Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Ballo senza musica
Ballo senza musica
Ballo senza musica
E-book259 pagine4 ore

Ballo senza musica

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Quando riceve la visita della bella Leonora Ivory che lo vuole assumere per disfarsi dell’ex marito Alexis Ricaud, il detective privato Caryl O’Hara capisce subito che sotto c’è qualcosa di strano.
O’Hara incontra poi Esmeralda, la nuova moglie di Ricaud, ubriaca e drogata, e armata con una calibro 32. Quando Ricaud viene trovato morto, apparentemente suicida, O’Hara decide di intervenire per fare giustizia.
Un investigatore privato, una donna caduta nella spirale della droga e nelle grinfie di un poco di buono. E poi un omicidio camuffato da suicidio. Gli ingredienti del noir britannico di Peter Cheyney.
LinguaItaliano
Data di uscita24 mar 2022
ISBN9791221314625
Ballo senza musica

Correlato a Ballo senza musica

Titoli di questa serie (16)

Visualizza altri

Ebook correlati

Noir per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Ballo senza musica

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Ballo senza musica - peter cheyney

    Copertina

    GialloAurora

    11

    Peter Cheyney, Ballo senza musica

    1a edizione GialloAurora, marzo 2022

    © Landscape Books 2022

    www.landscape-books.com

    Titolo originale: Dance Without Music

    Traduzione di Sofia Riva

    Edizione digitale a cura di WAY TO ePUB

    Peter Cheyney

    Ballo

    senza musica

    Prologo

    Fare il detective privato è una strana attività. Un’attività che a volte attrae tipi strani. Non necessariamente tipi cattivi. Mi è sempre sembrato che il motivo di attrazione principale per questa professione sia il desiderio di avventura; vivere una vita al di fuori della routine quotidiana – una vita irregolare, a volte noiosa e di tanto in tanto eccitante.

    Spesso, agenti di polizia esperti e responsabili – a volte di grande anzianità – diventano investigatori privati quando vanno in pensione. Anche loro – dopo una vita passata a occuparsi di crimine, caos e truffe in generale; a incontrare i tipi strani che abbondano nel mondo di mezzo della malavita – sentono ancora il fascino che porta con sé ogni caso, il richiamo di una nuova avventura o l’uso dell’ingegno contro una sequenza di eventi o persone particolari.

    Ci sono, in generale, quattro tipi di investigatori privati; e anche se questi tipi possono occasionalmente sovrapporsi, è interessante conoscerli. Sono: l’ufficiale di polizia in pensione che apre una sua agenzia; l’investigatore specializzato assunto da una compagnia di assicurazioni per indagini assicurative; l’uomo che è entrato nel gioco perché gli piace e gestisce il proprio ufficio o lavora per un’agenzia; e per finire – perché penso che sia il tipo più interessante – l’investigatore freelance che lavora per qualsiasi agenzia o organizzazione che si preoccupa di assumerlo perché gli piace il lavoro e il denaro è discreto.

    Ovviamente, il freelance deve essere bravo nel suo lavoro. Deve per forza esserlo. Se non lo è, non mangia. Dipende dal lavoro che gli viene proposto da altre organizzazioni, o dalla raccomandazione personale di un cliente soddisfatto. Di solito viene assunto in un caso perché questo presenta caratteristiche o difficoltà in cui l’investigatore è noto per essere esperto. Deve essere degno di fiducia perché non è un dipendente che può essere licenziato se fa un errore. In altre parole, vive per essere conosciuto e raccomandato come un uomo bravo e degno di fiducia, adatto a lavorare da solo; prudente – eppure uno che, nonostante la sua prudenza, se il lavoro lo richiede, correrà il rischio. Perché, che ci crediate o no, ogni investigatore privato, a un certo punto della sua carriera, deve correre un rischio. Soprattutto in Inghilterra, dove – a differenza degli Stati Uniti – non è riconosciuto in alcun modo dalle forze di polizia ufficiali, e dove i registri e le informazioni ufficiali non sono (o non dovrebbero essere!) a sua disposizione.

