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Migliorare la qualità della vita con la nutrigenetica
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Migliorare la qualità della vita con la nutrigenetica
E-book372 pagine3 ore

Migliorare la qualità della vita con la nutrigenetica

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Info su questo ebook

Questa guida permetterà al lettore di poter individuare quali sono gli aspetti genetici da approfondire nel singolo soggetto al fine di elaborare la dieta più appropriata al caso specifico.

Ci saranno pertanto individui ai quali potrà essere maggiormente consigliata una dieta a basso carico di grassi o di proteine o di carboidrati poiché dal punto di vista genetico risponderanno meglio a quel trattamento specifico.

Inoltre questa guida permetterà di capire le eventuali predisposizioni che l'individuo potrà avere verso specifiche patologie. Ovviamente non si tratterà di fare diagnosi ma di individuare dei punti deboli nell'ambito della salute e quindi consigliare un percorso preventivo-nutrizionale al fine di mantenere l'organismo in salute elaborando quindi una dieta estremamente personalizzata.

Nel testo sono anche presentati degli studi scientifici effettuati in questi anni dove si mostrano i risultati ottenuti mediante l'approccio nutrigenetico.
LinguaItaliano
Data di uscita12 ott 2023
ISBN9791221490503
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    Anteprima del libro

    Migliorare la qualità della vita con la nutrigenetica - Margherita Borsa

    PARTE PRIMA

    IL GENOMA, IL GENOTIPO, I GENI, IL FENOTIPO

    Le caratteristiche biologiche degli organismi viventi sono codificate nel genoma.

    Il genoma umano rappresenta la totalità delle informazioni contenute nei cromosomi presenti in una cellula e comprende oltre al DNA nel nucleo anche il materiale genetico insito in alcuni organelli come i mitocondri (DNA mitocondriale). Il genoma è ereditabile, viene trasmesso dai genitori alla prole conferendo l’identità biologica individuale.

    Il genoma è costituito dagli acidi nucleici (come l’acido desossiribonucleico, il DNA).

    Il DNA e l’RNA (acido ribonucleico) sono acidi nucleici costituiti da polimeri lineari a loro volta costituiti da strutture definite nucleotidi.

    Il nucleotide è una unità ripetitiva costituita da tre componenti: lo zucchero pentoso, la base azotata e il gruppo fosforico. Lo zucchero pentoso nel DNA è il desossiribosio mentre nell’RNA è il ribosio.

    Vi sono due tipi di basi azotate: le purine (adenina e guanina) e le pirimidine (uracile, timina e citosina).

    Il segmento di acido nucleico che contiene le istruzioni per costruire altre molecole come l’acido ribonucleico (RNA) e le proteine viene chiamato: gene. Un gene è l’unità di informazione genetica ereditabile che permette la sintesi di un polipeptide o di una molecola di RNA.

    Mentre il genotipo rappresenta l’insieme dei geni (quindi le regioni codificanti) che costituiscono il DNA, il genoma contiene regioni sia codificanti che non codificanti.

    Il fenotipo invece rappresenta le caratteristiche che si osservano nell’organismo conosciute come tratti.

    Con il completamento del Progetto Genoma Umano degli anni 2000 si è avuta per la prima volta una visione più completa della struttura e della funzione del nostro genoma.

    Con il progetto HapMap si è creato un catalogo di varianti genetiche. A seguire c’è stato il Progetto Encode dove sono stati identificati un grande numero di elementi genomici funzionali nell’uomo e in altri animali.

    Nel 2008, è stato lanciato il Roadmap Epigenomics Mapping Consortium (http: //www.roadmap epigenomics.org/) con l'obiettivo di creare una risorsa pubblica di dati epigenomici utili per identificare le malattie. Il consorzio sfrutta studi sperimentali che utilizzano tecnologie di sequenziamento di nuova generazione per mappare le metilazioni del DNA, le modifiche degli istoni, l'accessibilità della cromatina ecc. Questi dati epigenomici vengono confrontati con quelli provenienti da tessuti e cellule analoghe sane per valutare differenze epigenomiche tra sani e malati, utilizzabili poi per identificare precocemente una certa patologia.

