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In viaggio verso noi
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E-book399 pagine5 ore

In viaggio verso noi

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Info su questo ebook

Una promessa.
Due cuori.
Tre regole.
Quattro settimane per infrangerle tutte.

Quando la migliore amica di Aspen Phillips la invita a un road trip di un mese, lei prova sentimenti del tutto contrastanti. A condividere i loro spazi ristretti ci sarà Bramwell Gage, fratello iperprotettivo e idiota a tutto tondo. Bram è sexy a livelli ridicoli, ma non fa alcuno sforzo per nascondere quello che pensa di Aspen: che è spazzatura che non va bene per sua sorella. Ma Aspen farà del suo meglio per andare d’accordo con il rigido milionario e mantenere la sua promessa, nascondendo un segreto sulla sorella di Bram che lui non dovrà mai scoprire.
Ma quando un bacio rovente rivela che i sentimenti di Bram verso di lei sono molto più intensi di quanto creda, le emozioni di Aspen fanno un’inversione di marcia. Improvvisamente la ragazza che non aveva niente ha tutto, ma solo se la verità sulla sorella di Bram rimarrà nascosta. Perché quando tutti i segreti e le promesse si sveleranno, Aspen rischierà di perdere tutto...
 
LinguaItaliano
Data di uscita4 ago 2022
ISBN9791220703734
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    Anteprima del libro

    In viaggio verso noi - Kati Wilde

    1

    Ti servono soldi per la cauzione?


    Il messaggio di mia madre arriva proprio quando l’autobus accosta alla fermata di fronte a Walmart. Cinque parole e il macigno che è nel mio stomaco da due settimane diventa all’improvviso molto più pesante.

    Ho giusto il tempo di scrivere una risposta prima di salire.


    Perché? Nash è di nuovo nei guai?


    Se lo è, sarò io a dovermene occupare. Mamma è fuori città fino a domani, è la prima vacanza che si concede da quando mio padre è morto sette anni fa.

    Dio. Non perdonerò mai mio fratello se le rovinerà questo viaggio.

    Ogni tanto Nash decide di darsi una regolata e torna a casa, così da avere un porto sicuro per poter ricominciare. Il più delle volte si ferma da nostra madre per qualche settimana perché non ha altre opzioni. Il suo ultimo ritorno a casa doveva essere per ripigliarsi. Ha trovato un lavoro alla stazione di servizio del quartiere e mamma ha detto che se la stava cavando. Ma se la sua assenza per qualche giorno è tutto ciò che gli serve per ricadere nelle vecchie abitudini, non so davvero come farà mai a ripigliarsi.

    Per non parlare del fatto che nostra madre continuerà a pagarne le conseguenze.

    L’autobus è già strapieno, ma riesco ad accaparrarmi un posto in fondo, o meglio, metà posto. Il tizio di mezza età sul sedile vicino al finestrino è seduto a gambe spalancate. Il suo ginocchio sinistro occupa la maggior parte dello spazio disponibile, tanto che sono costretta a sedermi di lato con le ginocchia nel corridoio mentre stringo al petto in modo maldestro il mio nuovo sacco a pelo. Naturalmente lui è del tutto ignaro, con gli occhi chiusi e le cuffie nelle orecchie.

    Idiota. Valuto se conficcargli il gomito nel fianco per sbaglio, ma il ronzio del mio telefono lo salva.


    I soldi della cauzione sono per te. Una faccina sorridente segue la risposta di mia madre. Dopo che avrai ucciso il fratello di Bethany.


    Soffoco una risata contro il sacchetto di nylon. Tra poco più di un’ora partirò per le vacanze, un road trip di quattro settimane con la mia migliore amica e suo fratello, Bramwell Gage. Probabilmente non lo ucciderò nel prossimo mese, ma sono abbastanza sicura che il pensiero mi passerà per la testa un migliaio di volte.


    Dammi un po’ di fiducia, rispondo con un messaggio. Se lo uccido, non lo farò oggi. Aspetterò di fare un’escursione in qualche luogo sperduto. Non servono soldi per la cauzione se non mi prendono, giusto?


    Sei davvero intelligente. Sono contenta di vedere che stai mettendo a frutto la tua laurea nuova di zecca.