    Il lavoro che arriva al freelance è vario. Spesso si tratta di un’indagine estremamente confidenziale, essenzialmente segreta, che il capo di un’agenzia preferisce sia gestita fuori dall’ufficio per una serie di ragioni. A volte il lavoro riguarda casi di divorzio. Questi casi sono spesso più interessanti di quanto appaia in superficie. A volte un’indagine di divorzio presenta le caratteristiche più eccitanti e acute. Spesso le prove effettive – per quanto sordide possano sembrare – fornite all’udienza di una causa di divorzio, presentano solo un piccolissimo particolare di un quadro che, molto spesso, è iniziato con l’amore; è passato all’indifferenza, alla sfiducia e all’infedeltà; è finito con l’odio e peggio dell’odio.

    Deve essere ovvio che l’investigatore privato è soggetto a molte tentazioni. A volte cede. Gli investigatori privati sono umani come gli altri. Possono essere buoni, cattivi o indifferenti. Ma se hanno dei difetti, bisogna ricordare che hanno anche delle virtù. Servono al loro scopo, altrimenti non esisterebbero.

    E se raramente corrispondono all’immagine dell’investigatore privato invariabilmente morale, schietto, brillante e virtuoso presentato nel solito romanzo poliziesco; se sono abbastanza umani da non possedere tutte – o nessuna – di queste qualità, sono comunque spesso adeguati a guidare i loro clienti attraverso i difficili labirinti della vita e alla fine a scrivere chiuso su una cartella in cui sono riportati gli appunti di qualche storia segreta che, se pubblicata, potrebbe forse avere un impatto positivo per loro.

    Questa è la storia di Leonora Ivory, di Alexis ed Esmeralda Ricaud, di John Epiton Pell e di poche altre persone che sono entrate, hanno recitato la loro piccola parte e sono uscite – o sono state spinte fuori di nuovo.

    È anche una parte della mia vita perché ho gestito l’affare Ivory fin dall’inizio e ho cercato di raccontare la storia senza fronzoli.

    Cheyney l’ha scritta abbastanza bene come gliel’ho raccontata. Ha trovato necessario modificare i nomi, cambiare le date e le località e le linee temporali.

    Ma, fondamentalmente, la storia differisce poco da quella che gli ho raccontato dopo il nostro primo (e ormai storico!) incontro al locale di Trubshaw – The Lamb Inn – sulla strada Eastbourne-Hastings nel 1946.

    CARYL WYLDE O’HARA.

    Steynehurst, Vicino a Wych Cross

    Sussex.

    Febbraio 1947.

    I.

    Lunedì — Ivory

    1.

    La strada sembrava un fiume che non portava da nessuna parte. Proprio così. I lampioni si riflettevano fiocamente sulla sua superficie piatta e bagnata.

    Le case e i negozi ai lati, i marciapiedi, erano immersi nell’oscurità. Non si vedevano. Tutto quello che si poteva vedere era la superficie piatta della strada curva con il riflesso delle lampade e un’ombra occasionale che dava l’impressione come se stesse scorrendo un fiume.

    Mi fermai all’angolo per accendere una sigaretta. Avevo guardato quella maledetta strada così spesso – in così tanti momenti diversi della notte o del giorno – che ne conoscevo ogni centimetro. E non mi piaceva. Pensavo che, in una classifica delle strade, fosse di seconda categoria e che tutto in essa fosse così, compreso l’ufficio. Quell’ufficio era proprio di seconda categoria. Lo ero anch’io. Ero peggio che di seconda categoria. Al momento avevo solo pochi centesimi per la spesa e per favore restituisci i vuoti.

    Uno di questi giorni, pensai, lascerò questa discarica e andrò da qualche parte dove ci sono campi verdi e stupide mucche a pascolare. E tramonti. E niente alcolici. Dove le donne sono donne e gli uomini non se la prendono troppo per questo.

