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1001 storie e curiosità sul grande Genoa che dovresti conoscere
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E-book1.200 pagine10 ore

1001 storie e curiosità sul grande Genoa che dovresti conoscere

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Info su questo ebook

La sera del 7 settembre 1893 al numero 10 di via Palestro, sede del consolato del Regno Unito della Gran Bretagna a Genova, nasce il Genoa Cricket and Athletic (poi Football) Club, la squadra più antica d’Italia. Ma questo è solo uno dei primati rossoblu, alcuni lusinghieri, altri curiosi, altri ancora nefasti, tutti da scoprire attraverso un racconto che si dipana in mille e una storia sulle vicende della gloriosa società. Forte di nove scudetti e una Coppa Italia, il Genoa è tornato da dieci stagioni a occupare un posto importante nel campionato di serie A. Il filo rossoblu che unisce la sua Storia (o forse è meglio parlare di Leggenda?) è il grande cuore della Gradinata Nord e per estensione di tutto il popolo genoano, sempre presente e appassionato, dodicesimo uomo sull’erba del vecchio “Ferraris”, il Tempio: You’ll never walk alone, Genoa.
Fabrizio Càlzia
è nato nel capoluogo ligure nel 1960, ha pubblicato numerose guide turistiche, tra cui Parchi di parole, Quattro passi da casa tua, per «Il Secolo XIX», e Superbi itinerari, scritta in collaborazione con Paolo Fizzarotti e illustrata da Ivo Milazzo. Con quest’ultimo ha realizzato anche Uomo Faber, romanzo a fumetti su Fabrizio De André. Con la Newton Compton ha pubblicato 101 cose da fare in Liguria almeno una volta nella vita, 101 storie su Genova che non ti hanno mai raccontato, Guida segreta alle cose da fare gratis (o quasi) a Genova e 1001 storie e curiosità sul grande Genoa che dovresti conoscere.
LinguaItaliano
Data di uscita27 set 2016
ISBN9788822701404
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    1001 storie e curiosità sul grande Genoa che dovresti conoscere - Fabrizio Càlzia

    421

    Prima edizione ebook: ottobre 2016

    © 2016 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    Disegni: Fabio Piacentini

    Icone: Thomes Bires

    ISBN 978-88-227-0140-4

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Pachi Guarini per StudioTi s.r.l., Roma

    Fabrizio Càlzia

    1001 storie e curiosità

    sul grande Genoa

    che dovresti conoscere

    Newton Compton editori

    Introduzione

    Quando Dio creò il mondo mise l’uomo nel paradiso terrestre, posto di ogni beatitudine e meraviglia. Purtroppo c’era anche Eva che con la sua curiosità volle assaggiare la mela. Adamo venne così cacciato dal paradiso. Si trovò ad affrontare malattie, miserie e sofferenze, tutto per un frutto rotondo. Allora Dio, giusto ma pietoso, gli regalò, per consolazione e ricordo una palla. Da allora gioie e dolori, vittorie e sconfitte, entusiasmi e delusioni si rincorsero nella vita degli uomini dietro a quel pallone. Che una sera di settembre rimbalzò giocoso nella superba città di Genova, immersa nei colori di un tramonto indelebilmente rosso e blu.

    P.C.

      1.

    U futt-ballun è made in Genoa

    Tutto ebbe inizio la sera del 7 settembre 1893: al numero 10 della centrale via Palestro, nella sede del consolato britannico (all’interno 4, per la precisione), nasce il Genoa Cricket and Athletic Club. Il console, C.A. Payton viene nominato presidente onorario, mister De Grave Sells è il presidente effettivo. Nasce così la società di calcio più anziana d’Italia, anche se il football viene introdotto solo nel 1896 grazie al medico James Richardson Spensley, di stanza in Campetto.

    I primi soci che si dilettavano a prendere a calci una sfera di cuoio non si comportavano in fondo diversamente dai ragazzini di oggi (vabbè, facciamo di ieri), soliti improvvisare partite laddove uno slargo più o meno erboso lo permettesse. Certo la cementificazione selvaggia era di là a venire e soprattutto nella allora periferia non mancavano i prati più o meno estesi, soprattutto sul greto del Bisagno o (ma siamo in trasferta!) del Polcevera.

    Le porte? Una pila di mattoni, o dei maglioni ammucchiati.

      2.

    Il documento ufficiale…

    Ovvero il quaderno che attesta la fondazione del Genoa (l’atto di nascita, se così vogliamo chiamarlo) ha seguito un percorso particolare: decenni più tardi fu l’allora segretario generale della società rossoblù, Mario Tosi, custode di documenti e materiali ufficiali riguardanti il Genoa, a decidere un giorno di affidarlo al giornalista-tifoso Gianni Brera. Non si trattò di un gesto generoso fine a se stesso, quanto piuttosto di un’azione volta a conservare il prezioso documento che avrebbe potuto, fra vari traslochi societari, andare smarrito.

    Tosi si rivelò anche in questo caso lungimirante. Morto Brera, il documento passò al figlio che in occasione della mostra Pallamondo, tenutasi a Genova a fine 2004 a conclusione dell’anno europeo della cultura, la consegnò all’associazione Amici museo dello sport, che a sua volta la restituì al Genoa.

    Oggi il documento è esposto, adeguatamente valorizzato, presso il museo del Genoa al Porto Antico.

      3.

    Il primo presidente effettivo…

    …Chi era costui? Non si sa molto di lui, in verità: nato a Londra nel 1856, arrivò a Genova in quanto la sua famiglia, come numerose altre in quel periodo, operava nel campo del commercio e del carbone. La sua presidenza fu breve e si estese fino al 1897, anno in cui, a giugno, De Grave Sells convolò a nozze con Mary Anne Minchin. Non fece in tempo a vincere il titolo italiano di calcio, ma fu lui, nel 1896, ad accogliere in qualità di socio quel James Richardson Spensley che fondò la sezione football.

    Tornato a Londra, morì nel 1942.

      4.

    Il primo italiano: Fausto Ghigliotti

    Forse fu un buon vento, sul finire del secolo xix, a portare Fausto Ghigliotti, titolare di una fiorente ditta di spedizioni con scagno in San Lorenzo, dalla tramontana di Genova fino alle brume del Tamigi. A Londra Fausto Ghigliotti conobbe tale James Richardson Spensley, di professione (o meglio: vocazione) medico ma soprattutto grande appassionato di un gioco pressoché sconosciuto in Italia: il football. «Non so come, ma fu attraverso zio Fausto che Spensley si trasferì a Genova», raccontava il nipote Mauro Ghigliotti. «Tanto che mio padre – genovese di vecchio stampo e tutt’altro che un fanfarone – mi diceva spesso: "Dicono tanto do mego, ma buona parte del merito per la nascita del calcio a Genova spetta a tuo zio». Un indizio che trova riscontro nell’iscrizione dello stesso Fausto Ghigliotti nella sezione calcio del Genoa: «Nel 1897 il Genoa aprì" agli italiani, purché di madre inglese o di origini svizzere. Fecero una sola eccezione: Fausto. Ci sarà pur stato un motivo!».

      5.

    La prima squadra d’Italia?

