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La morte del selvaggio: Rocambole vol. 8
La morte del selvaggio: Rocambole vol. 8
La morte del selvaggio: Rocambole vol. 8
E-book374 pagine4 ore

La morte del selvaggio: Rocambole vol. 8

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Info su questo ebook

Rocambole, ancora nei panni del marchese de Chamery, continua i suoi intrighi per arrivare a sposare Conception de Sallandrera. Dopo aver eliminato don Josè, è l'ignaro duca de Chàteau-Mailly a finire nel mirino del bandito e del suo mentore Sir Williams, che nonostante sia stato reso cieco e muto è ancora il mentore e l'ideatore di tutte le mosse del giovane criminale.
Proprio quando tutti gli ostacoli al matrimonio sembrano finalmente eliminati, uno dopo l'altro, un evento fortuito riporta Baccarat al centro della scena. La contessa, che sembrava essere messa fuori gioco dopo la pazzia del marito, da un indizio scopre che Sir Williams è ancora vivo e cerca di venire a capo dell'intrigo. Ma forse è ormai troppo tardi…
LinguaItaliano
Data di uscita16 ott 2020
ISBN9791280243089
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    Anteprima del libro

    La morte del selvaggio - Pierre Alexis Ponson Du Terrail

    54

    Dello stesso autore nella collana Aurora:

    L'eredità misteriosa. Rocambole vol. I

    I drammi di Parigi. Rocambole vol. II

    Il Club dei Fanti di Cuori, parte prima Rocambole vol. III

    Il Club dei Fanti di Cuori, parte seconda Rocambole vol. IV

    La vendetta di Baccarat. Rocambole vol. V

    Una figlia di Spagna. Rocambole vol. VI

    La contessa Artoff. Rocambole vol. VII

    Pierre Alexis Ponson du Terrail, La morte del selvaggio

    (Rocambole vol. VIII) 1a edizione Landscape Books, ottobre 2020

    Collana Aurora n° 54

    © Landscape Books 2020

    Titolo originale: Les Exploits de Rocambole - La mort du Sauvage

    Nuova edizione italiana a cura di Guido Del Duca

    www.landscape-books.com

    ISBN 979-12-80243-08-9

    Realizzazione a cura di WAY TO ePUB

    www.waytoepub.com

    Ponson du Terrail

    La morte del selvaggio

    Rocambole VIII

    Riassunto degli episodi precedenti

    Rocambole, tornato in Francia sotto le mentite spoglie del marchese di Chamery – un giovane nobile che il bandito ha abbandonato su un isolotto deserto – si è riunito con il suo mentore Sir Williams. Mutilato, quasi completamente cieco e orrendamente tatuato, colui che un tempo era Andrea de Kergaz viene salvato da Rocabole e fatto curare da un medico creolo.

    Di nuovo insieme, Rocambole e Sir Williams dedicano i loro sforzi per far sposare il falso marchese con Conception, figlia e unica erede di un nobile spagnolo, il duca de Sallandrera.

    Dopo aver eliminato con una rete di intrighi don José Alvar, promesso sposo della giovane spagnola, Rocambole deve affrontare la concorrenza del duca de Chàteau-Mailly, innamorato di Conception.

    Il duca può vantare (ma non ancora provare) una lontana parentela con i Sallandrera, cosa che gli darebbe un enorme vantaggio nei confronti di ogni rivale.

    Inoltre ha una temibile alleata: la contessa Artoff, ossia Baccarat, che ritiene Rocambole in esilio e Sir Williams morto. I due banditi decidono così di aggiungere ai loro scopi la vendetta nei confronti della loro antica rivale.

    Trovata casualmente la sorellastra di Baccarat, Rocambole le fa assumere le sembianze della contessa e le fa sedurre Roland, un giovane vanesio che comincia a vantarsi della sua conquista suscitando le ire del focoso conte Artoff.

    Il falso marchese de Chamery inocula al conte Artoff un potente veleno rubato al medico creolo, facendolo diventare pazzo prima del duello con Roland; Baccarat, disperata e disonorata, è così messa fuori gioco e impossibilitata ad aiutare il duca di Chàteau-Mailly, che oltretutto con un inganno è stato spinto ad assumere alle sue dipendenze il portoghese Zampa, scagnozzo di Rocambole.

