Tentazione totale (eLit): eLit
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L'esperto di sicurezza Jason Savage vive per il suo lavoro. Nessuno può fregarlo, nessuno! Per questo non capisce come Jordan Cosby, il suo ultimo incarico, abbia la capacità di stordirlo e annebbiargli i sensi in quel modo. È sexy da morire e lui dovrà viverle dannatamente vicino per due settimane, finché lei non si presenterà al banco dei testimoni. Jason dovrà badare alla sua sicurezza, ma la porta della camera da letto è talmente vicina che aprirla sarà per entrambi un vero gioco da ragazzi.
Tori Carrington
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Tentazione totale (eLit) - Tori Carrington
Immagine di copertina:
andipantz / E+ / Getty Images
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:
Undeniable Pleasures
Harlequin Blaze
© 2011 Lori Karayianni & Tony Karayianni
Traduzione di Alda Barbi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-586-3
Frontespizio. «Provocante piacere» di Carrington Tori1
Quel tipo era una perdita di tempo il cui unico incarico lì alla Lazarus sarebbe stato quello di ritrovare la strada da cui era venuto.
Jason Savage si appoggiò allo schienale della sua sedia da ufficio e chiuse il dossier del candidato principiante davanti a lui. In genere scoprire nuovi talenti per la Lazarus Security era uno dei momenti preferiti della sua giornata. Gli piaceva incontrare ragazzi appena usciti dall’addestramento militare, pronti a utilizzare le loro competenze a scopi civili.
Ma non quel giorno.
Si sfregò le mani sulla faccia e spinse il dossier con la targhetta Daryl Bennett su un lato della scrivania.
Guardò il cellulare che aveva lasciato collegato in viva voce.
«Puoi farlo?» chiese il suo socio, nonché amico di lunga data Lincoln Williams.
Mentre stava riguardando il curriculum e i risultati del test di Daryl Bennett, Lincoln lo aveva chiamato per una questione privata. Nello specifico, Linc voleva che lui si occupasse di un incarico di sicurezza che gli era stato affidato, per poter rimanere nel Maine con la donna che aveva seguito fin là.
«Certo che posso farlo. Ma la domanda è: lo farò?»
Immaginò lo sguardo impietrito all’altro capo del collegamento telefonico e ridacchiò.
«Io cosa ci guadagno?» continuò Jason.
«Un biglietto per allontanarti dalla città, proprio ciò che stai cercando in questo momento.»
«Il lavoro è a Denver. Denver è un sobborgo.»
Era un battibecco frequente tra loro, poiché molta gente considerava Colorado Springs come una sorta di appendice di Denver, principale città dello Stato.
«Ti aiuterò ad accorciare i tempi sulla tua richiesta di aprire un ufficio a Baltimora» aggiunse Linc.
Jason si raddrizzò sulla sedia. «Ora sì che stiamo parlando sul serio.» Aveva intenzione di spingere sull’idea di aprire degli uffici satellite della Lazarus Security su entrambe le coste, e Baltimora doveva essere il primo. E sebbene l’esecuzione di quel progetto non fosse in programma prima dell’anno successivo, come minimo, be’, lui aveva le sue buone ragioni per volersene andare fuori città, al più presto. Ragioni ottime. «Dammi i dettagli dell’incarico.»
Annotò in fretta le informazioni che gli fornì Linc. Il suo soggetto era il testimone dell’accusa in un caso federale di alto profilo. Era un lavoro difficile - due squadre di poliziotti erano state sollevate dall’incarico a causa di problemi non svelati - e mancavano ancora due settimane al processo.
«Una passeggiata nel parco» commentò Jason.
«Può essere, ma il parco in questione si trova in un’area attiva del Waziristan.» Linc ridacchiò, facendo riferimento alla regione montuosa tra l’Afghanistan e il Pakistan dove avevano vissuto i momenti peggiori durante il loro servizio... e dove loro due e i loro soci della Lazarus avevano sperimentato l’inferno, uscendone vivi e amici per sempre. «L’imputata ha una grossa taglia sulla testa e si dice che ogni papabile killer su commissione nel raggio di cinquecento miglia abbia le antenne sintonizzate su di lei.»
Lei?
Jason si rese conto di non essersi appuntato il nome del testimone e lo scrisse ora: Jordan Cosby.
Le molle della sua sedia cigolarono quando lui si appoggiò di nuovo all’indietro. «Ma è il caso di quel trafficante d’armi la cui ex fidanzata si è costituita parte civile contro di lui?»
«Rick Packard, il solo e unico.»
«E Jordan è la sua ex fidanzata...»
«Esatto, è lei.»
