Giallo di mezzanotte
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Le indagini dell'ispettore Santoni
Dall'autore finalista al Premio Strega
Diana Caselli, notissima star TV, conduttrice di un programma quotidiano sulla cucina, ha accettato di essere l’ospite d’onore della “Caccia al Daü”. È la rievocazione di un rito arcaico ed è la festa più importante dell’estate a Valdiluce: centinaia di persone si radunano infatti ogni anno nel bosco di abeti della Verginetta per catturare il leggendario animale, muniti di un sacco e di un campanaccio. Nell’oscurità della notte di luna nera, accresciuta dalle fitte fronde degli abeti, a mezzanotte in punto si riuniscono in realtà molte coppie in cerca di nuove fantasie, nascono nuovi amori e, dietro il pretesto di imprigionare un animale immaginario, fino al mattino si consumano piaceri sfrenati. Ma questa volta l’alba è tragica: la scomparsa di Diana Caselli e del maestro di sci Franz Suitter, noto latin lover, apre il sipario su un terribile mistero. L’ispettore Marzio Santoni detto Lupo Bianco, con il suo fedele assistente Kristal Beretta, dovrà indagare su due crimini orribili, commessi da uno spietato assassino. Sarà un’inchiesta complicata soprattutto perché costringerà Santoni, suo malgrado, a finire sotto la luce violenta dei riflettori. Per scoprire quanto c’è di torbido nel fantastico mondo della televisione…
Un autore bestseller in cima alle classifiche
Torna l’ispettore più amato dagli italiani
«Bellissimo e coinvolgente sino all’ultima riga. Scritto splendidamente e con una trama eccellente che non dà scampo al lettore. Da non perdere!»
«Le storie dell’ispettore Santoni sono avvincenti, ben delineate, precise… non vedo l’ora di leggere la prossima!»
«Sono stata catapultata nell’indagine… La descrizione dell’ambiente e dei personaggi è costruita molto bene e dà al lettore la sensazione di crescere con i protagonisti e sentire sulla propria pelle le loro emozioni.»
«Romanzo molto avvincente e originale. Me lo sono letto tutto d’un fiato. Lo raccomando a chiunque ami i gialli. Anche l’atmosfera è molto piacevole e coinvolgente.»
Franco Matteucci
Autore e regista televisivo, vive e lavora a Roma. Ha scritto i romanzi La neve rossa (premio Crotone opera prima), Il visionario (finalista al premio Strega, premio Cesare Pavese e premio Scanno), Festa al blu di Prussia (premio Procida Isola di Arturo – Elsa Morante), Il profumo della neve (finalista al premio Strega), Lo show della farfalla (finalista al Premio Viareggio – Rèpaci). È autore di una serie di gialli di grande successo che hanno per protagonista l’ispettore Marzio Santoni: Il suicidio perfetto, La mossa del cartomante, Tre cadaveri sotto la neve, Lo strano caso dell'orso ucciso nel bosco, Delitto con inganno e Giallo di mezzanotte. I suoi libri sono stati tradotti in diversi Paesi.
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Anteprima del libro
Giallo di mezzanotte - Franco Matteucci
Capitolo 1
Valdiluce, 21 agosto
Nella suite 28 dell’Hotel Bristol di Valdiluce, Diana Caselli stava per recitare la parte più ambiziosa della sua carriera di star televisiva. Il suo compagno, Furio Angelini, il direttore di FlyTv, era un osso duro, attento a ogni dettaglio, e bisognava disorientarlo con qualcosa di stupefacente. Uscì dalla doccia, indossò in fretta l’accappatoio ed entrò nella stanza comunicante. Furio era immerso nella Jacuzzi e canticchiava Yesterday. Lei socchiuse la porta del bagno e controllò che la sua immagine non fosse riflessa in uno dei tanti specchi. Si avvicinò al frigo-bar, nel cestello del ghiaccio svettava una bottiglia di Dom Pérignon. La sostituì con una di prosecco. Furio Angelini, raffinato sommelier, avrebbe subito scoperto qualcosa d’inconsueto nello champagne, invece nel pessimo prosecco Ferrigni, sponsor ufficiale della Caccia al Daü, era più facile che si confondesse. Diana lo stappò senza far rumore – un’abilità acquisita quando giovanissima aveva fatto la cameriera in un bistrot – e riempì i due calici. Tirò fuori dalla tasca dell’accappatoio una boccetta. La sostanza l’aveva avuta da Pier Paolo Magi, amico, confidente e autore dei suoi programmi.