    Qualcuno – Montaigne o qualche cervellone del genere – ha detto che le avversità sono il momento giusto per la filosofia. Col cavolo. La filosofia è il processo di adattamento di un nuovo stato d’animo a un insieme di circostanze estremamente noiose. Il che mi sembra come simpatizzare con un mal di denti. Non serve a molto, ma non peggiora la situazione. Si ha solo l’impressione.

    Qua e là lungo la strada si vedevano le luci posteriori delle auto parcheggiate. Come lucciole sul fiume. Superai una Armstrong-Siddeley nuova. Sembrava elegante e fuori posto. Quando aprii la porta dello stabile, l’odore della polvere mi raggiunse di colpo. Ci ero abituato, ma stasera sembrava peggio che mai. Cominciai a salire. Salii lentamente, mentre prendevo la decisione. Cosa che di solito riesco a fare molto rapidamente. Potevo prendere i soldi di Pell, chiudere l’ufficio e uscire a prendere un po’ d’aria fresca, oppure potevo restarmene lì e vedere cosa succedeva. Ho pensato che se qualcosa stava per succedere non sarebbe successo immediatamente... o no? Come facevo a saperlo?

    Mi sembrava che la questione dovesse essere decisa con un buon whisky. C’era una mezza bottiglia in ufficio. L’unica cosa buona là dentro.

    Mi avviai lungo il corridoio del secondo piano. Passai davanti a tutti gli uffici piccoli e squallidi dove strani tipi si presentavano come agenti di questo e quell’altro e spesso sembravano seccati a morte. Alla fine c’era la mia porta. E dentro c’era una luce accesa.

    Era divertente. Ma forse no. Forse Pell aveva già inviato il denaro. Poteva essere. Ma ne dubitavo. Non mi era parso che Pell avesse fretta di pagare... nemmeno quando il denaro era così ben guadagnato come questo.

    Eppure... non si sa mai.

    Aprii la porta ed entrai nell’anticamera. La porta della stanza interna era semiaperta e la luce era accesa, annusai velocemente l’aria e sentii un profumo, un buon profumo.

    Spinsi la porta ed entrai. Mi fermai appena dentro e guardai bene. Questa, pensai, è la fine perfetta per la giornata.

    Era seduta nell’unica grande poltrona di pelle di fronte alla mia scrivania. Era rilassata e le sue braccia giacevano lungo i lati della sedia. Mi guardava freddamente come se fossi una nuova specie di animale. Non in modo sgradevole, ma con un interesse distaccato, piuttosto vago.

    La guardai per un bel po’. Indossava un vestito rosa opaco con sopra un cappotto dello stesso colore. Le tasche e il colletto del cappotto erano di velluto blu polvere. Il cappotto era aperto in vita e mostrava una figura molto invitante. Il cappello era di feltro rosa opaco con un nastro blu in tinta con il velluto. Sotto, i capelli castani brillavano di tinte bronzee. Le calze erano velate e costose e portava delle scarpe blu glacé. I suoi guanti e la sua borsa erano sulla mia scrivania. Portava due o tre anelli d’oro e un prezioso fermaglio di diamanti.

    Frugai in tasca in cerca del pacchetto di sigarette. Ne tirai fuori una e l’accesi. La stavo ancora guardando. Il suo viso era allungato e a forma di cuore. Aveva occhi sottili e un naso dritto, una bocca con un labbro superiore corto, e una di quelle carnagioni che ci vogliono circa quattro generazioni di trattamenti di bellezza per acquisire. E sembrava non preoccuparsi molto di nulla.

    Dissi: — Buona sera. — Vado dietro la mia scrivania, mi tolgo il cappotto e il cappello, li appendo all’attaccapanni dietro la sedia e mi siedo. Accesi la lampada della scrivania, presi la mezza bottiglia dal cassetto inferiore, tolsi il tappo e bevvi un lungo sorso. Mi fece rabbrividire un po’. Mi ricordai che era da un po’ che non mangiavo. Rimisi la bottiglia nel cassetto.