Si sfregò la faccia di nuovo, pensando che aveva bisogno di radersi e, ancora di più, di dormire per otto ore filate, cosa che non gli succedeva da più di un mese. Ed era quello il motivo per cui voleva allontanarsi da Colorado Springs. Aveva la sensazione sgradevole che nulla sarebbe più tornato come prima. Non dopo quanto aveva fatto.
Se da un lato non apprezzava particolarmente l’idea di sorvegliare la bella svampita di turno per due settimane, qualsiasi scusa che lo portasse fuori città, e lontano dalla Lazarus, era ben accetta.
«Quando mi presento?» chiese.
«Ieri.»
«Afferrato.»
«Allora che ci fai ancora al telefono con me?»
Si alzò in piedi. «Buffo, mi stavo chiedendo la stessa cosa.» Premette il tasto di interruzione chiamata, chiuse il telefono e se lo mise in tasca, conscio che in una qualche cittadina sonnolenta e isolata del Maine, Linc aveva sul volto un sorriso grande almeno quanto il suo.
Controllò la scrivania, recuperò i dossier in un angolo e percorse il lungo corridoio che portava agli uffici della reception.
Spiegò la situazione a Lisa Russo e Giulia Pawley, le due ragazze, ops, donne, come gli ricordavano spesso di chiamarle, che fungevano da facciata della società, insieme alla receptionist Margie Hall. Quelle tre erano la colla che li teneva insieme.
La porta centrale si aprì per lasciar entrare il motivo per cui lui aveva bisogno di andarsene da lì.
Cavoli!
Così come Linc, anche lui era molto amico degli altri due soci della Lazarus: Megan McGowan e Darius Folsom. Accidenti, era cresciuto insieme a Dari. Ma aveva commesso un pessimo errore di giudizio... Aveva incasinato tutto alla grande, andando a letto con Meg mentre Dari era impegnato in una missione oltreoceano due mesi prima.
In quel momento era sembrato del tutto ragionevole, sesso senza legami di cui entrambi avevano bisogno mentre si trovavano impegnati in un incarico fuori mano. Poi Dari era tornato ed era scoppiato un gran casino.
Il tutto era avvenuto nove settimane prima, eppure ancora non ne erano usciti. Non del tutto. Oh, in apparenza tutto sembrava andare bene, ma se solo si grattava la superficie, la ferita diventava di nuovo purulenta.
«Ehi, Savage» salutò Dari, mentre ascoltava i messaggi per sé da Margie.
Meg gli si mise di fianco. Lui si irrigidì di colpo... in tutti i sensi.
E si maledisse per la reazione involontaria.
Fece una smorfia allungando a Lisa i dossier che aveva portato.
«Il signor Bennett sta aspettando nell’altra stanza.»
Jason inarcò un sopracciglio. Aveva terminato il colloquio con quello che non sarebbe mai stato un agente di sicurezza, a suo parere, un’ora prima.
«Ha detto che voleva aspettare per scambiare altre due parole con te. Intendevo farlo attendere un altro po’ prima di chiamarti al telefono per dirtelo.»
«Bene. Lo incontrerò mentre esco. Sai come contattarmi.»
«Jason?»
La voce di Megan lo bloccò sui suoi passi.
«Ho parlato di nuovo con Jax ieri. C’è qualche possibilità che tu riveda la tua posizione?»
«Neanche per sogno» replicò lui.
Continuò a camminare verso la sala d’attesa, in fondo a sinistra.
Suo fratello minore Jackson, o Jax come lo conoscevano tutti, voleva a ogni costo lavorare per la Lazarus, si capiva lontano un miglio. E già questo solo motivo bastava perché Jason non intendesse fargli da lasciapassare.
Quello, oltre al fatto che desiderava che il ragazzo tornasse a scuola. Imparasse qualcosa di utile. Diventasse medico, oppure avvocato. Insomma una professione totalmente diversa da quella che stava facendo lui.
Jason non era riuscito a impedire a Jax di seguirlo nella carriera militare, ma sarebbe riuscito a impedirgli di lavorare per la Lazarus.
Aprì la porta della sala d’attesa e si diresse verso Daryl Bennett, il quale ebbe appena il tempo di scattare in piedi prima che lui gli si fermasse davanti e gli stringesse la mano. «Grazie per essere venuto, Daryl, ma questa cosa non funzionerà.»
Il ragazzo lo guardò battendo le palpebre; il suo volto magro e pallido passò da un’espressione speranzosa al rossore dovuto al disappunto in un batter d’occhi. «Non capisco, signor Savage. Ho ottenuto ottimi risultati nei test.»
