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Parigi val bene una messa... in piega
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E-book106 pagine1 ora

Parigi val bene una messa... in piega

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Info su questo ebook

Mia vive una rassicurante routine fatta di lavoro e doveri. È l’invito a partecipare ad un matrimonio gay a Parigi ad interrompere il susseguirsi organizzato dei suoi impegni. Sarà lì, durante la cena, che Mia incontrerà Samuel, un affascinante ed ambiguo seduttore. Col suo fascino, cercherà di convincerla a sciogliere le briglie dei rigidi principi che regolano la sua vita e ad imbarcarsi in un’avventura permeata di trasgressione. Un’altalena di emozioni farà deviare il corso della sua vita fino ad un bivio: imboccare la strada dettata dalla ragione o quella indicata dall’istinto. Il leggendario filo rosso che lega le loro due anime rischierà di spezzarsi sotto il peso di una travolgente passione proibita. A quel punto, Mia dovrà dare una conferma all’affermazione contenuta nel titolo, pronunciata da Enrico IV: vale la pena sacrificarsi per ottenere uno scopo superiore?
LinguaItaliano
Data di uscita2 dic 2021
ISBN9788893471701
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    Anteprima del libro

    Parigi val bene una messa... in piega - Manuela Mariani

    cover.jpg

    Manuela Mariani

    PARIGI VAL BENE UNA MESSA… IN PIEGA

    Prima Edizione Ebook 2022 © R come Romance

    ISBN: 9788893471701

    Immagine di copertina su licenza Adobestock.com, elaborazione Edizioni del Loggione

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    www.storieromantiche.it

    Edizioni del Loggione srl

    Via Piave 60

    41121 Modena – Italy

    romance@loggione.it

    http://www.storieromantiche.it    e-mail: romance@loggione.it

    img2.jpg

    La trama di questo romanzo è frutto della fantasia dell’autore.

    Ogni coincidenza con fatti e persone reali, esistite o esistenti, è puramente casuale.

    Manuela Mariani

    PARIGI VAL BENE UNA MESSA… IN PIEGA

    Romanzo

    INDICE

    MARZO 2015

    GIUGNO 2015

    GENNAIO 2016

    GENNAIO 2017

    UN ANNO DOPO

    L’autrice

    MARZO 2015

    Cominciai a mordicchiare nervosamente un’unghia. Sobbalzai quando la mia lingua sfiorò la sua superficie lucida e liscia. Che stupida, rischiavo di rovinare lo smalto di tendenza che mi era costato una fortuna. Il tutto faceva parte dell’operazione Prendi una ragazza brianzola e spediscila a Parigi, un investimento di mezzo stipendio e mezza giornata di ferie che aveva attivato la mia metamorfosi da bruco nerd a farfalla dalla chioma ramata che ancora stentavo a riconoscere quando mi guardava dallo specchio. (Peccato non aver trovato in saldo anche il principe azzurro, così con una strisciata di carta di credito avresti risolto tutti i tuoi problemi esistenziali).

    Strofinai con forza per sistemare un eventuale danno e incrociai le mani appoggiandole sulle ginocchia, per prevenire la tentazione di rifare l’insano gesto. Sbuffai e guardai l’ora per la decima volta negli ultimi dieci minuti. Dove erano finite le mie colleghe? Possibile che solo io fossi riuscita a prepararmi in perfetto orario?

    Vagai con lo sguardo nella hall dell’hotel per cercare di esorcizzare la morsa della noia. Vidi seduta al bar una ragazza molto carina e molto triste. Un soffio al profumo di sandalo accompagnò il passaggio di un ragazzo, che mi sfiorò la caviglia nell’impeto della sua camminata. Cavolo, era di una bellezza mozzafiato! Si fermò al centro della sala e cominciò a guardarsi attorno con aria guardinga. Esitò un istante, poi si diresse verso la ragazza al bar. E ti pareva! Figurati se un fusto del genere poteva essere single! Vidi che parlavano con gli occhi lucidi, poi lei si alzò e svenne fra le sue braccia. (Quella sì che sa cadere fra le braccia di un uomo con stile! Scommetto che tu saresti inciampata sui tacchi e saresti rotolata come un sacco di patate!).

    Scacciai con la mano un inesistente insetto. Possibile che le ramanzine di mia madre mi rimbombassero nella testa anche Oltralpe? Mi scocciava ammetterlo, ma come potevo darle torto? Quante probabilità ci sono di rovesciare del caffè addosso a un malcapitato appena sbarcati in una città vista solo in fotografia? Chi mi conosce bene, direbbe che nel mio caso la percentuale coincide con il 100%. Infatti, giusto qualche ora prima, dopo aver ritirato un espresso da un distributore automatico, mi ero voltata e avevo urtato un muro di cemento solidissimo. Solo quando avevo alzato lo sguardo, avevo realizzato di essermi scontrata con un ragazzo. Anche se definirlo ragazzo era riduttivo: era il gemello separato alla nascita del cantante dei Maroon 5. I suoi occhi color ebano mi avevano ipnotizzato per qualche secondo, poi ero tornata bruscamente alla realtà quando avevo constatato il danno che avevo fatto alla sua camicia.

