Anomalo omicidio
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Anomalo omicidio - Mario Barsotti
Mario Barsotti
ANOMALO OMICIDIO
Elison Publishing
Proprietà letteraria riservata
© 2017 Elison Publishing
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Via Milano 44
73051 Novoli (LE)
ISBN 9788869631276
Ecco cosa sei … Un mostro. Uno schifoso. Ti sei portato a letto anche Fatima, ora basta! Abramo con me hai chiuso. Non mi cercare, non mi telefonare, insomma non farti più vedere, questa storia travagliata, è al capolinea. Non ci voglio più stare accanto all’ispettore bello e infedele!
Teresa, aveva quasi urlato le parole, rossa in viso, gli occhi verdi sgranati, come quelli di una pantera. Ora era calma, aspettava la reazione di lui. Appoggiava un fianco, della sua esile figura, all’alta spalliera della poltrona, a lei vicino, tenendo le braccia incrociate sul petto.
Le cose che aveva detto su di lui, erano tutte vere, a cominciare dal nome Abramo, che il padre Mauro gli aveva dato alla nascita, preso, ovviamente dalla Bibbia, che stava leggendo a quei tempi.
Abramo non era figlio unico, aveva un fratello, Francesco di due anni più giovane, tragicamente morto, sei anni prima, in un incidente stradale. Nella polizia era entrato, dopo il diploma del liceo classico. Aveva continuato gli studi, laureandosi in scienze politiche all’università di Pisa. Adesso era ispettore capo della sezione investigatrice nella città di Piombino. Era l’ispettore bello
, come aveva detto Teresa, senza dubbio Abramo aveva fascino. Gli occhi, quasi orientali, come quelli del babbo Mauro, erano due aculei di riccio di mare, infilzavano …, specie se, incontravano splendide pupille femminili. Capelli corvini mai pettinati, naso un po’ aquilino, la bocca non carnosa, che spesso si apriva volentieri, mostrando denti perfetti, mostrava assai meno dei suoi 36 anni. Sei bello come Richard Gere
, disse una volta Teresa ai tempi d’oro, anche se, sei molto più alto.
Teresa, ancora stava aspettando, immobile. Lui, doveva rispondere alle parole urlate
da lei, doveva dirle qualcosa, giustificarsi, ma taceva, guardava la ragazza, con una strana espressione sul viso. Spostò, per un attimo, lo sguardo sul letto sfatto, della piccola camera della sua mansarda di 48 mq. che col terrazzo, si affacciava sul porticciolo di marina. In un flash
, rivide Fatima, che poco prima, era lì, nuda tra quelle lenzuola. Era un’interprete tunisina, che gli era stata presentata dalla stessa Teresa. Ripensò al suo corpo slanciato, alla sua pelle ambrata, ai seni piccoli sodi, alle paroline sussurrate in multilingue, mentre gli accarezzava i capelli, ai baci brucianti, alle carezze, al suo profumo di ginestra, agli occhi maliziosi e dorati, alla sua voracità. Così, con sua enorme sorpresa, disse: Hai perfettamente ragione, ho sbagliato, non è giusto, farti soffrire … la colpa, è solo mia. Sai, che ti voglio bene, ma è giusto che …
Teresa, non gli fece nemmeno finire la frase, divenne più rossa, come un gambero bollito, sgranò, più di prima, gli occhioni
verdi e disse: Che tu sia stramaledetto!
E sbattendo, con forza, la porta, scese, di corsa, le scale consumate dal tempo, dell’antico palazzo. Cosa ho fatto …
esclamò l’ispettore Abramo Vagli. Sapeva benissimo, che Fatima era solo una questione di sesso, di stordimento esotico, che con Teresa, esistevano tante affinità. Stavano bene insieme, si capivano al volo
, si conoscevano, … forse anche troppo. C’era tra loro, anche una forte intesa sessuale, ma entrambi avevano iniziato ad avvertire, la mancanza nel loro rapporto, di qualcosa più importante, non ben definito.