    Il Genoa viene considerata la squadra di calcio più antica d’Italia. Ma è davvero così? Bastano semplici ricerche di archivio per constatare quanto la faccenda possa essere fonte di discussione: risalirebbe infatti al 1887 la fondazione del Torino Football & Cricket Club, successivamente (1891) unito ai Nobili Torino (a loro volta fondati nel 1889) per dare vita all’Internazionale Torino. Internazionale Torino e fbc Torinese (nato nel 1894) si fusero infine il 3 dicembre 1906 nella società granata del Torino. Rimane tuttavia il fatto che, per quanto riguarda il Genoa, sia un documento ufficiale ad attestarne la nascita, mentre non si può dire altrettanto per le compagini torinesi. A ciò aggiungeremmo che il Genoa è tuttora esistente, mentre le società citate vennero in breve dissolte.

      6.

    Il primo campo del Genoa

    Le prime partite ufficiose del Genoa si svolgevano il sabato pomeriggio, secondo la tradizione inglese, nella piazza d’Armi di quella che allora era definita la Manchester d’Italia per via del suo prepotente sviluppo industriale. La piazza d’armi di Sampierdarena si trovava a nord della fonderia Wilson & MacLaren, di proprietà di due industriali scozzesi amici dei pionieri rossoblù Fawcus e Le Pelley. Oggi non c’è più traccia della fonderia ma il ricordo della piazza, che era in pratica un vasto spiazzo vuoto, cioè un campaccio senza valore, è rimasto nella toponomastica: il Campasso.

    Grazie a una planimetria del primo ’900 possiamo sapere che la fonderia si trovava a ovest di via Vittorio Emanuele, l’attuale via Walter Fillak, a nord di piazza Palmetta, e certamente il corpo principale dello stabilimento era dove oggi si erge il civico 42 di via Fillak.

    Difficile credere che la piazza d’armi avesse le porte: si giocava sui prati, magari segnando l’area di tiro con mucchi di vestiti od oggetti vari.

    A brevissima distanza dal terreno di gioco e dalla fabbrica c’era la sede operativa della squadra con funzioni di guardaroba e forse anche di spogliatoio, oltre che di luogo in cui rifocillarsi e festeggiare al termine del match: era la trattoria Gina, ubicata in via Vittorio Emanuele zona San Martino, probabilmente nel tratto a levante della strada, là dove oggi ci sono i binari del parco ferroviario del Campasso. Le ferrovie nel 1902 sfrattarono la Gina per allargare il parco binari e le trovarono una nuova sede in via Giordano Bruno, oggi via del Campasso. Ma ormai il Genoa si era trasferito altrove, nel nuovo stadio – ehm… – di Ponte Carrega, attrezzato addirittura con tribunetta in legno.

      7.

    I primi derby si giocano al Campasso

    Ironia della sorte o cose da Genoa? Il vecchio balordo muove i suoi primi… calci a Sampierdarena; anche se va detto subito che all’epoca non c’erano ancora Sampierdarenese, mentre la neonata Andrea Doria non aveva ancora imparato a sgambettare dietro un pallone.

    C’era però, almeno dal 1896, la Pro Liguria, squadra composta da calciatori provenienti in gran parte da Bolzaneto, che sfoggiava una maglia a strisce biancoverdi con pantaloncini neri. Pare che perdessero quasi sempre contro i futuri rossoblù. E c’erano soprattutto gli avversari normali cioè gli equipaggi delle navi inglesi che attraccavano in porto, ben lieti di trovare qualcuno con cui tirar due calci.

      8.

    Prove di football a Ponte Carrega?

    Disputate le prime partite sulla piazza d’Armi di Sampierdarena, il Genoa non sarebbe stata la sola squadra presente in città, e anzi altre avrebbero iniziato a cimentarsi con il football sulle sponde del Bisagno. Ecco quanto si evince da una cronaca della «Gazzetta dello Sport» del 30 aprile 1897: «Ieri, negli intermezzi delle gare pedestri che ebbero luogo a Ponte Carrega, i soci del Foot-Ball Club, giocarono diverse partite che, dirette dal giovane Bensa, presidente del Club stesso, divertirono molto il pubblico intervenuto, il quale dimostrò di interessarsi assai a questo sport nuovo per Genova. È davvero un peccato che la stagione calda cui andiamo incontro renda troppo faticoso questo giuoco».

    Il cronista, bene informato, aggiunge: «Mi consta pure che se non ufficialmente, esiste però di fatto un altro Foot-Ball-Club qui in Genova, composto in maggior parte di inglesi, i soci del quale si misurarono già diverse volte nella Piazza d’Armi in Sampierdarena con degli equipaggi di vapori inglesi. Mi pare che sarebbe cosa conveniente che questi due club si riunissero».

      9.

    E il Genoa spiana Ponte Carrega

    Spicca una fotografia storica, sulla rivista «Genoa Club» del 1921. Ritrae il contadino Fossati, detto Caifa ma chissà perché, mentre tratta con Pasteur e Spensley lo spianamento del campo di Ponte Carrega. L’operazione costerà al Genoa la bellezza di 225 lire ed è difficile dire se i risultati verranno considerati, almeno riguardo agli standard dell’epoca, apprezzabili. Certo è che in fatto di prati gli inglesi ne hanno sempre capito, dunque Caifa tanto male non dovrebbe avere operato.

      10.

    Il carbone nella calza della Befana

    6 gennaio 1898: è il giorno della Befana e al velodromo di Ponte Carrega, sulla rive droite del Bisagno, si disputa la prima partita ufficiale del calcio italiano. Un’amichevole fra il Genoa e una mista delle diverse squadre torinesi che praticavano il football dei pionieri. Si gioca davanti alla bellezza di 208 spettatori, che pagarono una lira il biglietto d’ingresso.

    Il Genoa schiera questa formazione: Spensley, De Galleani, Marshall; Read, Venturini, Pasteur; Leaver, McIntosh, Chalmers, Tweedy, Wilkie. Un suo dodicesimo giocatore (o socio, come si diceva allora), ovvero Ghigliotti, viene concesso in prestito agli avversari che si sono presentati in dieci. Avversari che non fanno certo sconti né ricambiano la cortesia. Pronti via e dopo 2 è Savage che fa onore al suo nome e va in gol. Il risultato non muterà. I genoani si consoleranno con il banchetto post partita: era già nato l’inglesissimo terzo tempo.

      11.

    La prima cronaca

    Ecco come la «Gazzetta dello Sport», con doveroso ritardo, riporta il 10 gennaio 1898 la cronaca della prima partita ufficiale del football italico: «La partita disputata a Ponte Carrega (è l’inaugurazione del campo) tra il team misto di Torino e quello del Genoa cac [Cricket and Athletic Club sic] merita un po’ di cronaca particolareggiata, perché crediamo di non fallire dicendo che fu la migliore che si abbia avuto dopo il risveglio della palla al calcio in Italia… I nomi degli ospiti sono già stati pubblicati. Bisogna però notare che Cavalchini fu rimpiazzato da Beltrami e l’ottimo Weber, che all’ultimo momento dovette ritirarsi, dal signor Ghigliotti del club di Genova, che cavallerescamente giocò con impegno per gli avversari della sua società. La squadra genovese era composta esclusivamente o quasi da inglesi. Tutti giovani robustissimi, anziani e pratici del gioco, ma forse meno abituati che i loro avversari a giocare insieme». Dato il calcio d’avvio, i forwards torinesi si impossessano della palla e con molta destrezza, senza trovare quasi resistenza, fanno subito un gol con Savage. Cambiato campo dopo il riposo, i genovesi si fanno sempre più incalzanti, e il pallone passa ben di rado nel loro terreno, ma a nulla serve, il risultato non muta. Al capitano Savage è dovuto in buona parte l’esito della partita. Tutti però si fanno onore: «Negli ultimi dieci minuti attività e prontezza furono grandissime. Si può dire che la palla non toccava più terra rimbalzando da una testa a un piede o a un petto per venti volte di seguito. Il risultato di questa seconda parte della sfida essendo stato nullo, la vittoria rimase ai torinesi per il punto fatto in principio».