    Gli intrighi non finiscono qui. Il falso marchese ritrova sulla sua strada due vecchi complici: mastro Venture, che aveva tradito i Fanti di Cuori, e maman Fipart, madre adottiva di Rocambole.

    Venture viene perdonato e spedito in Spagna sulle tracce della lettera di Baccarat al duca de Sallandrera, mentre Rocambole dal canto suo uccide il corriere che stava portando dalla Russia le prove della parentela tra Chàteau-Mailly e il duca.

    Per quanto riguarda la vedova Fipart, Rocambole la strangola e la getta nelle acque gelide della Senna…

    I.

    L’indomani del colloquio di Rocambole con Conception e di conseguenza dell’arrivo di monsieur de Sallandrera a Parigi, il duca de Chàteau-Mailly vide, svegliandosi, Zampa seduto al suo capezzale.

    Il servo aveva un’aria così umile e misteriosa che il giovane duca ne rimase molto colpito.

    «Che ci fai accanto al mio letto?», domandò il duca.

    «Aspetto il risveglio del signor duca».

    «Perché? Non ho forse l’abitudine di suonare?»

    «Il signor duca ha ragione».

    «E allora?»

    «Allora», disse Zampa, «se il duca volesse autorizzarmi a parlare...»

    «Parla!»

    «E consentirmi anche qualche libertà...»

    «Sarebbe?»

    «Dimenticare per un attimo che sono al servizio di Vossignoria e di conseguenza vostro cameriere; così forse sarei in grado di esprimermi con maggior chiarezza».

    «Sarebbe?», incalzò il duca.

    «Il signore mi perdonerà di essere al corrente di certi dettagli...»

    «Sarebbero?»

    «Sono stato per dieci anni al servizio del povero don José».

    «Lo so».

    «E la buonanima del mio padrone», proseguì Zampa, fingendo debita commozione, «si degnava di farmi qualche confidenza».

    «Te ne ritengo perfettamente degno».

    «Addirittura...»

    «Confidenze a carattere intimo, non è vero?»

    «Talvolta».

    «E... allora?»

    «Allora sono venuto a conoscenza di molti particolari relativi a don José, a sua cugina, mademoiselle de Sallandrera, e...»

    «E chi?»

    «E voi, signor duca».

    «Io!», esclamò sconcertato monsieur de Chàteau-Mailly.

    «Don José», proseguì il portoghese, «non amava molto mademoiselle Conception».

    «Davvero?»

    «Ma voleva sposarla, a causa del titolo e del patrimonio».

    «Capisco».

    «In compenso, mademoiselle Conception odiava profondamente don José».

    Il giovane duca rimase di stucco.

    «Perché?», domandò.

    Zampa si credette in dovere di fingere un certo imbarazzo.

    «Perché era stata molto innamorata di don Pedro, prima della sua malattia».

    «Di don Pedro?»

    «Sì».

    «E dopo?»

    «Dopo, probabilmente, si è innamorata di qualcun altro».

    Il duca venne colto da un brivido di emozione a queste ultime parole.

    «E chi sarebbe questo... qualcuno?», domandò tremando.

    «Non lo so, ma forse...»

    «Vuoi vuotare il sacco!», sbottò il duca impazientito.

    «Non mi è consentito pronunciarne il nome, ma potrei raccontare al duca alcuni episodi...»

    «Racconta...»

    Il duca era curioso e quasi si aveva l’impressione che tutta la sua anima pendesse dalle labbra di Zampa.

    «Una sera, all’incirca sei mesi fa, don José mi mandò a palazzo Sallandrera», riprese il servitore. «Portavo una lettera per il duca. Sua Signoria era solo con mademoiselle Conception. Dall’anticamera attigua allo studio, il cui uscio era socchiuso, mi capitò di sentire questa parole: «Piccola cara» diceva il duca de Sallandrera «la vostra bellezza mi pone in un imbarazzo veramente crudele. È appena uscita da questa stanza la contessa Artoff la quale è venuta a domandarmi la vostra mano per conto del giovane duca de Chàteau-Mailly. Queste parole stuzzicarono la mia curiosità».

    «E...», domandò il duca.

    «Sbirciai attraverso la porta e mi accorsi che mademoiselle Conception era diventata tutta rossa».

    «Ah», mormorò il duca, il cui cuore cominciò a battere con violenza. «E lei che cosa ha risposto?»

