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E-book341 pagine4 ore

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Info su questo ebook

Savannah Raleigh ha provato il dolore del tradimento nel modo più crudele. Non è una donna debole, perché nel mondo del giornalismo è necessario avere coraggio. Oltre al problema delle spese giornaliere e alla possibilità di perdere il lavoro a causa della crisi che minaccia il giornalismo, Savannah si trova a dover affrontare uno stalker che sembra non voglia soltanto spaventarla. Giorno per giorno, i problemi aumentano, con l'arrivo di un imprenditore acuto, solitario e molto fiero di sé. Nathaniel Copeland sembra intenzionato a conquistarla ma Savannah si è ripromessa una cosa: non affidare il suo cuore a nessuno.

Con una cicatrice ben più ampia di quella che segna la sua guancia destra, Nathaniel Copeland è diventato un uomo con un atteggiamento schivo e diffidente. È un importante uomo d'affari e sfugge alla stampa come se fosse la peste, ma ne ha bisogno per una questione di reputazione aziendale; per questo motivo è costretto a partecipare a determinati eventi sociali. Durante una gara d'appalto, le ombre del suo passato e una campagna contro di lui orchestrata da uno dei suoi concorrenti, quello che meno si aspetta è incontrare Savannah Raleigh, una bella donna dagli occhi castani che minaccia di fargli infrangere la sua regola d'oro: non innamorarsi, mai più.

LinguaItaliano
Data di uscita17 ott 2019
ISBN9781393084181
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    Anteprima del libro

    In tua assenza - Kristel Ralston

    Kristel Ralston

    In tua assenza.

    Tutti i diritti riservati ©Kristel Ralston 2018

    Titolo originale: Mientras no estabas.

    Immagine di copertina: Karolina García Rojo ©Shutterstock

    Prima traduzione (Febbraio 2018): Cecilia Metta.

    Seconda edizione e traduzione (Lugio 2018): Elisa Dobruna.

    Le opere dell'autrice sono supportate anche da SafeCreative. La pirateria è un reato punibile dalla legge.

    Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, archiviata in un sistema o trasmessa in alcuna forma, o mediante qualsiasi mezzo elettronico, meccanico, di fotocopiatura, registrazione o altro, senza previa ed esplicita autorizzazione da parte del proprietario del copyright.

    Questa è un'opera letteraria di finzione. Luoghi, nomi, circostanze, personaggi sono prodotti dalla fantasia dell'autore e il loro uso è fittizio; qualsiasi somiglianza alla realtà, a stabilimenti commerciali (negozi), a situazioni o eventi sono puramente casuali.

    "—Per quanto tempo è per sempre?

    —A volte, solo un secondo."

    Alice nel paese delle meraviglie (Lewis Carroll).

    Indice

    CAPITOLO 1

    CAPITOLO 2

    CAPITOLO 3

    CAPITOLO 4

    CAPÍTOLO 5

    CAPITOLO 6

    CAPITOLO 7

    CAPITOLO 8

    CAPITOLO 9

    CAPITOLO 10

    CAPITOLO 11

    CAPITOLO 12

    CAPITOLO 13

    CAPITOLO 14

    CAPITOLO 15

    CAPITOLO 16

    CAPITOLO 17

    CAPITOLO 18

    CAPITOLO 19

    CAPITOLO 20

    CAPITOLO 21

    EPILOGO

    L’AUTRICE

    Ringrazio tutti i miei lettori che fanno in modo che io possa continuare a vivere, giorno dopo giorno, il mio sogno di vivere per scrivere.

    CAPITOLO 1

    Il lampo che illuminò il cielo la svegliò. «Clima maledetto», brontolò Savannah Raleigh prima di alzarsi controvoglia dal letto. Alla fine dell’anno, in Kentucky, si era soliti attendere le tormente di neve, non le piogge. Con il respiro affannato e i capelli spettinati, Savannah accese la luce del comodino.

    I temporali le riportavano alla memoria i brutti ricordi di quel giorno in cui... No. Non aveva intenzione di ricordare l’episodio che ancora le causava rabbia e dolore.