    L'uso di tecnologie e approcci consolidati ha consentito al consorzio di ottenere rapidamente molti dati che possono essere scaricati e utilizzati a scopo di ricerca. L'obiettivo a lungo termine della ricerca sull'epigenomica è una più completa comprensione di come i cambiamenti che avvengono nel genoma umano possano contribuire ai fenotipi cellulari sia in caso di salute che nella malattia. Si tratta di un'impresa complessa e ambiziosa, la cui realizzazione richiederà l'analisi sistematica di tessuti, la caratterizzazione dei modelli di malattia e l'esposizione dettagliata dei meccanismi regolatori attraverso studi eseguiti sull'organismo modello. Gli sforzi per la Roadmap saranno inoltre integrati da altre importanti iniziative, come l'International Human Epigenome Consortium, istituito per accelerare e coordinare la ricerca sull'epigenomica in tutto il mondo.

    Più in generale, il consorzio mira ad ottenere informazioni essenziali per valutare come e quanto le varianti genomiche possano indurre malattia nell’uomo e quindi poter essere utilizzate come prevenzione per altri soggetti

    Nei prossimi anni, il programma Roadmap Epigenomics e altri tipi di studi dovrebbero migliorare notevolmente la comprensione dell'organizzazione dell'epigenoma umano e di come esso varia tra i tessuti, gli individui e gli stati della malattia: informazioni che possono tradursi direttamente nell'identificazione di eventi epigenetici aberranti che sono poi alla base della suscettibilità a malattie specifiche e ad esposizioni ambientali. (Bernstein B.E. et al., 2010).

    Il consorzio è inoltre impegnato nello sviluppo, nella standardizzazione e nella diffusione di protocolli, reagenti e strumenti analitici per consentire alla comunità di ricerca di utilizzare, integrare ed espandere questa enorme mole di dati.

    Nonostante il dogma della biologia riferisca che ad un gene corrisponda una proteina, questi studi hanno permesso di individuare molti geni non codificanti tanto da consentire una riformulazione del termine gene, il quale quindi sarà un elemento sia codificante ma anche non codificante degli RNA che non saranno poi tradotti in proteina. Tutti questi meccanismi si presuppone siano dovuti a meccanismi di splicing alternativo.

    Lo splicing alternativo è un metodo utilizzato dalle cellule per creare molte proteine ​​a partire dallo stesso filamento di DNA. È anche chiamato splicing alternativo dell'RNA. È un meccanismo tramite il quale a partire dalla trascrizione di uno stesso gene si possono originare delle forme diverse di uno stesso mRNA (isoforme dell’RNA messaggero). L’informazione contenuta nell’ mRNA verrà poi convertita in proteine differenti mediante il meccanismo della traduzione.

    Le proteine ​​differiscono solo nella disposizione di base dei loro amminoacidi, se questa disposizione cambia viene modificata anche la funzione della proteina. Utilizzando il metodo dello splicing alternativo, gli organismi possono produrre molte più proteine ​​di quanto il loro DNA potrebbe indicare. Ad esempio, gli esseri umani hanno circa 20.000 geni (secondo uno studio recente dovrebbero essere 21.306 e 21.856 le sequenze non codificanti) che codificano per le proteine. Si pensa che siano oltre 100.000 le proteine ​​diverse presenti nel corpo umano.

    Molta attenzione viene attualmente rivolta ai geni non codificanti proteine come i geni per i Long Non Coding RNA e i MicroRNA; questi sono importanti regolatori del genoma.

    La variabilità individuale genetica è la caratteristica che interessa maggiormente poiché il genoma di ciascuna persona è unico e contiene milioni di varianti genetiche quando lo confrontiamo con il genoma di un altro individuo. Sebbene la maggior parte di queste varianti si pensa abbiano una funzione neutra (né positiva né negativa) ci sarebbe una buona proporzione di esse implicata in determinate caratteristiche fisiologiche, in caratteristici fenotipi ma anche la possibilità che inducano una predisposizione a determinate malattie o una diversa modalità di risposta a farmaci e interventi terapeutici in genere.

    Esistono due importanti tipi di varianti genomiche nell’uomo che sono: i polimorfismi a singolo nucleotide (single nucleotide polymorphisms o SNPs) e i polimorfismi che influenzano grandi tratti del genoma che sono le varianti strutturali o SVs. Un tipo di SVs sono le Copy Number Variation (CNVs) o variazione nel numero di copie, dove appunto si ripetono alcune sezioni del genoma e queste ripetizioni sono diverse da individuo a individuo.

