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A due passi da qualcosa
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E-book362 pagine4 ore

A due passi da qualcosa

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A DUE PASSI DA QUALCOSA

Quarto appuntamento con Gìa Fort Shoping, per gli amici Jey, della serie Jey & Heleonor. 
Jey ha lasciato Parigi di gran fretta a seguito degli ultimi rocamboleschi avvenimenti. Si è rifugiato a Firenze, insieme alla sua compagna Brigit, deciso a dedicarsi esclusivamente alle sue ricerche sul Rinascimento e su Raffaello. Purtroppo continua a essere condizionato dal peso di una presunta vita precedente vissuta nelle vesti di un personaggio troppo ingombrante, dalle ricorrenti percezioni extrasensoriali e dalle situazioni inquietanti che sembrano calamitarlo. Infatti, anche a Firenze si ritrova al centro di una vicenda angosciosa. Brigit ritiene che sia il dottor Tyler - psicologo lunga mano di potenti servizi americani - a coinvolgerlo intendendo sfruttare le sue doti extrasensoriali. Per l’ennesima volta Jey si trova a combattere tra fantasmi del passato e realtà. Questa volta però, nel corso delle indagini che condurrà insieme al Vice Ispettore Bruker della polizia italiana, c’è anche uno sprazzo di luce: l’incontro con giovani esseri eccezionalmente dotati, starseed?, che gli aprono la visione di un nuovo mondo. È a due passi da qualcosa che potrebbe dare un senso alla sua vita ma, il percorso da compiere è ancora lungo. 


Biografia
Gìa Fort Shoping è il nom de plume di Giancarlo Acquisti, autore e compositore. Studioso di musica del periodo barocco, ha realizzato una Collana Monografica in CDAudio “From Baroque To The Present” (www.proclassica.org) distribuita dalle Major The Orchard e eMusic in tutto mondo.  Autore di Servizi e Colonne Sonore per RAIUNO e RAIDUE e di sigle musicali per gli ‘speciali’ del TGUNO, ha pubblicato e prodotto all’estero e in Italia con FONIT-CETRA, RCA, SYMPHONY HOUSE-New York, PAUL SIEGEL-Berlino, SAMPAOLO AUDIOVISIVI, BIDERI, . Editorialista musicale dei mensili ‘Progress’ e Progress International’ dal 1998 al 2006. Nel 2004 figura nelle classifiche mondiali diffuse dalla major newyorkese ‘eMusic’ tra i dieci musicisti di maggior rilievo del ventesimo secolo. Per il teatro ha scritto il libretto e composto le musiche dell’Opera Musicale Moderna “Raffaello e la leggenda della Fornarina” (www.raffaelloelaleggendadellafornarina.com) andata in scena al Teatro Argentina di Roma nel 2011, ai Musei Capitolini nel 2014.
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2022
ISBN9791221377576
A due passi da qualcosa

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    A due passi da qualcosa - Gìa Fort Shoping

    Gìa Fort Shoping

    A due passi da qualcosa

    UUID: 72290bb9-88fc-4e3d-94f5-e98ba3bf497b

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    Sintesi Romanzi precedenti della serie Jey ed Heleonor di Gìa Fort Shoping

    QUELLA STRANA MORTE in via di Santa Dorotea

    PRIMA DI ESSERE CÒSA

    REDDE RATIONEM

    LEGENDA

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    LXII (62)

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    Ringraziamenti

    immagine 1

    Sintesi Romanzi precedenti della serie Jey ed Heleonor di Gìa Fort Shoping

    QUELLA STRANA MORTE in via di Santa Dorotea

    Un COLD CASE datato 6 Aprile 1520 - Romanzo 1(1ª uscita 2015 - 3ª Edizione Aprile 2020)

