Lo stagno incantato
Di Mary Brendan
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Info su questo ebook
Rebecca Nash aveva trovato un lavoro e un tetto sotto il quale vivere grazie alla generosità di lord Ramsden, ricco proprietario terriero, che l'aveva abituata dopo la perdita dei genitori e del fidanzato. Alla morte di Robin Ramsden, Luke Trelawney, che ha ereditato la proprietà, vuole vendere tutto per tornare immediatamente in Cornovaglia. Ma non appena vede uscire Rebecca da quello stagno fra i boschi, Luke cambia idea...
Mary Brendan
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Lo stagno incantato - Mary Brendan
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Mr. Trelawney’s Proposal
Harlequin Mills & Boon Historical Romance
© 1998 Mary Brendan
Traduzione di Fabio Pacini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3053-551-0
Frontespizio. «Lo stagno incantato» di Brendan Mary1
1814
«Allora, se non ho capito male, siete di ritorno da una visita a vostra sorella a Londra, miss Nash» disse di nuovo la voce melliflua davanti a lei.
«Sì, proprio così» confermò Rebecca Nash, sforzandosi di tenere a bada impazienza e repulsione mentre sollevava lo sguardo sull’uomo che le sedeva di fronte. Contento di aver riconquistato la sua attenzione, Rupert Mayhew si appoggiò allo schienale della sua vecchia poltrona in pelle.
Rebecca si stampò in faccia un sorriso cortese e si impose di non fissare con troppa insistenza il lungo riporto di capelli biondicci con il quale il suo interlocutore cercava di nascondere la precoce calvizie. Basso e magro com’era, Rupert Mayhew non era molto attraente, ma il tratto più sgradevole della sua persona erano gli occhi, quei freddi occhi grigi che avevano continuato a braccarla sin da quando era entrata lì dentro, più o meno venti minuti prima.
Ora all’improvviso si mosse di nuovo, piegandosi verso la sua bellissima ospite mentre, con untuosa sollecitudine, chiedeva: «E la vostra cara sorella? Il nuovo bambino? Stanno tutti bene, mi auguro?».
«Sì, grazie» rispose civilmente Rebecca, sopprimendo a stento l’impulso di tirarsi indietro.
«La mia dolce consorte si trova nella medesima situazione... come mi pare di avervi comunicato nella mia ultima lettera» le ricordò lui con un sorrisetto insinuante.
Stavolta lei non riuscì a trattenere un fremito di disgusto, che si propagò lungo il suo braccio, facendo tintinnare la tazza di tè che aveva in mano.
«Non fosse stata indisposta, Caroline sarebbe stata molto felice di fare la vostra conoscenza» disse Rupert Mayhew in tono suadente. «Ma il dottor Willis è convinto che il parto sia questione di giorni, quindi al momento la mia gentile consorte si trova a Shoreham presso sua sorella, la persona più adatta a seguirla in questo delicato passaggio.»
Gli occhi grigi lasciarono il viso di Rebecca per indugiare sul corpetto del suo vestito di cotone e il lungo silenzio che seguì venne scandito dal sonoro ticchettio della vecchia pendola situata fra le due finestre. Alla disperata ricerca di un argomento capace di allentare la predatoria lascivia del suo sguardo, lei mormorò: «È una fortuna che le vostre figliastre siano qui a tenervi compagnia durante l’assenza di vostra moglie. Se ricordo bene, Lucy ha quindici anni, mentre Mary...?».
Si interruppe, aspettando che il suo interlocutore le dicesse l’età della più giovane delle sorelle, ma lui si limitò a lasciarsi sfuggire un grugnito che in teoria sarebbe dovuto essere una risata. «Sì, a volte sanno rendersi utili anche loro.»