    Sono stati individuati 88 milioni di siti di variazione nel genoma in diverse popolazioni (Vizmanos J.L. et al., 2020).

    Un individuo differisce dal genoma di riferimento per circa 4-5 milioni di siti. La maggior parte di queste variazioni sono degli SNPs o delle inserzioni/delezioni (dove può mancare una porzione del gene) oltre agli SVs.

    Un dato molto importante nelle variazioni genomiche è dato dalla frequenza della variante specifica nella popolazione poiché questo potrà poi avere delle importanti implicazioni cliniche.

    Il Progetto 1000 Genomi (lanciato nel gennaio 2008) ha fornito i risultati del sequenziamento del genoma di oltre 2.500 persone appartenenti a 26 popolazioni provenienti da Europa, Africa, Asia e Americhe con le varianti genetiche rare (che

    ricorrono nel DNA almeno in una persona su mille) presenti nel genoma della nostra specie.

    Il progetto descrive le variazioni come comuni quando la loro frequenza è superiore al 5%, e come rare, se la loro frequenza è inferiore al 5%.

    Le variazioni comprese tra 0,5%-5% sono considerate a bassa frequenza.

    I dati raccolti permetteranno di elaborare una medicina personalizzata per la genetica umana, capire se quella particolare variante genetica possa essere predisponente per una certa malattia o permettere di capire quale possa essere la risposta del nostro organismo ad un determinato farmaco e a un determinato alimento.

    VARIAZIONI GENOMICHE: GLI SNPs

    Il genoma umano è organizzato in 23 coppie di cromosomi. Ciascun cromosoma contiene un filamento a doppia elica di DNA contenente circa 50-300 milioni di basi e strettamente avvolto in una super elica.

    La maggior parte dell’informazione ereditabile risiede nel DNA cromosomico che si trova nel nucleo della cellula, ma i mitocondri possiedono anche un loro DNA costituito come un anello di doppia elica a doppio filamento.

    Circa 21000 geni codificanti proteine presentano al loro interno delle regioni codificanti (introni) e delle regioni non codificanti (esoni).

    Il tipo più comune di variazione ereditabile è lo SNP dove varia una singola coppia di basi. Se la frequenza di quella variazione è alta (solitamente > 1%) si parla di SNP.

    Gli SNPs sono biallelici per cui ci sono due differenti versioni (alleli) nella posizione della variazione. Le variazioni possono essere nominate facendo riferimento alla posizione sul DNA complementare (è un DNA doppia elica sintetizzato a partire da un campione di mRNA maturo, è detto anche cDNA) con la dicitura ad esempio c.143 G>A, nel gene ADH1B dove la c. indica la posizione nel DNA complementare.

    Altre volte si usa l’aminoacido es. Arg47 ->His questo indica un alloenzima cioè un enzima con una sequenza alterata dove è presente una arginina al posto dell’istidina in posizione 47 nella sequenza della proteina risultante.

    I geni possono avere diversi siti di inizio della trascrizione genica (dove il DNA viene trascritto in una molecola complementare di RNA) e più di un prodotto genico.

    Per uniformare la nomenclatura vengono utilizzati gli rs accession number. Gli rs sono raccolti in un database di polimorfismi a singolo nucleotide (dbSNP) che è un archivio pubblico gratuito per la genetica. L’rs è un identificatore stabile e univoco della posizione specifica. I record degli SNPs inviati ricevono anche un numero ID dello SNP di riferimento (Sayers et al.,2011).

    Per esempio la variante del gene ADH1B scritta prima, diventa rs1229984. Esiste anche una nomenclatura con un asterisco a cui segue un numero es. ADH1B*2 che è equivalente a rs1229984. Questo tipo di nomenclatura si usa in farmacologia (Caudle et al.,2018).

    Se le variazioni nella sequenza del gene avvengono in una parte codificante, possono portare a un codone di STOP con la proteina troncata che tende poi a venire rimossa o che può avere una funzionalità inferiore o non averla affatto, oppure viene codificato un aminoacido differente. Non tutte le variazioni genetiche sono associate alla perdita di funzionalità enzimatica, nel caso ad esempio del polimorfismo del gene ADHB1, l’enzima che viene codificato ha un’attività circa 60 volte più attiva rispetto la forma ancestrale.