    «Niente. Poi il duca proseguì: Gli Chàteau-Mailly hanno un ottimo nome, dispongono di un notevole patrimonio e mi sono ritrovato a rifiutare veramente a malincuore; ma sapete bene che non potevo comportarmi in un altro modo».

    «E», incalzò il duca, «mademoiselle de Sallandrera?»

    «Non ha commentato ma ho avuto l’impressione che soffocasse un sospiro e, da rossa che era, l’ho vista diventare pallidissima».

    Il duca fissò il proprio subalterno.

    «Stai attento», gli gridò, «se mi stai raccontando delle frottole...»

    «Dico la sacrosanta verità. Un mese fa, quando ho chiesto a mademoiselle Conception una lettera di referenze per il signor duca...»

    «Ah, sei tu che l’hai chiesta?»

    Un astuto sorriso si dipinse sulle labbra del portoghese.

    «Beh», disse, «avevo indovinato o comunque mi era parso d’indovinare che mademoiselle Conception non mi avrebbe rifiutato un simile favore e che forse il signor duca avrebbe preso in considerazione la mia richiesta...»

    «In effetti sei riuscito nell’intento», commentò il duca, «e poi?»

    «Quando ho pronunciato il vostro nome, quando ho detto che mi sarebbe piaciuto andare al vostro servizio, mademoiselle Conception è nuovamente arrossita, ma non ha pronunciato una parola e mi ha rilasciato la lettera che le avevo richiesto».

    «E allora?», domandò monsieur de Chàteau-Mailly.

    «Allora», rispose Zampa con espressione scaltra, «ne ho concluso che il signor duca potrebbe essere colui che...»

    «Zitto!», sbottò monsieur de Chàteau-Mailly.

    «Scusate», disse Zampa, «ma forse il signor duca mi consentirà un’ultima parola».

    «Sarebbe?»

    «Don José è morto».

    «Lo so».

    «Mademoiselle Conception è sempre nubile...»

    «So anche questo».

    «E dal momento che è appena arrivata...»

    Il duca fece un salto sul letto.

    «È arrivata», esclamò, «e quando?»

    «Ieri mattina».

    «Con suo padre?»

    «Con il signor duca e la signora duchessa».

    Per un attimo monsieur de Chàteau-Mailly sembrò morso dalla tarantola: scattò come una molla e cominciò a vestirsi come se avesse avuto l’intenzione di uscire immediatamente. Ma tale febbrile impazienza fu di breve durata. Riprendendo il controllo di sé, domandò con calma a Zampa: «Come fai a sapere che il duca de Sallandrera è ritornato?»

    «L’ho saputo ieri sera dal suo cameriere».

    «Ah!»

    «E ho pensato che al signor duca non sarebbe spiaciuto venirne a conoscenza».

    «Va bene», disse il duca, «ma ora vattene».

    Zampa uscì senza più dire una parola. Allora monsieur de Chàteau-Mailly si sedette alla scrivania, appoggiò la testa fra le mani e cominciò a fantasticare.

    Mio Dio, pensò, se quel servo avesse detto la verità! e quella ragazza mi amasse... se...

    Prese una penna e, con mano febbrile, scrisse la seguente lettera indirizzata a monsieur de Sallandrera:

    Signor duca,

    mentre vi sto scrivendo, forse sarete già venuto a sapere da parte della contessa Artoff quale importanza avrebbe per me potervi parlare. Confido sugli stretti legami di parentela che, a quanto pare, ci uniscono per far conto sulla vostra benevolenza e rimango pertanto in ansiosa attesa.

    Il vostro umile servo.

    Duca de Chàteau-Mailly

    Sigillata la lettera, il duca suonò.

    «Zampa», disse al servo, «porterai questa lettera a palazzo Sallandrera e mi consegnerai subito la risposta».

    «Agli ordini, signor duca».

    «Per far più in fretta, prendi il mio calesse o uno dei miei cavalli da sella».

    Zampa si inchinò e uscì.

    Poiché il duca de Chàteau-Mailly aveva l’abitudine di montare a cavallo tutte le mattine, sia d’estate che d’inverno c’era sempre un cavallo sellato nel cortile.

    «Me l’ha ordinato il padrone», disse Zampa prendendo l’animale dalle mani del palafreniere e montando agilmente in groppa.

    L’abitazione del duca, come il lettore ricorderà, era situata in place Beauveau.