«Gli effetti variano da persona a persona, ma stai certa che chi la beve entrerà in uno stato di confusione, avrà difficoltà a coordinare i movimenti e soffrirà di capogiri e forte intorpidimento. Mi raccomando, poche gocce perché potrebbe essere letale».
Diana versò tutto il contenuto in un bicchiere. Sorrise cattiva. In quel travaso gettò l’odio che aveva accumulato negli ultimi giorni. Furio aveva colmato la misura con i suoi insulsi attacchi di gelosia. Al direttore di produzione di FlyTv aveva ordinato che una telecamera dello studio dove Diana andava in onda in diretta con il programma quotidiano Il gran cuciniere fosse utilizzata per seguire e registrare soltanto i suoi fuori scena. Angelini voleva scoprire se con qualcuno dei cameraman o degli autori avesse un’amicizia affettuosa. Ovviamente la notizia segretissima si era diffusa subito e Diana era stata informata dal suo amico Pier Paolo Magi. Ma la scoperta che più l’aveva fatta imbestialire era che Angelini le avesse messo alle costole un detective. Quell’informazione riservata le era stata svelata dallo stesso poliziotto privato, un bel biondo, ex marinaio, con cui era finita a letto. Da quel momento il giovane aveva mantenuto l’incarico di investigazione ma si era trasformato in un suo confidente.
Diana poteva perdonare a un uomo qualsiasi cosa, ma non di imbrigliarla: la libertà che aveva conquistato a suon di amplessi era il patrimonio più importante della sua vita. Appena un partner diventava lumacoso
e sbavava troppo, bisognava eliminarlo. Certo con Furio doveva essere cauta, il ruolo di direttore di FlyTv pesava sulla sua vita professionale, ma Diana aveva già iniziato la procedura del distacco. Si era avventurata a esplorare nuove galassie televisive. Non le era dispiaciuto l’incontro che aveva avuto con Andrea Fanano, il direttore di BodyTv. Il manager, giovane e carino, l’aveva ricevuta nel suo ufficio in maniera informale, senza la segretaria e seduto sul divano. A Diana piaceva così: se per avere quel lavoro doveva scopare, era meglio saperlo subito, senza preamboli snervanti. Odiava i dirigenti che restavano inchiodati dietro la scrivania e lei era costretta a raggiungerli carezza dopo carezza, scavalcando la linea della decenza.
Invece Furio Angelini, per il loro primo incontro, non l’aveva neppure accolta nel suo ufficio ma le aveva dato un appuntamento fuori, in piena notte. E subito l’aveva condotta in un club privé dove aveva rivelato le sue perversioni. Lui amava gli scambi di coppia, si eccitava quando lei attraversava tunnel bui dove decine di mani la toccavano. Perdeva la testa nel vederla posseduta da altri uomini, e quando Diana sceglieva le prede più belle tra le sue amiche, Furio diventava – finalmente – ardente e insaziabile. La star televisiva non solo si era adattata a quel genere di attività ma, pur non provando mai piacere, ne era diventata una brava interprete. Fu a quel punto che Angelini decise di mettere a frutto la straordinaria bellezza e disponibilità di Diana.
«Tu aiuti me e io aiuto te. La nostra è reciproca assistenza. Sei stata fortunata a conoscermi. Bisogna avere la mira, sapessi quante ragazze sbagliano e si ritrovano con in mano solo un pugno di mosche. È necessario studiare, conoscere chi conta, chi sta in alto, chi sta scendendo, chi all’improvviso sparirà. È un’arte finire nel letto giusto con l’uomo giusto. Il tuo sesso, grazie a me, è con il radar, teleguidato, e ci porterà soltanto dove l’incasso è sicuro…».
