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Insieme a Las Vegas
Insieme a Las Vegas
Insieme a Las Vegas
E-book151 pagine2 ore

Insieme a Las Vegas

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Info su questo ebook

Larissa era pronta alla rabbia che sarebbe seguita alla sorpresa da parte di Jake, una volta che lui l'avesse rivista. Di certo non si aspetta di ritrovarsi in un lampo sposata a lui mentre si trovano a Las Vegas. Nonostante l'unione legale, però, c'è sempre quell'antico segreto che rischia di minare il loro futuro.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2021
ISBN9788830526624
Insieme a Las Vegas
Autore

Katherine Garbera

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Insieme a Las Vegas - Katherine Garbera

    Copertina. «Insieme a Las Vegas» di Garbera Katherine

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Sin City Wedding

    Silhouette Desire

    © 2004 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Elisabetta Elefante

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-662-4

    Frontespizio. «Insieme a Las Vegas» di Garbera Katherine

    1

    Le era capitato spesso di immaginare come sarebbe avvenuto il suo incontro con Jacob Danforth, se le loro strade fossero tornate a incrociarsi. Ma mai avrebbe pensato che lei sarebbe stata in pantajazz e maglietta.

    La chiamata ricevuta da Jasmine Carmody, del Savannah Morning News, non le aveva lasciato altra scelta: doveva parlare immediatamente con Jake, prima che Jasmine rivelasse al mondo intero l’identità del padre di suo figlio.

    E ora Larissa Nielsen sedeva nella macchina parcheggiata davanti alla casa di Jake, come una ragazzina agitata che fa la posta alla porta di casa del suo ex, dopo essere stata scaricata.

    Quella, calcolò, era l’ora in cui lei di solito si svegliava nel suo appartamento di Riverside e, assieme a suo figlio Peter, si affacciava alla finestra che dava sul fiume per salutare l’arrivo di un nuovo giorno. Invece, quel giorno stava per fare qualcosa che, le ricordò la sua coscienza, avrebbe dovuto fare molto tempo addietro.

    Puntò la luce della piccola torcia sulle pagine del libro che aveva davanti a sé, una raccolta di poesie di Robert Frost, il suo autore preferito. Quelle poesie l’avevano aiutata a fuggire dall’amara realtà in diverse occasioni e quella mattina, mentre aspettava che arrivasse un’ora decente per bussare a casa di Jake, ancora una volta le permisero di allontanarsi dai pensieri confusi che le affollavano la mente.

    Un colpetto sul finestrino la fece sussultare. Alzò gli occhi e vide i contorni indistinti di una persona. L’uomo si abbassò e, all’improvviso, Larissa si ritrovò a fissare un paio di occhi scuri che non avrebbe mai dimenticato. L’espressione severa dell’uomo sparì, soppiantata da un sorriso piacevolmente sorpreso: l’aveva riconosciuta. Lei tolse la sicura e Jake aprì la portiera.

    Peter dormiva ignaro nel suo seggiolino che, come sempre, lei teneva agganciato sul sedile posteriore. Larissa controllò che fosse avvolto nella sua copertina preferita prima di uscire dall’auto.

    L’aria era gelida, quella mattina. Era la fine di febbraio, ma la primavera tardava ad arrivare. Larissa si strofinò le mani sulle braccia, scacciando un brivido di freddo, e pregò che i finestrini appena oscurati della macchina impedissero a Jake di vedere il bambino prima di riuscire a dirglielo di persona.

    «Che cosa ci fai davanti a casa mia alle sette di mattina?»

    Madido di sudore, Jake era in pantaloncini e maglietta. Doveva essere uscito a fare jogging prima ancora che lei arrivasse. Larissa si ravviò i capelli e si rammaricò per la millesima volta di non avere avuto il tempo di rendersi più presentabile.

    Era bello come lo ricordava, se non di più. Ed era ancora l’amante premuroso e altruista di quattro anni prima? Si costrinse a staccare gli occhi dal torace muscoloso che si alzava e si riabbassava a ogni respiro.

