Amore ed erotismo tra miti, rituali e antiche tradizioni in Italia
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Anteprima del libro
Amore ed erotismo tra miti, rituali e antiche tradizioni in Italia - Isabella Dalla Vecchia
PIEMONTE
LA FONTANA DELLA GIOVINEZZA
Castello della Manta, Saluzzo (CN)
È davvero unico e particolare l’affresco presente nella sala baronale del Castello della Manta presso Saluzzo (CN), di cui è impossibile non esserne attratti e soprattutto incuriositi. Si intitola Fonte della Giovinezza e mostra alcuni anziani che euforici, si tuffano in una fontana dalla quale escono forti e vigorosi, un’energia giovanile subito manifestata in effusioni d’amore e licenziosi accoppiamenti con donne che, a loro volta divengono giovani e belle. La fontana è tanto ampia da accogliere molte persone: presenta una forma poligonale con una colonna in mezzo che regge una seconda vasca e un terzo baldacchino gotico. Domina la gran fretta nel togliere le vesti e nell’immergersi nell’acqua dell’eterna giovinezza, il tutto mentre ci si bacia, ci si abbraccia e ci si eccita in modo incontrollabile.
Tornare giovani attraverso una trasformazione fisica e spirituale era uno dei principali obiettivi dell’alchimia, dedita allo studio e alla scoperta di quella pratica chimica capace di cambiare il piombo in oro a riflesso della trasformazione del corpo mortale in immortale per l’ottenimento dell’eterna giovinezza. Unire gli elementi naturali aveva il valore magico di ricreare le nozze mistiche tra uomo e donna, al fine di ottenere una vita giovane e rinnovata. Un segreto che pare essere nascosto proprio in questo affresco, una freschezza giovanile mostrata attraverso l’unione sessuale e lo scambio dei fluidi nell’acqua della fontana, esattamente ciò che accade tra uomo e donna durante l’accoppiamento. Un’immagine non così visionaria: cinquecento anni dopo, nel 1939, lo pseudo scienziato Georges Lakhovsky avrebbe condotto qualcosa che si allaccia molto a questa rappresentazione, una ricerca sui fluidi sessuali in connessione all’elettromagnetismo al fine di ottenere vita lunga e vigorosa. Il suo trattato, dal nome molto evocativo di Spermatoterapia, si basava sull’integrazione nel fisico di alcuni elementi presenti nel liquido seminale in parallelo all’utilizzo di apparecchi in grado di emettere onde a beneficio delle cellule.
Lo studio di Lakhovsky si incentrò fondamentalmente sull’origine della vita generata dall’unione dello sperma con l’ovulo e dal miracolo della cariocinesi, la divisione cellulare che permette di mantenere le stesse caratteristiche nella cellula stessa, dando origine a un nuovo essere umano. Dopotutto la «moltiplicazione cellulare» avviene in noi ogni giorno fino a quando, con la vecchiaia, inizia a rallentare e a fermarsi. Questo era l’eterno cruccio di Lakhovsky che cercò di risalire agli elementi dei fluidi sessuali, isolando albumoidi, proteine e sali organici come fosfati, cloruri e solfati, oltre che minerali quali sodio, magnesio, calcio e perfino tracce di oro e platino. Era convinto che una tale mescolanza, nella giusta quantità, generasse la vita eterna.
Secondo Lakhovsky la soluzione poteva essere quella di fornire alle cellule la stessa sostanza che si trova nello sperma, nell’ovulo o in altri organi per compensare la perdita naturale che avviene tramite l’eiaculazione e l’eliminazione dell’ovulo non fecondato. Un’idea ottima ma non risolutiva: secondo il ricercatore era necessaria un’integrazione elettromagnetica. Inventò l’oscillatore a onde multiple, un generatore continuo di lunghezze d’onda tra i 750 Hz e i 3 GHz in grado di accelerare la vibrazione cellulare, rinforzare l’organismo per aiutarlo a combattere gli agenti patogeni e rigenerare i tessuti. Lakhovsky non poté esimersi dall’offrirsi come cavia ai suoi stessi esperimenti con ottimi risultati, raggiunse infatti 69 anni con grande vigore ed energia nonostante a 42 anni gli fosse stata diagnosticata una grave malattia.