    Lui, Gìa Fort Shoping, per gli amici Jey, è uno scrittore-giornalista, disegnatore di comic books, un po’ sfigato, un po’ scettico e impudente, dedito più al rum che alla scrittura ma sempre alla ricerca di uno scoop. Lei, Heleonor, fisico sensuale, splendide gambe lunghe e affusolate e una seducente chioma rosso Tiziano, è una restauratrice che lavora con contratto a termine in una importante galleria d’Arte Antica di Roma. Heleonor durante un intervento conservativo sul famoso ritratto della Fornarina, opera di Raffaello, intravede sullo sfondo della tela leggerissimi tratti di un viso che le pare di avere già visto su un cartone conservato negli archivi del British Museum. In quel cartone la mano sembrava inequivocabilmente di Raffaello. Ma, aspetto inquietante, quel cartone portava la data del 1756! Vale a dire 216 anni dopo la sua morte. Heleonor vuole rintracciare il cartone per chiarire questa assurdità e coinvolge Jey – incontro casuale o segno del destino? - in una difficile se non irrazionale ricerca che li porta prima a Londra e poi a Edimburgo dove resteranno coinvolti in due delitti.

    Un viaggio tempestoso che impegna medium esperte nel provocare e gestire regressioni ipnotiche. Ma Jey ed Heleonor cosa conservano nel loro inconscio? Chi sono realmente?

    Ma come è morto veramente Raffaello?!

    PRIMA DI ESSERE CÒSA

    Romanzo 2 (2016)

    Jey e Heleonor si incontrano a distanza di alcuni anni dalla sconvolgente vicenda che ha segnato le loro esistenze (v. ‘QUELLA STRANA MORTE in via di Santa Dorotea’). È ancora una volta la esuberante e imprudente Heleonor a mettere in moto una serie di eventi coinvolgendo Jey e distogliendolo dalla sua abituale indolenza. Alla caccia di una antica cista, reperto archeologico rubato a un ricco collezionista romano, battono le strade di Manhattan lasciando dietro di loro, involontariamente, una scia di delitti. Poliziotti del NYPD, falsi agenti che operano sotto copertura, donne dal fascino assassino avvolte nel mistero, psichiatri che studiano ibridi, strane Agenzie e Agenti che fanno capo al Congresso Americano…

    A un certo punto il recupero della cista è diventato un fatto di secondaria importanza. Ben altri tragici contesti disegnano il percorso di Jey ed Heleonor.

    REDDE RATIONEM

    Romanzo 3 (2018)

    Gìa Fort Shoping, per gli amici Jey, non è ancora riuscito a metabolizzare gli avvenimenti di Manhattan, segnati da una lunga scia di sangue; e tanto meno i momenti di regressione durante i quali ha rivissuto una vita precedente. A nulla vale affogarsi nel suo amato rum. Lasciata New York, trascurando momentaneamente la sua attività di cartoonist per una importante rivista americana, si è sistemato a Parigi a caccia di segni e conferme di quel passato rivelatogli da due medium nel corso delle sedute regressive. A Parigi ha fissato il suo ‘campo base’ nel Quartiere Latino, in un bistrò gestito da Brigit sua attuale compagna. Mentre sta esaminando al Museo del Louvre un quadro che lo richiama a cose passate, viene raggiunto dalla bella Heleonor - i rapporti tra i due non sono più quelli di una volta - che lo informa di ricevere angoscianti messaggi sul cellulare. Sono gli stessi che riceve anche lui. Le loro giornate ora sono nuovamente sconvolte da vicende che si ripropongono con pari violenza: vecchie conoscenze, superdotate con poteri di mutante, psichiatri che fanno capo al Campidoglio americano, scienziati dell’area 51... E ancora delitti.

    LEGENDA

    immagine 1

    (La spirale si muove dall’esterno verso l’interno)

    Gìa Fort Shoping, per gli amici Jey, entra in uno stato di regressione mentale nel tempo, e rivive situazioni di una vita precedente con una percezione, sensoriale ed emozionale, diretta. I capitoli hanno la numerazione romana e il testo in consueto tondo.