    Come si è detto i polimorfismi genetici non sono delle mutazioni poiché hanno una frequenza maggiore dell’1%.

    La maggior parte delle varianti importanti dal punto di vista nutrizionale, sono localizzate in regioni non codificanti del gene.

    Ad esempio nella regione del promotore del gene, nelle regioni enhancers (intensificatori, regioni che hanno un ruolo che favorisce la trascrizione genica) ecc.

    Un esempio molto importante è dato dal gene della lattasi (LCT) i cui polimorfismi determinano la diversa sensibilità al lattosio. Circa un terzo della popolazione mondiale è portatore del polimorfismo. Questi polimorfismi si verificano nella regione dell’enhancer determinando appunto una maggiore o minore sensibilità a quantitativi differenti di lattosio, determinando il mancato perdurare nell’adulto dell’enzima lattasi che è deputato alla digestione del lattosio.

    Gli SNPs nutrizionalmente importanti si trovano anche nella regione UTR che è una regione responsabile della ciclizzazione dell’mRNA. L’mRNA è la forma che serve da stampo per la sintesi delle proteine nei ribosomi.

    La regolazione dell’espressione genica si esplica a tutti i livelli dalla trascrizione, della maturazione dell’RNA, della stabilizzazione dell’RNA messaggero, della traduzione e in ultimo delle modificazioni post-traduzionali.

    STUDI DI ASSOCIAZIONE G-WAS

    Un aspetto molto importante nell’indagine genetica riguarda lo studio di associazione genica che avviene su tutto il genoma (Genome-Wide Association study o G-WAS). Questa è un'indagine relativa a molti geni, che viene effettuata tipizzando diversi individui di una particolare etnia per determinare le possibili variazioni geniche tra gli individui in esame.

    In seguito alla tipizzazione genotipica, si cerca di associare le differenze osservate in un genoma ad alcuni tratti particolari, ad esempio con le caratteristiche di una determinata malattia.

    Lo studio di associazione dell'intero genoma (GWAS) è un potente metodo di studio per identificare le varianti genetiche di un tratto e, in particolare, rilevare l'associazione tra comuni polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) e malattie umane comuni come malattie cardiache, malattie infiammatorie intestinali, diabete di tipo 2 e disturbi psichiatrici (Chang M. et al.,2018).

    Nell'uomo è stato possibile individuare un'associazione tra particolari geni e malattie come la degenerazione maculare e il diabete.

    In questi casi sono stati valutati campioni provenienti da centinaia o migliaia di individui, di solito cercando polimorfismi di singoli nucleotidi (SNPs).

    Fino a dicembre 2010 sono state effettuate più di 1200 analisi genome-wide che hanno esaminato oltre 200 malattie e tratti metabolici, trovando circa 4000 associazioni.

    Questi studi di associazione possono permetterci di individuare il pathway molecolare di una malattia. Spesso si osserva che

    sono coinvolti più geni e più polimorfismi (in uno stesso gene) nella malattia stessa e questo può complicare o aiutare nella valutazione del rischio di contrarre quella patologa in particolare.

    Questi studi normalmente mettono a confronto il DNA di due gruppi di persone: gli individui che presentano la malattia e gli individui sani aventi caratteristiche il più possibile simili ai malati.

    Vengono prelevati dei campioni cellulari, ad esempio con un tampone buccale.

    Da queste cellule viene estratto il DNA che viene poi analizzato tramite un microarray (sonde di DNA), in grado di leggere milioni di sequenze che vengono poi studiate al computer sfruttando tecniche bioinformatiche.

    Se alcune variazioni genetiche risultano significativamente più frequenti negli individui malati, allora le variazioni possono essere associate con la malattia.

    Sorprendentemente, la maggior parte degli SNPs associati con la malattia non sono in una regione genica adibita alla codifica di una proteina. Si trovano invece molto spesso in una regione non codificante o in un introne.

    Queste sequenze probabilmente svolgono un'attività di regolazione genica.

    Un esempio di analisi di tipo GWAS ci viene dagli studi associane geni-diabete.

