Il mio regalo inaspettato
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Info su questo ebook
La voce spumeggiante del romanzo italiano
Hanno scritto di lei:
«Un’autrice che sa far divertire.»
la Repubblica
«Uno spasso assicurato.»
Gioia
«Regina delle vendite come E. L. James e Anna Todd.»
Corriere della Sera
Felicia Kingsley
È nata nel 1987, vive in provincia di Modena e lavora come architetto. Matrimonio di convenienza, il suo primo romanzo inizialmente autopubblicato, ha riscosso grande successo in libreria con Newton Compton ed è diventato il secondo ebook più letto del 2017. Stronze si nasce, Una Cenerentola a Manhattan e Due cuori in affitto sono stati nella classifica dei bestseller per settimane. La Newton Compton ha pubblicato anche La verità è che non ti odio abbastanza, Prima regola: non innamorarsi e, in ebook, Appuntamento in terrazzo, i cui proventi verranno devoluti all’Ospedale Policlinico di Modena.
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Anteprima del libro
Il mio regalo inaspettato - Felicia Kingsley
1
Narra la leggenda che il magico villaggio di Babbo Natale si trovi a Rovaniemi, in Finlandia dove, in una baita di profumato legno di abete, gli elfi confezionano i regali che il vecchio barbuto dalla casacca rossa consegnerà la notte della Vigilia, sulla sua slitta trainata da otto fidate renne.
La verità è molto più simile a questa: un moderno capannone di cemento e vetro di quasi centomila metri quadri distribuiti su tre piani, dal quale ogni giorno partono gli ordini fatti dai clienti di tutto il Regno Unito sul sito di e-commerce Amazing, Incredibili prezzi, incredibile shopping
. Anche i nostri fattorini hanno la divisa rossa ma, anziché una slitta, guidano furgoni Volkswagen da centosettanta cavalli.
Dunfermline, nella contea scozzese di Fife arroccata tra i fiordi affacciati sul Mare del Nord, a dicembre diventa il cuore pulsante dello shopping natalizio del Paese e io, Freya Thompson, responsabile della logistica settore
B
del magazzino Amazing, mi sento un po’ un elfo.
Oggi è la Vigilia e il mio compito è assicurarmi che tutti gli ordini ricevuti fino a mezzogiorno vengano spediti al destinatario entro stasera.
Continuo il mio ennesimo giro di ricognizione del centro spedizioni, tablet alla mano, per controllare che tutto proceda senza intoppi.
I nastri trasportatori scorrono accanto a ogni postazione carichi di box rossi, come vagoni di un treno in miniatura, che vengono prelevati dagli addetti alla fase dell’imballaggio.
Di solito l’operazione richiede poco più di un minuto, ma oggi quasi tutti gli ordini sono doni e devono essere incartati e infiocchettati in confezioni regalo.
Tutti noi addetti, per l’occasione, indossiamo un berretto rosso con tanto di pompon e bordo di pelo sintetico bianco che ci sta facendo sudare come caldaie. Ci è andata comunque meglio che ai corrieri, che sfoggiano cerchietti con le corna e un campanellino.
L’ufficio risorse umane ha deciso, per farci sentire di più l’atmosfera, di diffondere in tutto il magazzino una playlist dei più grandi successi natalizi degli ultimi anni.
Non sarebbe così male, non fosse che viene mandata in loop e ci tocca ascoltare le stesse trenta canzoni per tutto il giorno, da dieci giorni.
Abbiamo sviluppato un’allergia psicosomatica collettiva agli Wham! Ogni volta che inizia Last Christmas a qualcuno parte un tic nervoso.
Manca solo mezz’ora, trenta minuti, milleottocento secondi e il magazzino chiuderà per due meritati giorni di ferie. Di solito non lo faccio, ma oggi controllo l’orologio con una rotazione compulsiva del polso.