    La sua voce mi è così familiare che non devo nemmeno sentirla per capire quanto asciutta sia quella risposta.


    Sono così intelligente che mi è appena venuta un’idea ancora migliore: dovresti fare jackpot finché sei a Las Vegas. Così, se mi prendono, potrai pagarmi un avvocato.


    La sua risposta non si fa attendere.


    Mia cara Aspen, ti amo più della mia stessa vita. Ma se vinco, il tuo avvocato è l’ultima cosa sulla lista dei debiti che pagherò.


    Un po’ del mio umorismo svanisce. So che sta ancora scherzando, ma non voglio aggiungermi a quella lista di debiti.


    Allora immagino che dovrò fare la brava con Bram e lasciarmi alle spalle il nostro pessimo inizio.


    Già, perché tu sei bravissima a mettere da parte i rancori. Enfatizza la risposta con una faccina che rotea gli occhi.


    Lui se l’è guadagnato, questo rancore.


    Sarò tutta baci e abbracci. Soprattutto perché è così rigido che se lo abbracciassi abbastanza forte, probabilmente gli spunterebbe un diamante dal sedere. Poi sarò ricca e potremo pagarci quel famoso avvocato.


    Tua zia Clara dice che non è sicura di cosa sia più inquietante: l’immagine dei diamanti che escono da lui o quella di te che li raccogli pur sapendo dove sono stati.


    Dille che BRAM è più inquietante.


    Il cellulare vibra di nuovo. Sappi che se un giorno mi regalerai un anello di diamanti, non lo indosserò.


    Se mai ti regalerò un diamante uscito da un sedere, spero che lo venderai.


    E che non avrai mai più problemi di soldi.


    Ehi, puoi chiedere a zia Clara quanto fa freddo di notte al campeggio Newberry?


    Abbastanza. Va da circa -1 a 4 gradi.


    Merda. Logico. Una montagna nel deserto centrale dell’Oregon equivale a una notte fredda. Abbasso lo sguardo sul sacco a pelo che ho in grembo. Non è il più economico in vendita da Walmart, ma ci va abbastanza vicino, ed era il migliore che potessi permettermi. Il che significa che congelerò.

    Ma non lo dirò a mia madre, si preoccuperebbe.


    Okay, grazie.


    Dice anche di avvisare Aaron e Anna quando arrivi a Bend. Magari potete vedervi.


    I miei cugini. Entrambi più vecchi di me – sono sulla trentina – probabilmente hanno di meglio da fare che vedermi, anche se andiamo abbastanza d’accordo nelle rare occasioni in cui ci incontriamo. Credo che mia madre li immagini ancora adolescenti e forse per loro sono ancora la bambina di dieci anni che una volta ha trascorso le vacanze estive a Pine Valley, che non è lontano dalla seconda fermata del nostro viaggio.


    Non ho i loro numeri di telefono. Puoi dargli il mio e dire che sarò da quelle parti la settimana prossima? Dovrei essere in zona per un paio di giorni.


    Non mi aspetto che mi chiamino, ma questo piccolo sforzo farà felice mia madre.


    Lo farò. Fammi sapere quando arrivi a Timberline Lodge. E fai foto.


    Va bene, le prometto con un improvviso malessere alla gola, perché so cosa non mi sta dicendo. Lei e mio padre avevano programmato di trascorrere il loro ventesimo anniversario al resort sul monte Hood. Poi a papà fu diagnosticato un cancro alle ossa. Arrivò al loro anniversario, ma non era abbastanza in forze per andare da qualche parte. Non aveva comunque importanza. A quel punto, le spese mediche avevano prosciugato tutti i risparmi e scavato buchi senza fondo nel loro credito. Sette anni dopo, lei sta ancora lottando per riempire quei buchi che continuano a diventare sempre più profondi.


    Ma non uccidere nessuno, mi ammonisce ancora.


    Nessuna garanzia.


    Anche se, davvero, non sono troppo preoccupata per Bram. Ogni singolo incontro con lui mi ha convinto che è un arrogante, rigido maniaco del controllo con un feroce complesso di superiorità, però io sono determinata ad andare d’accordo con lui.