    Zampa imboccò al galoppo faubourg Saint Honoré, fingendo di puntare verso rue Royale per raggiungere successivamente place Louis XV e la riva sinistra della Senna ma, una volta arrivato in rue de la Madeleine, svoltò bruscamente a destra e si precipitò in rue de Surène, dove lo stava aspettando Rocambole con la solita parrucca bionda e la giacca con gli alamari.

    Il portoghese gli porse la lettera, Rocambole rimosse il sigillo con la consueta abilità e prese conoscenza del contenuto. Poi si fece raccontare la conversazione intercorsa con il duca.

    «Che si fa?», domandò Zampa.

    «Seguirai punto per punto le mie istruzioni di ieri».

    «Questa lettera non cambia nulla?»

    «Assolutamente nulla. Solo che...»

    Rocambole si fece pensoso.

    «Sei al corrente», domandò finalmente, «di dove il duca abbia messo il famoso plico che mi hai portato una sera, scritto da quel suo parente russo, il colonnello de Chàteau-Mailly?»

    «E che», lo interruppe Zampa, «gli comunica che è un Sallandrera?»

    «Precisamente».

    «Quando me lo avete reso, l’ho rimesso nel cassetto della scrivania».

    «È ancora lì?»

    «No».

    «Dov’è finito?»

    «Il signor duca l’ha rinchiuso in un cofanetto di legno di sandalo dove conserva diversi documenti importanti, alcuni valori, dei biglietti di banca e delle azioni».

    «Il bauletto si trova nel cassetto della scrivania?»

    «No».

    «Dove l’ha messo?»

    «Su un tavolino che utilizza come scrittoio e che si trova accanto al caminetto dello studio».

    «Perfetto», commentò Rocambole.

    Ritornò per un attimo pensoso.

    «Di solito il cofanetto rimane sempre là?», domandò.

    «Spesso. Altre volte il duca lo chiude nel cassetto. Tuttavia stamattina era sul tavolino e il duca era troppo agitato per occuparsene».

    «Possiedi una doppia chiave del cofanetto?»

    «Certamente».

    «Stupendo!»

    «Che devo fare?»

    «Innanzitutto recapitare la lettera del duca e successivamente inginocchiarti davanti a mademoiselle Conception. Ti ricordi bene che cosa devi dire?»

    «Alla perfezione. E poi?»

    «Poi mi porterai la risposta di monsieur de Sallandrera a monsieur de Chàteau-Mailly. Sparisci...»

    Zampa si congedò, risalì a cavallo e schizzò come una freccia fino a palazzo Sallandrera, lasciando Rocambole immerso in laboriose meditazioni. Il portoghese domandò se il duca si era alzato e, dal momento che gli fu risposto che il gentiluomo si era coricato molto tardi e probabilmente stava ancora dormendo, pregò un servo di salire nell’appartamento di mademoiselle Conception e di domandarle se voleva riceverlo.

    Conception si era coricata molto più tardi del padre, ma aveva dormito male e si era alzata all’alba.

    Era rimasta così sorpresa nel sentirsi annunciare la visita di Zampa, il quale insisteva per essere ricevuto, che ordinò alla cameriera di farlo passare anche se da sempre provava un’istintiva avversione nei confronti di quell’individuo. Quando don José era vivo, lo considerava la sua anima dannata e inevitabilmente era percorsa da un fremito di raccapriccio quando costui le si avvicinava. Ma in quel momento la curiosità ebbe il sopravvento e così decise di riceverlo.

    Zampa entrò con fare umile e strisciante, come sempre, e si sprofondò in un inchino. Poi gettò un’occhiata significativa alla cameriera e Conception capì che intendeva restare solo con lei. Con un cenno fece allontanare la ragazza.

    «Mademoiselle», esordì Zampa quando rimase solo in presenza della nobildonna, «è un grande colpevole perseguitato dal rimorso che viene a implorare da voi misericordia e perdono».

    Si inginocchiò.

    «Che crimine avete dunque commesso, mastro Zampa?», domandò la ragazza.

    «Ho tradito Vossignoria».

    «Mi avete tradita?»

    «Sì», rispose il servo, abbassando lo sguardo.

    «Come avreste potuto farlo», domando la ragazza, «se non siete mai stato al mio servizio?»

    «Servivo don José».

    «E allora?»