Sì, aveva ottenuto il massimo nei test fisici. Era in una forma sorprendente, considerato che superava il metro e ottantacinque di altezza e apparentemente non pesava un etto più del dovuto.
I test psicologici, al contrario... «Ha scordato di menzionare quanto è successo durante il suo breve periodo di permanenza nell’esercito.»
«Sì, ma...»
«Come ho detto, grazie. E buona fortuna nella sua ricerca di lavoro.»
«Signor Savage!» Il ragazzo cercò di seguirlo.
Jason si chiuse alle spalle la porta, che si bloccò automaticamente per motivi di sicurezza. La stanza aveva un’uscita esterna, di modo che non avrebbe dovuto trovarsi di nuovo faccia a faccia con il ragazzo.
Per l’amor del cielo, quel tipo aveva sparato in un ginocchio al suo ufficiale in comando quando gli era stato ordinato di andarsene e lasciar perdere. E da bravo casinista, Daryl aveva ammesso la propria responsabilità per tutto quanto.
Un disastro. Puro e semplice. Tempo perso. Non c’era posto per lui alla Lazarus.
Proprio come non c’era posto per suo fratello Jax, sebbene per motivi diversi.
Jason aumentò il ritmo lungo il corridoio, fino a raggiungere il luogo dove era parcheggiato il suo SUV, sul retro, pensando al fratello minore. A come cozzassero sempre l’uno contro l’altro. A come la loro nonna stravedesse per Jax, e invece riversasse improperi su Jason ogni volta che lui guidava fino alla fattoria per una cena in famiglia.
Rifletté ancora su come avrebbe potuto convincere il fratello a usare i soldi lasciati loro dai genitori per completare la propria istruzione. Questi pensieri lo tennero occupato per tutto il tempo che gli ci volle per arrivare in auto a Denver e poi all’indirizzo che Linc gli aveva dato.
Non aveva ancora trovato un argomento persuasivo che non avesse già espresso un migliaio di volte, senza risultato, quando passò attraverso il sistema di sicurezza rafforzato dell’edificio e salì in ascensore fino all’appartamento che stava cercando.
«Ehi!» Esibì il suo cartellino di identificazione ai due imbecilli del Governo che stazionavano ai lati della porta d’ingresso dell’appartamento di Jordan Cosby. «Io sono il vostro rimpiazzo.»
«Era ora» disse il tipo sulla destra mentre l’agente a sinistra comunicava con il comando tramite il dispositivo auricolare e la trasmittente nascosta. Poi i due uomini lasciarono di buon grado le loro postazioni e si diressero all’ascensore. «Buona fortuna. Ti servirà.»
Jason sapeva che non si sarebbero allontanati di molto. Presumibilmente si sarebbero appostati su un’area perimetrale, appena più scostata. Ma da ora in avanti, sarebbe stato lui a capo della sicurezza personale della testimone.
Bussò alla porta. Un istante dopo, questa fu aperta... e lui si trovò a fissare una delle donne più incredibilmente belle che avesse mai visto. La quale non indossava praticamente nulla.
2
Jordan Cosby era ancora bagnata. Aveva fatto tutto in fretta e si sentiva assolutamente carica per inveire contro i due ritardati mentali davanti alla sua porta quando spalancò l’uscio. Solo che non si trovò di fronte i due in giacca e cravatta, ma un tipo da urlo, che portava jeans e una T-shirt nera. Fece sbucare la testa oltre la porta e scoprì che nessuno dei due ufficiali era presente.
Finì di abbottonarsi l’enorme camicia bianca da uomo che si era infilata dopo essere balzata fuori dalla doccia per andare ad aprire la porta e poi incrociò le braccia sotto il seno.
«O sei un fuorilegge davvero in gamba, nel qual caso sparami subito dritto al cuore, o sei l’uomo nuovo che Lincoln ha promesso di mandare.»
«Bingo!»
Entrò senza attendere inviti.
Jordan fece roteare gli occhi e richiuse la porta. Poiché sulla sua camicia bianca non c’erano macchie di sangue, immaginò che l’uomo fosse il socio che, secondo quanto le aveva detto Lincoln Williams, stava per arrivare.
Unica figlia femmina in una famiglia piena di maschi, si era sempre vantata di essere in grado di cavarsela da sola, e alla grande. Lei stessa, però, si era resa conto che negli ultimi tempi si era spinta pericolosamente vicina al territorio riservato alle stronze
.
Fissò il punto del proprio braccio che stava grattando con aria assente, e si fermò. Il fatto che avesse passato più tempo nel suo appartamento nel corso delle ultime due settimane che non negli ultimi due anni era da biasimare solo in parte. Questo pensiero le