Non che mi aspettino chissà quali festeggiamenti, ma voglio suggellare questa giornata come il mio successo di fine anno. Il settore di cui mi occupo detiene il record di ordini evasi e intendo confermarlo.
C’è una certa competizione tra me e Rufus del settore
D
, è quasi un testa a testa, ed è più che certo che a uno di noi due l’anno prossimo spetterà la promozione a capo della logistica generale.
Con quello stipendio, sì che potrò dare la caparra per la mia prima casa. L’ho anche già trovata – la sto tenendo d’occhio dal Black Friday, giorno in cui abbiamo battuto il primato di spedizioni rispetto all’anno scorso – ed è proprio la casa dei miei sogni: un idilliaco cottage alle pendici di una collina, circondato da prati verdeggianti, con una veranda con la vista sul lago in cui ricevere amici in primavera per un bel barbecue, o bersi una cioccolata calda davanti al camino d’inverno.
Non pretendo la reggia di Balmoral, perché non devo mica ricevere tutti i Windsor, cugini di dodicesimo grado inclusi; mi bastano poche stanze, ma non voglio neanche vivere per sempre in un bilocale sopra al pub Le tre ancore
. In particolare, nessuno vorrebbe vivere sopra a un pub il giorno di Sant’Andrea. Nessuno sa far festa come gli scozzesi, e per la ricorrenza del patrono tirano fuori il meglio.
A dirla tutta, dal 30 novembre fino a Hogmanay – Capodanno – è un festeggiamento unico.
Stasera, però, dovrebbero essere tutti a casa, me compresa, per una tranquilla serata in famiglia. Un gatto costituisce un nucleo famigliare, giusto?
La campana annuncia la fine del turno e tutti gli addetti sventolano per aria il berretto rosso.
«Ciao Gladys. Buon Natale, Susan. Paul, fai gli auguri a tua moglie da parte mia, la sua crostata era buonissima. Frank, poi fammi sapere se a tuo figlio è piaciuto il regalo…», li saluto uno per uno perché sono convinta che, tra i tanti fattori che rendono il mio settore efficiente ci sia anche quello della familiarità. Trattare le persone come tali e non come semplici lavoratori credo sia molto più stimolante.
Il magazzino si svuota, i nastri trasportatori si fermano, la musica s’interrompe e in tutto Amazing rimango solo io. Vado allo spogliatoio per prendere il mio cappotto, m’imbacucco con il berretto di lana, otto giri di sciarpa e gli stivali da neve.
La bianca spolverata del mattino si è trasformata in una poderosa coltre che ricopre ogni superficie esterna.
In uno slancio di ipercontrollo decido di fare una veloce ricognizione dei furgoni che sono rientrati alla base, giusto per accertarmi che tutti i pacchi siano stati recapitati.
Raggiungo la piattaforma di carico e apro i portelloni di ciascun camioncino, constatando compiaciuta il soddisfacente vuoto al loro interno, ma… un attimo!
E questo perché è ancora carico?
Sono davanti all’ultimo Volkswagen della fila e nel cassone ci sono ancora… Uno, due… Cinque… Dieci…
VENTI
! Venti scatoloni! Come accidenti è possibile?
Forse sono ordini arrivati dopo mezzogiorno e qualcuno ha voluto portarsi avanti così che siano pronti a partire subito dopodomani?
Rufus! Potrebbe essere stato lui!
Salgo sul furgone per controllare i codici sui pacchi e vedere se siano davvero del suo settore e… «Oh, merda!». Iniziano con 02, non sono di Rufus, sono del mio settore!
«Ok, Freya stai calma. Saranno qui per un motivo. Forse il corriere non ha trovato nessuno a ritirarli, quindi sono tornati alla base», mi dico a voce alta.
Acchiappo il lettore dei codici a barre agganciato al portellone e scansiono l’etichetta per controllare lo stato del primo pacco che mi capita a tiro. Pronto per la spedizione
, dice il display, non: Tentativo di consegna non riuscito
.