    «E don José mi aveva affidato l’incarico di spiarla».

    «Ah!», esclamò la giovane con palese sdegno.

    «Ero devoto al mio padrone», proseguì Zampa, «mi sarei fatto tagliare la testa per lui. Obbedivo ciecamente ai suoi ordini».

    «Così mi avreste spiata?»

    «Se mademoiselle me lo consentirà, le spiegherò come».

    «Dite pure», fece Conception.

    «Don José sapeva che mademoiselle non l’amava e che soltanto per obbedire alla volontà del padre...»

    «E poi?», incalzò la giovane.

    «Il mio padrone era al corrente, oppure così credeva, che mademoiselle amasse un’altra persona».

    Conception ebbe un sussulto, poi si riprese e fulminò il servo con uno sguardo altero.

    «Don José», proseguì il portoghese, «mi aveva incaricato di aggirarmi, alla sera, nei paraggi del palazzo...»

    La ragazza impallidì.

    «Era convinto che, se mademoiselle non l’amava, forse amava monsieur de Chàteau-Mailly».

    «È falso!», sbottò Conception.

    «Dunque», proseguì il portoghese, «una sera, mentre mi trovavo sul boulevard des Invalides...»

    Tacque di colpo e Conception cominciò a tremare.

    Zampa proseguì: «Vicino alla banchina, un uomo scese di carrozza, risalì il viale e si fermò davanti alla porticina del giardino. Il nero di mademoiselle lo stava aspettando...»

    «Miserabile», esclamò Conception, «tacete!»

    «Se mademoiselle avrà la compiacenza di starmi ad ascoltare fino alla fine, forse mi perdonerà».

    «Allora?», incalzò Conception, sempre più tremante.

    «Ho visto entrare quell’uomo, poi l’ho visto uscire un’ora dopo e...»

    «E l’avete riconosciuto?»

    «No, non era il duca de Chàteau-Mailly e non lo conoscevo».

    Conception sospirò di sollievo.

    «Il giorno dopo», proseguì lui, «riferii l’accaduto a don José».

    «E lui?»

    «Lui mi ha detto: Meglio così, dal momento che non si tratta del duca... quell’individuo che odio con tutto il cuore. Sarei disposto a subire la rivalità di tutti gli uomini della terra piuttosto che la sua».

    «Ma», lo interruppe Conception, «non avete cercato di sapere...»

    «Chi era quella persona?»

    «Sì», balbettò Conception.

    «No, mademoiselle, poiché il povero don José venne assassinato quello stesso giorno. Ma…»

    Zampa sembrò titubante.

    «Parlate», gli ordinò Conception.

    «Ma», obbedì Zampa, dando l’impressione di fare uno sforzo enorme su se stesso, «so chi ha assassinato il mio povero padrone...»

    Conception si fece livida.

    «E ho giurato di vendicarlo».

    Mademoiselle de Sallandrera ebbe l’impressione che il pavimento si aprisse sotto i suoi piedi e per poco non cadde all’indietro. Quel servo era dunque a conoscenza del suo segreto?

    «È stato monsieur de Chàteau-Mailly a far assassinare don José».

    «Lui!», esclamò Conception.

    E stava quasi per gridare: È falso, non è stato lui...

    Ma se l’avesse fatto, non sarebbe stata la sua rovina, non avrebbe significato confessare a Zampa di conoscere il vero assassino di don José? Abbassò la fronte e tacque.

    «Dal giorno in cui ho avuto la prova di quanto vi ho confessato», proseguì Zampa, «ho avuto un unico pensiero, un unico scopo: vendicare il mio padrone. Ed ecco perché, mademoiselle, sono qui in ginocchio a supplicarvi...»

    Con un cenno, Conception ordinò a Zampa di alzarsi.

    «Non so», disse, «se siete impazzito, mastro Zampa – ma non capisco proprio che perdono dovrei accordarvi... Non mi avete tradita, dal momento che eravate al servizio di don José».

    «No», continuò Zampa, «ma ho osato contraffare la scrittura di mademoiselle».

    «La mia scrittura!»

    «E mi sono presentato da monsieur de Chàteau-Mailly con una vostra falsa lettera».

    «Che cosa? Perché? A quale scopo?»

    «Per entrare a servizio del duca».

    «E ci siete riuscito?»

    «Attualmente sono il suo domestico personale».

