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L'uomo che salvò 10.000 ebrei dai lager nazisti
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L'uomo che salvò 10.000 ebrei dai lager nazisti
E-book440 pagine5 ore

L'uomo che salvò 10.000 ebrei dai lager nazisti

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Info su questo ebook

Una delle più grandi storie di eroismo della seconda guerra mondiale

Frank Foley ha aiutato migliaia di ebrei a scappare dalla Germania.
Al processo di Adolf Eichmann del 1961 venne descritto come una “primula rossa” che aveva rischiato la propria vita per salvare gli ebrei dai nazisti. Tuttavia, rimane praticamente sconosciuto, soprattutto perché, pur essendo in realtà il capo della sede di Berlino dei servizi segreti inglesi, usava come copertura l’“anonimo” lavoro di ufficiale addetto al controllo dei passaporti. Non godeva di immunità diplomatica e poteva essere arrestato in ogni momento. Tuttavia, non solo entrò nei campi di concentramento per farne uscire gli ebrei, ma li nascose in casa sua, li aiutò a ottenere passaporti falsi e ignorò i divieti procurando loro il visto per la Palestina. Un ebreo che lavorava agli aiuti umanitari sostenne che Foley aveva salvato dall’Olocausto «decine di migliaia» di ebrei.
Questa descritta da Michael Smith rimane una delle più grandi storie di eroismo sconosciuto della seconda guerra mondiale.

Era una spia dei servizi segreti britannici.
Ha salvato decine di migliaia di ebrei dall’Olocausto, liberandoli dai campi di concentramento, nascondendoli, fornendo loro passaporti falsi e salvacondotti per la Palestina.
Le voci dei sopravvissuti lo identificavano come «lo Schindler britannico».
Eppure, nessuno ha mai raccontato la sua storia.

Soltanto nel 2010 Frank Foley è stato nominato “eroe inglese dell’Olocausto” dal governo britannico.
Michael Smith
Ha fatto parte per molti anni dei British Army’s Intelligence Corps per poi entrare alla BBC. Ha lavorato al «Daily Telegraph» e al «Sunday Times». Scrittore e sceneggiatore a tempo pieno, vive vicino a Hanley, in Gran Bretagna. È autore di molti bestseller, tra cui: The Spying Game, Killer Elite, The Secrets of Station X, Britain’s Secret War 1939-45, Station X: The Codebreakers of Bletchley Park. Il suo libro su Foley è stato decisivo per rivalutarne il ruolo e farne conoscere la figura al mondo intero: Frank Foley è stato riconosciuto “Giusto tra le nazioni”, al pari di Raoul Wallenberg e Oskar Schindler.
LinguaItaliano
Data di uscita15 dic 2014
ISBN9788854175556
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    Anteprima del libro

    L'uomo che salvò 10.000 ebrei dai lager nazisti - Michael Smith

    1

    LA PRIMA GUERRA

    Frank Foley nacque il 24 novembre 1884¹ in una casa a schiera di quattro camere su due piani, vicino alla stazione ferroviaria della piccola città di Highbridge, nel Somerset. Suo padre, Andrew Wood Foley, che veniva da Tiverton nel Devon, si era in precedenza trasferito a Swindon per un impiego nella Great Western Railway come operaio montatore nell’officina delle locomotive. Fu qui che conobbe e sposò Isabella Turnbull, una ragazza del luogo di origine scozzese, e dove nacquero i loro primi due figli.

    Intorno al 1883, i Foley con i loro due figli piccoli si trasferirono a Highbridge. Andrew Wood Foley fu uno dei 250 uomini che lavorarono nella grande officina che la Somerset and Dorset Joint Railway Company aveva appena costruito per la manutenzione delle sue locomotive. La famiglia Foley abitava al 7 di Walrow Terrace, in una delle case a schiera costruite per gli operai delle ferrovie e fu qui, poco più di un anno dopo il loro arrivo a Highbridge, che Isabella diede alla luce il loro terzo figlio, Francis Edward. Quando Francis cominciò la scuola, i suoi genitori avevano avuto altri due bambini, George e Margaret - la femmina tanto attesa da Isabella -, la più giovane della famiglia.

    Highbridge è situata all’imboccatura del fiume Brue, nel mezzo di una palude bonificata conosciuta come Somerset Levels, le piane del Somerset, che si estendono per diversi chilometri verso l’interno. La regione, in autunno e in inverno, si allagava di frequente, e i Levels erano attraversati da lunghi e stretti canali di drenaggio conosciuti localmente come rhynes. Nel tardo Ottocento, il paese gravitava intorno alla ferrovia, che portava a un lungo e stretto porto sul quale gli uomini delle coste del Galles del sud scaricavano ferro e carbone in cambio dei prodotti locali: legname, mattoni, cereali, sidro e formaggi (cheddar e caerphilly).