    Grosse gocce di pioggia iniziarono a martellare la finestra della sua stanza. Aveva bisogno di un bicchiere d’acqua. Si coprì, era sul punto di scendere le scale quando fu spaventata dal suono del suo telefono cellulare in mezzo al temporale. «Sfruttatori», mormorò dopo aver letto il messaggio dell’editrice generale, Meggie Orson. Hunt è malato. Incendio nella tenuta del Sindaco. Sostituiscilo. Paga extra.

    Dopo aver maledetto Hunt, l’editore e reporter di politica ed eventi, andò in bagno. «Tanto non sarei riuscita a riaddormentarmi.» Afferrò le chiavi della sua Toyota Camry e uscì affrontando la notte dell’inizio di dicembre. Ascoltava Luke Bryan alla radio mentre cercava di non rabbrividire. Il riscaldamento della sua automobile era mezzo rotto e non aveva avuto il tempo di portarlo a riparare. «È quello che significa amare la propria professione anche quando la paga non è la migliore sul mercato.»

    Savannah lavorava da sei anni presso il quotidiano le Cronache di Louisville, un piccolo mezzo di comunicazione che si era guadagnato il prestigio durante trenta anni di esistenza nello stato del Kentucky. La vita della giornalista non era facile e lei aveva imparato a difendersi.

    Approfittava di tutto quello che poteva imparare. Era una spugna, soprattutto quando lavorava nel settore della cultura. Assistendo a questi eventi, aveva a sua disposizione una fonte varia di informazioni e apprendimento.

    Quando arrivò a casa del Sindaco, il movimento nelle immediate vicinanze della proprietà era frenetico. «Devo addentrarmi nella giungla per ottenere le notizie.» Scese dall’automobile, si sistemò il cappotto e si fece largo tra i suoi colleghi, i poliziotti e i curiosi. Temeva che quella mattina non sarebbe tornata a dormire.

    Non si sbagliava.

    Due ore dopo, con le occhiaie sotto gli occhi e senza la sua dose quotidiana di caffeina, Savannah abbandonò la conferenza stampa tenuta dal Sindaco di Louisville. Apparentemente un detrattore, un fanatico, del partito avversario, aveva nutrito del rancore nei suoi confronti. La polizia aveva arrestato il colpevole. Savannah era anche dovuta andare presso la stazione di polizia per ottenere più versioni dei fatti per redigere l’articolo.

    Alle sei del mattino terminò di scrivere l’articolo e, dopo averlo letto e corretto, lo inviò a Meggie, la sua editrice generale.

    Quando l’orologio della redazione segnava le sette della mattina, l’idea di Savannah di tornare a casa per dormire qualche ora non aveva più senso. Il pagamento dello straordinario per quelle ore valeva la pena di stare sveglia. Voleva regalare ai suoi genitori un fine settimana ai Caraibi per il loro anniversario di matrimonio. Non un viaggio qualsiasi, ma un viaggio di lusso. Se lo meritavano proprio.

    Sperava che quella dittatrice della sua editrice, Gwendolyn, le permettesse di andarsene presto. Era il compleanno della sua migliore amica e avevano organizzato una cena in un ristorante italiano. Non poteva non andare. I genitori della sua amica erano arrivati in aereo dall’Alabama durante il fine settimana per il compleanno della loro figlia maggiore. Savannah adorava i Whitehal e per lei sarebbe stato un incontro piacevole così come una grande scusa per Chelsea per allontanarsi dal suo lavoro di veterinaria e divertirsi senza preoccuparsi per un po’ dei suoi pazienti.

    —Savannah! Nel mio ufficio, ora!

    Una porta sbatté dall’ufficio di Daniel Sutton, l’unico figlio della ricca famiglia Sutton che aveva mostrato una certa inclinazione verso il giornalismo. Non per niente era il proprietario e il direttore generale del giornale.

    «Ora che c’è?», si domandò Savannah. Come se non fosse bastato svegliarla in piena notte con zero gradi fuori. La mancanza della sua dose giornaliera di caffeina le stava devastando l’umore. Indossò gli stivali. Le piaceva stare scalza mentre scriveva, perché la rilassava e le sue idee scorrevano meglio. O forse era una mania professionale. 

