Gioco di seduzione
Di Sandra Field
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Sandra Field
Prolifica autrice inglese, cura con particolare amore la sua piccola collezione di bonsai.
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Anteprima del libro
Gioco di seduzione - Sandra Field
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Jet-Set Seduction
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2006 Sandra Field
Traduzione di Elisabetta Ungaro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-940-4
Frontespizio. «Gioco di seduzione» di Field Sandra1
Una festa in giardino non era certo la sua passione, tuttavia un invito di Belle Hayward, deliziosa amica di famiglia e perfetta padrona di casa, non si poteva certo rifiutare.
Slade Carruthers si era defilato in un angolo, all’ombra di una palma, di fianco alla siepe di caprifoglio della California.
Cominciava ad annoiarsi.
Era venuto lì da solo. Dopo innumerevoli avventure, aveva scoperto di poter fare a meno della compagnia femminile.
Almeno per il momento.
Slade si guardò intorno, nella magnifica giornata di sole.
Gli invitati, il solito gruppo di persone ricche e annoiate, amanti della vita mondana, si erano adeguati al codice d’abbigliamento: giacca e cravatta per gli uomini, abito di seta e cappello per le donne. Belle su questo punto era inflessibile.
Girava voce che i due gorilla ai cancelli avessero allontanato un famoso pittore in jeans macchiati di tempera e un’ereditiera in calzoni al ginocchio tempestati di strass.
D’un tratto la sua attenzione fu attirata da una giovane donna che non si era vestita come tutte le altre.
Senza cappello, la sconosciuta indossava una tunica a colori vivaci, su morbidi pantaloni di velo. Stava parlando con una donna molto anziana, che Slade conosceva di vista.
Maggie Yarrow era la moglie di un magnate dell’acciaio, una ottantenne con la lingua tagliente e gli abiti che odoravano di naftalina.
In quel momento la giovane rise, scotendo i riccioli ramati, lucenti nel sole.
Slade non riusciva a distogliere lo sguardo da lei. Si avvicinò, con il cuore in subbuglio. Notò gli occhi della bella sconosciuta, di un azzurro che si avvicinava al turchese, le sopracciglia arcuate, la bocca delicata e il mento deciso, che aggiungeva personalità a un viso appassionato e intelligente.
E la sua risata... era come una cascata di perle.
Sorpreso dalla propria reazione, Slade si immobilizzò. Aveva le mani sudate e il respiro bloccato in gola. Possibile che una sconosciuta gli facesse un tale effetto?
Sotto l’intensità del suo sguardo, la giovane si voltò a guardarlo. Il sorriso svanì, per lasciar posto allo stupore.
«C’è qualcosa che non va? Ci conosciamo?» gli chiese, con una voce di velluto.
«Non credo. Piacere, Slade Carruthers» si presentò, con un cenno del capo. «Signora Yarrow, la trovo in ottima forma.»
L’anziana signora fece un colpetto di tosse.
«Attenta a questo individuo, ragazza mia. Ricco, bello e playboy, fa parte dei favoriti di Belle!»
«Grazie per la presentazione.» Slade accennò un sorriso.
«A guardarvi, sembrate la pubblicità della dorata gioventù californiana! Che invidia...» Maggie Yarrow spalancò gli occhi. «Ho bisogno di altro champagne.»
Slade si spostò per lasciarla passare.
La vide agitare il bastone d’ebano per attirare l’attenzione di un cameriere, prendere una coppa di champagne dal vassoio, vuotarla d’un fiato e afferrarne un’altra, prima di andare incontro alla padrona di casa, ondeggiando un po’.
Sorrise fra sé, prima di tornare a quei magnifici occhi turchesi.
«Io non sono nato in California, e lei?»
«Nemmeno io.» Lei gli porse la mano. «Clea Chardin.»
Aveva dita sottili e una stretta decisa, notò Slade, sempre attento a quei particolari.
Fu come ricevere una scossa.
«Lei è la donna più bella che abbia mai visto» si ritrovò a mormorare, invece di rispondere con una frase brillante e spiritosa, come avrebbe voluto.
Lei ritrasse subito la mano. Nei suoi occhi passò un lampo d’allarme.
«Ho letto da qualche parte che la bellezza è basata su precise regole di simmetria» gli fece notare, con voce contratta. «Mi fa i complimenti perché non ho il naso storto e gli occhi sporgenti, tutto qui.»
Slade non si diede per vinto.
«I tuoi occhi sono come il mare, quando le onde si infrangono sulla scogliera. E i capelli mi ricordano i fuochi accesi sulla spiaggia.»
Clea sbatté le palpebre.
«È anche un poeta... Lei mi sorprende, signor Carruthers.»
«Chiamami Slade» la invitò lui. «Non credo di essere il primo ad apprezzare la tua bellezza.» Sorrise. «A ogni modo, hai il naso un po’ lungo, che aggiunge personalità alla tua faccia.»
«Allora non sono perfetta?» Clea era divertita. «Vediamo... Tu hai lineamenti troppo decisi per poterti definire bello. Hai fascino, questo sì. Capelli come mogano tirato a lucido e occhi color del Mediterraneo, in una sera d’estate.»
«Così mi metti in imbarazzo, Clea» bisbigliò lui, sforzandosi di tenere le mani a posto.
«Non sarò la prima donna a trovarti affascinante, Slade.»
«La tua pelle è come la madreperla che fodera la conchiglia» si lanciò ancora lui. Poi si interruppe, sorpreso da quello che provava. «Mi sembra di capire che l’ammirazione è reciproca» si ritrovò a mormorare.