      12.

    Ghigliotti non guardò in faccia nessuno

    La prima gara ufficiale del 6 gennaio 1898 vide dunque il genoano Ghigliotti indossare cavallerescamente la maglia degli avversari, presentatisi in dieci. Resta il fatto che il genoano Ghigliotti non fece regali ai suoi compagni. Al punto che, come riporta un quotidiano genovese: «Il nostro giocatore Pasteur Edoardo in un incontro con Ghigliotti […] cadeva malamente fratturandosi il naso contro un paletto della cinta di campo».

      13.

    Benedetto referee

    Sarà pur vero che il fair play tutto britannico deve aver caratterizzato le prime partite del football italiano. Ma regolamento o buon senso volle da subito che ci fosse un arbitro a dirigere le partite e a dirimere eventuali questioni. Per la prima assoluta venne scelta una giacchetta (o talare?) nera di attestato buon senso: R.L. Douglas era un pastore luterano, di stanza alla casa del marinaio inglese (il Sailors Rest, ancora oggi riconoscibile all’imbocco di via Bruno Buozzi, poco oltre la stazione ferroviaria di Genova Piazza Principe).

      14.

    La prima maglia non si scorda mai

    Mauro Ghigliotti, nipote del pioniere Fausto, conservava in un baule un maglioncino dai colori vivaci: «Questa casacca ha più di cent’anni: è di una squadra torinese del 1898», spiegava con orgoglio. «Come mai la regalarono a mio zio quando certo non usava lo scambio delle maglie a fine partita? Forse perché Fausto giocò con i piemontesi, presentatisi con un uomo in meno, la prima partita ufficiale nella storia del calcio italiano».

    Provando a ricostruire i fatti, si nota che le due foto ufficiali delle rispettive compagini le ritraggono entrambe in maglia bianca. Facile supporre che i piemontesi disponessero in alternativa (o per il riscaldamento) di una muta di quei maglioncini e li indossassero non solo perché faceva freddo, ma soprattutto per distinguersi dai rivali, non ancora rossoblù. Se non proprio la prova schiacciante, ma quanto meno un forte indizio arriva da due storiche fotografie a mezzo busto (ovviamente in bianco e nero) di altrettanti giocatori torinesi, Beaton e Weber, che indossano entrambi inequivocabilmente un maglioncino identico a quello custodito da Ghigliotti.

      15.

    Quando Pasteur disertò

    Come non bastasse il setto nasale fratturato in occasione della prima gara ufficiale del Genoa, il giorno successivo alla Befana 1898 il pioniere Edoardo Pasteur si trovò vittima di un errore giudiziario: di buon mattino, come sono solite fare le guardie anche nei telefilm, un agente in divisa si presentò alla porta del lussuoso appartamento di via Serra per condurlo (con la dovuta accortezza, si trattava di un signore) al commissariato, dove il commissario (baffuto come si rispetti) gli mise sotto il naso incerottato un ordine di arresto per renitenza alla leva. Pasteur balbettò fra l’intimorito e il divertito: «Ma signor commissario, sono cittadino svizzero…». L’incidente rischiava di assumere connotazioni anche diplomatiche, e la pratica venne in fretta e furia cestinata.

      16.

    Esordio in maglia bianca

    Si è detto e visto: il Genoa disputò il suo primo incontro e il suo primo campionato indossando eleganti camicie bianche. Divisa sociale che venne ben presto sostituita da un completo a righe biancocelesti con pantaloni neri. Tenuta che richiama i colori della nazionale argentina, mentre i calzettoni, stando almeno alla documentazione fotografica ufficiale, erano neri con bordi biancocelesti a rombi che richiamavano, piuttosto, la bandiera bavarese. Ma ancora non ci siamo: così il socio (allora erano tali anche i calciatori) Paolo Rossi viene incaricato di provvedere a una nuova proposta, che viene discussa in assemblea il 25 novembre 1901: granata e bleu a quarti? La discussione è animata e il socio Passadoro suggerisce di rimanere al biancoceleste. Bisogna andare ai voti e il rossoblù la spunta di misura: 5-4.

      17.

    C’era una volta il football…

    Sabato 15 gennaio 1898 va in scena a Ponte Carrega, ormai a tutti gli effetti il nuovo campo del Genoa, una partita amichevole contro l’equipaggio dello Yacht Clementine. Il Genoa vince 6-4 ma a prescindere dal risultato la cronaca della partita, o per meglio dire dell’evento, riportata dal «Caffaro» fornisce un’idea dell’atmosfera di curiosità che regnava intorno al nuovo sport: «Una brillantissima e interessante partita di foot-ball ebbe luogo sabato 15 corrente alle 14,30 nella pista [sic] a Ponte Carrega fra il Genoa Athletic Club e il Foot Ball Club dello Yacht Clementine ancorato nel nostro porto. La vittoria fu per Genoa Athletic Club con 6 punti su 4. Numerosissime signore e signorine presenziarono la partita resa tanto più brillante pel gentile loro intervento, e i componenti del Genoa A.C. Furono ben fortunati di poter offrire loro un five o’ clock tea».

      18.

    La rivincita all’ora del tea

    Sabato 22 gennaio 1898 (rigorosamente di sabato, siamo inglesi, perbacco) si gioca ancora a Ponte Carrega la rivincita dell’incontro fra Genoa e Yacht Clementine. Di nuovo gustosa la cronaca dell’incontro, che sembra evocare piuttosto il film Una domenica in campagna del francese Bernard Tavernier piuttosto che una partita di calcio: «La rivincita del Genoa Athletic club verso il Foot Ball Club dell’Yacht Clementine ebbe luogo, come abbiamo annunciato, ieri a Ponte Carrega, nella pista della Colombo, sezione velocipedisti, nuovamente gentilmente concessa. Il Genoa Athletic Club riuscì ancora vittorioso con tre punti contro 1 del Club avversario. Il gentile intervento di numerose distinte signore e signorine rese più che mai brillante la piccola festa che come di consueto terminò col five o’clock tea loro offerto dai soci del Genoa Athletic Club. I signori che desiderano far parte di questo Club [cosa resa vieppiù allettante dal five o’clock tea? n.d.a.] sono pregati di voler intervenire agli esperimenti che avranno luogo oggi, domenica 23, alle 14,30, nella pista di Ponte Carrega che ben presto si spera diverrà, come si sta trattando, il campo di giuoco del G.A.C, il ritrovo di tutti i giuochi di sport tanto favorevolmente accolti dalla balda e forte gioventù della nostra Genova».

      19.

