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Bugie a colazione
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E-book305 pagine4 ore

Bugie a colazione

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Info su questo ebook

Dall'autrice del bestseller Ho sposato un maschilista

Cento euro e tre mesi di tempo. È tutto quello che Sveva ha a disposizione per fondare un’impresa di successo, se non vuole che il nonno, uno degli uomini più ricchi di Milano, le tagli i fondi costringendola a vivere per sempre come una comune mortale. Tre mesi in cui Sveva sarà costretta a rinunciare alla sua sfarzosa vita fatta di party esclusivi, shopping da capogiro, vacanze esotiche e persino al suo meraviglioso attico, sostituito da un monolocale in periferia, infestato da scarafaggi e vicini poco raccomandabili. Basta un solo giorno perché Sveva comprenda di non avere alcuna chance di vincere la scommessa col nonno. E così, quando si profila la possibilità di sposare il ricchissimo e affascinante Lorenzo De Vallis, Sveva pensa di coglierla al volo.
Ma deve resistere fino al suo ritorno dalla trasferta negli Emirati Arabi… Nell’attesa che il principe azzurro arrivi a salvarla dai water incrostati del
suo lavoro temporaneo in un hotel e, soprattutto, dai vestiti di seconda mano, Sveva si trova costretta a imparare l’arte della sopravvivenza. E
chissà che la sua nuova vita, complice un incontro inaspettato, non riesca a farle scoprire qualcosa di nuovo su di sé…

La nuova commedia romantica e irresistibile dall’autrice del bestseller Ho sposato un maschilista

Hanno scritto dei suoi romanzi:

«Ironia e romanticismo conquistano i lettori.»
Corriere della Sera

«Un libro da leggere tutto d’un fiato per assicurarti una ventata d’allegria.»
Starbene

«Ogni nuovo libro di Joanne Bonny supera quello precedente!»

«Anche stavolta Joanne Bonny ha fatto centro!»
Joanne Bonny
È nata a Milano nel 1986, con un altro nome. Lo pseudonimo nasce dalla sua passione per i pirati. È stata finalista al Premio Il Battello a Vapore con un libro per bambini. Ha esordito con la Newton Compton con Ho sposato un maschilista, ottenendo un notevole successo, e ha pubblicato anche Ci vediamo domani se non piove, C’eravamo tanto odiati e Bugie a colazione.
LinguaItaliano
Data di uscita2 ago 2021
ISBN9788822760531
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    Anteprima del libro

    Bugie a colazione - Joanne Bonny

    Scandalo a Montenapo

    Ecco un elenco di cose che odio.

    • Scoprire che l’ultimo post su Instagram di Cloe Amato ha ricevuto più like del mio.

    • Ascoltare mia madre decantare le performance a letto del suo toy boy.

    • Presenziare agli eventi di beneficenza (a meno che non siano organizzati da quello schianto di Lorenzo De Vallis).

    • Accorgermi che un’altra ha messo le mani sul nuovo modello di occhiali di Gucci prima della sottoscritta.

    • Rimanere bloccata nel traffico perché lo Spostapoveri non funziona.

    «Goffredo, non riesci proprio ad andare più veloce?», sbuffo.

    «Mi dispiace, signorina Galbiati», risponde compassato l’autista. «Ma oggi c’è lo sciopero dei mezzi e di conseguenza le strade sono intasate».

    «Che noia!», esclamo accasciandomi sul sedile posteriore della Mercedes, il regalo del nonno per lo scorso Natale (Goffredo era compreso nel pacchetto, dato che non ho mai preso la patente).

    «Proprio oggi che ho la giornata così piena di impegni».

    Questa mattina devo prendere un paio di cosucce in via Montenapoleone, a pranzo mi vedo con l’interior designer che deve rinnovarmi la casa a Montreux e a seguire ho prenotato una seduta di massaggi e pulizia del viso. Poi, dopo il consueto allenamento col mio personal trainer, ho l’aperitivo con le ragazze e quindi il party di compleanno a tema Grande Gatsby per il quale Cloe Amato ha prenotato un’intera ala di Palazzo Reale (quell’esibizionista!).

