Nei dintorni di Amiternum
Di AA. VV.
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Nei dintorni di Amiternum - AA. VV.
Nei dintorni di Amiternum
AA.VV.
In copertina: Rilievi amiternini
© 2002 REA Edizioni
Via S.Agostino 15
67100 L’Aquila
Tel diretto 348 6510033
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redazione@reamultimedia.it
Indice
PREFAZIONE
INTRODUZIONE A CURA DELL’EDITORE
SINOPSI STORICA DELL’ANTICA CITTA’ D’AMITERNO NE’ SABINI
AMITERNUM
LA PATRIA DI SALLUSTIO
ESTRATTO DA MONUMENTI STORICI ARTISTICI DELLA CITTA’ DI AQUILA E I SUOI CONTORNI
STORIA DELLA DIOCESI D’AMITERNO
DUE RILIEVI AMITERNINI
SCOPERTA DI RILIEVI ANTICHI IN CONTRADA TORRICELLO
PREFAZIONE
Terra di antiche genti la nostra. Sabini, Romani, Cristiani, Longobardi ci hanno lasciato testimonianze e segni riconoscibili nei resti dei numerosi monumenti sparsi sul territorio e perfino in molti toponimi.
Località Prato dell’Agorà a ricordare la presenza della piazza romana; Ara della Corte vicino al castello medievale; i Grottoni a denunciare l’esistenza di un criptoportico; il Torroncino luogo di arrivo di un acquedotto; Campo S. Maria in ricordo della omonima chiesa paleocristiana, Grotte di Sabelletta con la presenza di strutture con volta a botte di epoca romana, Valle Cascio derivante dal longobardo a ricordare la presenza di un accampamento, sono solo alcuni dei toponimi riferibili alle epoche storiche.
Per una breve storia cronologica è giusto cominciare dal tempo italico. L’area amiternina in epoca italica, come racconta Catone, è stata la prima sede dei Sabini che avevano capitale Testruna posta a confine con il popolo Vestino, i resti di quest’epoca sono ancora presenti nella località chiamata fosso della Murata o fosso del Diavolo con mura ciclopiche ad andamento irregolare, di grosse dimensioni e di diversa fattura, sulla natura e sulla funzione delle costruzioni gli storici e gli archeologi ancora discutono. Le ipotesi più accreditate sono quelle di mura di costruzione per terrazzare il terreno o tratti di recinto di un luogo sacro.
Sconfitti dal console Spurio Carvilio nel 293 a.C. in una dura battaglia dove vennero uccisi 2800 uomini e ne vennero catturati e resi schiavi altri 4000, i Sabini entrarono nell’orbita romana, si costruisce una città sulle sponde dell’Aterno da cui prenderà il nome di Amiternum, nel 290 a.C. la città sale al rango di prefettura e nel 268 a.C. ottiene la piena cittadinanza romana diventando municipio. Gli storici ci narrano che Annibale passò per le contrade amiternine dirigendosi verso Roma e che nell’86 a.C. vi nacque Sallustio Crispo storico e politico dell’epoca di Cesare.
Nel periodo di massima espansione la città, priva probabilmente di mura, si estendeva a nord fino al bivio del Cermone ed a sud fino alla località denominata Torroncino, nei pressi della stazione della vecchia ferrovia. Il fertile territorio circostante era organizzato e lottizzato in grossi appezzamenti di terreno intorno a ville rustiche come quella rinvenuta preso la Scuola della Guardia di Finanza. Famosi e ricercati a Roma erano alcuni prodotti amiternini come lo scalogno ed il vino.
Il Teatro di Amiternum, di età augustea, era situato al centro della Città, nella località oggi chiamata ara di Saturno. La cavea è stata in parte ricavata sulle pendici della collina ed in parte costruita su murature di contenimento con due ordini di posti. La scena misura 54 metri mentre la cavea ne misura 80 e si stima potesse contenere più di 2000 spettatori. Sono ancora visibili, oltre al primo ordine di gradoni ed alla piano dell’orchestra, tutte le strutture di base della scena.
L’anfiteatro con le sue rovine si trova al di la del fiume, sotto il colle di S.Mauro (Santu Maulu in dialetto) ed era sicuramente posto al margine della città sulla strada che portava a Foruli. La costruzione realizzata su due ordini retti da 48 arcate in opera cementizia rivestita di laterizio e pietra è databile alla fine del I sec. d.C. misura 68 metri sull’asse maggiore e 53 su quello minore e poteva contenere più di 6000 spettatori.
I primi cristiani, durante le persecuzioni, realizzarono un luogo di culto ed un cimitero ipogeo intorno alle spoglie del martire Vittorino, che la leggenda vuole soffocato nelle acque di Cotilia sul colle che prese nome dallo stesso martire. Sulle catacombe, realizzate in parte con resti romani ed in parte scavate nella roccia calcarea, fu costruita la chiesa oggi intitolata a S. Michele. Monumento di eccezionale interesse architettonico, consacrato nel 1170 e restaurato nel 1528 sorse inizialmente sui resti di una più antica chiesa altomedievale di cui rimane la cripta sotto l’altare e la parte delle murature della chiesa vecchia in blocchi squadrati provenienti probabilmente dalla cella di un tempio romano. Interessanti all’interno due frammenti di bassorilievo con il martirio di S. Vittorino e nelle catacombe l’edicola edificata dal vescovo Quodvultdeus sulla tomba del martire.