    I passaggi, anche intermedi, in cui Jey le rivive sono contraddistinti dal carattere corsivo, preceduti e chiusi dal segno ortografico: ~ ~ ~ ~ ~

    immagine 2

    (La spirale si muove dall’interno verso l’esterno)

    Jey esce dallo stato di regressione mentale nel tempo , rientra in sé stesso ritornando quindi alla realtà del momento che vive.

    In Corsivo i momenti in cui Jey ed Heleonor comunicano fra di loro telepaticamente.

    I momenti delle elucubrazioni e le percezioni extrasensoriali di Jey sono preceduti e chiusi dal segno ortografico: ~ ~ ~ ~ ~

    1

    Niente di niente. Nisba.

    Nisba lo diceva un vecchio chitarero che ho conosciuto a Napoli. Posteggiava stabilmente in piazza Sannazzaro e biascicava quel ‘nisba’ guardando sconsolato la custodia aperta del suo strumento in cui non c’era neppure un gettone del telefono (ne circolano ancora per fregare la gente…). Nisba me lo dico ora io.

    Non si vede nessuno.

    Stamani, sommerso da una folla vociante accalcata alle ampie vetrate che danno sull’Arno e su Ponte Vecchio, ho avvertito appena appena la chiamata. In Galleria i cellulari devono essere spenti. Così impone il regolamento del museo. Io, abitualmente smarrito nel labirinto della mia mente, l’avevo lasciato acceso. Ma non lo sentivo. Chissà da quanto squillava...

    Quando ho risposto la voce dello sconosciuto dall’altro capo del telefono arrivava debole e a intermittenza, un balbettio confuso. Il casino degli eccitati turisti: «… wow! …blimey! …krass! … waa, …kirei desu! (i turisti giapponesi sono molto contenuti…) complicava l’ascolto.

    Forse ho frainteso dove incontrarci, o forse non era per oggi, o forse… il rum…

    Ora, rispetto a stamani in Galleria, intorno a me c’è un grande silenzio piacevolmente rotto, di tanto in tanto, dal fruscio delle fronde che si muovono alla leggera brezza della serata che incombe. Mi guardo intorno…

    Il panorama è splendido, rilassante, un continuo alternarsi di colline morbide e spigolose punteggiate da macchie di cipressi. Vedo tutta la vallata fino ai rilievi lontani mentre l’ampio paesaggio si sta abbandonando mollemente alla leggera foschia del tramonto.

    Anch’io mi abbandono svuotato dei miei pensieri, non so mai dove vadano a nascondersi, perso nel nulla. Un nulla pieno di nulla. Ci fosse un’amaca, i due alberi per sostenerla li ho davanti agli occhi, mi arrenderei a un momento di letargo.

    Rientro in me, operazione difficile se nessuno ti ha mai spiegato bene come fare. C’è sempre qualcosa che ti sfugge e ti impedisce di prendere per la coda l’ultima scintilla o almeno imbucarti nella sua scia per riagganciarti al presente.

    Aspetterò ancora una mezz’oretta e poi, se non si fa vivo nessuno, me ne ritorno a casa. Comunque sono stato uno sprovveduto a venire fin qui senza indicazioni precise. Colpa del mio congenito impulso a essere sempre pronto e disponibile a cogliere ogni eventuale spunto per le mie ricerche.

    Se ha interesse a contattarmi richiamerà. Sono seccato soprattutto per la faticaccia che ho dovuto fare per raggiungere questa chiesetta.

    Ho lasciato la mia vecchia Panda ad almeno un chilometro perché da lì la strada era troppo ripida e non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere. Gli ultimi cento metri, un sentiero sassoso e dissestato, sembravano fatti apposta per spezzare le reni ai sovrappeso come me.

    Ancora quindici minuti e poi alzo i tacchi.