    «Sai, Goffredo, non so proprio come faccia la gente a trovare il tempo per lavorare, con tutte le cose che ci sono da fare. Tu come ci riesci?»

    «Non essere l’unica nipote di uno dei Paperoni di Milano è un ottimo incentivo, signorina».

    «Mmh, immagino sia così. Sai, a volte non mi dispiacerebbe affatto avere un lavoro. Indossare dei bei tailleur firmati, aggiornare l’arredo dell’ufficio a ogni cambio di stagione, organizzare cene d’affari con affascinanti imprenditori… Ritieniti fortunato, tu che puoi permetterti di avere un mestiere».

    «Senz’altro, signorina».

    Alla fine decido di scendere in piazza San Babila, visto che il traffico non accenna a sveltirsi, ma prima voglio fare qualche selfie che metta in risalto le mie nuove extensions (prezzo: trecento euro a ciocca; la spesa migliore della settimana!). Scatto ventiquattro foto e, dopo un’accurata selezione, posto la prima su Instagram con un filtro e la caption Buona giornata!, affiancata dalle emoji di sole e bacio. I miei 1,4 milioni di follower la adoreranno.

    Intanto che ci sono do un’occhiata al profilo di Cloe Amato: l’ultima foto che ha postato ritrae il biglietto d’ingresso al party di stasera, un elegante cartoncino con stampa art déco che invita a festeggiare il suo venticinquesimo anno tra balli scatenati e fiumi di champagne.

    Secca e spigolosa com’è, Cloe apparirà favolosa nel suo costume anni Venti, ma c’è da dire che il tema della festa, per quanto raffinata ed esclusiva, non è affatto originale.

    Io farò senz’altro meglio in occasione dei miei venticinque, poco ma sicuro. Mentre sorseggio il matcha tè che ho comprato insieme a un muffin integrale senza zucchero, cerco su internet qualche spunto per il mio ricevimento.

    Figli dei fiori? Mmh, non è abbastanza chic.

    Celebrità defunte? Nah, fa troppo Halloween.

    Supereroi? Puah! Decisamente infantile.

    Ci sono: le divinità dell’Olimpo! Già immagino la sottoscritta scendere da una scalinata in marmo al braccio di Lorenzo De Vallis, splendenti come Afrodite e Apollo nelle tuniche bianche che fanno risaltare le nostre pelli abbronzate e le chiome dorate. Mancano ancora tre mesi al mio compleanno, ma contatterò un party planner oggi stesso, ho deciso!

    «Ehi, bellezza, hai qualche soldo?».

    Una nauseabonda zaffata di sporcizia mi penetra a fondo nelle narici, costringendomi a storcere il naso (prezzo: ventimila euro; ufficialmente avevo il setto deviato, in realtà ne volevo uno identico a quello di Amy Adams).

    «Sciò, non ho tempo!», esclamo cercando di seminare il vecchio barbone che mi si è parato davanti.

    Ma non riesco a fare due passi che la sua mano agguanta il sacchetto della mia colazione.

    «Almeno un pezzo di cibo», insiste. «Ho fame».

    Fisso con disgusto le sue unghie nere incrostate di sudiciume. «Se hai fame perché non te ne vai alla mensa per i poveri? E intanto che ci sei fatti dare un pezzo di sapone».

    Strappo il sacchetto dalla mano lercia dell’accattone e con piglio trionfale riprendo la mia camminata. O meglio, la riprenderei se una seconda persona non mi bloccasse la strada.

    «Sveva, che bello incontrarti!».

    «Lorenzo!».

    Sorrido inebetita, un po’ per la sorpresa, un po’ perché Lorenzo De Vallis ha sempre quest’effetto su di me. Voglio dire, guardatelo!

    Sorriso luminoso, mascella scolpita, folti riccioli biondi e un profumo virile e delicato insieme che come una brezza primaverile spazza via il tanfo del barbone. Un po’ bassino, forse, ma niente che un paio di solette interne rialzate non possa risolvere (quando saremo una coppia gliene regalerò una bella scorta).