    Si sistemò la gonna color verde oliva e il maglione beige, prima di avvicinarsi all’ufficio del direttore generale. La segretaria di Daniel, Luciana Peckeet, con un cenno della testa le indicò di avanzare fino alla porta a vetri. Entrò nell’ufficio lussuoso, pieno di scaffali ordinati e cartelle numerate.

    —Siediti, Savannah —la invitò, dopo averla notata—. Tutto bene?

    Era una domanda abituale che era solito porre a tutti i giornalisti quando entravano nel suo ufficio.

    —Sì, sì.

    Se Savannah avesse potuto riunire tutte le qualità che avrebbe dovuto avere un uomo con cui poter uscire per un appuntamento, Daniel Sutton le soddisfaceva tutte. Elegante, intelligente, bellissimo e con un occhio clinico per gli affari e le notizie. Il suo unico difetto: era sposato. «Normale.»

    Non era neanche interessata ad avere una relazione con un esemplare del sesso opposto. Era allergica e li trattava come la peste. Connor Moriarty aveva distrutto le sue illusioni romantiche. Ogni tanto, quando i suoi orari glielo consentivano, accettava di uscire con qualche ragazzo...ma alla fine della serata sapeva che non ci sarebbe stato altro che uno stupido bacio. 

    I capelli color cioccolato di Daniel si mossero quando avvicinò un po’ di più la sedia alla scrivania. Si chinò in avanti per appoggiare comodamente gli avambracci alla protezione in vetro su cui giacevano molti documenti, il computer portatile, il telefono, le penne stilografiche e un numero indefinito di oggetti che mostravano non solo che era un uomo che si doveva occupare di molte cose ma anche che essere disordinato poteva essere considerato un difetto...oltre a quell’anello d’oro che brillava sul suo anulare.

    —Sabato prossimo si celebra un matrimonio molto importante. Brendan Lowell è uno dei migliori inserzionisti del giornale e anche un amico intimo. Ho bisogno che tu copra l’evento. Io sarò fuori città. Il tuo fotografo sarà Arthur Miles. Sarà la prima pagina della sezione speciale e avrà una citazione in copertina. Voglio che tu utilizzi tutti i tuoi cinque sensi.

    Arthur aveva fama di essere un fastidio totale, soprattutto se c’era un pass libero per chiedere tutto quello che desiderava bere al bar. Savannah sapeva che Arthur aveva quattro figli da mantenere...e anche un’amante. Che cosa avrebbe dovuto fare durante quel ricevimento? Cercare di coprirgli le spalle. Arthur doveva portare a termine il suo lavoro, dopo di ciò, a lei non importava cosa avrebbe fatto della sua vita.

    —Non c’è nessun problema — Finse di sorridere mostrando la sua dentatura perfetta. Savannah non aveva studiato per anni alla facoltà di comunicazione per doversi occupare di un matrimonio—. Solo una domanda.

    —Certo.

    —Che cosa ha di culturale un matrimonio?

    Daniel le porse un foglio di carta con l’indirizzo della chiesa e il luogo in cui si sarebbe svolto il ricevimento dei Lowell.

    —Questo genere di uomini di affari sono quelli che creano la cultura dello stipendio per tutti quelli che lavorano in questo giornale —disse severamente—. È un favore. Puoi farlo o no?

    «Se lo chiedi con questo tono dolce, certo che lo faccio», avrebbe voluto rispondere.

    —Certo, capo —commentò per alleviare la tensione.

    Daniel annuì e rilassò il volto.

    —Savannah, lo sai che non mi piace essere chiamato in questo modo. Siamo tra amici e colleghi. —La congedò aprendo la porta—. A proposito, Meggie mi ha consegnato una copia dell’articolo che hai scritto sull’attentato contro il Sindaco. Un buon lavoro, come sempre. Hunt deve tornare più tardi e potrà seguire la notizia. —Si accarezzò il mento, pensando—. Credo che dovrebbero riassegnarti più spesso ad altre sezioni oltre che alla cultura.