    La casa dei Foley guardava a ovest, e si affacciava su estese praterie in direzione della linea ferroviaria Bristol-Exeter, della rivale Great Western Railway. Non vi erano altre case sul lato opposto di Walrow Terrace; soltanto un rhyne, fitto di giunchi di palude, scorreva al di sotto della strada principale per Wells e, costeggiando l’officina delle locomotive, finiva per sfociare nel fiume Brue, un centinaio di metri dalla casa di Frank. Più o meno alla stessa distanza, a nord, si trovava il mattonificio Pitt, altra importante risorsa dell’economia locale.

    Isabella Foley era una fervente cattolica e insisteva perché tutti i loro figli fossero iscritti alla Scuola cattolica romana di St Joseph, a Burnham, gestita dall’ordine di monache francesi della Retraite. Fu in questo periodo che Frank scoprì la propria devozione per la Chiesa e disse ai genitori che, da grande, voleva diventare sacerdote.

    Per qualche ragione, all’età di nove anni Frank cambiò scuola. Probabilmente suo padre temeva che le monache stessero esercitando un’influenza eccessiva sui suoi figli. La figlia Margaret stava già mostrando i primi segni della sua vocazione² e - assecondando le aspirazioni dell’infanzia - sarebbe in seguito diventata madre superiora di un convento di Bristol, ma Frank era il figlio preferito, il figlio intelligente sul quale il padre aveva riposto tutte le sue speranze per il futuro. Qualunque fossero le motivazioni, Frank fu tolto dalla St Joseph e mandato alla scuola elementare della Chiesa anglicana di St John, al confine tra Highbridge e Burnham.

    Andrew Wood Foley stava studiando ingegneria civile, determinato a fare carriera per migliorare la propria sorte e quella della famiglia; e quelle sue ambizioni sembrarono estendersi a Frank. Suo figlio aveva le capacità per realizzarsi nella vita: non avrebbe dovuto sprecarle con la Chiesa.

    Isabella, però, era altrettanto determinata: se suo figlio voleva diventare sacerdote, avrebbe dovuto averne la possibilità. Dal canto loro, le suore non avevano dimenticato il loro giovane pupillo, e fecero in modo che egli ottenesse una borsa di studio allo Stonyhurst College, una scuola di gesuiti nel Lancashire. Poi, compiuti i diciotto anni, Frank fu mandato al St Joseph College, una scuola superiore cattolica nella città francese di Poitiers, per ricevere una formazione al sacerdozio.

    Dopo tre anni alla St Joseph, Frank s’iscrisse all’Université de France di Poitiers, per intraprendere gli studi classici³. Qui, tuttavia, la libertà e la sregolatezza della vita universitaria gli fecero riconsiderare la sua vocazione ed egli decise, così, di proseguire la carriera accademica. Cominciò a viaggiare per l’Europa, in Austria, Olanda, Danimarca e Germania, guadagnandosi da vivere come insegnante e con l’intenzione di ritornare, prima o poi, in Inghilterra, e cercare di ottenere un incarico come docente a Oxford o a Cambridge.

    Quando la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania, nell’agosto del 1914, Frank stava studiando filosofia ad Amburgo. Di bassa statura, magro e dal viso sottile, un naso aguzzo e uno sguardo un po’ severo, Frank parlava ormai correntemente il tedesco e il francese e aveva stretto molte amicizie in città. Adesso, però, i cittadini britannici residenti in Germania venivano ricercati e, nel migliore dei casi, internati, e dunque doveva lasciare velocemente il paese o affrontare un incerto destino. Con un’uniforme militare presa in prestito da un amico, Frank salì su un treno facendosi passare per un ufficiale prussiano diretto al fronte⁴.

    Consapevole delle scarse possibilità di uscire dal paese attraverso il confine francese o quello belga, dove l’esercito tedesco combatteva contro le forze alleate, Frank decise di dirigersi in Frisia orientale, al confine con l’Olanda del Nord. Scese dal treno a Brema, dove la ferrovia proseguiva a sud verso la Renania e proseguì a piedi, rifugiandosi dove poteva; per fermarsi, sceglieva soprattutto le case di affabili pastori che non facevano troppe domande e che sembravano dare per scontato che lui fosse un obiettore di coscienza in fuga dalla guerra.