    «Facevi compere?», domando curiosa, adocchiando la busta targata Patek Philippe stretta tra le sue dita fresche di manicure.

    «Ho preso un pensierino per Cloe. Spero verrai anche tu al ricevimento di stasera».

    «Non posso certo mancare al compleanno della carissima Cloe. Stavo proprio cercando il regalo per la festeggiata, ti va di aiutarmi?».

    In realtà le ho già preso una trousse di Chanel, ma quella la posso sempre tenere per me.

    «Ti accompagnerei volentieri, ma devo presiedere la riunione dell’associazione non profit che ho fondato a sostegno dei paesi più poveri dell’Africa. Stiamo organizzando una raccolta fondi per espandere la rete idrica in Malawi, in modo che raggiunga anche i villaggi più isolati».

    Che seccatura, speravo di passare del tempo con lui, non potrebbe rimandare? Tanto quelli hanno atteso secoli per avere l’acqua vicino a casa, potranno aspettare una mattinata in più.

    «Sei una persona così altruista!», esclamo portandomi una mano sul cuore. «Sai, anch’io sto lavorando per la mia associazione di volontariato. Si chiama…». Con la coda dell’occhio mi accorgo che il vagabondo non si è ancora schiodato dal suo posto. «Adotta un barbone, cioè, un senzatetto. Sì, Adotta un senzatetto! Io oggi mi sto prendendo cura di questo caro signore sfortunato. Ecco qua la sua colazione, buon uomo, si nutra e si rimetta presto in forze!». Schiaffo il tè e il sacchetto col muffin nelle mani dell’accattone che, dopo un attimo di smarrimento, inizia a scartare il mio dolce senza obiettare.

    «Non sapevo che anche tu ti occupassi di beneficenza», osserva Lorenzo, alquanto colpito.

    «Scherzi? Io vivo per la beneficenza, fosse per me non mi occuperei d’altro tutto il giorno!».

    «Questo coso fa schifo!», sbotta il vecchio sputacchiando il tè. «Sa di piscio».

    Stupido barbone ingrato!

    «Ho un vero debole per gli indifesi, è più forte di me», rimarco.

    «La tua iniziativa è davvero ammirevole, Sveva. Dovresti organizzare una campagna di sensibilizzazione sull’argomento, a Milano ci sono così tante persone che vivono per strada e passano inosservate come fantasmi».

    «Sì, la gente di questa città a volte è proprio senza cuore», convengo.

    «Mi piacerebbe molto supportare la tua associazione, ne parlerò alla riunione di oggi».

    «Sarebbe fantastico, grazie!».

    «Non hai qualcosa per coprirmi?», si intromette il barbone alitandomi in faccia. Per fortuna che ho lo stomaco vuoto. «Ho freddo».

    Ma che razza di approfittatore!

    «Ehm, sicuro! Ecco, prenda il mio soprabito». Trattenendo a stento un brivido di disgusto, gli calo sulle spalle il mio spolverino di Balenciaga. «Si copra per bene, mi raccomando».

    «Sai, Sveva? Ho sempre pensato che fossi una delle creature più belle sulle quali abbia mai posato gli occhi». Lorenzo fa un passo verso di me fissandomi intensamente coi suoi occhi azzurri. Si sfila la sciarpa dal collo e l’avvolge con cura attorno al mio, le mani che indugiano tra i miei capelli mentre appuntano il nodo. «Ma ora ho scoperto che sei anche dotata di un animo estremamente buono e generoso. Sono lieto che le nostre strade siano tornate a incrociarsi».

    «Anch’io sono felice di averti ritrovato», mormoro.

    Quando ho saputo che Lorenzo era di nuovo in città, terminati gli studi a Eton e Yale, non ho potuto fare a meno di ripensare all’ultima volta che ci eravamo visti: era stato durante la festa di Capodanno in uno degli alberghi di proprietà della sua famiglia. Avevamo entrambi tredici anni e quella sera, allo scoccare della mezzanotte, gli diedi il mio primo bacio.