    Sono più preoccupata per sua sorella. E, beh, per me. Se non fosse per Bethany, annullerei tutto e resterei a casa.

    All’inizio non vedevo davvero l’ora di fare questo viaggio. Staremo una manciata di notti sul monte Hood, poi nell’Oregon centrale. Dopodiché, andremo a sud verso la California, dove ci fermeremo sul monte Shasta prima di passare l’ultima settimana in un resort sul lago Tahoe. Bethany ha chiesto il viaggio come regalo di laurea a Bram. Apparentemente era la stessa vacanza che la sua famiglia faceva ogni estate prima che i loro genitori morissero in un incidente stradale otto anni fa, quando Bram aveva diciannove anni e Bethany quattordici.

    Io sono stata un’aggiunta dell’ultimo minuto. Sebbene Bethany abbia chiesto a Bram di fare il viaggio intorno a Natale, non mi ha proposto di aggregarmi fino a circa un mese fa, immagino sia perché ha dovuto convincerlo a portarmi con loro.

    Anche se nemmeno io voglio passare troppo tempo con lui, ho accettato subito. In parte perché rinunciare a quell’opportunità sarebbe stato stupido – è improbabile che mi imbatta in un’altra vacanza all-inclusive nel prossimo futuro – e in parte perché Bethany vuole che vada. Condividiamo la stessa stanza da quattro anni, ma alla fine dell’estate saremo in università diverse e in città diverse: lei andrà al MIT, io alla Seattle University. Quindi ha detto che vuole ritardare la nostra inevitabile separazione.

    Fino a qualche settimana fa, anch’io ero favorevole a ritardarla. Volevo questo viaggio per me stessa. Perché ogni volta che penso a quello che mi aspetta, riesco a malapena a respirare a causa del nodo che ho nel petto.

    So che è solo un po’ di burnout. L’ultimo anno è stato folle. Fare domanda alla scuola di specializzazione, finire la tesi, scrivere un articolo dopo l’altro, la crisi degli esami finali.

    Così ho pensato che se avessi potuto andarmene per un po’, se solo avessi potuto non pensare al futuro per qualche settimana, sarei stata in grado di rimettere la testa a posto.

    Ovviamente, non poteva essere così facile. Alcuni giorni fa ho scoperto che l’unico aiuto finanziario disponibile era il grosso e grasso prestito studentesco che ero riuscita a evitare dall’inizio del college. E anche se una parte del mio cervello mi ricorda che migliaia di studenti accettano prestiti e se la cavano benissimo, vedere tutto quello che mia madre ha passato negli ultimi sette anni non fa altro che aumentare l’ansia folle che già mi si attorciglia nel petto.

    Non voglio andare in vacanza. Voglio trovare un lavoro e capire come farò a superare altri due anni di studio senza essere schiacciata da una montagna di debiti.

    Quanto è folle il fatto che per un momento abbia desiderato davvero che Nash fosse nei guai? Perché così avrei avuto una buona ragione per non andare.

    Se fosse solo una vacanza, l’avrei già annullata, però sono sicura che non sia l’unico motivo per cui Bethany mi ha invitata. Se quest’ultimo anno è stato duro per me, per lei è stato un inferno ed è ancora provata. Quindi, anche se non l’ha detto esplicitamente, penso voglia qualcuno che faccia da cuscinetto tra lei e il fratello iperprotettivo. E, evviva, quel cuscinetto sono io. Quindi andrò d’accordo con Bram.

    Anche se dovessi morirne.

    2

    La colpa del mio pessimo inizio con Bramwell Gage non è stata nemmeno mia. È stata sua, perché due settimane dopo l’inizio del primo anno di università di sua sorella, le aveva fatto una sorpresa andando a trovarla.

    Chi diavolo fa una cosa del genere? È in pratica la prima regola dell’essere un adulto rispettoso e con senso pratico: non ci si presenta a casa della gente – o negli alloggi studenteschi – senza preavviso. Prima si telefona. Le uniche persone che hanno un lasciapassare a questa regola sono i genitori, ma solo prima che il figlio se ne vada da casa loro.