    Un lampo di sdegno passò nello sguardo della spagnola, per un attimo provò l’impulso di indicare la porta a quell’individuo e dirgli: Uscite, dirò al duca di cacciarvi...

    Ma si trattenne. Zampa non era forse a conoscenza di una parte del suo segreto, dal momento che aveva visto un uomo ritradursi nottetempo dalla porticina del giardino?

    Un uomo che il suo servo aveva preso per mano e che, non potevano esserci dubbi in proposito, lei stava certo aspettando?

    Conception fissò Zampa e gli disse: «D’accordo, non maschererò il vostro inganno, ma che cosa intendereste fare ora che siete al servizio del duca?»

    «Vendicare don José».

    «In che modo?»

    «Impedendogli di ottenere la mano di mademoiselle».

    «Ci sta ancora pensando?», domandò Conception, che riprese a tremare.

    «Più che mai», affermò Zampa.

    Conception rabbrividì fino nel midollo delle ossa.

    II.

    Zampa proseguì: «Il duca de Chàteau-Mailly pensa più che mai a ottenere la mano di mademoiselle e se osassi raccontare...

    «Osate!», lo autorizzò Conception con improvvisa energia.

    «Potrei facilmente dimostrare l’infamia di quell’uomo».

    Conception fissò Zampa sconcertata. Com’era possibile che il duca de Chàteau-Mailly fosse accusato a quel modo?

    Ma il bandito aveva saputo conferire al suo volto una tale espressione di sincerità che la giovane ne rimase estremamente colpita.

    Il portoghese riprese: «Vi prego, mademoiselle, statemi a sentire fino alla fine».

    «Parlate».

    «Otto giorni fa la contessa Artoff e il duca de Chàteau-Mailly hanno tramato un inganno per trovare il mezzo d’arrivare di nuovo fino a voi».

    «La contessa Artoff?»

    «Proprio lei», confermò Zampa.

    «Ma questo è successo prima della disgrazia».

    «È vero», si scusò il servo, «mademoiselle è arrivata a Parigi soltanto da ieri e non sa nulla di quello che è successo».

    «E cos’è successo?»

    «Il conte ha saputo tutto».

    «Tutto che cosa?»

    «Il comportamento di sua moglie, la tresca con monsieur Roland de Clayet».

    Conception era più stupita che mai.

    «Ne è venuto fuori un duello».

    «Un duello!»

    «Poi il conte è impazzito mentre stava per battersi, tanto amava la moglie che, come avete capito, non lo amava affatto. E così il duello non c’è stato».

    «Ma tutto ciò è terribile, inaudito!», esclamò la ragazza che, fino a quel momento, aveva sempre avuto un’ottima opinione di Baccarat.

    «E non è finita», proseguì Zampa. «A quanto pare, alcuni anni fa il duca e la contessa sono stati molto... molto intimi e attualmente sono rimasti ottimi amici. Dunque la contessa, da buona amica, avrebbe voluto farsi sposare dal duca. Dunque, una sera, il mio padrone era in casa quando è arrivata la contessa, tutta sola, il volto coperto da una spessa veletta, avvolta in un grande scialle. Io mi trovavo nel vestibolo accanto allo studio del duca e quindi ho potuto sentire la conversazione».

    «Che cosa si sono detti?»

    «La contessa si è lasciata cadere in una poltrona e ha detto al duca: Amico, stamattina mi è venuta un’idea fantastica.

    Quale?

    Quella di farti diventare un Grande di Spagna.

    Ci hai già provato e non ci siamo riusciti.

    Ma don José era ancora vivo.

    Questo è vero.

    Adesso che è morto, grazie alla mia trovata il matrimonio andrà assolutamente in porto.

    E quale sarebbe questa trovata?

    Hai dei parenti in Russia, uno dei quali vive in una tenuta accanto a quella del duca. Faremo vedere una bella lettera, apparentemente scritta dal vecchio gentiluomo, il quale ti rivela un presunto mistero di famiglia e successivamente ti dimostra senza possibilità di equivoco che hai il diritto di chiamarti Sallandrera come il padre di Conception.

    Ma è un’idea assurda.

    Per niente. Stammi a sentire.

    Allora la contessa si chinò all’orecchio del duca e gli parlò a lungo, ma a voce così bassa che non riuscii a capire una parola. Solo quando la confidenza fu terminata, sentii il duca che commentava: La tua storiella è graziosa, ma la difficoltà sarà trovare una lettera che non esiste.