    Vittoria a Torino

    6 marzo 1898: esattamente due mesi dopo la prima partita ufficiale disputata a Genova, i torinesi ricambiano l’ospitalità e invitano il Genoa a disputare una seconda amichevole ufficiale, questa volta sul terreno del velodromo Umberto i. È un football ancora genuino e la formazione dei bianchi, futuri rossoblù, risulta decisamente modificata rispetto a quella dell’esordio. Questa volta non gioca Spensley in porta, schierato mediano, mentre Ghigliotti indossa finalmente la propria casacca (pardòn: camicia!) con un (ipotetico!) numero 10. In porta gioca Baird; McIntosh e De Galleani i terzini; Pasteur, Spensley e Passadoro compongono la linea mediana mentre i forward risultano Bocciardo, Schaffauser, Dapples, Ghigliotti e Le Pelley. Questa volta è il Genoa a prevalere, grazie al gol di Schaffhauser a metà ripresa.

      20.

    La prima volta

    Tutto in un giorno: domenica 8 maggio 1898 va in scena, al velodromo Umberto i di Torino (città sede della prima federazione) il primo campionato italiano di calcio. Partecipano tre squadre di Torino e il Genoa. Al mattino l’Internazionale sconfigge nel derby l’fbc Torinese, mentre il Genoa ha ragione della Società Ginnastica. La finale si disputa nel pomeriggio, e ci vogliono i supplementari per assegnare il primo titolo: il Genoa passa nel primo tempo ma l’Internazionale pareggia nella ripresa. Nei supplementari sarà Leaver a dare ai rossoblù (pardòn, ai bianchi) il primo titolo. La squadra campione: Baird, Spensley, De Galleani; Ghigliotti, Pasteur i, Ghiglione; Le Pelley, Bertollo, Dapples, Bocciardo, Leaver. Da notare come il capitano Spensley giocasse ancora difensore e non (ruolo per lui abituale) fra i pali.

      21.

    La prima cronaca

    A prescindere dai tabellini nudi e crudi e dai relativi dati tecnici sono i giornali a fornire colorati e coloriti resoconti del campionato dei pionieri: il genovese «Corriere Mercantile» pubblica lunedì 9 maggio un articolo che merita per stile e contenuti di essere ripreso integralmente: «Ieri si disputarono al Velodromo di Torino il campionato nazionale di football le squadre genovesi e torinesi. La vittoria fu della squadra genovese. Vittoria tanto più bella perché brillantemente disputata alla forte squadra di Torino. Dopo l’esito della gara i concorrenti si unirono al ristorante, dove, dopo un allegro banchetto, tutto schiettezza e cordialità, l’ingegnere Vicari consegnò la coppa di campionato alla squadra vincitrice, bevendo ai capitani e ai giocatori che avevano dato prova di tanta abilità. Parlarono, in seguito, il signor Weber, capitano della squadra torinese bevendo agli amici genovesi. Per questi rispose il signor Pasteur, segretario dalla società di Genova. L’incasso della finale fu di 197 lire e 50 centesimi. Oltre alla percentuale sull’incasso alla squadra vincitrice vengono consegnate undici medaglie d’oro per i giocatori e una coppa d’argento per la società».

      22.

    E la «Gazzetta» buca la notizia

    Forse a indicare l’importanza ancora trascurabile del football sta il fatto che la rosea «Gazzetta dello Sport» riporta solo cinque giorni più tardi (13 maggio 1898) la notizia dello scudetto genoano. A differenza del «Mercantile» la cronaca è assai più sobria, ma ci dà conferma ufficiale (sempre che il cronista abbia fatto bene il suo lavoro) dell’autore del gol decisivo nonché sulla durata (approssimativa o reale?) dei tempi regolari e dei supplementari: «Dopo le gare eliminatorie che ebbero luogo in mattinata, rimasero a contendersi il campionato il Club Genovese e l’Internazionale. Viva e accanita fu la lotta d’ambo le parti. Dopo due ore di gioco le due società si trovavano ad avere un punto pari così che si dovette prolungare la partita per altri venti minuti. I genovesi, quantunque si trovassero con un bravo giocatore fuori combattimento in causa d’una caduta, riuscirono a vincere con un altro punto conquistando la coppa di campionato italiano. L’onore dell’ultimo punto spetta al socio Leaver».

      23.

    8 maggio nefasto

    Non è solo il giorno del primo scudetto rossoblù. Quell’8 maggio 1898 è ricordato (o quanto meno dovrebbe) nei libri di storia per l’insurrezione popolare degli italiani ridotti alla fame. Sono ben venticinque le province in stato di assedio. La gente scende in piazza per il pane e a Milano si consuma la tragedia: il generale Bava Beccaris ordina ai soldati di fare fuoco sulla folla composta anche da donne, vecchi e bambini. Diversi i morti, numerosi i feriti gravi. Ma la rivolta non si placò e il giorno successivo l’esercito continuò anche a colpi di cannone la repressione. Alla fine si conteranno (sono diverse le fonti, impossibile stabilire il numero esatto) un centinaio di morti e numerosissimi feriti.

      24.

    William Baird, il portiere desaparecido

    Non fu Spensley a difendere la porta genoana quell’8 maggio 1898 per il primo campionato conquistato dal Genoa. Fra i pali venne schierato William Baird, che altre fonti riportano con il nome di James e del quale si sa poco o nulla. Secondo alcune fonti, il portiere sarebbe stato di origini scozzesi: forse un amico o un collaboratore di Wilson e McLaren, i due imprenditori che concessero al Genoa il primo spazio per giocare al calcio? Non si sa. Né altro si sa di lui. Secondo altre fonti, il portiere avrebbe disputato quel campionato essendo stato giusto di passaggio in Italia in quanto avrebbe militato in patria (come centrocampista!) nel Dundee United e nel St. Bernard’s. A ogni buon conto il Genoa lo ha inserito nella lista della Hall of Fame per acquisiti (indubbi) meriti sportivi. Sulla fiducia, tuttavia.

      25.

    La singolare vicenda di George Blake

    Nato a Portsmouth nel 1862, Blake faceva parte dei soci fondatori del Genoa nonché della rosa ufficiale che conquistò i primi tre titoli nazionali. Sono le uniche tracce della sua presenza nel Genoa, ché le formazioni ufficiali delle prime partite non ne riportano traccia. Vero è, per contro, che in quello stesso 1900 Blake si trasferì a Marsala, dando vita all’Anglo Panormitan Athletic and Football Club, che successivamente prese il nome di Palermo Football and Cricket Club per diventare infine l’attuale Palermo. Ben diverso fu il suo ruolo in questo secondo sodalizio da lui creato: qui egli risulta non solo calciatore e capitano, ma in seguito anche allenatore e segretario. Particolare non da poco: la sua nuova squadra debuttò il 30 dicembre 1900 con una maglia rossoblù, identica cioè a quella che il Genoa avrebbe adottato quasi un anno più tardi, dopo l’assemblea del 25 novembre 1901.

      26.

    Genoano per un giorno

    Nella formazione del Genoa che fu sconfitta il 6 gennaio 1898 a Ponte Carrega figura il centrocampista Venturini. Una presenza del tutto sporadica, ché il calciatore faceva parte, piuttosto, di quella Pro Liguria dalla maglia biancoverde a strisce verticali che disputò contro il protogenoa sulla piazza d’Armi di Sampierdarena le prime partite ufficiose del calcio genovese. Tornato alla Pro Liguria, Venturini passò quindi all’Andrea Doria. E mal gliene incolse, perché nel 1902 si ritrovò a perdere il primo derby ufficiale contro i rossoblù del Genoa.

      27.