    —No, grazie, tra i miei Monet, i nuovi Hemingway, le avventure dei cantanti dell’Opera e gli attori di teatro, sto a posto così.

    Ridendo, Daniel annuì aprendole la porta come saluto, senza necessità di dover dire altro. Savannah si diresse verso il dipartimento fotografico per fissare la data sulla scheda delle richieste in modo da poter avere tutto pronto per il matrimonio del signor Lowell. 

    Daniel era un capo particolare. A differenza degli altri proprietari dei mezzi di comunicazione che non avevano nessuna idea di cosa fosse il giornalismo come professione, Daniel aveva una laurea in giornalismo e, allo stesso tempo, un master in economia aziendale. Per avere quarantaquattro anni, aveva avuto molto successo, era molto critico per le questioni delicate, come il caso dell’attentato al Sindaco, e manteneva le distanze quando credeva che gli affari e l’etica giornalistica potessero mescolarsi.

    Anche nel caso di Lowell, che era solo una copertura sociale, Savannah sapeva che, se in futuro il proprietario dell’azienda tessile Lowell avesse commesso un’infrazione che avrebbe portato a delle indagini, Daniel avrebbe inviato qualcuno a fare un servizio e avrebbe chiesto rigorosità. Non aveva due pesi e due misure. Per Savannah contava più l’etica e l’onore dei suoi colleghi piuttosto che lavorare per una mega azienda giornalistica. 

    —Savannah! —chiamò qualcuno cinque scrivanie più avanti.

    «Oggi finiranno per farmi odiare il mio nome.» Mentre sentiva Max Giordanni che si avvicinava, si ricordò che forse sarebbe stato meglio che lui non sentisse parlare del matrimonio Lowell della settimana seguente o si sarebbe unito a loro senza essere stato invitato.

    Era già da un po’ di tempo che Max cercava di invitarla a uscire, ma Savannah non cedeva. Max era un donnaiolo e non prendeva sul serio le relazioni. Savannah aveva già rinunciato a un lavoro per colpa di un uomo. Dopo l’umiliazione e il dolore che Connor aveva portato nella sua vita, non aveva nessuna intenzione di rivivere una situazione simile. Soprattutto quando sapeva che Max non prendeva sul serio nessuna donna...inoltre non corrispondeva al suo tipo di uomo. Non c’era niente da fare.

    —Ciao, Max —salutò Savannah, quando lo vide sedersi sul bordo della sua scrivania—. Che cosa succede? —sorrise.

    —Arthur mi ha detto che questo fine settimana c’è una festa. Formale o semi-formale? —indagò con voce soave.

    Certamente Savannah aveva dimenticato di chiedere a quella bocca larga di Arthur di non dire nulla del matrimonio Lowell al giornalista finanziario.

    —Non credo che tu possa venire con noi, è un invito esclusivo —rispose soddisfatta, ricordando quel dettaglio—. Il signor Lowell ha chiesto solo due giornalisti, non uno di più. E con Arthur – scosse le spalle – siamo in due.

    Max schioccò la lingua.

    —A volte penso che tu stia cercando di evitarmi —disse con un tono che sembrava essere accattivante ma non lo era. Almeno non con lei.

    Max credeva che avere delle radici italiane fosse irresistibile. E forse lo era per qualcun’altra. Quando lo vedeva, Savannah riconosceva che fosse un uomo affascinante, e il giornalista lo era, ma quello era tutto ciò che gli riconosceva. Sei anni prima aveva dovuto raccogliere i cocci del suo cuore nel bel mezzo di una depressione che l’aveva affondata per diversi mesi, fino a quando aveva ottenuto il suo posto alle Cronache di Louisville. Non stava cercando di fare karakiri.

    —Sai che non è così. —Max girava una penna tra l’indice e il medio—. Questa volta è una faccenda che riguarda uno dei benefattori del giornale.

    —Non lo capisci o non lo vuoi capire? —domandò, piegandosi verso di lei con un tono di voce seducente. Savannah indietreggiò ma lui era appoggiato alla scrivania così non poté fare molto per allontanarsi abbastanza. 

