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Una dottoressa tra le dune: Harmony Bianca
Una dottoressa tra le dune: Harmony Bianca
Una dottoressa tra le dune: Harmony Bianca
E-book169 pagine1 ora

Una dottoressa tra le dune: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

All'ombra del deserto e delle sue dune, la magia e la passione si uniscono in una pozione in grado di curare tutti i mali.
La dottoressa Kate Walker farebbe qualsiasi cosa per proteggere i suoi cari, così quando il Sultano di Amberach le propone di trasferirsi nel suo regno per lavorare nell'ospedale locale e in cambio si offre di salvare la scuderia di famiglia, lei accetta immediatamente. Anche se questo significa sposare suo nipote, lo sceicco Fareed Farouk. Fareed è un uomo dispotico e arrogante, che avrebbe bisogno di essere traghettato di peso nel XXI secolo, ma allo stesso tempo è carismatico e irresistibile. Il problema adesso sarà far sì che questo matrimonio di convenienza non si trasformi in un incendio capace di distruggere ogni cosa.
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2021
ISBN9788830528024
Una dottoressa tra le dune: Harmony Bianca
Autore

Meredith Webber

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una dottoressa tra le dune - Meredith Webber

    978-88-3052-802-4

    Prologo

    Fareed ibn Jadym ibn Mustaffah Farouk osservò senza entusiasmo il paesaggio dal finestrino dell'auto. Intendiamoci, apprezzava la vista delle oasi, il gradevole verde luminoso delle grandi palme da datteri, che appariva a distanza in netto contrasto con la sabbia rossa del deserto.

    Ma qui, lontano dal suo Paese, tutto quel verde – sempre e solo verde – sottolineato da recinti bianchi ai lati della strada, gli sembrava davvero eccessivo, lo annoiava.

    Chissà quale interesse ha spinto mio zio a visitare un allevamento ippico in crisi, in mezzo a quel mare di verde, lontanissimo dalla nostra città, si domandò ancora una volta. E mi ha chiesto con insistenza di accompagnarlo, prima di concludere l'acquisto di un cavallo.

    Strano. In fondo, i venditori potevano mandargli la merce in visione, no? Appassionato di sport ippici, zio Ibrahim non viaggiava volentieri. Fareed temeva che il suo obiettivo non fosse solo quello dichiarato. Rimugina su qualcosa che forse mi riguarda, pensò, un po' preoccupato.

    D'altronde, gli aveva perfino chiesto di prendersi una vacanza dal suo lavoro all'ospedale, per accompagnarlo in Australia.

    Solo per comprare un cavallo?

    Thalia, un'anziana kahin che abitava nei pressi del palazzo, si era trattenuta a lungo con suo zio, prima della partenza. Di lei si diceva che sapesse leggere il futuro nei segni sulla sabbia del deserto, o versando gocce d'olio in una ciotola d'acqua, poiché discendeva, in linea femminile, da un'antica progenie di indovine. Fareed scosse il capo. Non era possibile che Ibrahim, laureato a Oxford, e anche a Harvard, credesse a una chiromante.

    Glielo chiederò, decise, salendo a bordo della prima delle quattro auto dirette alla loro meta. In quell'attimo, qualcosa passò veloce oltre il finestrino, distogliendolo dai pensieri.

    Un cavallo marrone chiaro, criniera e coda bianche, galoppava energicamente su un sentiero in leggera salita, oltre il recinto. In sella, il volto splendente di gioia per la corsa, una giovane donna, snella, alta, le ginocchia piegate, il corpo chino in avanti, le chiome rosse al vento, quasi un tutt'uno con l'animale.

    L'immagine perfetta della libertà. È il mio sogno, pensò Fareed, ma il dovere me la nega. Certo, per adesso andava tutto bene: un lavoro che amava, all'ospedale, la certezza di sentirsi necessario e apprezzato. E un giorno, prendendo il ruolo dello zio nel Sultanato, sperava di continuare la carriera, almeno part-time, ben sapendo che doveva dedicarsi interamente al suo popolo, aiutarlo ad accettare i rapidi cambiamenti in atto nel loro mondo.

    Intanto, quell'immagine di libertà assoluta – il cavallo dal manto dorato, e l'amazzone dai capelli rossi – lo aveva rilassato. Forse, come Ibrahim suggeriva, poteva semplicemente godersi i pochi giorni di vacanza che gli restavano. Perché no? In fondo, tutto quel verde non era poi così male.

    L'uomo che secondo la madre di Kate avrebbe salvato le scuderie di famiglia, stava arrivando a bordo di una flotta di lunghe limousine nere.

    Sempre secondo sua madre, suggestionata dalle letture di molti romanzi, doveva essere una specie di sovrano mediorientale. Può darsi, ma anche un imbroglione poteva dare la stessa impressione di potere e ricchezza, presentandosi a bordo di enormi automobili scintillanti, pensò Kate, con un certo cinismo.