    Fattori genetici e ambientali e le loro interazioni contribuiscono alla patogenesi del diabete di tipo 2. Studi di associazione genome-wide hanno identificato più di 80 varianti comuni per il diabete di tipo 2, (il rischio di diabete di tipo 2 risulta aumentato con percentuali che vanno dal 5 al 40%).

    Quasi tutte queste varianti regolano la secrezione di insulina e solo poche regolano la sensibilità all'insulina.

    La prevalenza del diabete di tipo 2 è in rapido aumento in tutto il mondo. L'obesità, l'inattività fisica e l'invecchiamento aumentano il rischio di diabete di tipo 2. Le modificazioni epigenetiche possono cambiare a causa dell'esposizione ambientale e possono quindi predisporre alla malattia.

    I fattori epigenetici (come la metilazione del DNA e le modificazioni istoniche, di cui si parlerà più avanti) sono particolarmente importanti perché potrebbero mediare gli effetti delle esposizioni ambientali sul rischio di diabete di tipo 2. Sebbene la comprensione della genetica del diabete di tipo 2 abbia mostrato grandi progressi negli ultimi anni, è necessaria una notevole quantità di lavoro aggiuntivo per identificare varianti/geni causali e meccanismi molecolari attraverso i quali sia possibile aumentare il rischio di diabete (Stančáková A. et al.,2016).

    Un altro esempio di studio GWAS è quello relativo al gene FTO e alla sua associazione con l’obesità. Si è visto che alcuni polimorfismi a singolo nucleotide del gene FTO sono caratteristici di obesità.

    I portatori infatti dell’allele meno frequente presentano un indice di massa corporea (IMC o BMI) di 0,39 kg/m ² (o 1.130 g di peso corporeo in più rispetto i non portatori) e con un rischio di obesità di 1,20 volte più elevato. Questa associazione è stata confermata tra gruppi di età e popolazioni di origini diverse; l'effetto maggiore si osserva nei giovani adulti. L'effetto degli SNPs sul gene FTO nelle popolazioni di discendenza africana e asiatica è simile o leggermente inferiore a quello delle popolazioni di discendenza europea. Tuttavia, l'allele che aumenta l'IMC nell'FTO è

    sostanzialmente meno prevalente nelle popolazioni con discendenza non europea.

    Studi epidemiologici e funzionali suggeriscono che FTO conferisce un aumentato rischio di obesità modificando l'assunzione e la preferenza per il cibo (Loos RJ, et al.,2014).

    Varianti genetiche legate all’obesità possono essere importanti anche nel consigliare o meno la gastrectomia o il by pass gastrico.

    La tecnologia di sequenziamento del DNA permette di individuare quei fattori genetici che possono aumentare il rischio di obesità con l’analisi delle varianti rare. Tutto ciò richiede sforzi in vari ambiti soprattutto in campo statistico per valutare la penetrazione della variante genetica.

    Vi sono inoltre alcuni polimorfismi di tipi CNVs rari che sono stati implicati nell’obesità.

    Il disegno sperimentale che si vuole ottenere con gli studi GWAS nelle popolazioni umane ha portato a nuove scoperte su geni e percorsi coinvolti in malattie comuni e altri tratti complessi, ha fornito una ricchezza di nuove intuizioni biologiche, ha portato a scoperte con utilità clinica diretta e ha facilitato la ricerca di base in genetica e genomica umana. Per il futuro, è probabile che i progressi tecnologici che consentono il sequenziamento di interi genomi in campioni di grandi dimensioni a prezzi accessibili

    potranno generare percorsi e approfondimenti biologici aggiuntivi, oltre a identificare mutazioni causali (Visscher P.M. et al.,2012).

    Per effettuare uno studio GWAS non è necessario partire da un'ipotesi in quanto la ricerca viene effettuata analizzando l’intero genoma e non geni candidati.

    Questo aspetto ha generato delle critiche da parte del genetista e statistico Robert Elston, il quale asserisce che sebbene l'associazione sia a volte utile, per fornire buoni risultati questi studi devono basarsi su un gran numero di polimorfismi, rendendo molto densa la ricerca. Questa condizione, secondo Pearson e Manolio, fa sì che l’elevatissimo numero di test statistici svolti, possa presentare un potenziale notevole di risultati falsi positivi

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