove in storia e geografia. Buona media in italiano. Matematica sufficiente che basta, è invece l’educazione fisica quella che avrebbe bisogno di ripetizioni. Si va da un primo esonero a una sufficienza d’ufficio al momento degli scrutini finali.

    È il momento del cambio di passo, con ginnasio e liceo classico presso il più sicuro riferimento dell’epoca: gli Istituti Filippin di Paderno del Grappa. Aldo non si smentisce e conferma il buon curriculum degli inizi. Anzi, con uno stacco che la dice lunga: dieci in storia dell’arte. Ma avviene anche un’altra evoluzione epocale. Dopo anni di applicazione, finalmente la doppia rotondità dell’otto in educazione fisica entra in armonia con il resto della pagella. È vero, si tratta degli scrutini finali della seconda liceo classico. L’anno dopo è quello della maturità. Meglio arrivare con le carte più in regola possibile.

    Del periodo buio della guerra usava ricordare solo la breve parentesi di partigiano in quel di Venezia, sottolineando con autoironia di aver fatto fuggire più compagni che tedeschi in seguito a una rovinosa caduta, durante una riunione, con bombe a mano infilate nella cintura…

    Degli anni universitari alla facoltà di giurisprudenza non troviamo particolari tracce di memoria negli annali che pazientemente Aldo ha costruito nel tempo, testimoni di passaggi diversi, tranne la tessera n.3 del Circolo Goliardico castellano.

    Tuttavia è viva la testimonianza del giorno della laurea. Come ritmo e crescendo rossiniano ci starebbe bene, ad accompagnarla, la voce di Nicolò Carosio, ma degno emulo, nello specifico, si è rivelato il fratello Mario che lo consegna agli annales marchettiani in una lettera scritta a mamma Giulia che, in quei giorni, era di villeggiatura ad Alleghe. Ma lasciamo la parola alla penna di Mario.

    Correva il 12 maggio dell’a.d. 1951.

    "Ci imbarchiamo verso Padova salendo sulle rombanti auto di casa Marchetti. Sull’Aprilia Aldo, Ubaldo Casotto, Silvano e Gerardo Girardi. Sulla giardinetta io, Camillo Cernetti e Giovanni Battista. La strada è divorata alla media di 90 all’ora (non poco, considerando i mezzi e le strade dell’epoca, n.d.r.). Arriviamo alle 14.20 e subito rinforziamo gli animi da Pezziol, con frappè ghiacciati e tamarindi e, così, si dà il primo assalto alla banca di Aldo. C’è molto da attendere e, fra il nervosismo e il caldo un po’ opprimente, il tempo stenta a passare. Maniche di camicia rimboccate, colletto aperto (solo Aldo conserva cravatta e giacca impeccabilmente) ci rechiamo all’Università. Sono oramai le 16.30. Forse sarà perché lui non sta mai fermo, ma il corridoio e la piazzetta gemono di dolore sotto i suoi passi concitati. L’attesa diventa snervante, per sbollentare la tensione entriamo al vicino Pedrocchi, le birre svuotate d’un solo fiato. Finalmente suona la campana ed entriamo in aula. Puzza di professorame lontano un miglio. A testa alta e passo marziale prendiamo posto in tribuna. Aldo si siede di fronte al plotone degli esaminatori. Il suo cuore batteva così forte che lo sentivamo tutti noi. Ora parlava tranquillamente, gesticolando sicuro di sé, aveva imboccato la strada giusta. E fu così sino alla fine. Appena terminato noi battemmo le mani. Si alzò allora un

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