    L’eccezione dei genitori è probabilmente il motivo per cui Bram ha pensato che fosse okay presentarsi al campus. Era praticamente il fratello-padre di Bethany da un po’ di tempo, quindi lo capisco. Aveva l’abitudine di controllare che stesse bene, assicurandosi che avesse tutto ciò di cui aveva bisogno.

    Avrebbe comunque dovuto chiamare prima. Perché se avesse chiamato, Bethany non avrebbe pensato di essere libera quel venerdì sera e io non avrei cercato di far uscire la mia timida nuova coinquilina dal suo guscio convincendola ad accompagnarmi a un rave party; avrei aspettato un altro fine settimana. In realtà, non siamo nemmeno state fuori a lungo. La sua tolleranza all’alcol si è rivelata nulla. Ero diventata a malapena brilla prima di rendermi conto che lei era del tutto ubriaca e che dovevamo tornare a casa.

    Ci eravamo imbattute in suo fratello sulla soglia del nostro palazzo. Non che l’avessi riconosciuto quando l’avevo visto in piedi nel cono di luce gialla all’ingresso, con un completo elegante sopra una camicia così bianca che brillava come un faro nella notte buia, le sue spalle larghe che proiettavano una lunga ombra e gli zigomi scolpiti evidenziati dallo schermo del telefono. No, il mio primo pensiero era stato: Porca puttana, o sto avendo allucinazioni da birra, oppure hanno iniziato a photoshoppare perfetti esemplari maschili nella vita reale. Un secondo dopo, Bethany aveva placcato l’esemplare, gettandogli le braccia al collo e biascicando qualcosa sull’essere felice che lui fosse lì e che non sapeva che avesse degli affari a Portland. Poi si era piegata e aveva vomitato sui gradini di cemento, mancando per un pelo quelle scarpe nere lucide.

    I pochi minuti successivi erano stati gli unici in cui Bram mi era piaciuto. Aveva tenuto indietro i capelli di Bethany quando lei aveva mirato ai cespugli al secondo conato. Preferirei dare la colpa del lento e profondo tuffo del mio stomaco al vomito, ma la verità è che aveva preso il volo quando le sue labbra carnose si erano curvate in un sorriso e lui aveva mormorato: «Sembra che qualcuno si sia divertito un po’ troppo.»

    La sua voce, dannazione. Profonda e vibrante, così calorosa di affetto che scommetto che non ha mai dovuto dire a Bethany che le voleva bene. Probabilmente lei lo sentiva in ogni sua parola.

    Bethany aveva scosso la testa con fatica e alzato un dito verso il suo viso. «Non è mai troppo.»

    Sorridendo, lui le aveva afferrato il dito prima che lei gli prendesse un occhio. «Appena sufficiente?»

    «Appena sufficiente.» Lei aveva ridacchiato ricambiando il suo sorriso. «Ma Aspen ha detto che ero ubriaca marcia e che dovevamo andarcene. Sono ubriaca marcia?»

    Era sembrato che lui soffocasse una risata prima di acconsentire. «Credo di sì.»

    «Perché lo sono! La birra aveva un sapore davvero schifoso, ma la musica era così alta che la sentivo nel petto. Boom. Boom. E abbiamo ballato con, non so, una ventina di ragazzi sexy.» Lei aveva tolto la mano dalla sua, alzato le braccia in aria e cercato di scuotere il sedere, ma era inciampata sui gradini.

    L’avevamo presa al volo entrambi nello stesso momento. Bram le aveva afferrato i polsi; dietro di lei, io la sorreggevo per la vita. Era passato un secondo affannato mentre stabilizzavamo Bethany tra di noi.

    «Rallenta un attimo, Beyoncé,» avevo detto. «Stai bene?»

    «Più che bene.» Aveva allungato goffamente un braccio per darmi una pacca sulla spalla. «Sei la migliore, Aspen. Sono così felice che tu sia la mia coinquilina.»

    Era affettuosa da ubriaca. Che sollievo. Non si poteva mai dire come sarebbe stato qualcuno dopo aver bevuto un po’.

    «Anch’io sono felice che tu sia la mia compagna di stanza, tesoro.»

    «Anch’io.» Aveva stretto il bavero di Bram attirandolo vicino a sé per dire: «Hai sentito la sua voce? Sembra che abbia il mal di gola, ma non è così. Non è sexy?»