    Cinica, forse Kate lo era davvero. Ma non più di qualunque altra donna di trentadue anni, cresciuta con un padre amatissimo, ma sempre in attesa di acciuffare la grande fortuna da un momento all'altro. E sicuramente come una donna sola e delusa, dopo una lunga relazione, da un fidanzato sorpreso e incredulo davanti alla sua decisione di tornare a casa, dalla madre, rimasta vedova, invece di restare con lui, negli Stati Uniti, all'altro capo del mondo.

    Kate guidò il cavallo verso le scuderie. E mentre sua madre offriva tè all'ospite, lei aveva tempo per dare una buona strigliata a Marac, prima dell'ispezione.

    Scese dalla collina al piccolo trotto; in basso, le auto, in fila indiana, procedevano lentamente lungo il vialetto verso la casa. Che fare, se salviamo l'allevamento? Tornare negli Stati Uniti, da Mark? Nei due mesi dal suo arrivo, Kate aveva visto l'uomo che credeva di amare con occhi diversi, con più chiarezza. No, tornare da Mark, così privo di comprensione, non era possibile, non sarebbe stata la scelta giusta.

    Ma se il sovrano acquistava Tippy, allora bisognava scegliere altre strade.

    Kate cercò di vedere la sua casa con lo sguardo di un estraneo. Magnifici prati recintati, ombreggiati da folti alberi della gomma, pieni di splendidi cavalli; campi verdi, il placido fiume lungo la valle; le vecchie stalle di pietra e legno schiarito dal tempo, e, più vicino al fiume, la casa, costruita con le pietre prese dal greto, più di cento anni prima...

    L'eredità di sua madre. No. In realtà, tutto era destinato a Billy.

    1

    L'immagine della ragazza a cavallo ancora viva negli occhi, Fareed rallentò fino a fermarsi su un ampio lastricato, davanti alla casa di pietra. Una donna di mezza età li aspettava al cancello. Andò loro incontro, appena gli ospiti cominciarono a scendere dalle auto.

    Ibrahim viaggiava di rado, ma in quei casi, amava circondarsi dal seguito. Per acquistare un cavallo, bastava la presenza dell'esperto, e la mia, pensava Fareed. Invece era scortato da automobili con autista, e austere guardie di palazzo, che forse odiavano il verde quanto lui, e che gli stavano praticamente sempre addosso, per proteggerlo. Forse, in Australia, temevano l'assalto dei canguri...

    L'autista aprì lo sportello. Le guardie, nelle uniformi nere, subito gli si allinearono davanti, sull'attenti. Quella scena sembrava voler creare una certa impressione, pensò Fareed. Strano. Ibrahim, uomo modesto, di solito non ostentava la sua posizione. Doveva esserci qualche altro obiettivo in quel viaggio; Fareed lo sospettava, conoscendo lo zio. Gli rimase accanto, mentre la donna si avvicinava.

    Vorrei proprio sapere cosa pensa di noi, si chiese, dietro quell'affascinante sorriso.

    «Sally Walker, vedova Andrews» si presentò. «Benvenuti a Dancing Waters, è questo il nome della casa, dalle acque del fiume che scorrono sulle pietre» disse, cercando di apparire disinvolta, mentre tendeva a Ibrahim la mano un po' tremante. Lui non solo la prese, ma con grande sorpresa di Fareed, vi depose un lieve bacio, cortese omaggio di tempi lontani.

    La donna arrossì. «Sultano Ibrahim ibn...» cominciò lui, ma si fermò subito. «I nostri nomi sono molto lunghi» spiegò. «Comprendono quello del padre e del nonno, e ancora molto più indietro. Andrei avanti per giorni. Mi creda, non è necessario conoscerli tutti. Mi chiami Ibrahim.»

    Cavaliere e seduttore, pensò Fareed, sempre più sospettoso.

    «Preferite del tè, caffè, o una bibita fresca?» offrì Sally.

    «Forse più tardi, mia cara. Prima i cavalli.»

    Lei si avviò verso le scuderie, parlando mentre camminava. «La proprietà si è estesa all'epoca dei miei bisnonni, interessati esclusivamente all'allevamento dei cavalli. Mio nonno ne ha addestrati alcuni, riuscendo molto bene in questa attività secondaria. La sua passione è passata a suo figlio, mio padre, e poi anche a me.»

    Vicino alla lunga e bassa costruzione dei box, c'era odore di fieno, di cavalli, di cera, di ferro battuto a caldo. Sally aprì la porta.

    Un sottile raggio di sole, filtrando dall'alto, illuminava la zona scura in fondo. Una figura femminile, snella e flessuosa, compiva gesti ritmici e precisi, strigliando il cavallo dorato che Fareed aveva visto al galoppo sui prati. Il raggio tagliava nettamente la scena, lasciando piovere sulle due figure un luminoso pulviscolo dorato, mentre il resto restava in ombra. Solo i capelli della donna brillavano come lucido rame. Sembrava un quadro a olio di un grande artista del passato. Tiziano, direi, pensò Fareed, immobile, incantato da quella visione.