    Le praterie e i boschi delle pianure della Germania settentrionale avevano lasciato il posto a paludi spazzate dal vento, crivellate di fossi e canali, che ricordavano i rhynes delle piane intorno a Burnham e Highbridge. Frank aveva cambiato l’uniforme da ufficiale con goffi abiti civili, ma la febbre spionistica dilagava, e si erano già verificati casi di stranieri sospetti linciati sul posto. L’unico modo sicuro di viaggiare era evitare i trasporti pubblici e procedere a piedi, e gli ci volle del tempo per raggiungere il porto di Emden sul Mare del Nord.

    Dirigendosi verso la Moederkerk, la Chiesa madre della Riforma olandese, incontrò un cordiale domine luterano, discendente di profughi sfuggiti alla persecuzione dei Paesi Bassi spagnoli nel XVI secolo. L’ecclesiastico presentò Frank ai pescatori di gamberetti del piccolo villaggio olandese di Termunten, disposti a traghettarlo, senza fare domande, attraverso la laguna di Dollard, che forniva il grosso della loro pesca e separava la Germania dalla neutrale Olanda.

    Raggiunta l’Inghilterra Frank prese il treno diretto a Burnham. Qui, grazie al nuovo impiego del padre - che, come ingegnere civile, aveva fatto passi avanti nella scala sociale, riuscendo ad accumulare un piccolo capitale - la famiglia aveva potuto acquistare una casa più grande nel centro della città. Indeciso su cosa avrebbe fatto nell’immediato futuro, Frank accettò un lavoro di assistente nella Bengeo Preparatory School di Hertford⁵. Alla fine del 1915 decise di entrare nell’esercito, e fece domanda presso il Corpo allievi ufficiali dell’Inns of Court [le quattro associazioni legali di Londra che abilitano alla professione forense, n.d.t. ]⁶, situata vicino alla città di Berkhamsted. Il regolamento normale, che prevedeva di reclutare esclusivamente avvocati, era stato allentato per poter includere chiunque avesse frequentato l’università o le scuole private; la scuola si dedicava adesso ad addestrare ufficiali per la milizia territoriale.

    Frank fu mandato al Quartier Generale dei Corpi di Stone Buildings, alla Lincoln’s Inn, dove un anziano avvocato in uniforme blu, stivali e speroni da maggiore di cavalleria, prese i suoi dati e gli disse di presentarsi il giorno seguente per l’addestramento iniziale. Una delle reclute, un compagno di Frank, ricorda le sue impressioni della prima giornata di servizio.

    Parata alle dieci nei giardini della Lincoln’s Inn. Circa cento reclute, tutti con lo sguardo smarrito e la maggior parte in borghese, con i più svariati tipi di cappelli. Diversi sottufficiali dallo sguardo severo e irascibile ci costrinsero in una specie di formazione e fummo poi raggruppati in squadre. Un ardente caporale si prese cura di noi e ci addestrò con vigore, salvo un intervallo per il pranzo, fino alle quattro, quando fummo congedati per la giornata e mi ritirai al mio circolo con un desiderio così forte di farmi una bevuta, che sembrava non avessi mai lavorato tanto duramente in tutta la mia vita.

    Dopo due settimane di addestramento le nuove reclute, rifornite di vecchie uniformi per sostituire gli abiti civili, furono mandate a raggiungere il resto del Corpo a Berkhamsted.

    «D’estate eravamo accampati al Kitchener’s Field, vicino alla stazione ferroviaria, e d’inverno alloggiavamo in diverse abitazioni del paese», disse un ragazzo che seguiva l’addestramento con Frank.

    Ci riunivamo a mensa in capannoni del deposito di legname Key. Le lezioni si tenevano tra i ruderi del vecchio castello in cui il Principe Nero aveva tenuto prigioniero Re Giovanni di Francia. Grazie alla Cooper’s Dip Works potevamo fare bagni caldi e avere acqua bollente in abbondanza.

    Ci esercitavamo nel parco pubblico e nel Parco di Ashridge, tra i suoi bei faggi, e facevamo marce d’addestramento in luoghi come Chesham, Tring, Boxmoor, Great and Little Gaddesden e Ivinghoe Beacon. Il venerdì venivano organizzate operazioni notturne che non erano molto amate, e temo che imparammo poco o niente da queste. A dire il vero, la truppa non sapeva quasi nulla degli scopi o degli esiti di ogni operazione, diurna o notturna, per le quali venivamo addestrati.

    Il sabato pomeriggio si verificavano esodi in massa verso casa, dove si poteva restare fino alla domenica sera, eccetto per gli sfortunati a cui era toccato il turno al picchetto.

    All’inizio del conflitto⁷, le reclute della Inns of Court potevano aspettarsi di ricevere il proprio incarico entro sei mesi. Per qualche tempo, però, il Ministero della guerra non aveva avuto la necessità di richiamare ufficiali dai Corpi, e il numero di reclute era così aumentato a circa quattromila persone, quattro volte il numero normale.