    Ero scoppiata in una risata ironica. Sexy era un passo avanti rispetto a quello che sentivo di solito. La versione carina era: «Sei malata?» Le versioni non tanto carine andavano da voce da fumatrice poveraccia a sembra che tu abbia appena avuto un uccello in gola.

    Il motivo della mia voce raspante in realtà non era per nulla attraente. «Scommetto che mia madre e mio padre non pensavano che fosse così sexy quando ero una neonata con le coliche che si è fatta venire i calli sulle corde vocali a forza di gridare.»

    «Ha i noduli,» gli aveva detto Bethany con un cenno solenne del capo. «Proprio come Chloe.»

    Sì, e a meno che suo fratello non fosse un fan di Pitch Perfect, quel discorso probabilmente non aveva avuto alcun senso per lui.

    «Forse è ora di salire?» avevo suggerito incontrando lo sguardo di Bram sopra la sua testa. I suoi occhi erano più scuri di quelli di Bethany, castani invece che nocciola. Con uno sguardo, gli avevo chiesto in silenzio di aiutarmi a portarla nella nostra stanza.

    Il suo cenno aveva comunicato che intendeva fare proprio quello.

    «A letto? Ma Bram è appena arrivato!»

    «Sarò in città fino a domenica,» le aveva risposto lui. «Quindi avremo tempo domani.»

    «Domani appena svegli,» aveva detto Bethany come se si aspettasse di essere in forma il mattino del giorno dopo, invece di avere i postumi di una sbornia. Avevo trotterellato su per i gradini per digitare il codice della porta, poi mi ero voltata e l’avevo vista quasi cadere di nuovo quando il suo tacco a spillo si era impigliato nel bordo del vialetto in cemento.

    Con un gesto fluido, Bram l’aveva presa in braccio e l’aveva portata dentro. Senza l’altezza dei gradini a confondermi la prospettiva, avevo notato che lui era almeno una spanna più alto di me, forse di più. Anche Bethany era parecchio più alta di me, eppure lui la reggeva come se non pesasse nulla.

    Gesù, era sexy da morire. I ragazzi con cui avevamo ballato al rave non erano niente in confronto a Bramwell Gage. Il look pulito di solito non era il mio genere, ma lui lo portava alla grande. Sembrava che avesse indossato un abito a tre pezzi e si fosse tolto giacca e cravatta prima di arrivare, ma non si era sciolto oltre. La sua camicia era chiusa quasi del tutto, con un solo bottone slacciato all’altezza della gola, che offriva un assaggio di pelle abbronzata. Il gilet grigio abbracciava il suo addome piatto. Le maniche non nascondevano la flessione dei bicipiti sodi o la potenza delle mani quando l’aveva sollevata; la morbida vestibilità dei pantaloni eleganti accentuava i fianchi magri e le cosce lunghe e muscolose.

    Bethany aveva nominato suo fratello diverse volte da quando eravamo andate a vivere insieme. Ora desideravo aver chiesto di vedere delle foto. Molte foto.

    All’interno dell’atrio, avevo spinto la porta della tromba delle scale tenendola aperta, in attesa che lui la attraversasse con Bethany. «Abitiamo al terzo piano.»

    «Naturalmente,» aveva detto lui in modo ironico e io avevo sorriso mentre passava. Dio, anche il suo culo era perfetto.

    Buon per me, l’avrei seguito per tre rampe di scale.

    «Posso camminare,» aveva protestato Bethany, ma quando lui non l’aveva messa giù, gli aveva appoggiato una mano sulla spalla. «Avresti dovuto venire con noi al rave.»

    Il suo sorriso era sembrato più tirato, quella volta. Forse portarla in braccio non era così facile come lo faceva sembrare. «Non sono stato invitato.»

    «Nemmeno noi. Ma la prossima volta puoi chiedere ad Aspen. Lei sapeva dove andare.»

    «Ah, sì?» aveva chiesto lanciandomi un’occhiata prima di iniziare a salire le scale.