    Accanto a lui, Ibrahim taceva, osservando la ragazza protesa di nuovo verso l'alto. Annuì tra sé, soddisfatto per qualcosa che Fareed non comprese.

    Il mistero del viaggio diventò ancora più fitto.

    Accidenti, erano arrivati prima che finisse. Pazienza, poteva strigliare Marac nel pomeriggio.

    Kate si rialzò, condusse il cavallo al suo posto, controllò foraggio e acqua, consapevole di avere qualche macchia sul viso, fili di paglia nei capelli e addosso odore di stalla. Ma era suo dovere stare accanto alla madre in quel momento carico di tensione. Si ripulì rapidamente viso e mani, raccolse i capelli in una treccia, e la raggiunse.

    Numerosi uomini in abiti neri, i volti austeri dalla carnagione bruna, erano intorno a un uomo di media statura. Accanto a lui, un altro, più alto di tutti, bruno, di aspetto notevole, la cui espressione rasentava il disprezzo. Completo di ottimo taglio, anche se di certo quel tipo non doveva l'ampiezza delle spalle alla bravura del sarto.

    Secondo sguardo: profilo classico, naso dritto, fronte ampia, mento deciso.

    E le labbra? Notate, sicuro. Ma chissà perché ostenta quell'espressione annoiata. Forse ritiene la visita a un piccolo allevamento di cavalli troppo banale per lui.

    «Mia figlia Kate» disse Sally. «Kate, il Sultano Ibrahim... E tanti altri nomi, però mi ha detto che non è necessario saperli tutti.»

    Kate avanzò, tese la mano al Sultano – ma i Sultani non portano il classico turbante? – poi la ritirò subito, scusandosi. «Stavo strigliando il cavallo, dovevo pensarci prima, ma era una mattina così bella, e a Marac fa bene correre, non ho resistito.»

    Il Sultano ricambiò il sorriso, indifferente all'aspetto disordinato di Kate. «Bene, vi accompagno nel giro» disse lei, superando le guardie, e affiancando il Più Bello del gruppo, il cui viso già ricordava molto bene.

    Gli lanciò una breve occhiata, attratta da qualcosa di diverso, oltre la sua espressione di disprezzo... Che forse era disgusto, per il mio odore poco gradevole, pensò. Un salto a casa, e rapida doccia, per levarselo di dosso? Così, se gli starò ancora vicino non lo sentirà. Sciocchezze, quel tipo non mi attrae sul serio. E poi non poteva piantare sua madre in asso, in quel momento. E anche tenere d'occhio Billy.

    Già. Chissà dov'era in quel momento? Pensare al carissimo, sensibile, poco sveglio Billy – il suo doloroso pensiero costante – le ricordò i problemi dell'immediato futuro. Affronta i guai quando si presentano, diceva suo padre; e anche se spesso prendeva il proverbio un po' troppo alla lettera, Kate si sentì confortata.

    Ibrahim si era fermato, e parlava quietamente a un cavallo che sporgeva curioso la testa fuori dal box. Kate sentì che non parlava in inglese, ma il cavallo sembrava comprendere, muovendo la testa come per annuire, e accettando volentieri le carezze sul collo.

    «È il fratello maggiore di Tippy, il cui vero nome è Dancing Tiptoes, perché sembra davvero danzare sulla punta degli zoccoli» disse la madre di Kate. «Shamus si è già affermato in gare locali per quelli di due anni.»

    Al suono della sua voce Shamus girò il muso verso Sally, sfiorandole la nuca.

    «Ha provato a iscriverlo a dei concorsi nazionali?» chiese il tipo alto, senza cambiare l'espressione di disprezzo.

    Sally scosse il capo. «Ecco, da quando...» cominciò, esitante.

    «Da quando mio padre è morto, due mesi fa» intervenne Kate, per alleviare la tensione del momento. «Per mia madre non è facile allontanarsi» rispose, fissando decisa quell'uomo, dallo sguardo che sembrava scrutarle l'anima. «Uno degli aiutanti è deceduto nello stesso incidente, il personale è scarso, nonostante la mia presenza.»

    Gli occhi dell'uomo, neri come ossidiana, la osservavano intensamente. Sembra sospettoso, pensò lei, un po' inquieta, e spostò l'attenzione su Ibrahim, il personaggio più importante.

    «Quindi volendo acquistare Dancing Tiptoes per inserirlo nei migliori concorsi ippici, dovrei trovare un altro allenatore?» chiese Ibrahim.

    Sally barcollò, subito sorretta dalla figlia. Il Sultano avrà notato la reazione di mia madre, pensò Kate. E anche Occhi di Ossidiana. Non gli sfugge nulla: e mi mette a disagio.

    «Vorrà vederlo, prima di discutere gli accordi sull'addestramento» propose, disinvolta. «Può darsi che l'aspetto del cavallo non la soddisfi.»

    Lo escluderei, pensò, il cuore stretto all'idea delle conseguenze per la vendita di Tippy.

    Billy, come previsto, correva sul prato con Tippy; vicini, uguali, come due creature

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