    E Passadoro si perde lo scudetto

    Howard Passadoro, classe 1871, avrebbe fatto parte del Genoa campione d’Italia 1898. La sua vicenda è curiosa e assolutamente inimmaginabile nel calcio di oggi. Salì con la squadra a Torino, ma scelse di non partecipare al campionato. Come mai? Lo stesso giorno, sempre a Torino, decise di gareggiare in veste di canottiere dello Rowing Club Genova insieme al fratello Fortunato in una gara di canottaggio con l’imbarcazione Zig-zag. Passadoro si rifarà negli anni successivi, vincendo i titoli 1899, 1900, 1902 e 1903.

      28.

    Controspionaggio in rossoblù

    Nell’epoca del calcio pre-professionistico non è raro imbattersi in calciatori dalle vicende professionali e umane decisamente variegate. È il caso, per esempio, di Silvio Bertollo, che entrò a far parte della sezione calcio del Genoa fin dal 1896, ovvero allorché la stessa fu fondata da Spensley, e con il Genoa conquistò il primo titolo italiano nel 1898. Bertollo era di padre italiano e madre francese ed entrò probabilmente in contatto con i primi footballers in quanto, mandato a studiare in Inghilterra, divenne rappresentante per l’Italia di un proprietario di miniere di carbone. Non si può definire assidua la sua partecipazione sportiva; con il Genoa disputò poche partite, ed ebbe in tal senso la ventura di schierarsi proprio in occasione di quel primo campionato italiano del 1898. Nato nel 1878, fu capitano di artiglieria durante la prima guerra mondiale, ma la conoscenza di tre lingue (italiano, francese e inglese) fece sì che venisse passato al controspionaggio. Crollata Wall Street nel 1929, con ovvie ripercussioni sull’economia italiana, Bertollo lasciò Genova per trasferirsi dapprima in Somalia, dove fondò una fabbrica, e successivamente (1954) nell’Argentina di Peròn. Morì a Buenos Aires, l’8 dicembre 1966.

      29.

    La singolare carriera di Ettore Ghiglione

    Fra i pionieri del Genoa campione d’Italia 1898 figura il centrocampista Ettore Ghiglione. La sua partecipazione come socio all’attività sportiva non è casuale ed è ancorché indirettamente legata all’Inghilterra: sua madre era inglese mentre il padre, commerciante di oli, viaggiava spesso per affari tra Germania e Inghilterra, accompagnato dal figlio che a sua volta entrò nell’azienda di famiglia. Quelle del campionato 1898 risultano essere, almeno ufficialmente, le due sole presenze nel Genoa di Ghiglione, che tuttavia si ritrovò ancora in campo per la finale 1901 disputata a Ponte Carrega contro il Milan. In quell’occasione però, Ghiglione vestiva i panni dell’arbitro e fu certamente, secondo l’inglesissimo fair play, di un’imparzialità cristallina: il Milan si impose 3-0 e per la prima volta nella sua storia il Genoa rimase a bocca asciutta. Poi il salto: nel 1902 ritroviamo Ghiglione indossare la maglia dell’Andrea Doria, mentre nel febbraio del 1907 risulta passato ai granata del Torino, società fondata appena due mesi prima, che quel giorno strapazza nel derby i rivali della Juventus rifilando ai bianconeri un inequivocabile 4-1. Ghiglione non risulta però fra i goleador, anzi… quel giorno fu schierato portiere, per poi riprendere il suo ruolo di centrocampista e continuare a vestire la maglia granata fino al 1912. Nato a Genova nel 1875, Ghiglione morì sempre nel capoluogo ligure a soli 49 anni.

      30.

    Biancoazzurro portaiella

    In epoche recenti le antiche casacche biancoblu indossate dal Genoa nel 1899 e 1900 sono state ripristinate come terze maglie, in particolare il biancoceleste indossato (in versione biancoblu) in un’occasione nel campionato 2008-09 e in un’altra occasione (diventato biancoazzurro) nel successivo torneo. I tifosi genoani (da bravi genovesi poco amanti delle novità) storsero il naso e le due sconfitte rimediate con le maglie a righe indussero la società a riporle una volta per tutte nel guardaroba.

      31.

    L’argento vivo di Dapples

    Del tutto ignara delle gesta sportive del proprio avo è Elisa Dapples, signora amabile e affabile. Sorride incredula al pensiero che lo zio abbia vinto ben cinque campionati italiani di calcio prima di mettere in palio – da giovanissimo vicepresidente del Genoa –un leggendario trofeo che porta inciso nell’argento il nome di famiglia. «Non riesco proprio a vederlo su un campo di calcio. Povero zio Henri: morì di tubercolosi che non aveva 50 anni. Più che come calciatore, lo ricordo come cacciatore: aveva la casa piena di armi e di trofei. Ma non mi parlò mai del football».

    Elisa Dapples è pittrice e fotografa. Abita vicino a Firenze, non lontano da Borgo San Lorenzo, nel Mugello, dove Henri Dapples si ritirò ancora giovane, nella splendida tenuta donatagli da uno zio. Dapples non si allontanò più dalle colline toscane: il suo corpo riposa nella tomba di famiglia del piccolo cimitero del paese. Quella fuga ante litteram dalla città non fu però casuale: «La campagna è nel nostro sangue», commenta Elisa. «Noi Dapples non siamo inglesi ma svizzeri: nativi di Apples, un paesino non lontano dal lago di Ginevra, da cui trae origine il nome di famiglia: d’Apples, quindi Dapples. Le nostre terre natìe sono scoscese, colme di terrazzamenti coltivati a vigneti: è una zona che un po’ ricorda Toscana». Anche il padre di Elisa si trasferì al Mugello insieme a zio Henri. Entrambi erano nati e vissuti a Genova. Come mai? «Sembra strano a dirsi ma mio nonno, un banchiere, fu costretto a emigrare. Ci fu un momento in cui le cose, finanziariamente, non andavano per il meglio in Svizzera. Così gli toccò fondare una nuova banca. A Genova».

      32.

    De Galleani, difensore all’inglese

    Nell’ufficio di Filippo De Galleani è appeso il poster della formazione del Genoa del 1898: suo nonno Edoardo è inquadrato seduto accanto a Spensley, e la posa avvilisce il suo 1,90 di altezza. Una statura quasi irreale, all’epoca, che lo faceva difensore di tutto rispetto e anche buon tennista. «Mio nonno conquistò tre volte il titolo con il Genoa», precisa Filippo De Galleani. «Avevamo le medaglie, ma sono andate perse». De Galleani non ha mai conosciuto il nonno: «So però da mio padre che, una volta smesso di giocare continuò a seguire il Genoa con intatta passione. Non si perdeva una trasferta, che all’epoca era roba da ricchi: addirittura si ritrovò nel gruppo dei tifosi bersagliati, nel 1925, dalle revolverate degli ultrà bolognesi alla stazione di Torino, in occasione dei famosi spareggi. Non si diede mai pace per quello scudetto rubato: assistette in diretta anche al primo di quegli spareggi, e vide con i propri occhi quel pallone deviato in corner da De Prà che i tifosi petroniani entrati in campo deposero in fondo alla rete». C’è un secondo poster nell’ufficio di De Galleani: il titolo The greatest team incornicia il Manchester United vincitore della Champions League sul Bayern di Monaco nel 1999: «Tifo i reds da quarant’anni: mia nonna era inglese, a casa nostra si parlavano due lingue. Così ho tre squadre del cuore: il Genoa, il Manchester e l’avversario di turno dei cugini».

      33.