    Un’improvvisa insicurezza mi aveva stretto le budella. L’avevo seguito lentamente, fissandogli non il sedere ma la schiena. Avevo interpretato male quello sguardo? Perché il suo Ah, sì? non sembrava arrabbiato; semmai, era stato leggermente indifferente. Ma la sua mascella si era serrata e aveva socchiuso gli occhi mentre mi guardava, come se sotto quell’affetto e calore fosse furioso.

    Non con Bethany, con me.

    Ma perché avrebbe dovuto esserlo? Forse mi ero sbagliata. Mia madre diceva spesso che ero troppo sulla difensiva, che vedevo critiche dove non ce n’erano. A volte probabilmente aveva ragione. Altre volte, pensavo che desse alle persone più credito di quanto meritassero.

    Considerando la cura con cui trattava Bethany, ero disposta a dare a Bram un po’ di fiducia. Inoltre, non avevo fatto nulla per farlo arrabbiare. Quindi magari avevo interpretato male.

    L’edificio era uno dei più vecchi del campus, con scale di legno che scricchiolavano a ogni passo. Anche se il freddo perenne nella tromba delle scale mi pungeva la pelle, il terzo piano era ancora soffocante a causa del calore diurno, nonostante i ventilatori appesi alle finestre aperte a ogni estremità del corridoio. Sotto quel getto d’aria sferragliante, il suono ovattato degli Imagine Dragons che rivelavano dove si nascondevano i loro demoni fluttuava da una delle stanze. Qualcuno stava bruciando incenso, ma il pesante odore speziato si mescolava alla dolce fragranza della marijuana invece di nasconderla: probabilmente era Rachel, che aveva offerto a me e Bethany qualche spinello prima che partissimo per il rave.

    Dio, quell’odore. Proprio come a casa, o meglio, proprio come a casa nei giorni in cui mio fratello decideva di dormire lì. Almeno Rachel offriva una compagnia migliore di quella di Nash. Ed era anche molto più intelligente.

    Avevo condotto Bram alla nostra stanza, la terza a sinistra, ma non ero riuscita a far altro che aprire la porta. Non appena i piedi di Bethany avevano toccato il pavimento, si era precipitata lungo il corridoio verso il bagno comune del piano.

    «Ehi!» L’avevo seguita, poi ero tornata indietro quando avevo sentito la porta del cubicolo chiudersi e le sue ginocchia toccare il pavimento di linoleum. Dirigendomi verso la nostra stanza, gli avevo detto: «Vado a prendere il suo spazzolino da denti e…»

    Una grossa mano aveva colpito il muro di fronte a me, un braccio con la manica bianca mi tagliava la strada obbligandomi a frenare bruscamente.

    Bram mi fissava dall’alto. «Dove diavolo l’hai portata?»

    I miei pugni si erano stretti in automatico e avevo digrignato i denti per fermare la risposta che stava per uscirmi di bocca. Oh, brutto stronzo. Non farlo. Non ti azzardare a darmi addosso.

    Mi ero trattenuta. Sua sorella era in bagno a vomitare ed era preoccupato. Essere in ansia per una persona cara rendeva la gente irritabile.

    Diavolo, rendeva me irritabile. «La vecchia KittyCat Lounge sulla Martin Luther King. Una delle confraternite ha affittato il locale. Bethany ha bevuto due drink,» aveva aperto di nuovo la bocca ma l’avevo preceduto, «e li ho tenuti d’occhio per tutto il tempo. Nessuno l’ha drogata.»

    Una vena gli pulsava nella tempia. «Sai che è minorenne?»

    «Ma non mi dire.» Questo tizio faceva sul serio? «Anche io. E scommetto un milione di dollari che lo eri anche tu, quando ti sei ubriacato la prima volta. Quindi a chi frega?»

    «Frega a me.» La sua mascella si era stretta così forte che le ossa avrebbero dovuto incrinarsi. L’ampio petto si era alzato e abbassato con un respiro profondo, come se stesse faticando a controllare il suo temperamento. Unisciti al club, bello. «Questo tipo di comportamento sconsiderato può rovinarle la vita.»

    «Oh, davvero?» Non ero riuscita a fermare la mia risata. «Notizia bomba! La tua famiglia è ricca. Ubriacarsi a una festa non rovinerà nulla. Potrebbe abbandonare gli studi domani e avere comunque il tipo di vita che la maggior parte delle persone non può nemmeno sognare.»