    Mi chiedo se anche lui rammenti quell’episodio, ma non voglio rischiare di creare dell’imbarazzo tra di noi tirandolo fuori a sproposito.

    Ehi Lori, ti ricordi quando eravamo ragazzini e mi hai palpato una tetta sotto al vischio?.

    «Ora devo proprio andare, ci vediamo questa sera al party».

    «A stasera», lo saluto, inspirando a fondo il suo profumo impregnato nella sciarpa (The Night di Frederique Malle, prezzo: oltre mille euro).

    La stoffa è in puro cashmere e della stessa sfumatura di azzurro dei suoi occhi. Mentre lo osservo allontanarsi lungo il marciapiede, decido che questa sera gli rinfrescherò la memoria su quel lontano Capodanno.

    Tra l’altro mio nonno è un immobiliarista e lui possiede svariati alberghi di lusso, quindi un’unione tra i due rami della famiglia sarebbe benvenuta anche sotto il profilo economico. Già, ho detto i due rami perché io e Lori siamo cugini.

    Sì, lo so cosa state pensando. Sul serio, Sveva, vuoi fartela con tuo cugino?!.

    Prima che gridiate allo scandalo, ci tengo a precisare che siamo solo cugini di secondo grado, e ciò renderebbe il nostro matrimonio assolutamente valido e socialmente accettabile.

    Già mi immagino abbracciata a Lorenzo sulle copertine di «Vogue» o «Grazia», dove raccontiamo della nostra vita idilliaca nella campagna toscana, circondati da uno stuolo di frugoletti biondi e setter irlandesi. Ogni tanto ci recheremmo a Milano per presenziare a eventi mondani e di beneficenza, e tutti ci ammirerebbero come la coppia più ricca, glamour e generosa d’Italia!

    «Ehi, bellezza, hai mica un altro muffin?».

    Sposto l’attenzione sul barbone con il mio spolverino di Balenciaga che si sta leccando briciole di muffin dalle dita sporche, e subito il mio buonumore si guasta.

    «Dai qua!», esclamo rimpadronendomi del soprabito.

    Grandioso, ora mi toccherà farlo disinfestare.

    Per fortuna varcare la soglia di Cartier è sufficiente a farmi tornare il sorriso.

    «Sveva, carissima! Ti stavamo aspettando». Letizia supera il bancone venendomi incontro e io le schiocco due baci volanti a fior di guance. «Questa nuova acconciatura ti sta di-vi-na-men-te!».

    «È curioso che tu l’abbia detto, perché ho appena deciso che il tema del mio party di compleanno saranno proprio le divinità dell’Olimpo! Non trovi che sarei una perfetta Afrodite?»

    «Tesoro, scommetto che neanche gli antichi greci si sognavano una dea dell’amore bella quanto te».

    «Oh, Sveva, vedo che hai al braccio quella meravigliosa Medusa rosa di Versace!», si intromette Agnese, l’altra commessa, porgendomi un bicchiere di champagne. «L’ho vista sul tuo profilo Instagram e me ne sono innamorata all’istante! Di’ un po’, come hai fatto ad averne una? La nuova collezione uscirà solo tra un mese».

    «È un regalo di Donatella», rispondo tutta tronfia, scatenando i sospiri ammirati delle due ragazze.

    «Sa che adoro Versace, così quando ci incontriamo mi vizia con qualche sorpresa esclusiva».

    «Beate te! Vieni, ti mostro subito i gioielli che ti ho messo da parte per la festa anni Venti. Sarai la più elegante di tutti, festeggiata compresa». Letizia strizza l’occhio con aria complice e io la seguo al bancone, dove nel giro di pochi minuti espone il corredo che indosserò per apparire una perfetta dama di inizio Novecento.

    «Collana a tre giri in perle con orecchini a bottoncino abbinati, bracciale alla turca e anello cocktail con smeraldo. Ma il pezzo forte è questo… un pettine per capelli con orchidee in platino, onice e diamanti! È l’esatta riproduzione di un gioiello Cartier che andava molto di moda all’epoca, qualsiasi donna dell’alta società avrebbe fatto carte false per indossarlo».