    Più che una chiesetta, come mi pare dicesse la voce al telefono, mi sembra una cappella votiva costruita a ricordo di qualche avvenimento prodigioso o come punto di sosta per tirare il fiato dopo la salitaccia. O in memoria di qualche dissennato cui è scoppiato il cuore dopo aver raggiunto la cima.

    Le dimensioni del portale sono normali, forse leggermente superiori a quello che la facciata - nuda e severa, in tufo di Riano - richiederebbe al senso estetico di un architetto.

    Ho colto l’invito pensando che le cappelle spesso conservano al loro interno qualche oggetto di valore, un dipinto anonimo o malconcio, probabilmente opera di un ‘qualcuno’ che potrebbe…

    Lungo i ripidi tornanti due macchine stanno salendo stancamente, appaiono e scompaiono. Al bivio una prende a sinistra ma si ferma subito in una rientranza in piena curva. Se l’hanno pensata come punto di sosta, beh… sono proprio dei volpini. L’altra continua sul percorso che ho fatto io. Sarà il mio sconosciuto telefonista.

    Improbabile che riesca ad arrivare fin qui con la macchina. Dovrà fare l’ultimo tratto a piedi e per raggiungermi occorreranno ancora una quindicina di minuti.

    Mi siedo sull’unico scalino che dà accesso alla chiesetta-cappella e appoggio la schiena al montante del portone, non trovo altro appoggio. Dopo pochi minuti però mi devo alzare perché ho la sensazione di essermi seduto su una graticola.

    Poggio la mano destra per sollevarmi faticosamente e la sento impiastricciata da qualcosa di umidiccio, di appiccicoso. La ritiro di scatto, la guardo schifato e osservo il rigagnolo che esce dal battente. Disgustoso.

    Fisso attentamente la porta… Urca! non me ne ero accorto, è socchiusa. Forse chi mi ha telefonato era già dentro e… Apro con cautela, faccio qualche passo nella penombra rotta da un tenue fascio di luce proveniente da una finestrella laterale alla ricerca di un’acquasantiera. Devo urgentemente pulire la mano, la cerco ma, passando dalla luce esterna all’ombra interna della chiesetta, la vista è appannata e non riesco a distinguere bene…

    … S L A P!

    Il colpo sulla spalla è improvviso, la pressione di qualcosa sul mio sensibilissimo muscolo trapezio mi procura uno spasmo faringo-esofageo, provo un senso di soffocamento e per un attimo mi si blocca il respiro.

    Solo per un attimo?

    2

    «Non si muova! Non si alzi.»

    «Che diavolo succ…» borbotto frastornato.

    «Zitto, non fiati.» Il tono è perentorio e non lascia spazio alla minima reazione. «Ho una pistola puntata su di lei e non esito a usarla se necessario. Tonio, tiralo su.»

    «Ma che diavolo…»

    «Le ho ordinato di tenere la bocca chiusa! Parlerà quando glielo dirò io.» Resto muto come un pesce.

    «Tonio, tiralo su e perquisiscilo. Alzi le mani e apra le gambe.»

    Mentre faticosamente mi alzo, sento le ossa scricchiolare. Due mani ruvide e impietose mi tastano per tutto il corpo.

    Un’imboscata? Se sì, ci sono caduto dentro come un tonno che riesce a inscatolarsi da solo.

    «Pulito. Nessun’arma. Ha due tesserini: New York State ‘Driver’s License’, c’è il suo faccione.»

    «È una patente di guida. Intestazione?»

    «Gìa… Fort… Shoping…»

    «Nome fasullo, comunque leggi bene, sarà Shopping…»

    «No, c’è solo una ‘p’.»

    «Somaro o poco scaltro, sarà un minchione. E l’altro?»

    «Una carta di credito della Banca d’America. Stesso nome.»

    «E poi?»

    «Chiavi auto… altre che presumo di casa… una fiaschetta in acciaio che puzza di whisky.»

    «Rum.» Sussurro io.