    Di sicuro io non potevo fare la metà delle cose che poteva fare Bethany, se lei avesse voluto. Il college era il mio unico biglietto per un obiettivo specifico. Io potevo mandare a puttane la mia vita. Lei avrebbe dovuto lavorare davvero sodo per causare qualche danno reale alla sua.

    La frustrazione gli era sibilata tra i denti con un respiro affannoso. «Non sto parlando del fatto che si è ubriacata, sto parlando della sua sicurezza. Non hai capito che non era mai stata a un rave prima d’ora?»

    «Certo che l’ho capito.» Perché me l’aveva detto Bethany.

    «Ma tu l’hai comunque trascinata lì.»

    Trascinata? Era stata più che felice di andarci quando gliel’avevo proposto. Ma non sapevo se dirlo l’avrebbe solo messa nei guai.

    Invece avevo annuito, arricciando le labbra. «Hai ragione, sai. Lei non è abituata a queste stronzate spericolate. Quindi, il mio nuovo obiettivo nella vita sarà quello di introdurla a situazioni sconsiderate in modo che possa imparare a cavarsela da sola, visto che tu non hai fatto un lavoro così brillante. Ora, se vuoi scusarmi, ciccio,» gli ero passata sotto il braccio, «vado a occuparmi di tua sorella invece di starmene in corridoio a chiacchierare.»

    Mi ero infilata nella nostra stanza e avevo chiuso la porta di scatto, quasi aspettandomi che Bram irrompesse e continuasse a discutere, pronta a farlo secco se ci avesse provato. Ero territoriale riguardo al mio spazio e avevo la sensazione che Bramwell Gage fosse abituato ad andare dove cavolo gli pareva. Un passo attraverso quella porta e avrebbe imparato che non era sempre così.

    Gesù, ma perché ero lì dentro? Mi ero guardata attorno alla cieca per un secondo prima di ricordare.

    Bethany.

    La nostra stanza era devastata, una combinazione di scatoloni e vestiti che si contendevano ogni spazio libero. Gli scatoloni, perché Bethany di recente aveva comprato un mini-frigo, una macchina per il caffè e un televisore a grande schermo, che erano stati tutti consegnati quel pomeriggio. I vestiti, perché aveva messo a soqquadro tutto il suo guardaroba prima di scegliere un abbigliamento simile al mio: una canotta blu chiaro con pantaloncini neri. L’unica ragione per cui io non avevo lo stesso disordine era perché possedevo molti meno indumenti tra cui scegliere.

    Avevo trovato il beauty case da bagno di Bethany, poi avevo preso il kit Ti senti di merda? che mia madre aveva preparato per me ed etichettato con un pennarello, probabilmente perché sapeva che il solo vedere quella scritta mi avrebbe fatto sentire meglio ogni volta.

    Magari avrebbe avuto lo stesso effetto magico sulla mia compagna di stanza.

    Lei non era ancora uscita. Suo fratello era in piedi all’ingresso del bagno con la schiena appoggiata alla porta aperta, la voce profonda che le chiedeva se avesse bisogno di qualcosa. Avevo avvertito lo sguardo di Bram sul viso mentre gli passavo accanto, ma non mi ero preoccupata di ricambiarlo o di controllare se la sua collera fosse scemata.

    Poteva andarsene affanculo.

    «Ehi, dilettante,» avevo detto accovacciandomi davanti alla porta del cubicolo e passandoci sotto un asciugamano. «Puoi metterti questo sotto le ginocchia.»

    Un gemito aveva rimbombato dalla tazza del water. «Penso di aver finito.»

    «Okay. Ho il tuo spazzolino da denti e altre cose per te.»

    «Mettilo vicino al lavandino e vattene finché ho ancora un po’ di dignità.»

    «Sono abbastanza sicura che la tua dignità sia schizzata sulle scarpe di tuo fratello.»

    «Oh, merda. Bram è ancora là?»

    «Sì,» aveva risposto lui dalla porta aperta. «E la tua dignità mi ha mancato le scarpe.»