L’espressione libidinosa, il tono sprezzante non fecero che accrescere il disagio di Rebecca. «Vi sono oltremodo grata per il rinfresco» disse gentilmente, posando la tazza vuota sul tavolo, «ma purtroppo il tempo è tiranno e io vorrei rimettermi in viaggio prima possibile. La strada per Graveley è lunga e dopo mezzogiorno il caldo diventa insopportabile. A questo punto la vostra figliastra dovrebbe essere pronta...»
Lanciò un’occhiata verso il passaggio che dava nell’atrio, poi, resistendo alla tentazione di soffermarsi ancora sulla pelata di Rupert Mayhew, si girò in direzione della vetrata alla sua sinistra. Sebbene fosse settembre inoltrato, il sole splendeva alto in un cielo completamente privo di nuvole, ma velato da un principio di foschia che lasciava presagire un altro terribile pomeriggio di afa.
Già scheletrico di suo, Rupert Mayhew riuscì nell’impresa di irrigidirsi ulteriormente. La schiena diritta come un manico di scopa, incrociò lentamente le dita ossute e sollevò uno sguardo imperioso su Rebecca, facendole capire che non aveva la benché minima intenzione di accedere alla sua peraltro cortese richiesta.
Era difficile stabilire quale dettaglio della sua persona le risultasse più repellente, se le spalle rachitiche, i perfidi occhi grigi o la totale mancanza di buona educazione. Era una fortuna che i loro precedenti contatti si fossero svolti per via epistolare, perché, dopo aver subito una volta la sua odiosa presenza, avrebbe potuto benissimo respingere la domanda di ammissione alla scuola della sua figliastra, Lucy, e Dio solo sapeva che non era nella posizione di permetterselo.
La consapevolezza di avere un disperato bisogno dei soldi della retta era piuttosto deprimente, ma Rupert Mayhew scambiò il suo sorriso amareggiato per una manifestazione di simpatia e si rilassò, una lucina ammiccante negli occhi mentre diceva: «Scusate se ve lo faccio notare, miss Nash, ma voi non dimostrate gli anni che dovreste avere per possedere l’esperienza di insegnamento della quale vi siete fregiata nelle vostre lettere».
Due attraenti chiazze rosate apparvero a macchiare la candida perfezione dell’ovale di Rebecca, che viveva il suo aspetto giovanile come una costante fonte di imbarazzo. Lieto dell’effetto che aveva avuto su di lei, Mayhew proseguì il suo esame, indugiando sulla bocca carnosa, scivolando sul delizioso nasino all’insù per fissarsi nelle profondità dei suoi occhi, due meravigliose gemme grigio verdi frangiate da ciglia dorate. Lunghi boccoli color miele si arricciavano sulle spalle del suo abito.
Tuttavia, quello che lui trovava veramente straordinario nella sua deliziosa ospite era il modo che aveva scelto per guadagnarsi da vivere, dirigendo un istituto per fanciulle di buona famiglia situato in mezzo ai boschi nelle vicinanze di un remoto paesino del Sussex. Con un viso come il suo, in grado di rivaleggiare con la Venere del Botticelli! La figura era un po’ troppo snella, per i suoi gusti, ma splendidamente modellata. Messa al posto giusto, una ragazza con i suoi talenti avrebbe potuto procurarsi ricchi protettori disposti a garantirle uno stile di vita lussuoso in cambio di un po’ di gentilezza...
Ora era pentito di non aver accettato l’invito a visitare la sua scuola a Graveley. Chiedeva rette basse, segno evidente che lottava per tenersi a galla, e lui ne aveva approfittato per tirare ancora sul prezzo durante la breve corrispondenza intercorsa fra loro, certo di avere davanti una vecchia zitella inacidita.
Ah, se solo avesse immaginato! Ma cosa ci faceva una creatura da sogno come lei sepolta in una tomba, perché era questo il ricordo che aveva di Graveley per esserci passato anni prima in carrozza. Una ventina di case grigie immerse nella perenne penombra della foresta: un sepolcro di legno. A meno che le apparenze non ingannassero. Miss Nash risiedeva nella tenuta di Robin Ramsden ed era impossibile che lui non l’avesse notata.