È domenica mattina, siamo alla fine di settembre, fa sempre caldo. C’è un forte vento di scirocco e la mansarda sul porticciolo ne è investita in pieno. Si avverte un’umidità fastidiosa, salata, mista alla polvere arricchita dalle scorie …regalate dalle acciaierie. L’effetto ottico, è un grigio malinconico, che avvolge tutto: le barche dello stesso colore, ballano tutte insieme sulle onde, una danza surreale. In lontananza, l’Elba, sembra fare capolino, con un sorrisetto beffardo, da dietro una cortina scura, calata dal cielo verso il mare.
Anche la mente di Abramo, respira l’umidità, il grigiore, la malinconia. Sono le 11.30, Abramo accende il suo Nokia, regalo di Teresa per il suo compleanno. Ci sono quattro messaggi, sono di Fatima: Perché, non sei venuto a Firenze? Cosa è successo?
gli altri due, sono un invito perentorio, a chiamarla … nell’ultimo, manda al quel paese, lui, e la sua mania di tenere spento quel cazzo
di cellulare, nel fine settimana. Fatima ha ragione, pensa, arruffandosi i capelli, mi sono dimenticato, che ieri sera, avrei dovuto incontrarmi, con lei. Le avevo promesso una serata relax, dopo la conclusione di un convegno, a cui partecipava, come interprete simultanea. Poi, era esploso quell’improvviso cataclisma: la rottura con Teresa. Quel vento umido gli aveva fatto fare o dire cose strane. Ora, non ce la faceva a fare nessuna telefonata. Tra poco, Abramo avrebbe, anche se a malavoglia, preparato qualcosa da mangiare, ovviamente senza carne, da cinque anni era vegetariano, anche se includeva, talvolta, nella dieta, le uova di quaglia. Beveva un bicchiere di vino al giorno. Era, un triste salutista
come si autodefiniva, ma non poteva fare altrimenti.
Certe liti, fanno uscire il buono e cattivo, da ognuno di noi … Tuo padre, non ti ha lasciato solo una valigia di cartone, ma ricordi felici.
…Amavo quel vagabondo
. Ad Abramo, piaceva anticipare le battute degli attori. E lo stava facendo, anche ora, mentre guardava, per l’ennesima volta, il film di Brooks… La gatta, sul tetto che scotta
. I vecchi film, erano, veramente la sua passione, specie quelli, che andavano, dagli anni 40 ai primi anni ‘60.
Erano quasi le 20.30, fuori era già buio, si respirava meglio. Una pioggerella fine, dispettosa come una ragazzina impertinente, sembrava sfidare le folate dello scirocco, che cominciava a perdere vigore. In lontananza, il faro, della piccola torre, di piazza Bovio, lampeggiava monotono. Dopo la visione del film, Abramo si decise a chiamare Fatima, fu una telefonata lunga, con la quale si scusò del mancato appuntamento. Lei, sembrava non voleva sentire ragioni, conosceva bene, la sua abilità nel mentire. Con voce stridula, irritante come il pianto di un lattante, gli sparò a mitraglia
, ogni genere di insulti. Quando finalmente, Abramo riuscì a riprendere la parola, alzando un po’ il tono della voce, le riferì cosa era successo, ieri sera, con Teresa.
Fatima, restò in silenzio, per alcuni attimi. Se avessero impostato, la funzione video
nei loro smartphone, avremmo visto lei, che si mordeva il labbro inferiore, e l’espressione del volto, stupefatta. Alla fine, come se facesse scorrere, rapidamente, nella mente una immaginaria rubrica telefonica, nel tentativo di cercare un nome, disse Chi sarà stato, quel figlio di buona donna, a dirle di noi due?