Ed effettivamente Diana era riuscita a diventare la conduttrice di una trasmissione quotidiana e Angelini a essere nominato direttore di FlyTv. A quel punto, però, il manager era diventato diverso, aveva rinunciato per sempre ai club privé, si era messo a fare il geloso, le aveva chiesto di sposarlo. La voleva in esclusiva. Ma anche Diana nel frattempo era cambiata. Aveva intrecciato una serie di amicizie che l’avevano resa più potente di lui. E il sodalizio con un personaggio molto autorevole della politica – che aveva perso la testa per lei – le aveva permesso, ad appena venticinque anni, di conquistare un ruolo importante tra le zarine del piccolo schermo.
Diana si tolse l’accappatoio e restò nuda. Entrò nella stanza da bagno. Dalla schiuma della vasca usciva la testa di Angelini: capelli vaporosi color biondo ossigenato, faccia ombreggiata e forse truccata, aveva qualcosa di debosciato, come se fosse un nobile francese che da lì a poco sarebbe stato affettato dalla ghigliottina. Canticchiava indolente.
«Yesterday, all my troubles seemed so far away…».
La star televisiva si piazzò di fronte a lui. Era levigata come una statua del Canova, e mentre Angelini stava per esprimere il suo oh! di meraviglia, Diana spense la Jacuzzi, appoggiò le mani sui fianchi. Nella sua vita aveva sempre usato il tradimento per alimentare o demolire un rapporto, ma non accettava che un uomo potesse esserle infedele. Almeno così diceva il copione che stava interpretando. Gli urlò a freddo: «Pezzo di merda!».
Lui emerse di scatto dalla vasca.
La voce di Diana era tagliente, come una spada: «Mi volevi coglionare…».
Lui si smarrì. Pochi minuti prima avevano fatto all’amore, cosa poteva essere successo nel frattempo?
Diana gli puntò un dito contro. «Hai scopato con quella troia di Pia Fabrizi e le hai promesso per settembre la conduzione del Gran Cuciniere!».
Angelini sobbalzò: «Mai e poi mai! Te lo giuro».
Diana sembrava presa da un demone. «Il tuo cervellino non ricorda bene? Possibile che ogni volta devo essere io a farti ritornare la memoria? Domandina facile facile: chi ti ha messo nel posto di direttore di FlyTv?».
Furio replicò con la voce sottile: «È stato anche merito tuo, ma ho un curriculum alle spalle».
«Hai solo la faccia da culo alle spalle! Se io non avessi sollazzato quel qualcuno
e non lo avessi convinto sul tuo nome, tu saresti ancora a capo della mensa. Ma adesso basta, non ti sopporto più!».
Angelini non l’aveva mai vista così fuor di senno. Si era drogata? Cercò di conciliare. «Ti prego, rasserenati, ti sentono in tutto l’albergo, che figura facciamo? Siamo pur sempre dei personaggi pubblici».
Diana era finalmente arrivata alla scena che più aspettava. Svegliò la strega che sopiva in sé, ululò, nuda com’era corse alla finestra della camera, l’aprì e disse strepitando al mondo: «Tutti devono sapere che Furio Angelini è un fallito miserabile omuncolo…».
Fu raggiunta e soffocata dalla sua mano inzuppata di sapone. Angelini la strinse a sé con violenza, quasi la fece cadere per terra, tentò di chiuderle la bocca e la finestra, ma lei lanciò il suo ultimo grido straziante.
«Aiutooo. Aiuto, mi vuole ammazzare!».
Il direttore di FlyTv mollò immediatamente la presa e si lasciò andare a terra, anzi si inginocchiò nudo di fronte a lei, implorandola. «Ti prego, scusa, scusa, ma non dire certe cose, nessuno ti vuol far del male…».
Non era acqua insaponata quella che scivolava dai suoi occhi. Il grande manager stava forse piangendo? Diana continuò ad aggredirlo ma il copione pretendeva un cambiamento repentino. La commozione di Angelini rendeva più facile lo sviluppo della trama. Gli disse con una voce meno veemente: «Sei uno schifoso…».
«Signorina Caselli, sta bene?…». Il direttore dell’Hotel Bristol bussò alla porta della camera in maniera concitata: «Ha bisogno del nostro aiuto? Butto giù la porta?».
Diana con una vocina da donna umiliata rispose: «Non si preoccupi, abbiamo avuto una piccola discussione. Adesso è tutto a posto».
