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Dieci storie di emigrazione - Ten stories of emigration
Dieci storie di emigrazione - Ten stories of emigration
Dieci storie di emigrazione - Ten stories of emigration
E-book161 pagine2 ore

Dieci storie di emigrazione - Ten stories of emigration

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Info su questo ebook

«Le brevi narrazioni proposte in questo volume raccontano esperienze individuali e familiari di emigrazione ricostruite attraverso documenti, memorie scritte, testimonianze orali. Nei vissuti personali è possibile individuare alcune peculiarità di una più ampia storia collettiva, in cui i legami e le vicende dei singoli confluiscono e si intrecciano.
[...] L'emigrazione sammarinese e quella italiana seguono una evoluzione simile, condividendo motivazioni, mete, viaggi».

Patrizia Di Luca è Responsabile del Centro di ricerca sull'emigrazione del Dipartimento di Storia, Cultura e Storia Sammarinesi. (Università degli Studi della Repubblica di San Marino).
LinguaItaliano
Data di uscita18 mar 2021
ISBN9791280232335
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    Anteprima del libro

    Dieci storie di emigrazione - Ten stories of emigration - Patrizia Di Luca

    AUSCHWITZ

    Ringraziamenti

    Le storie di emigrazione sono state ricostruite con la collaborazione delle Comunità dei cittadini sammarinesi residenti all'estero, degli emigrati rientrati in patria e delle loro famiglie, che continuano a condividere ricordi, racconti, documenti personali. A loro il mio più caro ringraziamento.

    Desidero ringraziare per il sostegno all'attività di ricerca il Magnifico Rettore dell'Università degli Studi della Repubblica di San Marino Prof. Corrado Petrocelli, il Direttore Scientifico del Dipartimento di Storia, Cultura e Storia Sammarinesi dell'Università degli Studi della Repubblica di San Marino Prof. Luciano Canfora, il Prof. Luca Gorgolini, costante riferimento; la Segreteria di Stato per gli Affari Esteri, la Dott.ssa Valentina Garavini, il Dipartimento per gli Affari Esteri e l'Ufficio Interpreti per la traduzione in lingua inglese, che permetterà anche alle nuove generazioni residenti all'estero di conoscere le storie e il coraggio degli emigrati.

    The emigration stories have been reconstructed with the collaboration of the Communities of San Marino citizens living abroad, emigrants who returned to their homeland and their families, who continue to share memories, stories and personal documents. My deepest thanks go to them.

    I would like to thank for the support to the research activity the Magnificent Rector of the University of the Republic of San Marino Prof. Corrado Petrocelli, the Scientific Director of the Department of San Marino Culture and History of the University of the Republic of San Marino Prof. Luciano Canfora, Prof. Luca Gorgolini, who has been a constant guide; the Ministry of Foreign Affairs, Ms. Valentina Garavini, the Department of Foreign Affairs and the Interpreters' Office for the translation into English, which will also allow new generations living abroad to learn about the stories and courage of emigrants.

    ​Introduzione

    ESPERIENZE INDIVIDUALI NELLA STORIA DI UNA COMUNITÀ

    Le brevi narrazioni[1] proposte in questo volume raccontano esperienze individuali e familiari di emigrazione ricostruite attraverso documenti, memorie scritte, testimonianze orali. Nei vissuti personali è possibile individuare alcune peculiarità di una più ampia storia collettiva, in cui i legami e le vicende dei singoli confluiscono e si intrecciano.

    L'emigrazione, avvenuta soprattutto nell'arco temporale 1861-1965[2], rappresenta una parte significativa della storia della Repubblica di San Marino ed ha coinvolto un consistente numero di persone, come dimostrano i dati attuali riguardanti la popolazione, che per quasi un terzo è discendente da emigrati e risulta vivere in altri Stati. I cittadini sammarinesi residenti all'estero appartengono a venticinque Comunità[3], così suddivise: dieci in Italia[4], cinque in Francia[5], una in Belgio[6], due negli Stati Uniti[7] e sette in Argentina[8]. Al 30 settembre 2020 i sammarinesi residenti all'interno della Repubblica risultavano 28.051[9], mentre i sammarinesi residenti all'estero erano 13.859[10], di cui 5.983 in Italia, 3.323 in USA, 2.054 in Francia, 1.940 in Argentina, 76 in Belgio[11]. Il movimento migratorio sammarinese assume dapprima una forma stagionale e già nel 1842 Oreste Brizi nel testo Quadro storico-statistico della serenissima Repubblica di San Marino scrive:

    La Repubblica di San Marino ha circa 7000 abitanti [...]. Siffatta popolazione è variabile a cagione dell'emigrazione di molte centinaia di agricoltori, i quali nei sei mesi in cui suol durare colà il freddo, non bastando il suolo repubblicano a nutrirli, si recano nelle campagne di Roma, e a cagione dell'altra emigrazione degli artefici e operanti, i quali non trovando impiego in patria vanno a domandarne in estate ai paesi circonvicini. La popolazione, dunque, aumenta o decresce a seconda dell'abbondanza o scarsità del ricolto o dei lavori[12].