    Per tenere sotto controllo una tale quantità di uomini, ad alcune reclute scelte, tra cui Frank, fu assegnato il grado di lance-caporal e il comando di un plotone. Ma fu soltanto nel gennaio 1917, alla relativamente tarda età di trentadue anni, che a Frank fu affidato il comando del reggimento di Hertfordshire, con il modesto grado di sottotenente. venne immediatamente distaccato al battaglione 2/6°, del reggimento North Staffordshire, e inviato in Francia.

    La sua nuova unità, costituita in gran parte da soldati di leva della regione di Burton-on-Trent, era stata in Irlanda per riportare ordine dopo la rivolta della Pasqua di sangue del 1916. Erano passati per Liverpool una settimana prima che Frank fosse assegnato al battaglione ed erano adesso accampati a Codford, vicino Salisbury, in attesa di ordini dalla Francia. Frank ottenne una licenza e gli fu detto di raggiungerli a Folkestone il 25 febbraio 1917, dove - malgrado l’addestramento fosse ancora incompleto - dovevano radunarsi prima di attraversare la Manica per dirigersi a Somme.

    Intanto, le maggiori battaglie che avrebbero dato cattiva fama a quella regione si erano ormai concluse e, a seguito del clamore in patria, le condizioni nelle trincee erano migliorate. Tuttavia, il viaggio attraverso la campagna del nord della Francia devastata dalla prima battaglia di Somme, non poteva essere che demoralizzante per dei giovani soldati con una scarsa esperienza di combattimento.

    Uno dei soldati inviati in prima linea annotò nel diario le sue impressioni: «Nient’altro che terre desolate, villaggi distrutti, ormai interamente ricoperti dalla vegetazione, a tal punto che era quasi impossibile scorgerne le tracce. Strade sommerse di neve mista a fango e polvere; resti di filo spinato e di vecchie trincee; vagoni merci distrutti, pezzi di fucili, ceppi d’albero frantumati; croci di legno, su alcune delle quali erano appesi un fucile o un elmetto; e, ovunque, crocifissi sul ciglio della strada incredibilmente intatti».

    Il periodo di spostamento fu utilizzato per completare l’addestramento del battaglione e a settembre, quando i soldati furono infine mandati al fronte, Frank fu promosso tenente facente funzione di capitano al comando di una delle compagnie. Inizialmente, si cimentarono in alcuni attacchi con il gas e qualche sporadica incursione nelle trincee nemiche, ma ancora non si trattava di vero e proprio combattimento.

    «La situazione era abbastanza tranquilla e serena, con l’unico inconveniente dei topi», racconta il soldato semplice Frank Beardsall, uno dei membri del battaglione. «Passavamo la maggior parte del tempo ad ammazzare quelle bestiacce e di notte a fare la guardia, con il fucile in una mano e ramoscelli nell’altra, più intenti a uccidere topi che a preoccuparci dei tedeschi».

    Il motivo della mancanza d’azione era semplice. Il battaglione 2/6° apparteneva alla 59a divisione (North Midland), una delle cosiddette divisioni di leva. Il 2 li designava come milizia territoriale di retroguardia, e non come componenti della più professionale New Army. Né i generali, né le truppe di prima linea si fidavano di loro. «Non venivamo presi molto sul serio», ricorda Beardsall. «Se avevano bisogno di un’azione speciale, non mandavano certo noi».

    Frank era consapevole della sua bassa statura - era alto appena un metro e sessantatré - e, probabilmente per compensare questo difetto, aveva la tendenza a essere severo con i suoi uomini. Avendo, però, origini relativamente umili ed essendo stato educato in Francia, invece che nelle scuole private inglesi da cui provenivano molti dei suoi compagni ufficiali, aveva un buon rapporto con le truppe, e sembra che fosse sinceramente benvoluto. Quella popolarità sarebbe stata presto messa alla prova fino in fondo.

    Per tutto l’inizio del 1918, tra le forze inglesi correva voce che i tedeschi si preparassero a un’offensiva finale, con l’intenzione di far retrocedere gli alleati sulla Manica prima che gli americani entrassero in guerra. Gli uomini di Frank avevano passato l’inizio di marzo in prima linea, nelle trincee a nord del piccolo paese francese di Bullecourt. L’11 marzo furono mandati nelle retrovie per un periodo di riposo e di recupero nel paesino di Mory.

    «Poche ore dopo il nostro arrivo a Mory trovammo tutti in uno stato di allerta, per il timore che l’attesa offensiva tedesca fosse imminente», racconta Beardsall. «Ci lasciammo influenzare, e gli otto giorni seguenti furono un vero incubo. Impiegammo tutto il tempo a costruire ulteriori trincee e posizioni di difesa. Alla fine i ragazzi erano esauriti, sicché per farli svagare un po’ organizzammo una puntata al cinema di Benagnies e offrimmo un giro di birra a tutti. Credevamo che tutto questo fosse troppo bello per durare, e avevamo ragione».