«Sicura?»
«Certo».
Angelini era cotto a puntino per partecipare al finale che Diana aveva apparecchiato. Restarono per alcuni minuti in silenzio. Lei dominava la scena come una principessa, lui rannicchiato su se stesso sembrava pronto a salire sul patibolo. Fu a quel punto che la Caselli passò una mano sui capelli bagnati del manager.
«Beviamoci qualcosa. Facciamo pace».
Lui annuì, anche se detestava il prosecco, ma in quel frangente avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di vederla placata. Si avvicinarono alla bottiglia. Lei fu più lesta. Prese il bicchiere giusto. Non brindarono, ma tutti e due lo buttarono giù in un sol sorso. Adesso che Diana era riuscita a far bere la pozione magica ad Angelini, il film era finito. Meritava una menzione speciale il suo autore, Pier Paolo Magi, che al telefono le aveva creato il copione, ma lei era stata un’interprete eccellente. Avrebbe dovuto considerare seriamente di fare l’attrice di fiction.
Il dottor Angelini si sdraiò sul letto per riprendersi da quella scena incomprensibile, almeno per lui. Non si sentiva bene. Era come se il cuore danzasse per conto suo. Diana rientrò nella sua camera e si preparò per la Caccia
. Indossò un maglioncino d’angora turchese, senza reggiseno sotto, un paio di shorts di pelle marrone, cortissimi, calzettoni gialli di lana e degli scarponi da alpinista. L’uomo con cui da lì a poco avrebbe avuto un incontro galante le aveva imposto di comprare un modello di calzatura molto tecnico.
Dalla stanza di Furio Angelini provenivano dei lamenti, la showgirl capì che la bevanda micidiale stava facendo il suo effetto.
«Io andrei…».
«Vai, vai, non mi sento bene, magari ti raggiungo dopo».
Diana gioì. Quell’uomo aveva ciò che si meritava. Quando Furio Angelini aveva conosciuto il motivo ufficiale
del suo viaggio a Valdiluce era stato lapidario: «La madrina alla Caccia al Daü? Una stronzata: la caccia a un animale che non esiste! Ti sputtani. In più nella notte di luna nera: porta sfiga. Devi rinunciare».
Diana, ovviamente, aveva accettato, anche perché era sicura che Furio in quei giorni sarebbe stato impegnato a Picco a mare su Lo squalo, la sua barca di 30 metri, per realizzare alcune riprese televisive. Invece Angelini aveva scombussolato il programma.
«Ti accompagno, perché non voglio che questa manifestazione si trasformi in un boomerang d’immagine per FlyTv».
In realtà l’aveva spinto a seguirla la solita gelosia, ma adesso, per fortuna, lui stava ben castigato nel suo letto di dolore.
E lei aveva finalmente una notte intera tutta per sé, poteva uscire tranquilla e partecipare alla caccia al Daü, ma soprattutto rivedere il suo amante focoso. La showgirl sorrise. Quell’uomo non era bello, ma particolare. Sembrava che la natura l’avesse creato per un unico scopo. Lei ci aveva fatto all’amore d’inverno, in una baita sperduta tra le montagne. L’emozione era stata così complessa e appagante che aveva tenuto in piedi il filo: si erano inviati messaggini e qualche telefonata. Poi lui le aveva proposto un piano perfetto per ricongiungersi.
«Non possiamo mancare una posizione astrale così favorevole: Valdiluce, 21 agosto, foresta Verginetta, Caccia al Daü… Una notte di luna nera da bruciare insieme nel giardino dell’edelweiss».
La cornice scelta per incontrarsi era affascinante.
«Non devi però venire in incognito perché ti scoprirebbero», le aveva detto. «Meglio che tu sia presente pubblicamente come madrina. Poi penserò io a fare in modo che ti perdano di vista. Andremo in un posto che sta al centro dell’universo, dove smarrirai la ragione…».