    «Zitto! Non fiatare.» È passato al tu, la situazione si complica. «Sicuro che non abbia armi nascoste?»

    «Nessuna.»

    Subentra un lungo silenzio. Evito ogni movimento, non si sa mai… chissà nelle mani di chi sono capitato.

    «Legalo bene a… a… all’inginocchiatoio di quest’ultimo banco. Se tenta di scappare dovrà trascinarselo dietro. Diamo un’occhiata alla canagliata che avrà combinato.»

    «Mi creda io non…»

    «Ma allora non capisci l’italiano, te lo devo dire in inglese? Shut up!» Il suo inglese lascia a desiderare.

    Non replico. Arriverà il momento, per ora mi affido alla misericordia divina, anche se sono un seguace di Protagora [1].

    Tonio, deve trattarsi di un sadico, mi aggancia con una ruvida corda tra il montante e l’inginocchiatoio e io mi trovo con la faccia schiacciata sulla mensola-libreria. Un vecchio vangelo, presumo, mi stampa il suo dorso sulla guancia. Chiara rivalsa al mio agnosticismo. Fortunatamente Tonio si rende conto di avermi bloccato in una posizione decisamente infelice e allenta i legacci, non è un sadico, e ora posso finalmente sbirciare i due che mi stanno bistrattando.

    Tonio ha l’aspetto del pacioccone, di un uomo portato alla giovialità. Basso, grassoccio con un accenno di pancetta, le braccia nodose che terminano con due badili e movimenti agili. Deve essere uno navigato, che ne ha viste tante e quindi temprato ad affrontare situazioni scabrose ma piuttosto restio a comportamenti rudi.

    L’altro, quello che conduce il gioco, è molto giovane, magro con un naso importante che dà carattere al suo viso. I suoi movimenti sono piuttosto impacciati, istintivamente lo inquadro nella categoria ‘insicuri’, un insicuro che si barrica dietro una maschera da duro.

    La mano appiccicosa mi sta creando un grande disagio e, per soprammercato, mi si stanno intorpidendo gamba e braccio sinistri… l’alluce di un piede sta entrando in parestesia. Provo faticosamente a guardarmi intorno.

    A qualche metro, raggomitolata tra due banchi, mi sembra di intravedere una massa scura. Continuo nella difficoltosa esplorazione.

    La parete, l’unica che riesco a inquadrare, ha un’incavatura giusta giusta per ospitare un dipinto ma, per quel poco che riesco a distinguere, ora non c’è.

    Nasone è fermo sulla massa scura, la osserva attentamente, la muove col piede e dopo qualche minuto di riflessione chiama Tonio con tono pensoso.

    «… vieni un po’ qui…» Lui si avvicina flemmatico, si ferma all’altezza del fagotto e l’osserva con indifferenza.

    Parlottano a bassissima voce poi, Nasone, si sposta verso l’ingresso con in mano il cellulare.

    «Passami il capo…» Il suo tono è autoritario, mi faccio l’idea che stia parlano con un subalterno. «…non c’è?… allora datti tu una mossa, Fa partire tutto il circo, serve il gippone… muovetevi. Appena becchi il capo mettilo al corrente.» Sintetico e professionale.

    «Quindi,» Nasone è ritornato da me, mi sta dietro le spalle «sei un killer in trasferta… A quale famiglia appartieni? Perché lo hai fatto fuori? Clan concorrente?»

    «È arrivato il mio turno? Posso parlare?»

    «No, non è ancora il tuo momento.» Ci ha ripensato.

    Vedo che si sta muovendo cautamente annusando pensieroso tutt’intorno, si siede su una panca e resta in silenzio, sembra un Buddista che medita sulle sponde del Nairanjana ma…

    improvvisamente avverto uno sfarfallio di luci, macchie nere scintillanti

    …lui si confonde nello sfondo

    …mi sembra che il suo corpo si stia scomponendo

    …ho una vaga sensazione olfattiva che sa di dolce…

    di pungente…

    di ospedale…


    3

    «Coraggio vecchio wood-chuck [1] , si svegli! Groundhog Day è già passato e ormai ha perso la festa.»