    Bocciardo, il pioniere con vista stadio

    Anna Bocciardo Gavarone, figlia di Giovanni, fornisce forse la prima e unica testimonianza diretta della seconda disciplina praticata, almeno ai primordi, dai soci del Genoa: «Mio padre era un grande sportivo: nel Genoa non giocava solo a calcio ma pure a cricket. Possiedo ancora la sua mazza». Fino a non pochi anni or sono c’era pure la maglia bianca di Giovanni, quella del primo titolo conquistato nel 1898. Ma è andata inspiegabilmente perduta. «Parlare di maglia però non è esatto» interviene il nipote Ettore Bocciardo. «Si trattava di un capo esclusivo, confezionato da una premiata camiceria di via Roma. Mi sembra che il proprietario fosse un ebreo svizzero e si chiamasse Moesli. Per eleganza sarebbe paragonabile al Finollo di via Roma».

    Ettore Bocciardo cita poi le eccellenti qualità di vogatore di zio Giovanni: «Pare fosse solito, insieme a mio nonno che fu direttore nel 1892 del neonato Rowing Club genovese, remare dalla casa di Paraggi fino allo Yacht Club di Genova».

    Per vent’anni Ettore Bocciardo è stato attivo nell’azienda di famiglia: la conceria fondata da Sebastiano e portata avanti proprio da Giovanni, il campione del Genoa: «Ho tanti ricordi interessanti, primo fra tutti la festa, nel 1961, in occasione del centenario. In seguito certe attività presero campo nel terzo mondo, grazie al costo irrisorio della mano d’opera. Così toccò chiudere: non dimenticherò mai l’implosione che mandò in polvere la conceria: fu un colpo al cuore».

      34.

    Toccata e fuga di Le Pelley

    «È davvero fortunato a trovarmi qui. In Italia non trascorro che pochi giorni all’anno». La voce da Impruneta, all’altro capo del telefono, è quella di John Peter Le Pelley, nipote di John Quertier Le Pelley. Suo nonno? «Arrivò a Genova via Londra da Guernsey, piccola isola nella Manica: vinto il titolo del 1898, si sposò e abbandonò il calcio. Ma restò a Genova, prima come dirigente di un’azienda inglese che operava nel porto, quindi come socio di armatori navali. Ritornò a Guernsey nel 1940, dove morì otto anni più tardi».

      35.

    Il presidente non giocatore

    Hermann Bauer nacque a Genova nel 1876 ma era, come lascia intuire il nome, di origine svizzera e operava anch’egli, come buona parte dei pionieri rossoblù, nel settore del carbone. Quando Spensley fondò, nel 1896, la sezione calcio, Bauer, al’epoca ventenne, fu tra i primi a iscriversi, ma non disputò mai gare ufficiali; possibile invece la sua presenza in campo nel Genoa dei primordi, quello che tirò i suoi primi calci sulla piazza d’Armi di Sampierdarena. Ricoprì tuttavia un ruolo fondamentale nel Genoa, venendo eletto presidente il 10 aprile 1897. Data storica, per il Genoa che, proprio grazie all’iniziativa di Bauer e di Spensley, aprì le iscrizioni anche ai soci italiani. Il 2 gennaio 1899 lasciò la presidenza a George Fawcus, rimanendo tuttavia in società. Per brevissimo tempo, tuttavia: nel 1901, a soli 25 anni, Bauer morì colpito da una malattia letale.

      36.

    Agar: britannica discrezione

    Joseph William Agar: chi era costui? Eppure questo signore ha conquistato ben cinque titoli con la maglia del Genoa, quelli compresi fra il 1899 e il 1904, perdendo quello del 1901 contro il Milan di Kilpin. La sua scarsa fama è dovuta forse al fatto che non facesse parte del Genoa dei pionieri, né abbia ricoperto, in campo, un ruolo di rilievo (goleador o portiere). Detta con i termini di oggi, Agar era piuttosto un trequartista, all’epoca evidentemente un ruolo oscuro anzichenò. Rimane il fatto che Agar, classe 1877, divenne capitano del Genoa dopo le dimissioni di Spensley e che fin dal suo primo momento, ovvero dal 1899, partecipava alla scelta (fondamentale: di sostituzioni neppure a parlarne allora!) della squadra da mandare in campo. Rischiò di andarsene per un litigio con Pasteur, ma i due poi si riappacificarono. Così Agar partecipò ancora al campionato 1905 (il primo vinto dalla Juventus). Continuò invece, addirittura come capitano, a giocare a cricket fino all’anno successivo. Agar è morto a Genova il 5 febbraio 1933.

      37.

    Spensley porta il football a Genova

    Sir James Richardson Spensley fu un medico, calciatore e allenatore di calcio inglese nato nel 1867, e fu uno dei principali promotori del gioco del calcio (del foot ball, come dice la targa affissa in Campetto, nel portone del palazzo con il numero 9 dove era ospite presso l’hotel Union) e dei primi gruppi scout in Italia. Spensley conobbe Genova nel 1896 sbarcando da una nave inglese su cui era medico di bordo; all’epoca in città era presente una folta colonia britannica, a causa dell’aumentata importanza del porto genovese dopo l’apertura del canale di Suez. Era un grande appassionato di calcio, e legò subito coi suoi compatrioti che, come tutti gli inglesi lontani dalla loro isola, continuavano a esercitare i loro sport preferiti, come il cricket e il calcio. I genovesi, come tutti gli italiani, non erano ancora adusi agli sport di squadra ma molti di loro impararono a praticarli. Allora il Genoa giocava le sue partite contro squadre improvvisate di marinai inglesi o di ginnasti dell’Andrea Doria; appena arrivato, Spensley si fece apprezzare per la sua capacità organizzativa e fu nominato capitano della squadra di calcio. Grazie a lui si tenne la prima sfida di football tra squadre di città italiane diverse: si giocò il 6 gennaio 1898 tra il Genoa e una squadra mista di giocatori dell’Internazionale Torino e della Torinese, e finì con la sconfitta del Genoa. Questo match fu il primo passo verso l’unione di tutte le squadre di calcio italiane in un’unica entità, che sarà poi la figc.

      38.

    Spensley a Campetto

    Nell’atrio del palazzo di Campetto (per favore: non dite piazza Campetto come i foresti!) contrassegnato con il numero civico 9 troneggia una grande targa marmorea dove si legge: «Qui visse / il medico inglese / James R. Spensley / sportivo / grande amico dell’Italia / pioniere del giuoco del calcio / nel Genoa Cricket and Foot Ball Club / iniziatore dello scoutismo genovese. / Il Comune di Genova e il Genoa 1893». Sono cose di più d’un secolo fa, ma nessun genovese (e non solo i genoani e gli scout) dovrebbe dimenticarsene.

      39.

    Un jolly capitano

    Nella partita di finale valevole per l’assegnazione del primo scudetto, vinta dal Genoa, Spensley giocò nel doppio ruolo di difensore e di portiere poiché dopo l’infortunio del portiere titolare Baird andò a prendere il suo posto tra i pali. L’anno dopo propose il cambiamento del nome sociale da Genoa Cricket & Athletic Club in Genoa Cricket and Football Club. Continuò a giocare nel Genoa sino al 1906, e pazienza se le cronache dell’epoca dicono che non era molto dotato tecnicamente; coi rossoblù vinse i campionati del 1898, 1899, 1900, 1902, 1903, 1904.

      40.