    «È davvero un incanto!», convengo girandomelo tra le mani.

    «Starà una favola tra i tuoi capelli dorati, senza contare che farai schiattare d’invidia quell’acida gallina di Cloe Amato», aggiunge Agnese.

    Ah, adoro queste ragazze!

    «Puoi farmeli riavere tutti la settimana prossima». Letizia inizia a riporre i gioielli nelle rispettive custodie, mentre Agnese accoglie una giovane coppia asiatica in cerca di un anello di fidanzamento.

    «Non se ne parla, non ho nessuna intenzione di restituirti il pettine, è un tale amore! È in vendita?»

    «In teoria no, ma per te possiamo fare un’eccezione. Ecco, il prezzo è questo». Letizia scribacchia una cifra su un foglietto e me lo porge con discrezione.

    Lo ignoro e rovisto nella borsa in cerca del portafoglio. Nessuna cifra è troppo alta per quella bellezza. E se anche fosse, nessuna cifra sarebbe troppo alta per Sveva Galbiati.

    Allungo la carta di credito a Letizia, che la fa scorrere nel pos.

    «Mmh», mugugna perplessa, prima di ripetere l’operazione. «Eh, sì, l’ha rifiutata».

    «Rifiutata?», ripeto interdetta. «Impossibile, è la Centurion dell’American Express! Non la rifiuterebbero neanche su Marte!».

    «Agnese». La collega si blocca nell’atto di mostrare alla coppietta un solitario. «Per caso stamattina hai avuto problemi con le Amex?»

    «No, nessun problema», replica l’altra sgranando gli occhi.

    Indispettita, estraggo dal portafoglio la Visa Infinite. «Ecco, prova questa».

    Letizia passa la seconda carta sul lettore, ma il responso è identico.

    «Rifiutata».

    Non so chi delle due sia più incredula.

    «Cos’è, uno scherzo?», sbotto.

    «Mi dispiace tantissimo, Sveva, deve esserci un problema con la linea delle carte di credito», annaspa Letizia, che finalmente ha il buon gusto di mostrarsi imbarazzata. «Cercherò di risolvere al più presto, e naturalmente ti effettuerò uno sconto per il disguido».

    «Lascia stare, tieni il bancomat».

    La guardo infilare la tessera nel pos e quindi digito il pin.

    «Oh!», esclama un attimo dopo curvando gli angoli della bocca verso il basso, lo sguardo fisso sullo schermo del dispositivo.

    «E adesso che c’è?», esplodo. I due futuri sposini sobbalzano e anche Agnese si lascia sfuggire un anello dalle mani per la sorpresa.

    «Ecco…», mormora Letizia, deglutendo, «la transazione è stata negata».

    «Negata? Che accidenti significa negata

    «Guarda tu stessa».

    Strappo la macchinetta dalle mani di Letizia e leggo il testo impresso sullo schermo. C’è proprio scritto Transazione negata.

    «Tutto questo non ha senso!», esclamo indignata e in preda alla frustrazione. «Come diavolo è possibile?»

    «Non lo so», ammette Letizia, paonazza.

    «Be’, vorrà dire che ti farò un assegno», concludo. Faccio per prendere il pettine adagiato nella sua custodia, ma la commessa è più lesta di me e lo attira dalla sua parte.

    Ehi, non mi piace affatto il modo in cui mi sta guardando!

    Ogni traccia di affabile cordialità è stata seppellita sotto uno sguardo corrucciato carico di diffidenza.

    «Ehm, forse è meglio che consulti il direttore».

    Prima che possa protestare, Letizia contatta al telefono il suo superiore.

    Io cerco di calmarmi mandando giù dello champagne e curiosando la scelta della coppia al mio fianco, ma lo spumante mi va di traverso quando mi accorgo che Agnese sembra molto più interessata al mio piccolo disguido che ai suoi clienti. Razza di impicciona!

    «…esatto, Sveva Galbiati, una delle nostre migliori clienti». Letizia mi rivolge un sorriso fintamente accomodante, che non ricambio. «È assurdo, ma entrambe le sue carte risultano… come? Ah, sì? Davvero? Oddio…».