    «È una lunga storia.»

    «Ne saranno successe di cose, in questi quattro anni.»

    «Non immagini quante.»

    «Allora mettiamoci comodi. Vieni dentro, ti preparo un caffè. Sai che è la mia specialità.»

    Larissa non riuscì a non sorridere. Anche quando Jake era stato solo un buon amico, aveva sempre avuto la battuta pronta. Tuttavia non poteva lasciare Peter addormentato in auto.

    «Prima devo dirti una cosa.»

    «E non puoi dirmela dentro?»

    «Veramente... no.» Larissa si appoggiò alla portiera e cercò le parole giuste. Deglutì a vuoto. «È una cosa importante, però... ecco, pensavo che sarebbe stato più facile.»

    «Vorrei poterti aiutare, ma non ho la più pallida idea di quello che stai cercando di dirmi.»

    Inutile indorare la pillola. Sarebbe stato comunque uno shock per Jake. Tanto valeva andare dritti al punto. «Ricordi la notte della riunione di classe?»

    «E come potrei dimenticarmela?» Le fece scorrere un dito su una guancia, procurandole un brivido. Piacevolissimo. Jake era capace di suscitare in lei certe reazioni immediate senza nemmeno volerlo.

    «Nemmeno io l’ho dimenticata.»

    «E sei venuta per dirmelo?» Lui le si fece più vicino, circondandola con il calore del suo corpo. I suoi occhi si fissarono sulla bocca di Larissa che, con un gesto del tutto inconsapevole, si inumidì il labbro inferiore con la punta della lingua. Come ipnotizzato, Jake seguì lo stesso percorso con un polpastrello. «Ancora non ci credo. Larissa Nielsen che si presenta sulla soglia di casa mia dopo tutto questo tempo. Perché, Larissa?»

    «Sono stata contattata da una giornalista che sta seguendo la campagna elettorale di tuo zio, per la nomina al Senato.» Pensò di spiegargli per filo e per segno come erano andate le cose. Perché il motivo per cui gli aveva nascosto la verità su Peter non era mutato e, se Jasmine Carmody non l’avesse chiamata, lei a quell’ora sarebbe stata a casa sua, a Riverside, a veder sorgere il sole mentre beveva una tazza della miscela speciale di caffè prodotto dalla D&D’s.

    «Gran brutta razza, i giornalisti. Ci stanno sempre addosso.» Jake si passò una mano tra i corti capelli ondulati, gesto che Larissa vedeva compiere da suo figlio ogni volta che stava per scoppiare in un pianto dirotto.

    «Mi dispiace» mormorò. Sapeva infatti quanto lui ci tenesse alla sua vita privata.

    «La colpa è di quella gentaglia, non tua. Allora? Non mi hai ancora detto perché sei qui.»

    «Quella giornalista... sa di noi due. Cioè, di quella notte.»

    «Fosse stato per me, non sarebbe durato solo una notte. Volevo rivederti.»

    Jake l’aveva chiamata diverse volte e Larissa si era sempre fatta negare. Alla fine, si era trasferita ad Atlanta proprio per paura che lui scoprisse le conseguenze di quella avventura.

    Allora Jake non era pronto a diventare padre. La D&D’s, la caffetteria che aveva aperto così per gioco con suo cugino Adam, cominciava ad avere successo, diffondendosi su scala nazionale. E poi, non era cambiato dai tempi dell’università. Aveva ancora la testa dello studente gaudente che era stato allora, con le tasche sempre piene di soldi e una gran voglia di darsi alla pazza gioia.

    Larissa, dal canto suo, sapeva per esperienza che una donna incinta finisce per diventare una palla al piede per il padre di suo figlio. E aveva giurato solennemente di non fare la stessa fine di sua madre.

    «Avevo le mie ragioni quando ho deciso di non venire a Cancun» gli rispose.

    «Fossi in te, non mi farei prendere dal panico. Voglio dire, non finiremo su tutti i giornali solo perché quattro anni fa abbiamo passato una notte insieme.»