    I braccianti sammarinesi si spostano nelle campagne italiane per svolgere lavori temporanei soprattutto in autunno e in inverno, o nel periodo estivo per le attività agricole che richiedono maggior manodopera, quali la mietitura e la trebbiatura. I terreni del Montefeltro e della Romagna, la pianura ravennate e l'agro pontino offrono la possibilità di integrare il povero reddito familiare.

    Altre forme di lavoro stagionale sono i cantieri di scavo delle gallerie stradali o ferroviarie che si realizzano a fine Ottocento nell'arco alpino per favorire le comunicazioni tra l'Italia e il resto d'Europa; anche le città del nord iniziano presto a richiamare i sammarinesi che trovano occupazioni temporanee nei porti, oppure nelle attività edili legate al nascente sviluppo urbano.

    L'emigrazione stagionale sammarinese si inserisce nel movimento di popolazione, caratteristico delle zone preappenniniche centro-settentrionali italiane, che si sposta «dal monte al piano»[13] nei diversi periodi dell'anno seguendo il mercato del lavoro; in particolare, i sammarinesi confluiscono nel flusso migratorio marchigiano diretto verso il litorale tosco-laziale e quello ravennate[14].

    L'emigrazione sammarinese e quella italiana seguono una evoluzione simile, condividendo motivazioni, mete, viaggi[15] e negli ultimi decenni del XIX secolo entrambe assumono il carattere di trasferimento permanente.

    A San Marino l'aumento della popolazione non trova adeguato sostegno in un'economia basata su un'agricoltura poco redditizia a causa della scarsa fertilità dei terreni argillosi, dell'arretratezza delle tecniche di coltivazione e dei mancati investimenti per migliorare la produttività. Il confronto tra i dati rilevati durante il censimento del 1865 e quello del 1906 evidenzia una forte diminuzione dei proprietari terrieri ed un sostanziale aumento degli affittuari, segno di un progressivo ed ulteriore impoverimento della popolazione.

    All'inizio del Novecento aumenta infatti sensibilmente la richiesta di Fogli di via per stabilirsi nel Regno d'Italia e di Fogli d'espatrio per trasferirsi in Paesi europei ed extraeuropei.

    Questa introduzione non si propone come una esaustiva ricostruzione della storia dell'emigrazione sammarinese ma, per facilitare una contestualizzazione delle storie di vita raccolte in questo piccolo volume, vuole solo tracciare in maniera sintetica le linee principali del movimento migratorio che ha coinvolto parte della popolazione sammarinese.

    Per contiguità geografica, comunanza di lingua e di abitudini, l'Italia è la meta privilegiata dell'emigrazione sammarinese e le dieci Comunità presenti oggi documentano lo spostamento avvenuto all'interno della penisola italiana, dove attualmente vive quasi la metà dei sammarinesi residenti all'estero.

    Presto si aggiungono destinazioni più lontane, raggiunte insieme da sammarinesi e italiani. Spesso all'estero i sammarinesi – per la comune madrelingua e per la poco diffusa conoscenza dell'esistenza della Repubblica di San Marino – sono registrati come italiani, rendendo così difficile la ricostruzione statistica del flusso migratorio sammarinese; i dati numerici si basano infatti sul rilascio di documenti validi per l'espatrio, ma è tuttavia possibile ipotizzare che circa l'80% delle famiglie sammarinesi, al completo o attraverso uno o più dei suoi componenti, sia stata coinvolta nell'esperienza migratoria[16].

    Tra le mete comuni una delle prime è il Brasile, dove nel 1888 viene emanata la Lei Aurea[17], che abolisce definitivamente la schiavitù. I latifondisti cercano allora di colmare la necessità di manodopera a bassissimo costo attirando contadini dalle campagne venete, friulane, lombarde, piemontesi e sammarinesi[18]. Scaltri agenti d'emigrazione assicurano grandi opportunità, ma in pratica i contadini europei vanno a sostituire gli schiavi e sono trattati come tali. Sono vicende tristi di fatica disumana, in una natura selvaggia e in un clima difficilissimo da sopportare[19]. Tra il 1895 e il 1896 si registra la partenza di circa 500 sammarinesi per questa terra lontana e sconosciuta[20].