Il Vecchio Montone, come lo avevano ribattezzato, era famoso per la puntualità con la quale si avvaleva del suo diritto di prelazione sulla popolazione femminile sottoposta al suo vassallaggio. L’ultima lavandaia che aveva ingravidato era stata espulsa dal castello di Ramsden e spedita a far compagnia a un anziano vedovo, dando alla luce, nel giro di tre anni, due marmocchi che avevano una spiccata somiglianza con il barone suo signore.
Lo sguardo di Mayhew si abbassò fulmineamente, incollandosi alla caviglia che miss Nash aveva scoperto cambiando posizione sulla poltrona. Era proprio un peccato che avesse un’aria così sussiegosa, pensò. Probabilmente considerava inaccettabile la prospettiva di accrescere le sue entrate abbassando i suoi principi, assieme a qualche capo di vestiario, al di sotto dei suoi rigidi codici morali, ma lui era sicuro che si sarebbe divertito un mondo a insegnarle che per una donna stare sotto poteva essere molto piacevole.
«Nella prima lettera che vi ho mandato avevo specificato la mia età, venticinque anni, e non mi sembra di ricordare che all’epoca questo costituisse un problema per voi» disse freddamente Rebecca, spezzando la catena delle sue laide fantasie erotiche.
«Mia cara miss Nash, mi piacerebbe che non sentiste la necessità di mettervi sulla difensiva con me» ribatté lui in tono carezzevole, agitando mollemente la mano. «Le vostre referenze sono un’ottima garanzia. Seguendo il vostro consiglio, mi sono preso la libertà di contattare mister Freeman e lui mi ha fornito un entusia stico resoconto dei successi di sua figlia da quando ha lasciato la vostra istituzione, due anni or sono. Un fidanzamento con un visconte è sicuramente un gran colpo e mister Freeman è stato tanto generoso da attribuire ai vostri insegnamenti buona parte del merito.»
«Sono lieta di sentire che...»
Il legittimo compiacimento di Rebecca venne interrotto da un commento carico di velenosa rassegnazione. «Se foste capace di ottenere analoghi risultati con l’impudente sfaccendata che in questo momento si attarda a immusonirsi al primo piano, farei salti di gioia.»
Sentendo menzionare la sua nuova alunna, Rebecca si alzò con la lenta sicurezza di chi aveva preso la sua decisione, le morbide labbra che si curvavano in genuino divertimento mentre pensava ad Alexandra Freeman nei panni di una contessa. Se una ragazza come lei, non molto dotata e nemmeno particolarmente bella, era riuscita a sposarsi così bene, c’era speranza per tutte. Comunque, una cosa era chiara: il detestabile ometto che si era appena alzato non nutriva alcun affetto nei confronti della figliastra. Quella realizzazione le fece provare un moto di istintiva solidarietà nei confronti della quindicenne che si apprestava a conoscere.
«Be’, affrettiamoci allora. Non sprechiamo altro tempo, che potrebbe essere impiegato molto meglio per avviare Lucy sulla strada della sua fortuna» dichiarò in tono accuratamente neutrale.
Gli occhi di Rupert Mayhew erano all’altezza dei suoi e lei non era certamente molto alta. Però, ora che aveva avuto modo di osservarlo da vicino, si rese conto di aver sbagliato nel giudicarlo fragile. Sì, aveva il torace incavato, ma dalla sua figura si sprigionava una forza nervosa che sarebbe stato imprudente sottovalutare. Non si era nemmeno preso la briga di abbottonarsi completamente la camicia e la peluria grigiastra che gli spuntava dal colletto non era certo un bel vedere.
Per nascondere il ribrezzo, Rebecca si avvicinò alla vetrata che si affacciava sul giardino della splendida dimora di Rupert Mayhew. Onde di calore cominciavano ad alzarsi dall’altro pendio della vallata, esposto a sud, e lei pregò affinché Dio l’aiutasse ad andarsene di là il più presto possibile.
