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Ti ho incontrato quasi per caso
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E-book262 pagine3 ore

Ti ho incontrato quasi per caso

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Info su questo ebook

Romantico!

Dall’autrice del bestseller La mia eccezione sei tu

Daniel e Sara sono in campagna, per trascorrere la vigilia di Natale. Il clima è sereno, la coppia sembra perfetta, tanto che si comincia a parlare di nozze. Almeno fino al momento in cui Daniel non riceve dal suo agente un copione da leggere: lo vogliono come attore in una produzione americana. All’inizio tergiversa, non vorrebbe allontanarsi da Sara, ma l’occasione è troppo ghiotta, non può essere rifiutata. Vorrebbe parlarne con lei, ma gli manca il coraggio di farlo. Finché Sara non lo scopre da sola, per caso… Eppure l’uragano in arrivo tra i due non sarà certo causato da un film, ma da qualcuno che un giorno, inaspettatamente, bussa alla porta di Daniel… Allora sì che potranno arrivare i veri guai.

Una coppia che sembrava perfetta
Un incontro inaspettato
Un uragano di emozioni

Hanno scritto di La mia eccezione sei tu:

«I personaggi vi resteranno nel cuore, vi prenderanno l’anima e sono certa che vi faranno fare grandi risate.» 
Romanticamentefantasy

«Una moderna favola di Cenerentola adatta alle lettrici più romantiche e dal cuore tenero come me, con l’assicurazione che l’amore vero trionfa sempre alla fine.» 
Crazyforromance
Patrisha Mar
è nata a Ravenna e vive nelle Marche con il marito e la figlia. Le sue grandi passioni sono da sempre la scrittura e la lettura. Non esce di casa senza un libro nella borsa. Adora guardare i film, i telefilm e le commedie romantiche americane. La Newton Compton ha già pubblicato con grande successo La mia eccezione sei tu.
LinguaItaliano
Data di uscita17 feb 2016
ISBN9788854192522
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    Anteprima del libro

    Ti ho incontrato quasi per caso - Patrisha Mar

    Capitolo 1

    Qui e altrove

    Non riusciva a smettere di canticchiare, era più forte di lei. Jingle bells jingle bells jingle all the way! Un motivetto piacevole che le aveva messo addosso un incredibile ottimismo. Cosa poteva andare storto in una giornata iniziata così bene?

    Era un martedì speciale, perché era il primo della sua vita in cui all’anulare sinistro brillava il solitario che le aveva regalato Daniel. Sarebbe diventata la signora Gant.

    Appena Sara De Michele aveva aperto gli occhi nel suo letto, senza il tepore del suo fidanzato a scaldarla, aveva sorriso e rimirato il pegno d’amore con la gioia di una bimba pronta a scartare un regalo.

    Regalo… Natale…

    Ecco che all’improvviso tutte le cose che doveva fare quel giorno avevano affollato la sua testa. Era ora di alzarsi.

    Iniziò mettendosi ai fornelli per preparare i biscotti per la vicina di casa impicciona, quella che apriva sempre il portone del condominio a tutti, solo per il gusto di carpire qualche segreto, o di vivere la vita altrui. Ma la signora Gina le faceva tenerezza: avrebbe passato un altro Natale da sola e triste, e a Natale nessuno dovrebbe essere triste.

    Quando finalmente Virginia si fu alzata, Sara si mise a sistemare la valigia. Lei e Daniel avrebbero raggiunto la sua famiglia a Gubbio solo due giorni dopo, ma era un tipo previdente, doveva avere tutto sotto controllo, quindi meglio organizzarsi in anticipo.

    Mentre Virginia borbottava che anche lei doveva fare la valigia, ma non ne aveva alcuna voglia, e gironzolava vicino al forno, dove i biscotti, quasi pronti, invadevano di un profumo invitante il bilocale, Sara chiudeva la cerniera del suo trolley con grande soddisfazione.