    —Max..., ne abbiamo già parlato. Apprezzo molto la tua opinione professionale quando mi dai alcuni consigli, niente di più...

    —Potremmo migliorare se avessimo un approccio... diciamo più personale.

    —Sai che mi piaci molto, ma per quanto riguarda quest’argomento, non credo.

    Max rise.

    —Raleigh! —gridò Meggie Orson, l’editrice generale. «Salvata in extremis.» Max si alzò e tornò alle sue attività senza prima fermarsi con una posa civettuola alla scrivania di Mary, la redattrice di salute e bellezza. «Incorreggibile», pensò Savannah avvicinandosi all’ufficio di Meggie.

    —Ciao, Meg.

    Con i suoi occhi neri e i capelli brizzolati, Meggie Orson era una leggenda del giornalismo locale. L’editrice generale. Un gioiello professionale che stava per andare in pensione che, però, continuava a combattere al suo posto. Aveva intervistato Savannah e le aveva dato il lavoro, quando, sei anni prima, tutto quello che avrebbe voluto fare dopo quell’orribile settimana, era lasciare Louisville. L’unica cosa che l’aveva fermata era il lavoro e l’amore per i suoi genitori e suo fratello Maurice. 

    —Sei sempre la più disponibile a dare una mano. — «Perché non disprezzo la paga extra», pensò Savannah, sorridendo—. Abbiamo un vuoto da coprire in un’altra sezione. Tra venti minuti devi recarti alla periferia di Louisville.

    —Qualche ora fa ho coperto Hunt. Ho bisogno...

    —La macchina del caffè è pronta prima che finisca di riempirsi la redazione, approfittane e prendi la tazza della giornata —disse leggendole la mente. In quel momento non era difficile capire Savannah. Tutti i giornalisti avevano bisogno della propria dose di caffeina—. La tua editrice, Gwendolyn, arriverà più tardi perché è alla presentazione di un coro di Natale. A quanto pare Daniel Sutton per il momento sembra avere una vena sentimentale e vuole coprire piccoli eventi di questo tipo con la tua sezione culturale.

    «Come se un coro fosse una notizia culturale», pensò Savannah, però dove comanda il capitano, non comanda il marinaio. Non diceva così il proverbio?

    —Meg, oggi devo andare via prima —disse con la fiducia che le garantiva il tempo trascorso al giornale e anche il rispetto che si era guadagnato—. Ma non preoccuparti, me ne occupo io. Però, dimmi una cosa, che cosa sta succedendo? Non fraintendermi, Meg, la paga extra mi attira però in questi sei anni trascorsi qua al giornale, non ho mai fatto così tante ore di straordinario come in questi ultimi mesi.

    La donna sospirò. Si alzò dalla poltrona per chiudere la porta a vetri che era poco distante da quella di Daniel e che le dava una visione periferica della redazione e della sezione di fotografia. Si tolse gli occhiali e li posò sulla scrivania. Si passò la mano tra i capelli ricci.

    —Il giornale è in crisi. Daniel ha cercato di gestire la cosa con discrezione ma non rimangono molte opzioni. Sei la prima a saperlo. —Savannah annuì, preoccupata—. Inizieremo a ridurre il personale. So che hai avuto un carico extra di lavoro negli ultimi tre mesi e questo è dovuto al fatto che non vogliamo assumere altro personale. Non ce lo possiamo permettere e pagare gli straordinari è meno costoso.

    —Non ho mai dovuto occuparmi né di politica né di eventi...Non m’immaginavo che dietro ci fosse qualcosa del genere...I Sutton sono un gruppo economicamente forte.

    Meg annuì strofinandosi la punta del naso.

    —Sì, ma a causa delle nuove tecnologie, l’attività giornalistica è in calo...La gente investe sempre di più sui media digitali, non investe molto nella pubblicità nella versione stampata...Ampliare il personale dell’area vendite, i salari, piuttosto che farlo con i giornalisti sarebbe assurdo, ma voi siete il motore di questa compagnia. Oggi pomeriggio faremo un annuncio per non avere speculazioni.

    —Wow...—La notizia la atterriva come una pietra sullo stomaco.