    Non so se essere più irritata dal balbettio di Letizia o dall’attenzione avida che la collega le sta riservando.

    «Se le cose stanno così, farò senz’altro come mi ha detto, grazie».

    «Allora?», sbuffo quando finalmente Letizia mette giù. «Lo vuoi questo assegno, sì o no? Ho una certa fretta, sai».

    «Mi dispiace, signorina Galbiati, ma non posso lasciarle i nostri gioielli».

    Signorina Galbiati?

    «Letizia, si può sapere che accidenti ti prende? Cos’è, una candid camera?».

    «Ora devo chiederle di lasciare la boutique senza fare storie, per piacere».

    Ma è completamente impazzita?!

    «Agnese, puoi farla ragionare, per favore?».

    L’interpellata mi guarda in chiara difficoltà, ma prima che riesca a tirarla dalla mia parte la collega le bisbiglia qualcosa all’orecchio. L’espressione di Agnese, da confusa, si fa prima stupita e poi scandalizzata.

    Soffoco l’impulso di prenderle entrambe a schiaffi e provo a mantenere la calma.

    «Sentite un po’, vi rendete conto in quali guai vi state cacciando? Non appena dirò al direttore come mi avete trattata…».

    «È stato lo stesso direttore a impartirci queste disposizioni», replica calma Letizia.

    «Allora chiamerò la casa madre a Parigi e vi farò licenziare tutti, direttore compreso!».

    «Armando, Vladimir, accompagnate la signorina all’uscita e assicuratevi che ci rimanga».

    Alla richiesta di Letizia le due guardie del negozio mi si affiancano e, posata una mano su ciascuna mia spalla, mi sospingono in modo gentile ma fermo verso la porta.

    «Come osate?», esclamo, travolta dalla rabbia e dall’umiliazione. «Non la passerete liscia, nessuno di voi! Vi siete dimenticati chi avete di fronte? Sono una delle vostre migliori clienti, l’hai detto tu stessa, Letizia!».

    «Ragazzi, aspettate», interviene la commessa.

    Ah, finalmente si inizia a ragionare! Mi libero della presa delle guardie e do una sistemata agli abiti sgualciti.

    «Sappiate che non ve la caverete con delle semplici scuse, pretendo…».

    «Toglietele lo champagne», aggiunge Letizia.

    Rimango impotente mentre Armando mi sfila dalla mano il flûte e insieme al collega, senza tanti complimenti, mi sbatte fuori.

    Ultimatum

    Tutto questo è inaudito!

    Nessuno ha mai osato trattarmi in questo modo.

    Sono talmente furiosa che prenderei a calci il muro, se solo non rischiassi di rovinare gli stivaletti di Prada.

    Ma non finisce certo qui!

    Mentre percorro via Montenapoleone ad ampie falcate, scorgo l’insegna di una postazione bancomat e mi ci dirigo decisa. Preleverò la somma necessaria a comprare quello stupido pettine e sbatterò i soldi in faccia a quelle due befane!

    Infilo la tessera ma, dopo aver digitato il pin, la schermata che appare non è quella che mi aspettavo.

    Carta priva di disponibilità.

    E all’improvviso capisco. Mio nonno devi avermi bloccato l’accesso ai conti. Conosce personalmente il direttore di Cartier, giocano insieme a golf ogni tanto, quindi immagino l’avrà avvisato del suo provvedimento.

    L’ultimo precedente risale a tre anni fa, quando Cloe Amato si era comprata uno yatch e io per non essere da meno ne avevo acquistato uno grosso il doppio del suo (prezzo: 2 milioni e 800 mila euro, anche se non ha mai lasciato il porto perché soffro il mal di mare). Il nonno non l’aveva presa affatto bene e me l’aveva fatto restituire il giorno dopo.

    Però ultimamente non ho fatto follie con lo shopping, se si escludono quei pezzi d’antiquariato che ho preso all’asta la settimana scorsa… Del resto sono essenziali per il salone di casa, e poi tutti sanno che acquistare antichità sia un investimento.