    «È proprio quello che temo, invece.»

    «Perché? Ci hanno scattato delle foto?» scherzò lui con un sorriso malizioso, che le riportò alla mente ogni dettaglio piccante di quella notte.

    Si erano lasciati travolgere da una passione sfrenata; tra le sue braccia Larissa, che si era sempre reputata una ragazza insignificante, si era sentita la donna più bella del mondo.

    «In effetti, quella giornalista ha delle fotografie, ma non di noi due.»

    «E di chi, allora?»

    Era il momento di gettare la bomba. «Di nostro figlio.»

    Jake barcollò all’indietro.

    «Si chiama Peter. Peter Jacob, per l’esattezza. Ha compiuto tre anni a...»

    Jake si attaccò alla maniglia della portiera posteriore, ma era bloccata. «Aprila.»

    Lei sfilò la sicura dall’interno. Jake aprì la portiera e guardò il bambino addormentato. I capelli ricci di Peter erano della stessa, identica tonalità dei suoi. Allungò una mano per accarezzare quella testolina con tanta tenerezza che Larissa capì di aver commesso un errore a non dirglielo prima. Il passato le aveva impartito una lezione amara e lei aveva sempre sognato che la sua vita sarebbe stata perfetta come quella dei protagonisti di una soap opera. Invece, la realtà era stata diversa. Tutte le scuse con cui aveva giustificato il proprio comportamento in quei tre anni le parvero banali. Puerili. Quando Jake tornò a guardarla, gli lesse in viso che stava pensando la stessa cosa.

    «Mio figlio...» sussurrò, guardando ancora Peter in preda a emozioni che Larissa non sospettava potesse provare.

    Suo figlio. Una notizia sconvolgente. Il proverbiale fulmine a ciel sereno. Certo, era dura da digerire.

    La paternità era un concetto alieno a Jake. Cercò di sbloccare il dispositivo che teneva il seggiolino agganciato al sedile della macchina, ma aveva poca dimestichezza con certi strumenti. Non era preparato a tutto ciò.

    «Tiralo fuori» ordinò a Larissa. Gli tremavano le mani.

    Lei lo sfiorò, apprestandosi a chinarsi su suo figlio. Aveva ancora un corpo snello, slanciato, notò Jake: la gravidanza non aveva lasciato segni. Ricordava anche gli occhi azzurri di Larissa come i più onesti che avesse mai visto... fino a quel momento.

    Mentre si sporgeva all’interno dell’abitacolo, lei gli sfiorò un fianco con un seno. E Jake si eccitò all’istante.

    Larissa era china sul bambino. Gli arruffava i capelli. «Buongiorno, dormiglione.»

    «Ciao, mamma.» Gli occhi ancora socchiusi, il bambino avvolse le esili braccia intorno al collo della madre in un abbraccio stritolante.

    Quei due si adoravano, intuì Jake. C’era tra loro un legame che non aveva mai desiderato, ma che ora, improvvisamente, invidiava. Forse era quello il motivo dell’irrequietezza da cui si sentiva pervadere ultimamente. Di quel senso di insoddisfazione che provava da qualche tempo. Le feste in casa di amici, le serate brave, le notti in discoteca non gli davano più nessun brivido. Si sentiva allo sbando, come se stesse andando in cerca di qualcos’altro, di qualcosa che fosse in grado di dargli altre soddisfazioni. Altre gratificazioni.

    Di quello, forse?

    Si sporse verso il bambino che, istintivamente, si tirò indietro, stringendosi sul petto un orsacchiotto spelacchiato e guardando Larissa, spaventato.

    «Non aver paura, tesoro. Jake è un amico» lo rassicurò la madre, posandogli le labbra su una tempia. «Sai, è un po’ timido con le persone che non conosce» spiegò a Jake.

    «E la parola papà la conosce?» domandò Jake, ricordando a se stesso che Larissa non era affatto la ragazza affabile e dolce dei suoi ricordi: era la donna che gli aveva tenuto

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