    —Abbiamo bisogno di tutte le mani possibili affinché il giornale non chiuda e il numero di giornalisti che licenziamo sia minimo. I licenziamenti saranno di competenza di Daniel e di una squadra esterna per cercare di trovare il modo di migliorare la competitività dell’azienda. L’unica persona che conosco che sa del suo licenziamento è Gwendolyn.

    Savannah aprì e chiuse la bocca. La sua editrice, anche se tiranna, era una donna che conosceva bene il mondo ed era molto acculturata...era tremendo quello che stava per accadere. Chi le garantiva che avrebbe tenuto il suo posto di lavoro, se una professionista come Gwendolyn Robins era licenziata?

    —Sarà una gran perdita.

    Meggie annuì.

    —Come ti ho detto, la decisione viene presa partendo da una relazione...

    —Per questo mi hai scritto tu all’alba...? —commentò con rammarico. Quando lo hanno detto a Gwendolyn?

    —Ieri sera. Collabora con noi da venti anni. È la più anziana di tutto il personale. Non potevamo licenziarla con un annuncio pubblico. Non è che gli altri meritino meno considerazione, ma lei...

    —Sì, sì, certo. È di per sé un’istituzione culturale.

    —Durante la riunione annunceremo i nomi dei giornalisti che alla fine del mese lasceranno la redazione. Neanche io ho la minima idea se il mio posto è a rischio o meno. Quindi, se t’interessa sapere qualcosa sulla tua posizione...

    —Lo saprebbe solo Daniel.

    —Esattamente.

    Savannah non aveva debiti e la casa in cui viveva aveva un affitto equo. I suoi genitori lavoravano in un piccolo negozio di antiquariato ma le entrate non potevano essere considerate un grande profitto. Non mancava loro nulla, questo sì, e Savannah pagava diverse spese della famiglia. Per quanto riguardava i suoi fratelli, Rebel, che aveva ventitré anni contribuiva con il suo stipendio come assistente infermiera presso l’ospedale locale dove stava svolgendo il suo tirocinio; e suo fratello più piccolo, Maurice, era all’ultimo anno del liceo, però aiutava non mettendosi nei guai, il che era già molto avendo diciotto anni.

    Se l’avessero licenziata, avrebbe dovuto rinunciare alla cosa più preziosa: la sua indipendenza. Sarebbe dovuta tornare a casa dai suoi genitori per risparmiare le spese dell’affitto del suo appartamento nella zona centrale di Louisville. Oltre a essere una prospettiva poco allettante, era deprimente il fatto che a ventisette anni dovesse tornare a vivere con i suoi genitori.

    —Savannah, speriamo che tu non sia sulla lista di oggi... —sospirò Meggie— e neanche io.

    —Certo... dimmi, che cosa devo coprire stamattina?

    —Sezione costruzioni. Una conferenza stampa. Sarà inaugurato un edificio molto sofisticato, il migliore di tutto il Kentucky, costruito con una tecnologia all’avanguardia. Il capitale appartiene a un importante uomo d’affari della città. Ho bisogno di te perché Gianna in questo momento si sta dirigendo verso la parte nord della città. Anche se finisse in tempo, a causa della distanza, non riuscirebbe ad arrivare in tempo.

    Savannah prese nota sul suo iPad.

    —Certo, dal punto di vista della logistica non avrebbe senso. Non c’è nessun problema. Una domanda. E Zackary, il giornalista che lavora con lei?

    —Anche lui è stato assegnato a un altro incarico. —strinse le spalle—. Non te lo chiederei se non fosse necessario. Sai molto bene che in questo momento, con la neve, quella che lavora di più è Gianna e la sua sezione che si occupa delle strade chiuse, i problemi dei materiali che non sono stati utilizzati e via dicendo. 

    —Sì... almeno speriamo che la strada sia sgombra alla periferia della città. In caso contrario faremo tardi. In ogni caso, me lo segno: sezione costruzioni. Sostituzione di Gianna Tanner. Lunghezza?

    —Una pagina completa per oggi pomeriggio. Tieni —le porse un documento con le informazioni dell’atto— leggilo durante il viaggio.