Che carogne! E accidenti a me. Teresa è la mia migliore amica, mi ha aiutato tanto, io le voglio bene. Tutta colpa tua, mi hai annebbiato il cervello, mi hai corteggiato come un pavone in calore… Anche se, a dire il vero, la tua ruota mi è subito piaciuta …
disse queste ultime parole, con un timido sorriso, facendo trasparire quel suo senso dell’humour spontaneo, che lei possedeva e che piaceva tanto, al giovane ispettore. Fu giusto una battuta, perché Fatima subito continuò: Ed ora, come faccio a presentarmi davanti a Teresa eh? Cosa le racconto? In che casino mi hai messo! E tu, come hai potuto troncare tutto così, dopo quasi un anno, che stavi con lei? Sei impazzito? Tra noi, non c’è stato niente, di serio, lo sai bene. Si rideva tanto, tanto sesso. Un’avventura. Ecco cosa è, anzi cosa è stata. Eccitante al massimo, lo ammetto… se questa storia, viene anche alle orecchie di Robert?
Abramo, forse, con la mente ai personaggi del film appena visto, incassò tutte le parole, con una serenità da monaco zen. Con la stessa serenità, confortò la bella Fatima, dicendole che, lei non c’entrava niente, che la storia tra lui e Teresa, si stava sfaldando da vari mesi.
Naturalmente, le parole finali di Fatima, furono quelle di non cercarla più. Abramo, pensò che due donne, che gli ordinavano di non cercarle più, per quella sera, potevano bastare. Si preparò una bella tisana al mirtillo, e andò a letto, a leggere un giallo di Eli Wallace, altra sua passione.
Abramo come stai?
Era di solito la formula quasi da mamma, che usava Teresa quando si sentiva serena e voleva, trasmettere questo sentimento alle persone a cui teneva, Bene, ma che sorpresa sentirti… tu, come te la passi? Abramo, sapeva già tutto, dopo tre mesi dalla loro rottura, la bella Teresa, stava insieme all’avvocato Roberto Pace, che lo aveva conosciuto presso il tribunale di Livorno. Teresa, in una zona periferica di Piombino, aveva uno studio tutto suo, era, veramente preparata, aveva superato gli esami, del corso di giurisprudenza con tutti trenta e tanti con la lode. Molto scrupolosa, onesta, possedeva una grande dote naturale, nel comunicare col prossimo, e nel giro di un anno e mezzo, si era creata una discreta clientela. Circa un anno fa, si era recata presso il tribunale di Livorno, per discutere una causa tra due fratelli, per una controversia relativa a dei lasciti ereditari. Nello stesso giorno, era presente, nelle aule del tribunale di Livorno, l’avvocato Pace, residente a Piombino da quattro anni, ma originario di Roma. Conosceva di nome Teresa Rinaldi, ma stranamente, non l’aveva mai incontrata di persona. L’avvocato Roberto Pace, era un
marcantonio di 31anni, occhi neri, capelli dello stesso colore mossi, pettinati in dietro e brillanti di gelatina e sorriso. Notò, subito, la collega più giovane di lui di sei anni, era, una graziosa figura minuta, dal viso piccolo, con meravigliosi occhi verdi, i capelli corti, neri, con la frangetta sulla fronte. Gli ricordava, in piccolo, la Valentina di Guido Crepax. Si era presentato, avevano parlato, dopo le rispettive udienze, delle solite cose, inerenti alla loro professione. A Teresa, piacque subito quel gigante, con quel sorriso, così accettò il suo invito a pranzo:
zuppa di pesce da Gennarino".
Poi, non ci fu seguito … un mese dopo, Teresa conobbe l’irresistibile Abramo Vagli.
Sai Abramo, io e Roberto stiamo insieme.
Gli disse Teresa, con vocina infantile, quasi confessasse un marachella, Sono contento … bella notizia
rispose, l’abile mentitore di nome Abramo Vagli, Mi sono trasferita nel suo studio
. Ovviamente, il Vagli conosceva già anche quel particolare, con Fatima ci siamo chiarite, … tutto ok, Abramo ti voglio bene, ciao.