    La voce che mi arriva dall’altro capo del mondo, da Punxsutawney?, è irritante. Vorrei rispondere ma la testa è impegnata a produrre una enorme massa gassosa senza contenuti; la gola brucia come una caldaia e dalla bocca, la lingua impanata come un wiener schnitzel, esce poco più di un rantolo.

    «Che succede?»

    «È stato narcotizzato. O meglio, siamo stati narcotizzati tutti e tre: lei, io e Tonio. Lei si è fatta una bella dormita, ben quattordici ore di fila! Stavamo cominciando a impensierirci nonostante le rassicurazioni del medico che l’ha visitata.»

    «A noi è andata meglio» s’inserisce un’altra voce dall’accento nettamente toscano.

    «Non capisco…» Borbotto.

    «Qualcuno ha diffuso nella chiesetta del ciclopropano e…»

    «Del cicloché?» Lo interrompo.

    «Non si preoccupi, nulla di eccezionale, lo usano abitualmente i dentisti. Solo che in questo caso sembra sia stato potenziato con un’altra sostanza che i nostri esperti esamineranno.»

    «Non capisco perché…» farfuglio faticosamente «abbia fatto così tanto effetto solo su di me…»

    «Semplice,» comincio a intravedere i lineamenti di chi mi parla: è Nasone «noi siamo riusciti a trascinarci all’aperto. Lei era legato all’inginocchiatoio. Più vulnerabile.» sorvola sul fatto che mi hanno mollato lì. «E poi ha toccato quella sostanza gelatinosa… è stata micidiale. Stanno esaminando anche quella.»

    Mi sento confuso e sento i muscoli contratti. Sollevo con fatica le braccia e mi guardo i polsi doloranti: sono segnati da lividi.

    «Dove mi trovo? Chi siete?»

    «Polizia di Stato, Commissariato di San Giovanni, mister Shoping.» Mi risponde Nasone garbatamente. «E io sono il Vice Ispettore Vasco Bruker. Lui è l’Agente scelto Antonio Pucci.»

    «Ah…» Sono disorientato.

    «Mentre se la dormiva,» continua «abbiamo svolto indagini su di lei. Ci siamo messi in contatto con la polizia di New York e, da questa, con la Gendarmeria di Parigi.»

    «Siete efficienti…» commento debolmente con un filo di sarcasmo «e avrete scoperto di avere tra le mani un pericoloso criminale che vaga da una sponda all’altra dell’oceano seminando zampate di violenza…»

    Non raccoglie la mia inutile ironia e prosegue.

    «Ho parlato personalmente con il Capitano Hannabell Anderson della polizia newyorkese e con il Commissario Bernard Giraud della Gendarmerie di Parigi. Tutti e due mi hanno detto che lei è una persona fondamentalmente onesta, perspicace e affidabile. Starle vicino, però, sembra procuri traumi psicologici che inducono i malcapitati di turno a sentimenti di antropofobia. Dal quadro generale ne è uscito il profilo di uno sfigato.»

    «Addirittura!» Replico stancamente. Nasone ha altro da dire.

    «Un elemento positivo: dicono che lei sia dotato di notevole forza intuitiva dimostratasi utile in alcune loro indagini. Ha qualcosa da obiettare?»

    Riconosco che hanno sintetizzato bene il mio profilo, io stesso non avrei fatto meglio.

    Nel riquadro della porta che si è spalancata d’improvviso, finalmente una persona amica: «Brigit!» esclamo sorpreso «anche tu qui?!»