Forse studiò qualcosa che si conosceva già, rappresentato simbolicamente in questa fontana, non una vasca contenente un’acqua magica, ma una macchina in cui uomini e donne, scambiandosi i fluidi corporei, potevano tornare giovani. Un’eterna giovinezza ottenuta attraverso la sessualità, un’energia che rimane sempre uguale per tutta la vita (perché l’eccitazione può restare quella di un ragazzino anche in vecchiaia) e che potenzialmente può farci tornare giovani.
IL PAPIRO SATIRICO EROTICO
Museo Egizio, Torino
Perché andare in Egitto quando a Torino esiste il secondo museo più grande al mondo, dopo quello de Il Cairo? Certo non è la stessa cosa, ma anche quello torinese ha il suo bagaglio di reperti egizi e, fatto non di poco conto, è dietro l’angolo, almeno rispetto all’Egitto. Di tradizioni e archeologia il museo è pieno, ma siamo qui per parlare di eros e ci soffermeremo su una curiosità davvero intrigante.
Dopo un’abbuffata di culti, rituali e sepolture, se si sale al primo piano del museo, si accede a oggetti relativi alla vita quotidiana, come le testimonianze sulle condizioni di lavoro, tra cui un papiro in cui è documentato il primo sciopero della storia. Ma tra i vari cimeli è possibile vedere, con somma ilarità, anche un papiro satirico erotico in cui sono rappresentati uomini brutti, calvi e con barba sfatta, con enormi falli, mentre si accoppiano con donne egizie bellissime e presumibilmente nobili. Il papiro è di fattura molto costosa e per questo destinato alle classi altolocate. Difficile comprendere la committenza o il motivo della sua realizzazione, forse finalizzato alla presa in giro di donne eleganti e fini, che venivano attratte sessualmente dagli uomini sporchi, grezzi e puzzolenti, come del resto accade ancora oggi!
LO IUS PRIMAE NOCTIS
Una tra le più tristi forme di dominio psicologico e di prevaricazione dei ricchi sui poveri che il passato ligure-piemontese (e non solo) ricorda, è certamente lo ius primae noctis, il diritto del signorotto locale di trascorrere con una vergine fanciulla, appena sposata con un altro uomo, la prima notte di nozze. Uno shock e un evento terribile che la donna avrebbe portato con sé per tutta la vita. Sembra che i nobili se la spassassero, eppure non hanno avuto sempre vita tranquilla: esistono testimonianze di ribellioni scoppiate quando i popolani proprio non ce la facevano più.
Uno dei signorotti più cattivi e violenti fu Giovanni Cristoforo Trotti, che nel XVI secolo si divertiva a trascorrere le giornate a umiliare fisicamente e psicologicamente tutti i suoi sottoposti. Imponeva anche lo ius primae noctis con cui violentava la poveretta di turno e in modo pure brutale, lasciandola ferita e dolorante. Ma la sopportazione ha un limite e gli abitanti di Montaldeo (AL) si ribellarono, uccidendo lui e la sua famiglia.
Purtroppo nella maggior parte delle volte i poveri avevano troppa paura e spesso era lo stesso contadino ad appellarsi allo ius primae noctis per poter pagare la tassa sul matrimonio. Nonostante i nobili lo considerassero un privilegio, aveva in sostanza una natura bestiale: il predominio virile e sessuale sui novelli sposi faceva precipitare l’altolocato signorotto alla stregua di un capobranco, una creatura animalesca con diritto di prelazione su tutte le femmine. Dopotutto lo scettro del re non è altro che un grande fallo che mostra il potere del sovrano, di fronte al quale donne e uomini si inchinano non appena viene innalzato al cielo. Inoltre il signorotto, andando a letto con molte donne, oltre all’adulterio legalizzato, dispensava a detta sua, fertilità e sangue nobile, diventando un «generoso» apripista per la famiglia della poveretta che, se poi rimaneva pure incinta, doveva pure considerarlo un dono. Insomma, il ricco, alla pari di un dio, poteva fare tutto, anche regalare fortuna e fertilità. E se da un lato i contadini più ignoranti arrivavano perfino a crederci, dall’altro ci fu chi ebbe il coraggio di ribellarsi per la conquista dei propri diritti che, in sostanza, è ciò che di più prezioso possediamo.