Il mio sguardo cade con orrore sul parabrezza del furgone coperto da centimetri di neve fresca. Questo furgone non è mai partito!
Mentre mi ripeto come un mantra: «No, no, no, no», in un misto di incredulità e disperazione mi segno la targa del veicolo e la inserisco nel database della rimessa.
La nota sul video è chiara: Mezzo n. 541, fuori servizio per sostituzione cinghia motore
.
Accidenti! Qualcuno ha caricato gli ultimi pacchi su questo furgone pensando che fosse pronto a un nuovo giro consegne, invece era fuori servizio. E sopra ci sono tutti i pacchi! Pacchi che non sono stati ricevuti e che i rispettivi clienti reclameranno.
Fisso impotente la pila di scatole beige mentre la visione del mio cottage con la veranda e il camino acceso sbiadisce davanti ai miei occhi.
Mi sento minuscola, qui, nel piazzale sterminato della sede di Amazing, con il magazzino che incombe alle mie spalle e le vetrate buie che mi scrutano sinistre.
Vorrei fare qualcosa, ma non so cosa. Non posso mica consegnare i pacchi io!
E se li consegnassi io?
Potrei consegnarli io!
2
In fondo sono venti pacchi in tutto e, poiché sono stati confezionati nel mio settore, le destinazioni si trovano in un raggio massimo di trenta chilometri.
Ringrazio il sistema del programma di consegna che organizza il percorso ottimizzando sia i tempi di percorrenza che gli sprechi di benzina: sono le sei e trentacinque, se mi attengo all’itinerario, riesco a fare una consegna ogni nove minuti, impiegando in tutto tre ore, e a fare tutti felici entro le nove e mezza.
È assurdo ma non impossibile.
«Ce la posso fare. Pensa al tuo cottage, Freya, pensa al tuo cottage. E smettila di parlare da sola!».
Trasferisco i pacchi dal furgone fuori servizio a un altro e parto. Come giro le chiavi nel quadro, dall’autoradio attacca Feliz Navidad.
Cerco di zittirla in ogni modo, mi serve tutta la concentrazione che ho, ma lei non vuole saperne di tacere, così mi arrendo al ritornello che riempie l’abitacolo: «I wanna wish you a merry Christmas, I wanna wish you a merry Christmas», e do tutto gas. Per stasera, sarò Santa Freya. Solo un po’ esaurita.
La prima consegna è vicinissima, ad Abbeyview, così seguo il navigatore e mi metto in cerca della casa giusta perché, tra il buio e la neve, non distinguo i civici. In più le abitazioni sono tutte identiche, un ordinato villaggio residenziale di villette a due piani con tetto spiovente e abbaino, quindi confondersi è un attimo.
Scendo con il pacco e suono impaziente. Nel mio mondo perfetto, i clienti vengono ad aprirmi al primo squillo del campanello, ritirano il pacco e addio, ma capisco presto che non è così.
Rimango parcheggiata sulla soglia con lo scatolone in braccio e i piedi affondati nella neve fino alle caviglie per interi minuti prima che qualcuno si presenti alla porta.
«Finalmente!», esclama una ragazza truccata e pettinata alla perfezione ma in vestaglia, senza un minimo accenno di saluto.
«Dovrebbe firmare la consegna, per favore», le dico.
«Entra, mi serve una mano», risponde ignorando la mia frase prima di sparire nel corridoio.
«Ho altri giri da fare», insisto.
«Cinque minuti. Ho bisogno del tuo aiuto».
Cinque minuti sono oro per me, stasera, spero che si tratti davvero di una cosa urgente. «Ok», brontolo con un sospiro. «Cosa devo fare?»
«Vieni qui in soggiorno!», mi urla, così seguo la sua voce.
Lì, in quello che, più che un salotto, ha l’aria di un set cinematografico, la ragazza non è più in accappatoio ma sta saltellando dentro all’abito che