    «Non si preoccupi,» interviene Nasone «la signorina Brigit è stata avvertita sin da ieri sera delle sue condizioni e che la stavamo ospitando nei nostri uffici. Siamo andati a prenderla ed è stata accanto a lei fino a quando il medico ha detto che era tutto superato. Intorno alle sei circa, l’abbiamo riaccompagnata a casa.»

    «Le sono grato Ispettore.»

    «Vice Ispettore.»

    «Vice Ispettore. Ma come avete fatto a rintracciare la mia compagna?»

    Mi guarda perplesso.

    «Mi avevano detto che lei era una persona perspicace e intuitiva…»

    «Ha ragione,» lo interrompo «evidentemente sono ancora stordito. Il libretto della Panda.»

    Mi guarda con un sorriso indulgente.

    «Adesso posso andarmene?»

    «Certamente. Ma non mi chiede nulla del cadavere che stava a pochi passi da lei?»

    «Ah, quel fagotto che avevo intravisto conteneva un corpo umano? E di chi?»

    «Non lo abbiamo ancora appurato. Dovrebbe essere un membro del clero. Indossava un clergyman: pettorale nero e collarino bianco. Stanno chiedendo ai parroci delle parrocchie in zona ma, sulla base degli elementi somatici illustrati, risulta sconosciuto a tutti. Estenderemo le indagini all’intera Diocesi appena…»

    «Appena?» Non mi risponde. Provo con un’altra domanda: «Causa della morte?»

    «Ce lo dirà il medico legale.»

    Chiudo. Non me ne può fregare di meno.


    4

    Uscendo dal commissariato sono aggredito da una impietosa sciabolata di sole; resto immobile come un allocco, segue un leggero capogiro e mi aggrappo al braccio di Brigit con vigore.

    «Ahi!» Esclama. «Mi fai male.» Allento immediatamente la presa ma resto aggrappato al suo braccio, la mia ciambella di salvataggio.

    «Scusami Bibì ma il passaggio dalla penombra del commissariato a questa luce abbacinante mi ha stordito. Stavo per cadere.» Resto ancora fermo alcuni istanti per recuperare il recuperabile.

    «Hai visto? Mi avevano schiaffato in una cella come un delinquente qualsiasi.»

    «Oh Jeeyy! ils t’ont payé pour dire ces conneries?!» Mi rimprovera con tono indulgente trascinando le sillabe del mio nickname. «Ti hanno sistemato nel miglior modo possibile, nella stanza riservata agli agenti per i loro momenti di riposo e quando sono arrivata io ti aveva già visitato anche un medico. Non fare il piagnone.» Punto sul vivo mi limito a un: «Ma pensa un po’…» Lei invece è in sindrome logorroica e incalza. «A Parigi ti avrebbero schiaffato subito in una ‘segreta’ della Santé insieme a dei pregiudicati e ti avrebbero interrogato dopo qualche settimana.»

    Non ho le energie né la voglia di replicare comunque non me ne lascia il tempo.

    «Devo anche aggiungere che un agente di nome Tonio ti ha preparato una sua tisana per depurarti delle sostanze nocive che hai inalato.»

    «Non mi sono reso conto di aver bevuto qualcosa…» La notizia mi preoccupa. «Che intrugli mi hanno fatto trangugiare?!»

    «Nessun intruglio ‘letale’» mi canzona «solo una miscela di sale Epsom, acqua e vitamina C in polvere. Un vero toccasana.»

    «Me lo auguro per il mio microbiota intestinale piuttosto permaloso.» Non mi dà retta, insiste con Tonio, l’eroe del momento. «Pensa che mi ha insegnato anche a fare uno scrub combinando il sale inglese con la menta piperita: mi ha assicurato che renda la pelle splendida!»

    «Sono contento che per te sia stata una nottata proficua.» Il suo entusiasmo mi sta irritando. «E il buon Tonio! Siamo già come vecchi amici.» Poi al clou della banalità: «Che fortuna averlo incrociato sulla nostra strada!» Sorvola indifferente e cambia argomento.

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