    La sera del 19 marzo 1918, vennero rispediti al fronte. Si affiancarono al battaglione del reggimento del Lincolnshire verso le sette del pomeriggio. Le posizioni scarsamente difese da trincee, in cui soltanto da poco i francesi avevano preso il comando, si trovavano intorno al piccolo villaggio di Ecoust-St-Mein, a ovest di Bullecourt e all’estremità meridionale di un’ampia dorsale conosciuta come schiena d’asino.

    La prima linea correva lungo la linea ferroviaria principale, da Cambrai ad Arras. «Le nostre caserme erano cunicoli scavati nel terrapieno della ferrovia», ricorda Beardsall. «Il terreno di fronte era un deposito del Genio militare, un ammasso di materiale da costruzione ferroviario; un lato era delimitato dal paese di Ecoust; un altro dal terrapieno; un terzo da una strada e, dietro a noi, il terreno era un groviglio di filo spinato ammassato. Davvero un’ottima posizione per essere presi in trappola».

    Nel pomeriggio del giorno seguente, mercoledì 20 marzo, una nuvola di terra cominciò a sollevarsi sull’intera zona, trasformandosi in poche ore in una densa nebbia. Un silenzio inquietante cadde sul fronte inglese, spezzato soltanto sporadicamente dal cigolio di un mezzo di trasporto tirato da cavalli che si muoveva dietro le linee nemiche, e dalle voci degli ufficiali tedeschi che ordinavano alle truppe di prendere posizione. Le pattuglie mandate sulla terra di nessuno s’imbatterono in pochi nemici, ma quanti vennero fatti prigionieri furono contentissimi di essere portati rapidamente nella retroguardia delle linee inglesi, a conferma che, come sostenevano loro, la Kaiserschlacht - la battaglia del Kaiser, come i tedeschi avevano chiamato la loro cosiddetta offensiva finale - stava per cominciare.

    Poco prima delle cinque del mattino di giovedì 21 marzo i cannoni tedeschi aprirono il fuoco, bombardando le postazioni d’artiglieria inglesi «con proiettili d’ogni calibro», incluso gas fosgene, mentre i mortai delle trincee concentravano gli attacchi sulle postazioni di fanteria. «Vidi un enorme flash di luci», ricorda un ufficiale. «Non sentii nulla per alcuni secondi e, per un istante, mi chiesi cosa stesse accadendo. Riuscii appena a sentire i colpi dei cannoni poco prima dell’esplosione, e le granate ci arrivarono subito addosso». I generali inglesi ordinarono immediatamente di muoversi «ai posti di combattimento».

    Insieme al 5° North Staffordshire, al 2/6° South Staffordshire e ai tre battaglioni degli Sherwood Foresters, il battaglione di Frank doveva difendere uno stretto fronte che si estendeva tra Hendecourt, a nord di Bullecourt, e Noreuil, un chilometro e mezzo a sud di Ecoust, ormai ridotto a poco più di un mucchio di edifici distrutti e ridotti in macerie.

    Contro di loro erano schierate due potenti divisioni di eccellenti truppe d’assalto tedesche. Appena gli uomini dello Staffordshire cominciarono a barcollare nel buio per «la pesante e nauseante miscela di nebbia e gas» che invadeva i loro posti di combattimento, «scontrandosi l’uno contro l’altro come ciechi», l’artiglieria tedesca aprì il fuoco sulla fanteria per dieci minuti, disorientando completamente i tommies [termine familiare per designare i soldati inglesi, n.d.t.], per poi ricominciare ad asfissiare col gas gli artiglieri britannici per un’altra ora o più.

    Il fuoco di fila fu poi concentrato nuovamente, per altre due ore, sulle truppe inglesi in prima linea, indebolendo la fanteria nella prima fase dell’attacco, denominata Michael I, e assicurandosi che il filo spinato che bloccava l’accesso dei tedeschi alla terra di nessuno fosse ridotto a brandelli.

    «Il fuoco era così intenso che l’aria stessa sembrava vibrare per la raffica di granate», scrisse lo storico ufficiale. Spazzò via la prima linea inglese, producendo grosse nuvole di fumo e polvere che peggioravano la già scarsa visibilità. Al sorgere del sole, si poteva vedere qualcosa dai terreni più elevati, ma anche indossando maschere antigas le truppe inglesi, attraverso la nebbia, la polvere e il fumo, non riuscivano a vedere niente oltre i dieci metri.