    Comunque, allora mi era bastato frignare un po’ per farlo tornare sui suoi passi, e sono certa che anche questa volta lo farò capitolare con qualche moina. So essere irresistibile, quando mi ci metto.

    «Goffredo, cambio di programma», annuncio rinfilandomi nella Mercedes. «Andiamo dal nonno».

    Non mi piace andare a far visita al nonno, e se lo conosceste anche voi capireste il perché.

    Nonostante sia uno degli uomini più ricchi di Milano e alla veneranda età di… (quanti anni avrà? Non mi ricordo mai) abbia già un piede nella fossa, non fa che trascorrere le sue giornate dietro alla scrivania dello studio, lavorando, lavorando e lavorando.

    E non ci sarebbe niente di male, se solo non si aspettasse che anche gli altri facciano lo stesso.

    Sul serio, in ventiquattr’anni di vita non l’ho mai visto prendersi una vacanza, o un solo giorno di ferie. Che senso ha fare soldi a palate se poi non sai goderteli?

    Per fortuna ci penso io ad aiutarlo a spendere la sua fortuna.

    Goffredo posteggia l’auto ai piedi di uno dei palazzi signorili che sorgono su corso Venezia, e io infilo il portone di gran carriera. Di questo passo mi toccherà rimandare il pranzo con l’interior designer.

    L’appartamento del nonno occupa l’intero piano più alto, e appena suono il campanello vengo accolta da una dei suoi domestici. Le lascio il mio spolverino di Balenciaga, che ripone nell’armadio con una smorfia (non posso darle torto, gli è rimasto appiccicato addosso il tanfo del barbone) e mi precipito verso lo studio.

    Ora mi sente, il vecchio bacucco!

    «Nonnino adorato!», esclamo spalancando la porta. «Quanto mi sei mancato!».

    L’uomo dietro la scrivania (folti capelli bianchi, fisico asciutto e l’ombra di una passata bellezza pari a quella di Robert Redford) solleva appena lo sguardo dalle scartoffie accumulate sotto il suo naso. «E tu chi saresti?», borbotta.

    Mmh, il problema coi vecchi è che non capisci mai se stanno facendo del sarcasmo o se gli è davvero partita la brocca.

    «Ma come, sono la tua nipotina preferita!», gli sorrido sicura mentre incedo nello studio.

    Forse mi ha bloccato i conti in un attimo di confusione, e in questo caso sarà più facile del previsto riavere indietro la grana.

    «Nonché l’unica», replica il nonno lasciando perdere i documenti e fulminandomi con uno sguardo ostile.

    Ok, era sarcasmo.

    Mi siedo sulla poltrona di fronte a lui, già meno baldanzosa di quando sono entrata. Accipicchia, questa volta sembra proprio incavolato nero.

    «Vedi, nonno, stamattina c’è stato un piccolo disguido con le mie carte di credito. Non funzionano più, e lo stesso vale per il bancomat. Stavo facendo acquisti da Cartier, quindi puoi immaginare il mio imbarazzo quando non sono stata in grado di pagare».

    «E tu puoi immaginare il mio disappunto quando ho ricevuto una copia del tuo ultimo estratto conto», ribatte lui. «Per non parlare della spesa folle all’asta di martedì».

    «Si è solo trattato di un paio di lampadari d’epoca impero, li ho pagati un’inezia rispetto al loro reale valore!».

    «E immagino fosse una spesa necessaria».

    «Non necessaria, forse, ma di certo oculata», sorrido nuovamente, soddisfatta della mia risposta.

    «Oculata», ripete il nonno, quasi masticando la parola per saggiarne a pieno il significato. Senza aggiungere altro, estrae da un cassetto alcuni fogli pinzettati e si rinforca gli occhiali sul naso. «Erano oculati anche i quattromila euro che hai speso per farti spedire un abito da Parigi tramite volo privato?»

    «Avevo bisogno di quell’abito per il cocktail a casa della Costantini. Mi aveva mandato l’invito all’ultimo e lei si vanta sempre di possedere tutte le ultime

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