    Nasce il Cricket and Football Club

    9 gennaio 1899: il Genoa è campione d’Italia in carica e all’hotel Union di piazza Campetto (dimora di James Richardson Spensley) l’assemblea dei soci è straordinaria: non conta tanto la decisione di cambiare la maglia, che da bianca diventa biancoceleste a strisce, quanto piuttosto la successiva di cambiare denominazione: la parola Athletic viene sostituita da Football e il Genoa assume definitivamente la sua attuale denominazione: Genoa Cricket and Football Club. Intanto il nuovo campionato prendeva forma, avvalendosi di una new entry che ne mutava ed evolveva il panorama geografico: era nato il Milan. In attesa della primavera e del nuovo torneo, il Genoa pensò di tenersi in forma affrontando, come allora era uso, compagini rappresentate dagli equipaggi di alcune navi inglesi o straniere ormeggiate in porto. I risultati furono devastanti, a dimostrare quanto il football in Italia fosse ancora acerbo. Alla sconfitta contro gli ufficiali della corazzata britannica Revenge fece seguito un clamoroso 0-8 contro gli omologhi del panfilo Clementina di re Leopoldo del Belgio. Squadroni per fortuna esclusi dal campionato italiano: il Genoa conquisterà il suo secondo titolo a Ponte Carrega, imponendosi sull’Internazionale di Torino (che a sua volta aveva sconfitto il Milan in semifinale) per 3-1 grazie ai gol di Spensley, Dapples e Leaver.

      41.

    La profezia di Kilpin

    16 aprile 1899: il Genoa è campione d’Italia per la seconda volta e come si usava allora, il terzo tempo è un allegro banchetto fra i protagonisti. Fra gli sconfitti c’è Herbert Kilpin, figlio di un macellaio di Nottingham, che mastica amaro per il risultato avverso. Kilpin gioca ancora per l’Internazionale di Torino ma da un anno ormai si è trasferito per lavoro a Milano. Chiede la parola e alzatosi in piedi dichiara ai genoani: «È l’ultima volta che vincete! Fonderò una squadra a Milano che vi batterà». Toccando forse ferro, i genoani brindano alle fortune del futuro club milanese. La profezia si avvererà a metà: nel dicembre di quello stesso anno Kilpin fonda il Milan, che tuttavia uscirà, nel successivo torneo del 1900, in semifinale contro la Torinese. Nel 1901 però, ecco la finale di Ponte Carrega fra Genoa e Milan. La data, fatale, è quella del 5 maggio e il Milan straccia il Genoa: 3-0 il risultato finale, con gol di Kilpin e doppietta di Negretti. La rivincita rossoblù non si farà attendere e arriverà l’anno successivo.

      42.

    Non c’è due senza tre

    1900: il Genoa bicampeon si appresta a giocarsi il suo terzo campionato. Ma un repentino cambio di programma potrebbe costare il titolo ai… biancocelesti. Il regolamento prevede che la squadra campione in carica disputi in casa la finalissima, da aggiudicarsi in una partita secca. Senonché l’Internazionale di Torino (città in cui ha sede la federazione) fa le bizze e pretende di invertire i campi. La richiesta viene accolta e il Genoa si trova a dover giocare in campo avverso. Tanta rabbia, indignazione per l’evidente favoritismo, ma alla fine non c’è nulla da fare. L’escamotage tuttavia non porta ai torinesi il risultato sperato: il Genoa si imporrà ancora per 3-1 e il terzo titolo gli varrà l’assegnazione a titolo definitivo della coppa d’argento messa in palio per i primi tricampeones.

      43.

    Pionieri in Nazionale

    30 aprile 1899: non è la data d’esordio della nazionale italiana, ma qualcosa di lontanamente paragonabile forse sì. Al motovelodromo di Torino arriva una sorta di nazionale svizzera (terra in cui il football aveva preso decisamente campo) e il calcio italiano può opporre il meglio di cui dispone al momento: una mista composta dai migliori elementi delle due squadre finaliste (Genoa e Internazionale Torino) con aggiunta del centravanti milanista Kilpin. Cinque i genoani presenti: De Galleani, Spensley, Pasteur i, Leaver, Agar. Gli svizzeri vinceranno la gara ma il Genoa avrà la soddisfazione morale che la Selezione Federale indosserà per l’occasione la casacca biancoceleste in onore dei nuovi campioni d’Italia.

      44.

    Campione d’Italia a 42 anni?

    Roba che neppure Dino Zoff né Paolo Maldini. Il record appartiene a George Fawcus, che il 22 aprile 1900 conquista con la maglia allora biancoazzurra del Genoa il suo primo titolo. Fawcus avrebbe compiuto 42 anni il 28 luglio. Pioniere del Genoa, Fawcus ha rivestito nel sodalizio rossoblù diversi ruoli: il verbale ufficiale del 7 settembre 1893 lo annovera fra i soci fondatori del Genoa Cricket and Athletic Club. Fin dalla prima ora praticò proprio il gioco del cricket, della cui squadra fu capitano. Il 2 gennaio 1899 viene eletto presidente del Genoa, per cui si ritroverà, caso forse unico nella storia del calcio, a rivestire un duplice ruolo di presidente e calciatore. Conquistata definitivamente da parte del Genoa nel 1900 la Challenge Cup, destinata alla squadra che avesse vinto tre volte il campionato, la nuova coppa viene ideata proprio da Fawcus, nel 1901. E sarà ancora il Genoa ad aggiudicarsela, vincendo i titoli nel 1902, 1903 e 1904. In quello stesso anno il mandato di presidente passò a un altro, grandissimo, pioniere e anima del Genoa: Edoardo Pasteur. Fawcus, che a Genova curava i propri interessi nel campo del commercio e del carbone, si trasferì successivamente in Svizzera per curarsi. In Svizzera, più precisamente a Blonay, morì nel 1925.

      45.

    Una Copa del Rey in versione nostrana

    Definirla Coppa Italia solo per via dell’assonanza con il trofeo spagnolo è cosa certo azzardata. Resta il fatto che nel 1901 e nel 1902 il Genoa si trovò a contendere alle grandi (e uniche) del calcio italiano un trofeo Medaglia del re che prevedeva (allora accadeva spesso) l’assegnazione definitiva alla compagine che se la sarebbe aggiudicata per tre volte. Nel 1901 il Genoa, dopo il pareggio a Milano, rinunciò alla seconda sfida contro i rossoneri, che bissarono così il successo dell’anno precedente. Nel 1902 i rossobleu si imposero 2-1 sull’Andrea Doria prima di tracollare (1-4) ancora a Milano, contro i rossoneri che evidentemente erano i soli a tenere così tanto al trofeo. Una settimana dopo ne fecero addirittura sette alla Torinese e si portarono a casa per sempre la loro medaglia.

      46.

    Una cronaca firmata… Aiax

    1902: dalla penna di tale cronista della già nata «Gazzetta dello Sport» vale la pena trascrivere pari pari il resoconto della finalissima contro il Milan che valse ai rossoblù il quarto titolo: «Alle 15.30 precise vien dato il segnale di attacco. I milanesi si impossessano subito della palla e con una bella passe arrivano sotto il gol genovese che minacciano seriamente. Il momento è difficile assai, la squadra genovese però dimostra subito buon affiatamento. Dopo attivo contrasto su una bella passe dei forwards, Salvadé marca il primo gol per il Genoa. Nella ripresa i milanesi giocano con molto entrain e attaccano continuamente, si applaudono diversi bei rush di Wade, ma la difesa genovese ribatte splendidamente, bravissimi i tre half-backs che non lasciano un momento i forwards milanesi. Quasi alla fine della seconda ripresa Pasteur ii marca un altro gol per Genova. Il pubblico numerosissimo genovese, applaude vigorosamente».