    Continuando a canticchiare Jingle Bells, sotto lo sguardo truce della sorella che non esitò a sparare i Linking Park a tutto volume per smorzare un eccessivo spirito natalizio di prima mattina, Sara ordinò i biscotti su un bel vassoio decorato. Si preparò a passare un’oretta con Gina che di sicuro l’avrebbe riempita di domande sul suo fidanzato. Lo aveva messo in conto e andava bene così.

    La mattinata volò via, come l’unico giro turistico che le avevano affidato quel pomeriggio, ma i suoi impegni non erano finiti. Con un pacchetto infiocchettato alla perfezione, suonò al campanello di Lia, la sua più cara amica, che viveva al sesto piano di un elegante condominio dei Parioli. Prima di partire le voleva lasciare il regalo da mettere sotto l’albero.

    Presero una tisana insieme, chiacchierando piacevolmente, mentre i colori del tramonto avvolgevano la città infreddolita. Ma la parte migliore della giornata doveva ancora arrivare: Daniel. Lo avrebbe raggiunto per tante coccole, sesso e amore. Quale modo migliore per concludere la serata?

    Salutò Lia, promettendole che si sarebbero sentite a Natale e poi uscì sul pianerottolo. Poco prima che le porte dell’ascensore si aprissero, fu raggiunta da un nauseabondo odore di fumo. Sgranò gli occhi, ruotando leggermente il capo con fare circospetto. Dall’appartamento accanto a quello di Lia era uscito un signore sulla cinquantina: indossava un giubbotto scuro con alcune macchie biancastre, in una mano teneva un secchio di tintura, nell’altra una borsa da cui spuntavano arnesi da muratore. Sara istintivamente gli sorrise, doveva aver passato una giornata faticosa.

    «Buonasera!», gli disse in tono allegro, mentre entrava in ascensore. L’uomo la seguì, rispondendole con voce rauca. Il fumo fa male, pensò Sara mentre le porte dell’ascensore si richiudevano e schiacciava il pulsante del piano terra.

    Daniel, arrivo

    Si morse il labbro immaginando il suo fantastico modello personale che la aspettava a braccia aperte. Già le saliva la temperatura corporea.

    Poi uno scossone interruppe la sua fantasia erotica, stava quasi per sfilargli i boxer…

    L’ascensore si era bloccato e tutto si era fatto buio.

    «Non è possibile! Non di nuovo…», brontolò Sara.

    «Come di nuovo? Questo ascensore si è già bloccato?», domandò l’uomo allarmato.

    «No, non credo… mi è successo mesi fa, ma non si preoccupi, non era in questo ascensore».

    «Dice che non devo preoccuparmi?». Il rumore di oggetti che cadevano a terra la fece sobbalzare. Doveva aver appoggiato gli attrezzi con una certa grazia.

    «Vedrà che tra poco l’ascensore ripartirà», cercò di tranquillizzarlo, mentre con la memoria tornava alla sede di «Inside Look», a un altro ascensore e a un altro coinquilino improvvisato, che era diventato l’amore della sua vita. Si rilassò; la voce si addolcì. «Il giorno in cui sono rimasta bloccata, ho incontrato il mio futuro marito. Eravamo insieme mentre aspettavamo che ci liberassero. Era una giornata storta per me e lui mi ha preso in giro dicendo che era finito nel mio Triangolo delle Bermude personale, perché i miei influssi negativi lo avevano raggiunto», ridacchiò.

    «Buono a sapersi. Com’è stata la sua giornata oggi, tranquilla?»

    «Oh, sì, grazie…». Si interruppe aggrottando la fronte, ma la stava prendendo in giro? Che sgarbato, e lei che voleva distrarlo. «La mia giornata è stata perfetta!». Un po’ stizzita cercò il pulsante dell’allarme e cominciò a premerlo, senza alcun risultato. Nessun suono, niente di niente.