A Rocca Grimalda (AL), ad esempio, scoppiò una ribellione talmente eroica che viene ancora oggi ricordata con il rito della Lachera: nel XIII secolo il tiranno Isnardo Malaspina venne ucciso senza pietà, proprio mentre si stava crogiolando nel suo bel ius primae noctis. Da allora, durante il Carnevale, ogni anno viene officiato questo rituale, una danza i cui protagonisti sono due laché (che derivano da «servitore») con indosso abiti sfarzosi e colorati e lunghi capelli pieni di fiori, con accanto quattro Trampulin, uomini vestiti da Arlecchino con campane e fruste nelle mani. Tre sono i momenti importanti della danza della Lachera: quando i Lachei ballano vicino agli sposi con due spadaccini che incrociano le armi, la Giga o ballo di nozze e infine il Calisun, la danza dei Lachei.
Ma ci sono stati casi anche «curiosi», se così possiamo definirli: a Marmorito Passerano (AT) avveniva uno ius un po’ particolare dove il nobile, furbescamente, non aspettava la prima notte di nozze ma, se una donna gli gradiva, se la prendeva senza troppe storie, come fosse una sorta di pagamento anticipato. Fu un approfittatore talmente spudorato che intervenne l’arcivescovo di Vercelli in persona facendolo arrestare, ma codardamente fuggì da un passaggio sotterraneo.
A Dolceacqua (IM) in Liguria, ma comunque non lontano da questi luoghi, accadde un fatto incredibile. La donna invitata nel letto del nobile in questione, prima di finire sotto le sue grazie, riuscì a fuggire. Fu tal Lucrezia colei che scappò dal castello dei Doria, lasciando l’uomo in mutande ad attenderla tutto eccitato. Questo evento di emancipazione femminile viene ricordato ogni notte di Ferragosto e festeggiato con un dolce che si chiama Micheta. I ragazzi si recano sotto i balconi delle proprie innamorate a fare la serenata, le fanciulle li chiamano e gli offrono la propria Micheta, che per alcuni è un dolce, ma per altri è... abbiamo capito!
SCENE DI SESSO SULLA FACCIATA DI UNA CHIESA
Chiesa di San Secondo, Cortazzone (AT)
La chiesetta di Cortazzone (AT) che sorge isolata sopra il colle di Mongiglietto al di fuori dell’abitato, conserva elementi figurativi davvero rari. Il nome del luogo deriva da «Mons Iovis», ovvero «Monte di Giove», un epiteto che testimonia quello che era un antico luogo pagano. Alcuni studiosi fanno derivare il nome anche da «Mons Iubilii» ossia «Monte della Gioia», forse a ricordo di un evento importante e positivo. Orientata secondo l’asse est-ovest, con tre navate che terminano ognuna con un’abside semicircolare, è costruita in pietra locale e conserva sulla facciata originale un perimetro di innumerevoli simbologie. Sono presenti molte conchiglie, elementi che confermerebbero la presenza, accanto all’edificio, di una strada di importanti pellegrinaggi. Poi ci sono splendidi intrecci decorativi, dalle cui sculture a foglie emergono in alternanza figure zoomorfe e antropomorfe, come un uomo aggrappato con forza a un archetto, forse un omaggio agli operai che rischiavano la vita durante l’innalzamento di questi complicati edifici. Quando un lavoratore moriva, infatti, gli si attribuiva un valore sacro, come se il tempio stesso per divenire eterno