    Sembrava leggermente divertita. Disse: — Voi siete il signor O’Hara, vero? — Annuii.

    — Quando siete arrivata? — chiesi.

    — Verso le dieci e mezza. Il signor Pell ha detto che pensava che sareste tornato dopo aver bevuto. Ha detto che pensava che avreste bevuto un po’ questa sera.

    — Vi ha detto perché?

    Lei annuì. Un piccolo movimento della testa. Ogni volta che faceva un movimento volevi che lo ripetesse. Valeva la pena di guardarla, se capite cosa intendo. — Ha detto che avete passato la maggior parte della giornata in tribunale per il caso di divorzio, e che secondo lui l’avvocato è stato piuttosto scortese.

    Sorrisi. — Per usare un eufemismo, — dissi. — L’avvocato dela difesa mi ha fatto a pezzi. — Scrollai le spalle. — Uno dei rischi della mia professione.

    Lei si agitò un po’. — Non è stato molto gentile, vero? Ha detto che siete senza scrupoli, tirchio, che razzolate nel letame. Ha detto che era spaventoso che una prova come la vostra fosse necessaria o possibile; che dovevate aver perso ogni senso della decenza per esservi impegnato a portare quella prova.

    Dissi: — Si vede che avete letto i giornali della sera. Resta il fatto che la mia prova ha chiuso il caso. — Lei annuì. — Nessuno ha detto che razzolate invano nel letame, — disse lentamente. Stava quasi sorridendo.

    Tirai fuori la bottiglia e bevvi un altro sorso. — E mi avete aspettato qui per dirmi questo?— domandai. Me lo stavo chiedendo.

    Lei scosse la testa. — Avete lavorato per l’agenzia Pell, credo. Oggi sono andata da Mr. Pell per chiedergli di gestire alcuni affari per me. Non gli è piaciuto affatto. Mi ha detto del caso in cui avete testimoniato. Ha detto che non si sarebbe mai occupato di un altro caso come quello dopo le botte che avete preso questo pomeriggio.

    Aspirai una boccata di fumo. — Mi piace. Io mi occupo del caso. Io prendo le botte e Pell piagnucola. Tutto qui?

    — No, — disse lei. — Quando gli ho detto quello che volevo ha detto che non voleva avere nessuna parte in questo. Ha detto che dopo oggi ha chiuso con qualsiasi cosa del genere. Ha detto che vi avevano assunto e che avete ottenuto le prove con i metodi più immorali – giudicati secondo gli standard più bassi. Pell ha detto chemai, in nessuna circostanza vi avrebbe più assunto. Ha detto che dopo oggi dubitava che qualsiasi agenzia investigativa vi avrebbe assunto.

    — Molto carino da parte sua, — dissi. Sorrise di nuovo. — Pell non ha mai avuto un senso di gratitudine troppo sviluppato.

    Decisi di finire il whisky. Poi pensai che non l’avrei fatto. Quella faccenda mi interessava.

    Mi sono seduto lì, aspirando dalla mia sigaretta e guardandola. Era abbastanza imperturbabile. Sembrava che non le importasse di essere guardata. Era rilassata, riposata. Conosceva la propria mente, quella lì. Era il tipo di persona che sapeva cosa voleva e andava dritta per la sua strada. Era così dannatamente sicura di sé che poteva permettersi di stare tranquilla e non preoccuparsi delle reazioni degli altri. Ed era molto bella da guardare. Perciò ho continuato a guardarla.

    Dopo un minuto ha detto: — Bene... non avete intenzione di dire nulla, signor O’Hara? — Prese la sua borsetta. — E vi dispiace se fumo?