Quando in una delle sue lettere mister Mayhew l’aveva informata delle delicate condizioni della sua gentile consorte, si era convinta di avere a che fare con un marito protettivo e premuroso, arrivando all’incontro del tutto impreparata. Forse avrebbe dovuto insospettirla il fatto che lui non avesse sentito la necessità di visitare l’istituto nel quale la sua figliastra avrebbe vissuto per i prossimi tre anni, ma non avrebbe mai immaginato di trovarsi alle prese con una persona così vile e spregevole. In fin dei conti, Graveley distava solo quattordici miglia dal villaggio di Crosby. Evidentemente, Mayhew si era accontentato degli strabilianti risultati ottenuti da miss Freeman. Oltre a quello, la sua decisione doveva essersi basata sulla convenienza della retta, perché l’uomo non aveva l’aria di eccellere in generosità, né di spirito, né di moneta.
Un rumore improvviso strappò Rebecca dalle sue riflessioni. Dimenticando Rupert Mayhew, si girò verso la porta, sulla quale era apparsa una giovane con i capelli rossi che riusciva ad apparire graziosa a dispetto dell’espressione risentita, della bocca imbronciata e del vistoso livido rossastro che le decorava una guancia.
Luke Trelawney si prese la testa fra le mani, ma dopo un attimo reagì e si raddrizzò, scostandosi con gesto spazientito i capelli sudati dalla fronte. Un sobbalzo lo proiettò contro il duro schienale del sedile e l’imprecazione che gli sfuggì dalle labbra avrebbe fatto impallidire l’uomo che gliela aveva noleggiata. Si girò verso il finestrino, ma i ciuffi d’erba che crescevano sul bordo della strada erano tutti ingialliti dal sole e quella vista lo spinse ad aprirsi ancora di più la camicia, le dita che andavano in cerca dei piccoli bottoni di madreperla fra il volant di pizzo.
«Se avete intenzione di pranzare al Red Lion a torso nudo, non aspettatevi che mi batta per proteggere il vostro onore» commentò con un sorriso Ross Trelawney dal sedile opposto, divertendosi a stuzzicarlo anche se si era già affrettato a seguire il suo esempio.
«Maledetta calura» bofonchiò Luke Trelawney a denti stretti. «E quell’idiota del conducente deve aver sbagliato strada. Una decina di miglia fa ci aveva garantito che la taverna del Red Lion si trovava a un tiro di pietra. Giuro che se fra quindici minuti non siamo arrivati, salto giù e proseguo a piedi.» Lanciò un’altra occhiata funesta alla campagna inaridita da una lunga estate di scarse piogge, poi si rilassò, abbozzando un mezzo sorriso a beneficio del fratello. «Ve l’avevo detto che avremmo dovuto prendere una delle nostre carrozze... se era destino che oggi dovessimo arrostire, tanto valeva farlo in tutta comodità! Le molle del mio sedile sono un vero tormento.»
Ross annuì con aria comprensiva, ben consapevole della vera causa della sua esasperazione.
Luke Trelawney era uno degli uomini più ricchi e influenti della Cornovaglia. Fra i suoi possedimenti poteva vantare Melrose, una splendida villa settecentesca situata al centro di un parco lussureggiante, un’imponente flotta di vascelli da carico di stanza a Bristol e una serie di remunerativi interessi minerari fra le colline dell’interno, ma quel giorno viaggiava su una vecchia carrozza scassata ed era stato proprio Ross, sempre assetato di nuove esperienze, a convincerlo a tentare l’avventura, così, tanto per cambiare. Purtroppo, stavolta la sua voglia di novità li aveva condotti in una situazione quanto mai disagevole e lui se ne dispiaceva, perché suo fratello non se lo meritava proprio.
Luke aveva lottato duramente per raggiungere la posizione che aveva conseguito. Quando, in qualità di primo figlio maschio di Jago