Intorno alla chiesa nel XII sec. nasce il paese di S.Vittorino sede vescovile fino alla costruzione dell’Aquila, patria del pittore Saturnino Gatti, feudo dei Camponeschi che costruiscono sul colle Jereone il castello, di cui restano pochi ruderi.
Per ultimo il castello di S. Vittorino partecipa alla fondazione della città dell’Aquila nel quarto di S.Pietro. Occupa l’area intorno a via Sassa vi costruisce le migliori architetture della città e la chiesa di S.Biagio entro le mura con il rango di arcipretura e con la possibilità per il parroco di nominare diaconi e preti su tutto il territorio di sua competenza.
Il resto è storia moderna.
Giovanni Cialone
INTRODUZIONE A CURA DELL’EDITORE
Affrontare un’analisi del paese di S.Vittorino Amiterno è un compito difficile ed affascinante. Difficile perché a tutt’oggi ancora nessuno ha provato a sviluppare un serio studio sulle realtà culturali presenti in questo luogo, affascinante perché il terreno ancora vergine e libero da pregiudizi può dare allo studioso le stesse sensazioni del pioniere che scopre una grande miniera d’oro.
Il primo tema da affrontare, e che balza subito agli occhi per la collocazione geografica, è il rapporto culturale fra la nuova
città di San Vittorino e la vecchia
città romana di Amiternum. Alcuni studiosi (come il Bindi ed il Gavini) hanno ipotizzato che questa zona è stata un centro di espansione importante per il processo di evangelizzazione del Cristianesimo. A conferma di questa ipotesi possono essere citate diverse prove oggettive. La prima, che risulta essere anche la più evidente, è la presenza delle catacombe al di sotto della chiesa parrocchiale. Non solo, ancora oggi è vivo il culto della popolazione verso i Santi Martiri che, secondo le testimonianze orali degli abitanti, sono sepolti proprio nelle suddette catacombe. Un altro dato importante è che la chiesa parrocchiale è dedicata a San Michele Arcangelo. Quando l’impero romano entrò in crisi le città più importanti ad esso collegate, come Amiternum, conobbero un lento e progressivo spopolamento; successivamente le invasioni barbariche accentuarono ancora di più questo fenomeno. L’economia della città di Amiternum era basata prevalentemente sulla pastorizia e, nei tempi dell’alto medioevo, era impossibile praticare la transumanza del gregge fino in Puglia. Le zone da percorrere erano infestate da briganti e predoni, questo perché non vi era più uno stato forte e sicuro come quello romano. La venerazione per San Michele Arcangelo, in questa parte dell'Abruzzo, è collegata ad una grotta in Sabina, sul monte Tancia, che era oracolo pagano. Fu dedicata dai longobardi, verso il sec.VII a San Michele. La sua storia è parallela al luogo di culto situato nel Gargano, ma il santuario è più antico. La dedicazione ricorreva l'otto di maggio: circostanza che probabilmente diffuse questa festa nella Sabina, nel reatino e nel ducato romano, ovunque estese la propria influenza la badia benedettina di Farfa (di cui faceva parte anche il circondario aquilano) che ebbe donazione, da parte dei duchi longobardi di Spoleto, del santuario suddetto. L'otto maggio 663 i longobardi, che avevano fondato nel sec.VI il ducato di Benevento, vinsero nei pressi di Siponto i saraceni e ne attribuirono il merito a San Michele Arcangelo. Si fecero anche diffusori del culto dell'Arcangelo Michele dedicandogli alcune fra le più belle chiese, effigiandolo sugli stendardi e persino sulle monete. La presenza di una chiesa parrocchiale dedicata a San Michele Arcangelo fa pensare che ancora negli anni della dominazione longobarda era presente, nell’attuale comprensorio di Amiternum, un agglomerato urbano importante.
Dal punto di vista antropologico però la domanda più rilevante è la seguente: Perché la nuova
città cristiana viene costruita in collina, a differenza della vecchia
città romana che si trova a valle? Solo per motivi di difesa del territorio e di avvistamento? Questo percorso è comune a molti luoghi che presentano le stesse caratteristiche geografiche di San Vittorino. Il processo di cristianizzazione dei luoghi pagani è sempre collegato ad una simbologia alto/basso. La nuova religione cristiana ha la necessità di proporre la propria sacralità a luoghi e genti che compiono riti e funzioni pagane, e per fare questo deve rendere ben visibili i nuovi simboli. La montagna, lo stare in alto rispetto alla costruzione a valle, è per natura simbolo di conquista e dominio; è un porre la propria cultura in una posizione geografica di superiorità rispetto all’ormai decadente cultura pagana, nonché di maggiore vicinanza e di contatto con il divino che si trova nell’alto dei cieli. Ecco perché la nuova
città cristiana di San Vittorino Amiterno sorge in collina rispetto alla vecchia
città pagana di Amiternum, ed allo stesso modo non è un caso che nelle immediate vicinanze dei resti di una città romana, a suo tempo molto ricca ed importante, si trovino delle catacombe cristiane, segno evidente del martirio e della verità evangelica che questa religione propone.
Un altro aspetto interessante da approfondire è il gemellaggio
che la popolazione di San Vittorino Amiterno stipula ogni anno con gli abitanti della