Diana avrebbe fatto qualsiasi cosa per rivederlo. Quell’uomo la intrigava tantissimo: romantico, misterioso, con sprazzi sorprendenti di filosofia alpina. Per il lavoro, la carriera, si era concessa a maschi di tutti i tipi: vecchi, volgari, impotenti, violenti. Li aveva tenuti in pugno recitando con straordinaria abilità orgasmi fasulli. Anche con Furio Angelini conviveva simulando, lo accontentava, per non perdere il programma tv che le dava successo e soldi. Invece con l’amante focoso Diana non aveva dovuto gemere alcuna finzione, con Lui per la prima volta aveva provato il piacere assoluto. La star della tv era rimasta sbalordita.
«Hai colmato tutte le lacune della mia vita. Ho temuto che il mio cuore non reggesse…».
Adesso, per appagare di nuovo quella voglia matta
, stava mettendo a rischio tutto: vita privata, carriera, successo.
Diana scese nella hall e raggiunse il bar. Doveva togliersi di bocca quel sapore di prosecco.
«Mi dia una coppa di Dom Pérignon».
Dalla reazione del barman, Diana Caselli capì di avere un aspetto un po’ troppo audace, ma il ruolo che avrebbe dovuto interpretare in quella notte di luna nera non poteva lasciare troppo spazio alla fantasia.
Capitolo 2
Piazzale di Valdiluce
I problemi annessi e connessi alla Caccia al Daü erano la cambiale che l’ispettore di Valdiluce Marzio Santoni, detto Lupo Bianco, doveva scontare ogni anno ad agosto. Quella che doveva essere una festa tradizionale alla ricerca di un animale leggendario, si trasformava in una grande ammucchiata sotto le stelle. Una specie di Woodstock del sesso. E nel posto di Polizia era scattato il conto alla rovescia. Mancavano pochi minuti al tramonto e con il buio sarebbe iniziata la kermesse. L’ispettore Santoni ascoltava dal suo fedele assistente, Kristal Beretta, gli aggiornamenti sulla situazione dell’ordine pubblico.
«Il più ostile è come sempre Fernando Salvini, detto il Lungo, che pretende la chiusura immediata della Caccia al Daü, per… compimento di atti osceni in luogo pubblico
. Al suo fianco si sono schierati il prete e le vedette clandestine di Valdiluce».
«Ancora loro!».
Le vedette clandestine erano un gruppo di donne anziane che trascorrevano gran parte del tempo a spiare ciò che accadeva a Valdiluce. Comunicavano tra loro ogni fatto, anche il più banale, attraverso Internet e con il passare del tempo erano diventate la più aggiornata agenzia d’informazione di Valdiluce. Alle loro reti non sfuggiva mai niente e si erano rivelate assai più efficaci delle telecamere poste sulle strade.
Santoni commentò annoiato: «Una cosa è Salvini, che dietro il lavoro di guida alpina nasconde l’attività di bracconiere, ma le vedette clandestine che potranno mai fare? Al massimo un calendario per la Befana».
Kristal sorrise. «Quelle anziane signore sono terribili. Sanno tutto di tutti e sono furbissime. È impossibile controllarle una per una».
«Ha verificato invece cosa ha in mente il Lungo?»
«Ho qui una relazione stilata dall’agente Ugo Gelli, che lo sta seguendo da alcuni giorni. Al bar Sport il Salvini avrebbe dichiarato ad alta voce: È uno schifo, ci mancava pure Diana Caselli, una troietta della tv. Mi sono rotto i coglioni, ma come diceva mio nonno: quando nessuno ti ascolta c’è solo un modo per farsi sentire, uccidere i sordi
».
Kristal Beretta scartò il solito Mon Chéri, lo mangiò e continuò il resoconto: «Certo, al bar Sport Salvini era alticcio, ma lui da sempre ha poco chiara la linea che divide ciò che è legale da quello che è illegale».
«Può diventare pericoloso. Mi raccomando, che sia controllato a vista».
«Certamente».
Kristal cercò di trovare una nota positiva: «Almeno gli albergatori sono molto soddisfatti del tutto esaurito. Hanno lanciato uno slogan: A Valdiluce socializziamo con l’amore
».
Santoni sorrise, con disgusto. Squillò il telefonino, era il dottor Antonio Cambiaghi, un funzionario del ministero dell’Interno. L’ispettore inserì il vivavoce. Voleva che anche Beretta sentisse le parole del dirigente.
«Quindici poliziotti per mettere