    Avevo balbettato delle scuse patetiche (chissà poi in che lingua…) e lui aveva risposto con delle imprecazioni il cui senso era piuttosto chiaro, anche se dette a mezza voce, in francese e mentre si allontanava cercando di pulire la macchia.

    Un tocco sulla spalla mi fece trasalire.

    «Eccoci, Mia.»

    Mi alzai di scatto. «Era ora! Cominciavo a fare le ragnatele.»

    «Su, fammi controllare se hai già avuto modo di rovinare la tua mise.» Michela mi fece piroettare davanti a lei.

    «Niente male! Avere delle colleghe con un ottimo gusto nel consigliare vestiti è una vera fortuna.» Sorrisi, volteggiando nel mio abito di chiffon. «Piano, altrimenti rischi di farmi cadere dai miei stivali con i trampoli! Sai che non sono ancora a mio agio nella parte della fashion victim che mi avete cucito addosso per l’occasione! Piuttosto, fatemi vedere se è valsa la pena starvi ad aspettare così tanto.»

    Michela stava benissimo nel suo tubino nero. Aveva messo una matita azzurra che faceva risaltare il colore dei suoi occhi.

    Roberta invece indossava un tailleur pantaloni che poneva l’accento sulla sua vita sottile e le lunghe gambe.

    «Ok, direi che siamo pronte per conquistare Parigi. Andiamo.»

    Ci prendemmo per mano e uscimmo dall’albergo in cerca di un taxi. Eravamo elettrizzate all’idea del weekend che ci aspettava. Quando il nostro collega francese ci aveva informato che avrebbe organizzato una grande festa per celebrare con gli amici il suo matrimonio, non potevamo certo immaginare che l’invito sarebbe giunto fino a noi. Avevamo aperto con emozione la busta riccamente decorata che ci annunciava che la nostra presenza era gradita per una memorabile soirée nella capitale francese.

    Devo confessare che la mia prima reazione fu di panico. Vi immaginate una come me, che non usciva mai dai confini italiani (della sua provincia), catapultata in un locale super trendy degli Champs Elysées?

    Da quel momento in poi, ogni giorno era diventato un turbinio di commenti, consigli, prenotazioni, risate e soprattutto battute piccanti. Perché quello che rendeva tutto così inusuale era il fatto che anche la sposa era… un lui! Le mie amiche e le mie colleghe presero sul serio il progetto della mia trasformazione, pianificando un restyling completo della mia immagine, trascinandomi per negozi e riempiendo il mio trolley di cosmetici, scarpe e vestiti di cui ignoravo l’esistenza.

    Fermammo una vettura e comunicammo all’autista il nome del ristorante. I futuri sposi erano stati così gentili da organizzare anche una cena per gli ospiti stranieri che sarebbero giunti il giorno precedente alla festa ufficiale.

    «Non vedo l’ora di arrivare. Ma cosa dite? Ci saranno anche ragazzi guardabili o saranno tutti impegnati a guardarsi fra loro?»

    Il taxi ci scaricò davanti alla porta di un locale molto carino, che si trovava vicino a uno dei più famosi ponti di Parigi.

    Gaston ci venne subito incontro e ci abbracciò con trasporto. «Benvenute! È bellissimo avervi qui. Venite, vi accompagno di sopra.» Salimmo le scale aggrappate al corrimano in ottone e giungemmo in una piccola sala.

    Il marito (o moglie?) di Gaston ci venne incontro e ci abbracciò mentre gli ricordavamo i nostri nomi. «Ben arrivate. È tutto così incredibile! Pensate che domani sera ci saranno persone giunte da tutti e cinque i continenti per festeggiare la nostra unione. È meraviglioso pensare che tutti voi abbiate percorso migliaia di chilometri per stare con noi.»

    Gaston ci portò tre calici di champagne e sorseggiando il delizioso liquido ambrato mi concessi un attimo di pausa per guardarmi attorno. Eravamo circondate da persone sorridenti, che alzavano il bicchiere come brindisi muto ogni qualvolta si incrociasse il loro sguardo. Decisi di andare ad appoggiare il calice di cristallo vuoto per prevenire eventuali danni: mi ero ripromessa che sarei stata sempre all’erta per evitare ogni tipo di situazione imbarazzante. Non potevo certo prevedere che il tacco appuntito dei miei stivali si incastrasse nella maglia del pregiato tappeto che stavo calpestando, quindi la mia piroetta in avanti mi colse impreparata (e ti pareva…). Per fortuna, due braccia mi sostennero con un movimento fulmineo stile ninja, evitandomi un rovinoso capitombolo.

    Gaston si

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