    «Una pagina! Il proprietario della società di costruzioni deve essere abbastanza importante», pensò Savannah. Sul giornale non si concedeva così tanto spazio.

    Anche se leggere in macchina dovrebbe essere facile, per Savannah implicava che i suoi neuroni avessero un capogiro degno di un ubriaco a mezzanotte. Mise nella borsa la breve biografia che le aveva dato Meg su Nathaniel Copeland, il proprietario della società di costruzioni. 

    —Questo uomo è così importante? Gianna oggi mi deve un pranzo —mormorò.

    Meggie osservò l’ora sull’orologio da parete del suo ufficio.

    —Molto rispettato...e direi anche temuto.

    —Dai giornalisti?

    L’editrice generale rise e facendo ciò le rughe accanto ai suoi occhi azzurri si evidenziarono. Sessant’anni di età, quaranta dei quali trascorsi in trincea, erano una vita dedicata all’informazione. Gran parte di questi anni li aveva dedicati all’azienda di un giovane visionario, Daniel Sutton. Lavorava alle Cronache di Louisville da quindici anni e non provava meno gusto che se avesse lavorato per il Washington Post quando ebbe l’opportunità di trasferirsi nella capitale degli Stati Uniti, molti anni prima.

    —Anche dai giornalisti —rispose—. Non lasciarti ingannare dal suo aspetto apparentemente distante e dalla sua aria misteriosa.

    «Il male del giornalista è voler svelare i misteri...»

    —E questo che cosa significa?

    —Indaga il necessario ma non lasciarti intimidire. Non pensare che lui sia un enigma che sta aspettando che una giovane giornalista sveli i suoi segreti. Se insisti, cercando di scrutare qualcosa che va oltre la sfera professionale, Nathaniel Copeland si chiuderà e non scriverai l’articolo. Gianna non ha mai permesso che questo accadesse e neanche Zackary, anche se raramente hanno avuto contatti con l’imprenditore.

    —E mi avvisi perché...

    —Ti avviso perché ti conosco e so che sei molto brava a scavare. Qui non c’è nulla di oscuro né di occulto. È solo un evento. È tutto quello di cui abbiamo bisogno questa volta. Il proprietario dell’azienda non è il protagonista...è giusto che tu sappia che frequenta raramente gli eventi della sua azienda, tranne quando ritiene che sia strettamente necessario. Ecco perché non possiamo non coprire questo evento.

    Savannah annuì.

    —Ho capito. Risolvere i misteri della costruzione è un compito della nostra amata Gianna —disse sorridendo.

    Il telefono dell’ufficio di Meggie iniziò a suonare, cosa non insolita visto che nella redazione i telefoni suonavano tutto il giorno.

    —Inviami l’articolo prima possibile e fai una copia per Gianna in modo che quando torna possa correggerlo.

    —Certo.

    CAPITOLO 2

    Qualche minuto dopo la sua conversazione con Meggie, Savannah era sul furgone del giornale con Vince Foster, il fotografo assegnato, che continuava a cantare come se non ci fosse un domani. Il conducente, Otello Gaddick, guidava come un pazzo, evitando il traffico per uscire dall’autostrada e per dirigersi così verso la zona rurale.

    — Hai voglia di morire con la neve sull’autostrada, Gaddick? — Domandò Savannah con tono acido all’autista.

    — Dobbiamo sbrigarci.

    — Non è colpa mia se ti sei fermato a comprare un panino e ti sei reso conto di aver dimenticato di fare il pieno di benzina.

    L’uomo scosse le spalle e non disse nulla. Rallentò e moderò il suo modo di guidare.

    —Grazie —mormorò Savannah, guardando fuori dal finestrino.

    Mezz’ora dopo, Vince Foster scese dal furgone e aiutò Savannah in modo che non scivolasse sulla neve. Savannah prese la borsa che portava sempre con sé. Controllò il registratore e disse a Otello di cercare un parcheggio nelle vicinanze perché non aveva voglia di congelarsi il posteriore mentre cercava tra la marea di macchine della stampa che erano in giro.

    Coprendosi bene

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