«Devo ammettere...» Clea si schiarì la voce. Gli rivolse un sorriso enigmatico. O almeno, così si augurava. «Da dove vieni, Slade?»
«Da Manhattan. E tu?»
«Milano.»
«Allora il tuo accento è italiano?»
«Non proprio. Sono cresciuta in Francia e Spagna.»
«Come mai sei a questa festa?»
«Sono stata invitata.»
Slade guardò i suoi calzoni di seta color acqua.
«Come hai fatto a passare il controllo dei due dragoni all’ingresso?» si meravigliò. «Di solito Belle è molto severa sul codice d’abbigliamento.»
«Sono arrivata qui solo oggi e mi sono cambiata nella villa» gli spiegò lei con semplicità.
«Sei così intima di Belle?»
«L’ho conosciuta solo ieri, come Maggie Yarrow.» Lei lo squadrò con un’occhiata. «Quanto sei ricco, Slade?»
«Potrei farti la stessa domanda.»
«Carruthers...» Clea sgranò gli occhi. «La Carruthers Consolidated?» indovinò.
«Quella.»
«Vi occupate di energie alternative sostenibili per l’ambiente?» domandò con interesse.
Nei minuti che seguirono, parlarono animatamente di energia eolica e solare. Clea Chardin si dimostrò attenta e preparata.
«Quanto tempo ti fermi da queste parti?» si informò infine lui, tornando alla sua strategia di conquista. «Potrei mostrarti il nuovo progetto che sto seguendo, vicino a Los Angeles.»
«Non credo che farò in tempo.»
«Ho una casa a Firenze» disse Slade.
Clea si lasciò sfuggire un sorriso.
«Passo poco tempo in Italia, mi spiace.»
«Vieni a cena con me domani sera» la invitò lui, senza scomporsi.
«Ho già un impegno.»
«Sei fidanzata? Sposata?»
«No.»
«Divorziata?»
«No!»
«Detesti gli uomini?»
La risata di lei gli fece venire il capogiro.
«Al contrario! Mi piace molto la compagnia degli uomini» affermò Clea.
«Al plurale?»
«Uomini, in generale. Uno alla volta, in particolare.»
Slade faceva la stessa cosa con le donne. Eppure la risposta scanzonata di lei lo indispettì.
«Non posso invitarti per questa sera, perché per tradizione ceno con Belle, dopo la festa in giardino di inizio autunno» le spiegò.
Clea cambiò umore. Per qualche strana ragione, non le faceva piacere sentire che Slade e Belle erano amici intimi.
«Allora non è destino che continuiamo a parlare di mulini a vento» dichiarò con voce tranquilla.
«Incontriamoci domani al Fisherman’s Wharf» le propose d’impulso lui.
«Perché?»
Perché sei così bella che non riesco a pensare con lucidità.
«Per poterti offrire un ghiacciolo alla menta.»
Clea aggrottò la fronte.
«Sei così a corto di denaro?»
«Non credo di poterti conquistare con il gran lusso. Dovrò ricorrere a qualcosa di diverso.» Slade allargò le braccia.
«Complimenti per la perspicacia.»
«Alle dieci, allora. Al molo 39, vicino alla giostra veneziana» stabilì lui, che non era abituato ai rifiuti.
«Sfrontato, oltre che affascinante» fu il commento divertito di lei, una luce irridente nello sguardo.
«Slade, vecchio mio! Come te la passi?» li interruppe con voce malferma un uomo sulla quarantina, precocemente stempiato.
«Ciao, Keith» lo salutò Slade, visibilmente contrariato. «Keith Rowe, da Manhattan, una conoscenza di lavoro» lo presentò. «Clea Chardin, da Milano. Dov’è Sophie?»
Keith agitò il calice di champagne.
«Non l’hai saputo? Abbiamo divorziato.» Guardò Clea. «Negli ultimi mesi gli avvocati di mia moglie mi hanno spremuto come un limone. Alla fine un matrimonio si riduce a una richiesta di denaro. Non sei d’accordo?»
«Non saprei» rispose lei con freddezza.
«Mi spiace, Keith» intervenne Slade
«Avrei dovuto fare come te» disse l’uomo. «Lui non si è mai sposato né fidanzato, Chloe.» Finì lo champagne d’un sorso. «Un vero sta... stallone, Chloe.»
«Clea» lo corresse lei, gelida.
«Clea. Bel nome. Bella faccia. Ti ho notata pri... prima» farfugliò l’uomo. «Slade si becca tutte quelle più sexy.»
«Io non mi faccio beccare da nessuno, signor Rowe» scattò a quel punto lei. «Slade, è stato un piacere parlare con te.»
Slade la trattenne per la manica.
«Keith, lascia perdere» intimò, in un tono che non ammetteva repliche.
L’uomo si coprì un singhiozzo con la mano.
«Vado a prenderne un altro...» E si allontanò, ondeggiando.
«È un imbecille già da sobrio. Da ubriaco lo diventa ancora di più» fu il commento di Slade. «Capisco Sophie, che l’ha lasciato.»
«Meglio il divorzio, in ogni caso?»
La voce di Clea era sottile. La vicinanza di Slade la turbava.
«Gli esseri umani commettono errori.» Lui scosse la testa. «Anche se per me non vale. Se mai mi sposerò, sarà per sempre.»
«Allora spero che ti piaccia rimanere scapolo.»
«Sei cinica, Clea?»
«Realista.»
«Dimmi perché.»
Lei sorrise fra sé.
«È un argomento troppo impegnativo, per una festa in giardino.» Gli allungò uno sguardo