    In Sud America altre destinazioni sono Uruguay[21] e Argentina[22]; quest'ultima richiama nel tempo un ampio numero di emigrati sammarinesi, tanto che tuttora sono presenti sette Comunità di residenti all'estero. L'Argentina è una terra fertile e produttiva, richiede duro lavoro ma garantisce la sopravvivenza e in molti sperano di migliorare oltreoceano le proprie condizioni di vita. Tra il 1875 e il 1895 il Paese ha aumentato notevolmente la produzione cerealicola e zootecnica ed ha assunto un nuovo ruolo nel contesto economico internazionale, con un notevole innalzamento delle esportazioni. Per rispondere alla crescente esigenza di contadini e allevatori, il governo facilita e incentiva l'emigrazione europea; nel 1876 viene emanata la Ley de Formento a la Immigration y a la colonisation, che prevede la possibilità per gli agricoltori emigrati di ottenere una colonia e diventare proprietari, ma quando i contadini sammarinesi arrivano in Argentina queste opportunità sono divenute ormai rare e sono costretti ad affittare a mezzadria i terreni oppure ad accettare lavori come salariati. Abituati alla limitata estensione dei terreni agricoli collinari sammarinesi e preappenninici, gli emigrati guardano con stupore e sgomento le pianure sconfinate della pampa humeda, popolate da un patrimonio zootecnico mai neppure immaginato. Troviamo rappresentata questa realtà in una fotografia del 1915, esposta al Museo dell'Emigrante[23], che mostra la tenuta di San Patricio, in cui molte famiglie sammarinesi si sono trasferite con il consueto sistema della «catena migratoria». Il flusso migratorio si intensifica infatti verso le zone, come il dipartimento di Pergamino, in cui sono già presenti familiari o amici che trasmettono informazioni sulle possibilità di lavoro e costituiscono un primo punto di riferimento all'estero; si forma così quella che viene definita «catena migratoria», in realtà maggiormente simile ad una rete in cui le relazioni interagiscono in un sistema di mutuo aiuto.

    Nel periodo 1915-1939 si registra il numero massimo di arrivi[24], con una concentrazione di presenze, per i contatti che abbiamo appena indicato, nell'area di Pergamino; zone di insediamento sono anche Cordoba (capitale e provincia) e Jujuy, dove le professioni prevalenti rimangono quelle nel settore agrario. Diversa è l'emigrazione a Viedma, in Patagonia, che attira già negli anni Venti piccoli artigiani - un esempio sono i fornai -, commercianti e ristoratori. Negli anni 1946-1950 avviene l'ultimo significativo movimento migratorio verso l'Argentina e nel 1957 terminano definitivamente le partenze per il Paese sudamericano. Sono soprattutto le mete europee a richiamare per lungo tempo gli emigrati sammarinesi, ma un viaggio più breve non conduce a un'esperienza più facile. Abitualmente parte per primo il capofamiglia che, appena trovata una sistemazione, spesso precaria, viene raggiunto da moglie e figli. Fatta eccezione per l'Italia, i sammarinesi si dirigono in maggioranza in Francia, dove trovano un'occupazione nelle miniere oppure svolgono i lavori agricoli più pesanti e coltivano i terreni nelle zone in cui il suolo è meno generoso, sostituendo i contadini francesi divenuti operai e artigiani in seguito al progredire del processo di industrializzazione. Altri settori di impiego sono i cantieri edili, le fabbriche meccaniche e i laboratori artigianali dell'indotto automobilistico e aeronautico, le industrie chimiche, le acciaierie e le cartiere; l'emigrazione femminile trova impiego anche nel settore tessile e nelle professioni attinenti all'ambito domestico. Gli espatri raggiungono numeri significativi al termine della Prima guerra mondiale ed aumentano nel periodo 1924-1930, consolidandosi durante gli anni Trenta, quando alle necessità economiche si uniscono motivazioni politiche[25].

    Il secondo conflitto mondiale ferma l'emigrazione, che riprende nell'immediato secondo dopo guerra, per esaurirsi nei primi anni Sessanta, quando anche a San Marino aumentano le possibilità di occupazione.

    In seguito ad un accordo del Governo fascista sammarinese[26], nel 1939 una meta diventa la Germania del Terzo Reich, dove le condizioni di vita e di lavoro sono particolarmente severe. Tra le destinazioni europee ci sono inoltre la Svizzera e le zone minerarie del Belgio.

    L'accordo stabilito nel 1946 tra l'Italia e il Belgio[27] coinvolge decine di migliaia di giovani italiani, a cui si aggiunge anche un numero consistente di sammarinesi assunti con un contratto per lavoratori italiani, senza tuttavia poter usufruire di alcuni diritti – per esempio gli ammortizzatori sociali - poiché sono di nazionalità sammarinese. Per gestire direttamente l'espatrio dei lavoratori sammarinesi, la Repubblica di San Marino firma nel 1951 un accordo con la Federations des Associations Charbonières belga per l'assunzione di manodopera e il 22 aprile 1955 stipula una convenzione con il governo belga. Gli anni cui si registrano i massimi flussi sono il 1953 e il 1957[28], mentre le ultime partenze avvengono nel 1962.

    Ad inizio Novecento, con lo sviluppo delle compagnie di navigazione e dei cantieri navali, aumentano i viaggi lungo la rotta tra l'Italia e New York[29] e gli Stati Uniti diventano un'altra importante meta dell'emigrazione transoceanica. Nel periodo 1920-1930 le partenze per gli USA si intensificano notevolmente; italiani e sammarinesi, a differenza dei contadini nordeuropei, non cercano occupazioni nel settore agricolo e privilegiano le grandi città e i centri industriali. Per limitare l'arrivo nel Paese di un numero sempre maggiore di immigrati, nel 1921 la legislazione statunitense stabilisce il limite annuale di 350.000 visti di ingresso[30], che vengono ulteriormente ridotti nel 1924[31]. A partire da questa

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