    — Fate pure, — dissi. Misi la mano in tasca per prendere l’accendino, ma lei mi batté sul tempo con un piccolo Ronson d’oro. Accese la sigaretta, una di quelle grosse e costose egiziane, inspirò e si sedette a guardare il muro dell’ufficio. Dopo un po’ ripeté: — Allora...?

    Chiesi: — Beh... cosa? Dovrei reagire, vero? Dovrei dire qualcosa su quello che mi avete appena riferito su Pell che non vuole più utilizzarmi – non importa quanto economico io sia – dopo l’affare di oggi? Beh... non reagisco. Forse dovrei dire che l’avvocato parlava a vanvera; che stavo semplicemente facendo il mio dovere; che qualcuno deve razzolare nei mucchi di letame nei casi di divorzio?

    Soffiò un anello di fumo. Quando lo faceva, arricciava la bocca e questo era sicuramente qualcosa da guardare. Ti mostrava come sarebbe stata la sua bocca se ti avesse baciato. Pensai che se fosse arrivata fino a Hollywood, e un produttore avesse dato un’occhiata a quell’anello di fumo, l’avrebbe ingaggiata per sempre. Non che il suo tipo sia mai dovuto andare a Hollywood.

    Presi una nuova sigaretta.

    — Forse, — continuai, — dovrei dire che Pell è un pidocchio. Un tale pidocchio che ha passato la responsabilità a me in questo affare in modo da poterne restare fuori, raccogliere un sacco di soldi da un ricco cliente, e mantenere il muso pulito. Forse dovrei dire tutto questo. Beh... Non lo dico.

    Alzò le sopracciglia e mi lanciò una rapida occhiata. Aveva occhi azzurri chiari, tranquilli e calmissimi.

    Lei disse: — Esattamente cosa state dicendo allora?— Le sorrisi.

    — Che diavolo ha a che fare con voi? — chiesi.

    Lei rise. Mi piaceva sentirla ridere. Era una specie di leggera increspatura, ed era una risata divertita. Diceva sul serio.

    — Certo, avete perfettamente ragione, — disse. — Non ho nemmeno spiegato la mia presenza qui. Volevo sentirvi parlare.

    — Beh, mi state sentendo parlare. E non sto nemmeno facendo pagare il biglietto d’ingresso. Cosa vorreste dopo? Devo recitare o passare al mio numero di canto e danza?

    Si alzò. Per un momento pensai che se ne stesse andando. Per qualche secondo cominciai a essere un po’ deluso. Ma era tutto a posto. Dopo essersi alzata, girò la sedia in modo che fosse rivolta verso di me. Poi si sedette di nuovo e incrociò le gambe. Le sue gambe e caviglie si abbinavano al resto del vestito. Tutto era decisamente molto bello.

    Spense la sigaretta nel posacenere. Disse: — Immaginiamo, solo per il gusto di discutere, che io abbia una sorta di diritto di essere qui; che non vi dispiaccia parlare con me; che voi sappiate chi sono; che...

    Risi. — Preferisco immaginare che mi paghiate. Mi piace di più.

    — Molto bene. — Fece un’altra di quelle piccole risate. — Immaginate questo, allora. E continuate a parlare. Avete finito specificando che non stavate dicendo nessuna delle cose che mi aspettavo diceste... sul signor Pell. E sulle cose che lui ha detto di voi.

    — Giusto, — dissi. — Questo era il punto. Non sto dicendo nessuna delle cose previste, perché se lo facessi non sarebbero vere.

    "Sapevo tutto di quel caso quando Pell mi chiese se mi sarei impegnato a raccogliere le prove. Lo sapevo prima di tutto per quello che mi aveva detto, e anche perché sono un ottimo investigatore, e avevo un’idea abbastanza precisa di come la cosa avrebbe preso forma. Ottenere prove in cause di divorzio, quando le parti pagherebbero bei soldi per vedersi l’un l’altro stesi su una lastra dell’obitorio, non è mai un affare per persone dallo stomaco sensibile. Le prove non sono mai particolarmente belle, e i metodi usati per ottenerle sono di solito estremamente immorali, per non dire altro. Lo capite questo?