    Poco dopo le nove e mezza, ci fu un breve momento di tregua dai bombardamenti. Senza dubbio, i più esperti tra i sottufficiali di Frank devono averlo avvertito che questo era un segno che preannunciava l’inizio dell’offensiva tedesca. Poi, l’artiglieria aprì nuovamente il fuoco con una serie di esplosioni violente, mirando inizialmente sulla prima linea, per poi avanzare con un’inesorabile Feuerwalz: una barriera di fuoco destinata a procedere insieme alla fanteria tedesca in avanzata, riducendo al minimo la resistenza inglese.

    Esattamente alle nove e quaranta del mattino, le truppe tedesche raggiunsero le postazioni inglesi, strisciando lentamente tra i varchi predisposti nel filo spinato e procedendo inosservati verso le postazioni in prima linea, molte delle quali erano state spazzate via nell’attacco iniziale. Per le truppe inglesi, il primo segno che il nemico fosse penetrato nelle proprie linee fu la vista di un soldato tedesco, con il suo caratteristico elmetto d’acciaio a secchio di carbone e con la baionetta in canna, che sbucava dalla nebbia a pochi metri da loro.

    «Protetto dalla densa foschia, Jerry [termine familiare che designa i soldati tedeschi, n.d.t.] spargeva migliaia di pallottole con la sua mitragliatrice», ricorda Beardsall. «Per di più, ad aumentare lo sconforto generale, un aereo nemico cominciò a sorvolarci a bassa quota, mitragliandoci addosso. Potevo vedere distintamente i piloti dell’apparecchio e, al tempo stesso, il mitragliere di bordo che premeva il grilletto».

    Per tutta la mattinata, gruppi sparsi di truppe tedesche tentarono di scavalcare il terrapieno della ferrovia e penetrare nelle postazioni degli inglesi, ma senza successo. Il battaglione 2/6° del reggimento South Staffordshire, sul loro fianco destro, non se la stava cavando altrettanto bene. Era stato praticamente annientato dal fuoco di fila dell’artiglieria nemica e, a mezzogiorno, vennero mandate come rinforzo le due compagnie del North Staffordshire stanziate a Ecoust.

    Non appena si prepararono a muoversi, il nemico attaccò in gran numero. Il North Staffordshire si ritrovò sotto il fuoco di quella che era, in sostanza, la massima forza d’attacco tedesca: la 111a divisione. Quella che avrebbe dovuto essere una postazione difensiva relativamente forte, sull’altopiano che dominava la vallata nella quale i tedeschi stavano attaccando, era stata resa inutilizzabile dalla densa foschia.

    «Sembrava che ci fossero migliaia di tedeschi brulicare sul pendio dietro di noi, e ci ritirammo in un rifugio dietro a una barricata di sacchi di sabbia», disse uno degli uomini di Frank. «Non avevo la minima idea se stessi colpendo qualcosa. Di certo non vidi mai nessuno cadere. Ero stato in Francia dieci mesi, e quella era la prima volta che sparavo al nemico. Non avevo paura; mi sembrava che tutto succedesse al di fuori di me».

    Nelle truppe tedesche che avanzavano verso le postazioni inglesi militava Ernst Jünger, in seguito uno dei più grandi scrittori tedeschi, ma allora sottufficiale nel 73° Fucilieri di Hannover. «Il compito affidato al reggimento era di penetrare nei villaggi di Ecoust-St-Mein e Noreuil», scrisse.

    Attraversammo senza difficoltà un groviglio di filo spinato a brandelli e, con un salto, ci ritrovammo oltre la prima linea. Le ondate di fanti all’attacco andavano e venivano sul campo spettrale, nel fumo bianco sospeso. Il grosso terrapieno della ferrovia sulla linea Ecoust-Croisilles, che dovevamo attraversare, appariva avvolto dalla foschia.

    Da feritoie e finestre scavate sul fianco della trincea, fucili e mitragliatrici crepitavano allegramente. Gli inglesi avevano due trincee a terrazza sul pendio. Saltai nella prima trincea e sparai le mie cartucce con tale impeto che continuai a premere il grilletto almeno una decina di volte dopo l’ultimo colpo. Sopra di noi, tutti si lanciavano con foga nel combattimento. Per la prima volta durante la guerra vidi un gran numero di uomini combattere corpo a corpo. Sotto di noi, su una strada infossata, c’era una postazione ben difesa. Davanti a questa c’erano due nidi di mitragliatrici, uno su ogni estremità della fossa. Sembrava che il nemico si stesse riprendendo. Sparava interminabili raffiche di piombo, a una velocità incredibile. Dopo un momento di tregua per riprendere fiato, ricominciammo a combattere ferocemente. Fu una battaglia all’ultimo sangue.