Così rivelandogli quelle informazioni, l’affascinante e intelligentissima Teresa, pose fine alla telefonata. Fatima, si trovava a Londra, con un contratto di due anni, come interprete, presso l’International School, dove vi lavorava da tempo Robert, suo fidanzato da sempre. Tutto e tutti sistemati?
La mente di Abramo, purtroppo per lui, non era semplice, lui viveva di impressioni, di sfumature, non riusciva a vedere le cose e soprattutto le persone, come appaiano ai più. Per lui etichettare, dare degli aggettivi, era un’illusione, era nient'altro che l’aspettativa di chi li dava. Quando, sentiva dire … ah quello è un bravo padre di famiglia. … È una donna tutta casa e chiesa
… Quel ragazzo, ha tanti problemi, poverino. Dentro di sé sentiva, una specie di disagio, di nausea, alla quale bisognava uniformarsi. Pensava, a l’Hamlet di Shakespeare, quando i suoi amici, che lo credevano folle, miopi con se stessi, pretendevano di conoscere bene l’animo del principe danese, elargendogli preziosi consigli.
La personalità di Abramo, era stata molto influenzata dalla presenza, forse eccessiva, nella sua vita, del padre Mauro. Operaio, poi impiegato delle acciaierie
, che da genuino autodidatta, aveva acquisito una cultura sorprendente, che spaziava dall’arte alla filosofia, dalla letteratura alla politica, non in modo superficiale, nozionistico. L’impegno, che metteva nei suoi studi era sorprendente. Ad Abramo, quando era ancora un ragazzetto, dava informazioni di ogni genere. Gli narrava di Piombino, con le sue contraddizioni. Della fabbrica, dove lavorava. Dell’economia della città. Gli ricordava, spesso, le vicende del nonno partigiano, e del partito comunista, al quale era iscritto…,ma che aveva fatto errori grandi, come case.
Il padre Mauro, era da cinque anni, andato in pensione, la sua mente no. Era una linfa aliena, piena di vita che scorreva, tra ruderi di cose e persone, senza pace e con profonda amarezza… Era estasiato, dall’antico misterioso popolo degli etruschi. Le loro tombe, nella nostra zona, sono disseminate ovunque, nella macchia e lungo la costa. Sulla collina di Populonia, invece c’è la loro acropoli. I tumuli sono, di fogge e di differenti secoli, tantissimi scoperti, parecchi ancora da mettere alla luce. È lo strato ferroso delle fusioni, la loppa
, raccontava Mauro ad Abramo che, non permette di visualizzare le tombe, nel sottosuolo… Poi, gli narrava dei numerosi saccheggi clandestini, avvenuti specialmente negli anni ‘50, e mestamente commentava:
Sapessi quanta gente, senza scrupoli, si è arricchita con quei trafugamenti … che peccato però!"
Una volta erano assieme, nella macchia di Baratti, suo padre Mauro vedendo i resti di una tomba a cielo aperto
, osservò, in silenzio, i pezzi di tufo. Quelli più grandi squadrati, erano allineati in circolo e andavano a formare la base della struttura, gli altri blocchi dello stesso materiale di origine vulcanica sovrastanti erano di grandezza e di spessore sempre più ridotti e salivano in alto a costituire il delicato tetto a cupola. Dopo questi attimi di silenzio, Mauro come se ripetesse parole che gli venivano dettate da qualche divinità etrusca, disse: Questi sassi sepolcrali, esprimono amore, sono mani delicate, che, con grazia commovente, proteggono una moglie, un figlio, un marito, un fratello una sorella, e li accompagnano, nel loro eterno viaggio … sanno di mare, fedele loro compagno da sempre, di limatura di ferro, che ovunque brilla con milioni di luccichii, che sembrano lacrime, ma in realtà sono luce di gioia per la vita eterna. L’aria ha intriso tutto di profumo ancestrale, che anche in questo momento stordisce l’olfatto e la vista, confondendo la vita con la morte e la morte con la vita.
Oggi, il solito vento di scirocco, fa