      47.

    Il primo regista

    Si chiama Karl Senft, è cittadino svizzero e diventa socio attivo del Genoa nel 1902. Viene schierato al centro della mediana, in quel ruolo che all’epoca corrispondeva a quello del regista. Senft diventa uno dei punti di forza della squadra che conquista la seconda tripletta di scudetti negli anni compresi fra il 1902 e il 1904. Si rivela anche un buon goleador, segnando la sua prima doppietta contro la Mediolanum il 16 marzo 1902. Si ripete più o meno un anno dopo: due reti delle sue vanno a suggellare il 3-0 con il quale il Genoa passa in amichevole a Nizza il 26 aprile 1903, in quella che risulterà la prima trasferta all’estero di una squadra italiana. Senft disputerà ancora il torneo 1905, vinto per la prima volta nella sua storia dalla Juventus.

      48.

    Il primo derby…

    …di campionato è datato 1902 e il Genoa lo vince 3-1 sui rivali dell’Andrea Doria. Si gioca a Ponte Carrega, dunque in casa rossoblù, ma sono i doriani a passare sorprendentemente in vantaggio con Franz Calì, siciliano che si è fatto le ossa in una Svizzera in cui il calcio ha da tempo preso campo. Ma il Genoa è il Genoa e la rimonta è questione di tempo.

      49.

    Nasce la squadra ragazzi

    Siamo appena nel 1902, il campionato di calcio è nato soli quattro anni prima ma il Genoa ha già una squadra ragazzi. Il merito, manco a dirlo, è di Spensley, pioniere non solo del calcio ma anche dello scoutismo in Italia. Al punto che ancora oggi una postazione frequentata dagli scout sul colle di Creto, sulle alture di Genova, è nota come Casetta Spensley. Stando tuttavia a un’assemblea societaria, non di Spensley sarebbe stato lo spunto per fondare una sezione ragazzi: «Il signor Salvadé propone si costituisca una sezione per ragazzi che non abbiano ancora oltrepassato l’età di sedici anni. Questa proposta suscita infinite discussioni e le idee sono molto varie. Visto che difficilmente si potrà venire a una conclusione, l’assemblea incarica la Direzione di studiare la questione e decidere ciò che crederà più opportuno per la Società».

      50.

    La riconquista di Nizza

    1903: il Genoa risulta la prima squadra italiana impegnata in una trasferta all’estero. A Nizza, nella città già ligure che diede i natali a Garibaldi, i rossoblù passano 3-0. Una curiosità poco lusinghiera: i transalpini ricambieranno il favore ben 106 anni dopo, in una partita giocata a Cuneo che di precampionato e di amichevole ebbe assai poco: è il Nizza in quest’altra occasione a vincere 3-0 ma le due tifoserie locali si scontreranno pesantemente (con i tifosi granata inferociti dalla retrocessione in serie B provocata a detta loro dal Genoa) a dare man forte ai tifosi francesi. Una storia sbagliata.

      51.

    I ragazzi campioni

    Risale al 1903 la prima vittoria ufficiale dei ragazzi del Genoa, che si impongono nel campionato studentesco genovese. Nel girone dei Giovinetti il Genoa arriva primo davanti al liceo Andrea Doria e all’istituto Genova. Poi, il 7 giugno 1903, è la sezione Allievi a trionfare, battendo il collegio convitto Genova per 3-0 con questi effettivi: Crosa, Cevasco, Vigliacca, Ferraris, Castruccio, Cartier, Pellerani, Martins, Salvadé, Pollack, Storace.

      52.

    Questa sì che è Bella

    Il 27 marzo 1904 va in scena a Ponte Carrega la finale di campionato fra Genoa e Juventus, in teoria la rivincita della finale 1903. I bianconeri schierano in difesa il difensore Bella, che viene fatto oggetto di insulti da parte di un pubblico che ormai, fatte le debite proporzioni, si fa sempre più folto al velodromo. Il motivo? Bella non è nuovo da queste parti per aver militato dapprima (orrore) nell’Andrea Doria, quindi nel Genoa. La sua presenza in rossoblù è assai recente e risale alla vittoria del Genoa per 5-3 in terra francese a spese del Nizza. Cose inaudite allora, consuete oggi. E chissà se Bella, in caso di gol, avrebbe esultato.

      53.

    Tutto esaurito per il titolo numero sei

    Il football (o palla al calcio come si diceva allora) è nato ufficialmente in Italia da soli sei anni, eppure sta già allegramente spopolando. Tanto che per la finale 1904 il Genoa stesso (mica il comune) fa predisporre un servizio aggiuntivo di tram in modo che tutti i supporters possano giungere puntuali all’appuntamento. Qualcosina invero deve pure andare storto, tanto che il fischio di inizio avviene alle 15:05, con presumibile ancorché lieve ritardo.

    L’avversario è cresciuto e dà il giusto filo da torcere al Genoa. Che tuttavia passa a inizio ripresa in modo rocambolesco: il difensore Bugnion calcia alla viva il parroco dalla propria metà campo ma il pallone, sospinto dalla forte tramontana, beffa il portiere Durante. Il quale deve averci messo del suo, se è vero, come si legge, che prova a respingere con un pugno la sfera dalla traiettoria assai beffarda. Ci scappa il gol ed è vittoria.

    Il Genoa è campione d’Italia per la sesta volta e si aggiudica così una volta per tutte la Coppa Fawcus, messa in palio dal presidente rossoblù nel 1901 e destinata, more solito, alla squadra che per tre volte si fosse aggiudicata il campionato.

      54.

    Calciatori in giacchetta nera

    Ebbene sì, accadeva anche questo, nel calcio dei pionieri, permeato da un garbo e da un’eleganza di autentici gentlemen: nel football amatoriale scarseggiavano le giacchette nere ufficiali, per cui a dirigere le partite venivano spesso chiamati (o invitati) i giocatori più prestigiosi delle grandi squadre. Fra i genoani i prediletti a ricoprire il ruolo erano ovviamente Spensley e Dadin Pasteur, oltre a Enrico Pasteur, suo fratello minore. Campioni in campo e fuori, questi estemporanei referee non destavano l’ombra di un sospetto. Tanto che a Spensley toccò arbitrare la finale 1904 di seconda divisione fra Genoa e Juventus. In pratica si trattava della squadra riserve del Genoa, compagine allenata da chi? Risposta esatta: da Spensley! Per la cronaca il Genoa si impose 4-0 e la gara fu disputata sul terreno amico di Ponte Carrega.

      55.

    Lo scudetto in seconda

    Negli anni compresi fra il 1904 e il 1909 si disputò il campionato italiano di seconda categoria. Non si trattava, come il termine potrebbe far supporre, dell’equivalente di un campionato di serie B, quanto piuttosto di un campionato riserve. Il motivo? All’epoca (e per lunghissimo tempo ancora) non esistevano le sostituzioni per cui i rincalzi rischiavano di non giocare mai, anche perché i tornei erano molto brevi. Erroneamente questo torneo viene considerato una sorta di campionato giovanile: in realtà non erano previsti limiti di età, anche se è vero che le riserve

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