    La prima ondata di truppe nemiche fu respinta. Ma appena la nebbia cominciò a diradarsi, la resistenza inglese cominciò a cedere. «Molti dei nostri compagni alzarono le mani e si arresero», disse un soldato. «Ma noi decidemmo di ripiegare verso le nostre postazioni di riserva, una decisione che, purtroppo, costò la vita a molti dei nostri uomini perché, durante la ritirata, ci ritrovammo sotto il tiro delle granate e delle mitragliatrici».

    Ci fu una battaglia disperata per Ecoust, con combattimenti corpo a corpo lungo i binari della ferrovia e nel cimitero del villaggio. Ma i tedeschi riuscirono a insinuarsi dal fianco sud puntando verso l’estremità occidentale della schiena d’asino, per tagliare fuori il battaglione. Frank fu colpito al petto e cadde a terra. Il proiettile era penetrato nel polmone sinistro e fuoriuscito dall’ascella, e lui stava perdendo molto sangue.

    Sebbene fosse ormai una questione di si salvi chi può, Frank fu portato via dal campo di battaglia dalle sue truppe in ritirata verso le postazioni in retrovia a Mory. Se l’avessero lasciato lì, cosa che sarebbe probabilmente capitata a un ufficiale malvoluto, Frank sarebbe certamente morto. Le forze in ritirata riportarono indietro solo pochi feriti, mentre i tedeschi, vista la scarsità di cibo, acqua e, forse cosa più importante, scorte di medicinali, non avevano particolare interesse a fare prigionieri.

    Molti degli uomini che si arresero vennero uccisi comunque. «Nessuno venne risparmiato», ricorda Jünger. «Uccidere un uomo indifeso è da ignobili. D’altra parte chi si difende, dopo aver diretto i propri proiettili contro le truppe d’attacco a cinque passi di distanza, deve accettarne le conseguenze. Un uomo con un velo di sangue davanti agli occhi non può cambiare i propri sentimenti all’ultimo momento: non vuole fare prigionieri, ma uccidere».

    La versione storica riporta che soltanto un ufficiale della brigata di Frank sopravvisse alla battaglia del 21 marzo. In realtà, del suo battaglione, non fu il solo a uscirne vivo. Il diario di guerra del 2/6° riporta nell’elenco dei caduti in battaglia il tenente colonnello T. B. H. Thorne, l’ufficiale in comando, e altri tre uomini, mentre i feriti di cui si sappia con certezza includono solamente il capitano F. E. Foley e otto soldati semplici.

    Le perdite relativamente esigue potrebbero dare un’idea distorta dell’esito della battaglia. Il battaglione era stato smembrato. Un totale di 22 ufficiali e 586 uomini furono inclusi nell’elenco dei dispersi, e solo in seguito ritenuti morti o catturati. L’unità era stata ridotta di due terzi in un arco di tempo di poco più di due ore. La tanto derisa seconda linea del 59° North Midland aveva perso tutte le postazioni, ma soltanto dopo aver opposto la più coraggiosa resistenza e dopo aver subito le maggiori perdite di qualsiasi altra divisione.

    Frank disse in seguito che quanto vide, in quella che fu una tra le battaglie più violente del conflitto, caratterizzato da un’orribile e insensata perdita di vite umane, lo portò a mettere in dubbio la propria fede in Dio⁸. Per qualche tempo, il ragazzo che aveva un tempo sognato di diventare prete si definì ateo: non era possibile che il Dio in cui aveva creduto potesse permettere tali atrocità.

    Frank ricevette la menzione speciale per il suo contributo nella difesa di Ecoust⁹ e fu richiamato in Inghilterra per essere sottoposto a cure mediche; dopo un soggiorno di sei mesi nell’ospedale di Londra e un periodo di recupero in un hotel trasformato in ospedale ausiliario nel centro di Fowey, in Cornovaglia, si presentò a una commissione medica¹⁰.

    Il suo polmone sinistro era rimasto danneggiato dal proiettile tedesco, lasciandolo a volte senza fiato. La commissione decise che Frank non era più idoneo a combattere in prima linea; gli fu prescritto di inoltrare domanda per un’indennità di 125 sterline, cui avevano diritto tutti gli ufficiali per tali lesioni, e fu congedato. Leggendo il suo rapporto di servizio, qualcuno al Ministero della guerra notò la sua buona conoscenza delle lingue e la sua coraggiosa fuga dalla Germania, e gli suggerì di fare domanda per i servizi segreti dell’Intelligence Corps.