    Annuì. Aveva capito.

    — Immaginavo anche che dopo Pell mi avrebbe gettato in pasto ai leoni, — continuai. — Sapevo che lo avrebbe fatto. Ma i suoi clienti avrebbero vinto la causa e perché diavolo avrebbe dovuto preoccuparsi di me? Tutto quello che Pell avrebbe potuto fare sarebbe stato lavarsene le mani e dire che l’intera faccenda era troppo sconvolgente; che se avesse saputo di che tipo di affari si trattava in primo luogo non l’avrebbe toccato nemmeno con una pertica – e tutto il resto. Sapevo tutto questo prima di iniziare.

    Lei annuì di nuovo. — Allora per favore ditemi, — chiese, — perché l’avete fatto?

    — Non siate sciocca, — dissi. Mi alzai e feci il giro della scrivania. Mi allontanai dal lato della scrivania e la guardai. Da quell’angolazione sembrava abbastanza buona da mangiare, tranne per quella specie di aura fredda intorno a lei che ti ricordava l’Islanda. — Non siate sciocca, — ripetei. — Perché pensate che l’abbia fatto? Sapevo che c’era dell’oro su quelle colline. Cento in anticipo; venti al giorno per le spese; e mille sterline alla conclusione positiva della causa; ovvero il decree nisi. Bene... loro hanno il loro decree nisi e io posso avere le mille sterline.

    Si spostò un po’. — Pensate che ne sia valsa la pena?

    Scrollai le spalle. — Non penso mai a cosa vale cosa. Non sono così. Ho soppesato tutto e ho concluso che quello che mi spettava valeva le mille sterline.

    — E avete ricevuto i soldi?

    — Non ancora, — risposi. — Li avrò domani.

    Lei disse: — Non credo.

    Aspirai dalla mia sigaretta. Domandai: — Che vuol dire?

    — Mr. Pell ha parlato con me, — disse. — È stato molto franco su tutto questo. Non ne era affatto contento. Penso che mi abbia parlato molto più liberamente del solito perché sembrava che volesse impedirmi di fare qualcosa che volevo fare; qualcosa che pensava sarebbe stato molto stupido. Lui...

    — Diamo per scontato tutto questo, — dissi. — Perché non verrò pagato?

    — Sembra pensare che il perdente del caso di oggi – il convenuto – non ne sia affatto contento. — Lei sorrise, un piccolo sorriso morbido. — Per niente contento. Potete capirlo. Sembra che il convenuto stia minacciando ogni sorta di cose da questo pomeriggio. Una delle cose che dice è che metà della vostra prova, sostenuta come sembrava da una testimonianza indipendente, era falsa; e il testimone indipendente è stato corrotto... da voi. Mr. Pell dice che aspetterà di vedere cosa succede; che potrebbe esserci un’indagine sul caso, e che non vi pagherà finché non lo saprà. Questo non è un bene per voi, vero?

    — No, — fui d’accordo. — Non è un bene. È stato carino da parte vostra venire qui a parlarmene. Mi piace. È molto amichevole.

    Calò il silenzio, uno di quei silenzi che potresti tagliare con un coltello. Tornai indietro e mi sedetti sulla sedia.

    Chiesi: — E a questo punto?

    Aprì la sua borsa; tirò fuori un’altra sigaretta. La accese. Disse: — Non siete terribilmente curioso, vero? — Quando lo disse, mi guardò e sorrise dolcemente.

    Dissi: — Ho smesso di essere curioso anni fa. La gente è curiosa solo quando qualcosa nella vita la sorprende. Niente mi sorprende.

    Lei disse: — No? — inarcando le sopracciglia.

    Continuai: — Quando fai l’investigatore privato da tanto tempo come me, se c’è qualcosa che ti

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1