    «Urrà per me.» Quell’accenno di sarcasmo era stato troppo per lei e si era lamentata di nuovo. «Aspen, sul serio. Ho del vomito sulla maglia. Vai via finché non la pulisco.»

    «Ti ho portato il pigiama,» le avevo detto.

    «Ti amo.»

    «Certo che mi ami, perché sono dannatamente adorabile. Okay, lascio tutto vicino al lavandino. Dovresti prendere un Advil e bere una vagonata d’acqua, o domattina ti sentirai peggio.» Quella volta, mentre attraversavo la porta, l’avevo deliberatamente chiusa dietro di me, spingendo Bram nel corridoio. «Ha bisogno di qualche minuto.»

    «Così pare.» Il suo sguardo si era inchiodato al mio. «L’hai già fatto prima.»

    Come poteva far suonare il prendersi cura di qualcuno che stava male come un’accusa? Eppure, l’aveva fatto.

    Avevo sbarrato gli occhi fingendo stupore. «Oh, mio Dio. Sei come Sherlock Holmes. Vedi tutti gli indizi e ne deduci quella che deve essere la verità. E potresti avere ragione. Forse questo non è il mio primo rodeo da ubriaca. O forse, solo forse, so leggere, e da qualche parte in tutte quelle parole ho imparato come trattare una sbornia. Ti lascerò scoprire quale delle due, genio.»

    La sua mascella si era irrigidita, non gli sarebbe rimasto alcun dente se avesse continuato così. Ma aveva tenuto la bocca chiusa, che era quello che speravo.

    Non c’era una risposta giusta, comunque. Avevo fatto festa in passato. Mi piaceva divertirmi. La vita era troppo breve e coglievo tutte le opportunità che trovavo.

    Non ero stupida, però. Avevo un piano per il futuro e dovevo rispettarlo. Questo significava sapere come prendermi cura di me stessa, perché non potevo contare su nessun altro, a parte mia madre, e non volevo addossarle questo peso. Aveva già abbastanza di cui occuparsi.

    Nonostante il suo silenzio momentaneo, sembrava che non avessi finito di discutere con Bramwell Gage.

    «Non conosci Bethany da molto,» aveva detto severo. «Quindi forse non ti rendi conto di quanto sia timida e di come allontanarsi da casa abbia richiesto più coraggio di…»

    «No, quello l’avevo capito.»

    Aveva semplicemente proseguito con: «Lei non è come te.»

    Oh, avevo capito anche quello. Ma le sue parole erano cadute tra noi come pietre e mi stavo innervosendo. «Come pensi che sia, io?»

    Il suo sguardo era andato dritto sui miei capelli, come se tutte le risposte potessero essere lì. Li avevo recentemente tinti dal mio biondo naturale al nero carbone e le ciocche si univano in una piccola cresta dalla punta blu.

    «Wow,» avevo ribadito in modo piatto. «Ben fatto, Sherlock. Hai capito tutto di me.»

    I suoi occhi castani si erano socchiusi e si era avvicinato. Gesù, odiavo quando le persone cercavano di intimidirmi con la loro altezza. Inclinando il mento verso l’alto, avevo mantenuto la posizione, sfidandolo a dire ciò che pensava.

    E l’aveva fatto. «Pensi che ti stia giudicando dai tuoi capelli? No, è la tua aria da Chi se ne frega e le tue stronzate su Bethany è ricca, quindi la sua vita sarà perfetta. Sei esattamente il tipo di persona di cui lei non ha bisogno in questo momento, perché mentre ti godi la tua piccola ribellione, sconvolgerai tutto il suo…»

    Il cigolio della porta del bagno l’aveva interrotto. La rabbia era svanita dalla sua espressione come se l’avesse cancellata. Indossando i pantaloncini da notte e la canottiera di Capitan America, Bethany era ferma appena fuori dalla porta. Il suo sguardo si era posato sul mio viso.

    Aveva aggrottato le sopracciglia in una smorfia quando aveva guardato Bram; nonostante il cambiamento della sua espressione, ovviamente lei capiva cosa stesse pensando davvero. «Che succede? Sembrate entrambi arrabbiati.»

    «No no,» avevo detto io. «È solo la mia faccia da

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