    Bah... a Parigi ci sono molti esperti calligrafi.

    In quel momento il duca suonò e non ebbi modo di sentir più nulla», concluse Zampa.

    Conception, sgomenta, non trovò neppure la forza per commentare.

    «E ora, mademoiselle», aggiunse il portoghese «se volete fidarvi di me, vi giuro che smaschererò il duca de Chàte­au-Mailly».

    Conception non ebbe il tempo di rispondere. Entrò una cameriera e annunciò: «Sua Eccellenza il duca aspetta Zampa».

    «Devo recapitare a monsieur de Sallandrera una lettera del mio nuovo padrone», disse Zampa alla giovane donna, «e devo portargli subito la risposta».

    Il portoghese si congedò ma, prima di uscire, ebbe ancora il tempo di indirizzare a Conception queste ultime parole: «Mademoiselle mi rivedrà».

    * * *

    «Allora, mio povero Zampa», disse il duca che aveva appena terminato di leggere la lettera che il portoghese gli aveva recapitato, «dunque attualmente sei al servizio del duca de Chàteau-Mailly?»

    «Provvisoriamente, signor duca, perché Vostra Eccellenza sa benissimo che gli appartengo... corpo e anima».

    «Da parte mia farei qualsiasi cosa per te», replicò il duca, «nel ricordo del mio povero don José, che ti era molto affezionato».

    Zampa si portò una mano agli occhi e asciugò una lacrima immaginaria.

    «Ma», riprese il duca, «che il diavolo mi porti via se capisco quello che vuol dirmi il tuo nuovo padrone... la sua lettera è un vero enigma. Comunque questa è la mia risposta. Fagliela avere subito».

    Zampa prese il biglietto del duca e corse in rue de Surène, dove lo aspettava Rocambole.

    Il biglietto del duca venne aperto con le medesime cautele che noi conosciamo e Rocambole lesse quanto segue:

    Signor duca,

    non ho ricevuto nessuna lettera della contessa Artoff. È probabile che, se quella cara signora mi ha scritto, la sua lettera sia arrivata a Sallandrera dopo la mia partenza e mi sarà rispedita a Parigi. Non capisco di quali legami di parentela intendete parlare e vi pregherei di fornirmi qualche chiarimento.

    Non mi muoverò di casa e aspetto vostre notizie.

    Un saluto.

    Duca de Sallandrera

    Rocambole risigillò il biglietto, rifletté un attimo e chiese:

    «Il tuo padrone è già vestito?»

    «L’ho lasciato in vestaglia».

    «Dove tiene le chiavi della scrivania e del cofanetto?»

    «Quando esce le custodisce di solito nella tasca dei pantaloni mentre, quando è in casa, le appoggia sulla mensola del caminetto».

    «Perfetto. Adesso stammi bene a sentire».

    «Sono tutto orecchi».

    «Esistono solo due alternative: o il duca si affretterà a correre a palazzo Sallandrera e non penserà a portarsi dietro il famoso manoscritto del colonnello, oppure vorrà esibirlo a sostegno delle sue affermazioni».

    «È possibile».

    «A questo punto dovrai nascondere le chiavi. Lui le cercherà e non trovandole si dirà: «Se quando torno non saltano fuori, farò forzare la serratura del cofanetto». E uscirà senza il manoscritto».

    «Bene. E poi?»

    «E poi, quando se ne sarà andato, distruggerai il manoscritto».

    «In che modo?»

    «Con il fuoco».

    «Dovrò bruciarlo?»

    «Diciamo che brucerai la scrivania, il cofanetto, le carte...»

    «E le banconote?»

    «O virtuoso imbecille», esclamò l’uomo con gli alamari, «te le metterai in tasca. La cenere di tutta la carta del mondo non è forse del medesimo colore?»

    «È quello che mi dicevo anch’io».

    «Appiccherai un principio d’incendio e getterai il cofanetto nel fuoco».

    «Perfetto, ho capito tutto».

    Il duca de Chàteau-Mailly, avviluppato nella comoda vestaglia, camminava a grandi passi nello studio, aspettando con indicibile ansia il ritorno di Zampa.

    Il duca ruppe con impazienza il sigillo della lettera che gli venne consegnata dal servo e cominciò a leggere.

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