    1. Le informazioni sui primi anni di vita di Frank provengono da: certificati di nascita e di battesimo; archivio di Stato del Somerset; censimento del 1891 dello Stato Civile; archivi della Scuola cattolica romana St Joseph, di Burnham, e della Scuola anglicana St John, di Highbridge; PRO WO374/24816 (Archivio dell’esercito britannico sul capitano F. E. Foley). Inoltre, ho tenuto conto dei seguenti riferimenti bibliografici: G. Maslen, Burnham-on-Sea and Highbridge in Old Photographs, Stroud, Alan Sutton, 1988; e dott. N. Worth, Tourist’s Guide to Somersetshire Rail and Road, London, Edward Stanford, 1894. Walrow Terrace esiste ancora oggi. Ringrazio il signor Maslen per i suoi suggerimenti sulla storia di Highbridge e di Burnham, e il dott. J. A. Harding, archivista della diocesi cattolica romana di Clifton, per la sua collaborazione riguardo ai primi anni di scuola di Frank.

    2. La sorella di Frank, Margaret, entrò nell’ordine delle Suore della Misericordia e, col nome di madre Gerard, divenne Madre Superiora del convento dell’ordine a Dighton Road, Bristol.

    3. I particolari sull’educazione superiore di Frank in Francia e sulla sua carriera universitaria provengono dalla famiglia e da PRO WO374/24816 (Archivio dell’esercito britannico sul capitano F. E. Foley).

    4. I dettagli sulla fuga di Foley dalla Germania provengono dall’intervista con sua nipote Patricia Dunstan del 18 luglio 1997; da PROWO374/24816 (Archivio dell’esercito britannico sul capitano F. E. Foley); e da W. van Leer, Time of my Life, Jerusalem, Carta, 1984.

    5. Impiego di Frank come assistente: PRO WO374/24816 (Archivio dell’esercito britannico sul capitano F. E. Foley).

    6. I dettagli sul Corpo allievi ufficiali dell’Inns of Court sono tratti da PRO WO374/24816 (Archivio dell’esercito britannico sul capitano F. E. Foley) e dall’Imperial War Museum (fascicoli relativi al capitano H. C. Meysey-Thompson, IWM92/19/1, e a Sir Percy McElwaine, IWM92/35/1.

    7. I particolari sulla battaglia del 21 marzo 1918 vengono dalle seguenti fonti: PRO WO374/24816 (Archivio dell’esercito britannico sul capitano F. E. Foley); memorie inedite del soldato semplice Frank Beardsall, battaglione 2/6°, reggimento North Staffordshire; gen. Sir J. E. Edmonds, Military Operations France and Belgium 1918, London, Macmillan, 1935; M. Middlebrook, The Kaiser ’s Battle, London, Penguin, 1983; E. Jünger, Storm of Steel, London, Constable, 1994; diario di guerra del battaglione 2/6° North Staffordshire; J. Buchan, A History of the Great War, Vol. IV, London, Thomas Nelson, 1920; M. Brown, The Imperial War Museum Book of the Somme, London, Sidwick and Kackson, 1996; «The Times» e «Daily Telegraph» del 22 e 23 marzo 1918. (Sono molto grato al dott. Tristran Pointon per la sua ricerca sulla carriera militare di Foley, compiuta mentre lavorava al Regimental Museum del reggimento dello Staffordshire; a Martin Middlebrook e Ross Davies per aver fornito il materiale relativo alle memorie inedite di Frank Beardsall).

    8. Il racconto sui dubbi di Frank circa la fede proviene da un’intervista con il nipote, reverendo John B. Kelley, in data 28 luglio 1997.

    9. I particolari sulla carriera di Frank nell’esercito sono tratti da PRO WO374/24816 (Archivio dell’esercito britannico sul capitano F. E. Foley) e dall’annuario militare di quel periodo.

    10. Dettagli su come si svolse l’incontro con la commissione medica e sul trasferimento all’Intelligence Corps: PRO WO374/24816 (Archivio dell’esercito britannico sul capitano F. E. Foley) e memorie di Sir Ivone Kirkpatrick IWM79/50/1.

    2

    I SERVIZI SEGRETI

    Nel luglio del 1918, Frank si presentò al Ministero della guerra; fece un test di francese e uno di tedesco e fu mandato a Harrow-on-the Hill, nel Middlesex, dove l’esercito aveva una scuola di spie¹. Dopo un corso di due mesi, dovette presentarsi al maggiore Ernest Wallinger, che dirigeva la sede del servizio segreto dell’esercito, al 7 di Basil Street, a Knightsbridge. Qui, un ascensore lo portò al terzo piano ed egli fu introdotto in una sala d’attesa.

    Dopo una breve attesa Wallinger, un ufficiale d’artiglieria che aveva perso un piede all’inizio della guerra, entrò zoppicando;

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