    La puzza di fumo impregnò presto il piccolo ambiente e Sara si ritrovò ad arricciare il naso. Fu allora che il cellulare squillò, illuminando l’ambiente a giorno. Con aria colpevole incontrò gli occhi del signore che la fissava mentre si sventolava, quasi potesse disperdere l’odore acre che la circondava.

    «Caldo, fa tanto caldo qui dentro, non trova?». Deglutì e rispose in fretta.

    «Dimmi che sei arrivata alla macchina!», esclamò Lia preoccupata.

    «Se ti dicessi di no? Che sono intrappolata dentro l’ascensore?», borbottò Sara facendo una smorfia.

    «Direi che sei nei guai, c’è appena stato un black out nell’isolato. Lo vedo dalla finestra, è tutto buio».

    «Black out?»

    «Merda!», gridò l’uomo.

    «C’è qualcuno lì con te?»

    «Sì, un signore!», con fare cospiratorio abbassò un po’ il tono. «E mi pare parecchio nervoso».

    Dopo qualche secondo di silenzio, sentì Lia scoppiare a ridere. Sara alzò gli occhi al cielo.

    «Hai intenzione di baciare anche lui per calmarlo?»

    «No!», disse a voce molto alta. Lanciò uno sguardo obliquo allo sconosciuto, che aveva la fronte imperlata e si stava accasciando a terra.

    «Lia, chiama qualcuno. Questo signore non ha una bella cera!».

    «Ora telefono ai pompieri. State calmi».

    «Certo, sì, la fai facile tu. Sto dentro una scatoletta con un uomo che non si sente bene».

    «Mi sento bene… almeno credo», sussurrò l’imbianchino. «Davvero non sto bene? Oddio, precipiteremo! Lo sento».

    «Vado, a dopo», concluse Sara con una certa urgenza e poi si sedette accanto al muratore.

    Quanto tempo ci avrebbero messo a uscire da lì? Magari pochi minuti, magari ore. La sua serata con Daniel diventava un miraggio.

    «Ci tireranno fuori di qui, non si preoccupi».

    Sara appoggiò una mano sul ginocchio del signore. «Come le ho detto, mi è già successo, basta rilassarsi, pensi a cose piacevoli, a un mare con le sue onde placide…». Con Daniel il mare non aveva funzionato, ma forse con quel novizio degli attacchi di panico sì.

    «Voglio andare a casa, mia moglie prepara i panzerotti questa sera».

    «Buoni, cosa ci mette dentro?»

    «E che ne so, li prepara lei».

    Secondo tentativo di conversazione fallito… Ottimo.

    «Io stasera devo vedermi con il mio ragazzo, ci siamo fidanzati da pochi giorni… è un modello, un uomo favoloso…».

    Un borbottio sommesso le rispose, probabilmente non era interessato alla sua dichiarazione d’amore imperitura per Daniel. Giusto, meglio chiamarlo per tranquillizzarlo. Non vedendola arrivare all’ora dell’appuntamento, conoscendo la sua proverbiale puntualità, si sarebbe sicuramente preoccupato.

    Digitò il numero di Daniel e attese.

    Uno squillo, due squilli… Magari era impegnato. Strano, erano le 19:48, doveva già essere a casa. Il servizio fotografico era di mattina. Dieci squilli… Troppi persino per lei. Sarebbe sembrata davvero una stalker che voleva controllarlo e aveva deciso di non apparire più così disperata. Con Daniel doveva darsi un contegno, basta scenate di gelosia esasperate, basta piazzate da bambina capricciosa. Le esperienze recenti le avevano insegnato che doveva avere pazienza e fiducia in lui. Il suo lavoro e la sua notorietà non dovevano più essere causa di attrito tra loro.

    Ma perché non le aveva risposto? Appoggiò la testa alla parete dell’ascensore, mentre movimenti sospetti attiravano la sua attenzione.

    «Mi manca l’aria!».

    «Non si preoccupi, c’è tanta aria qui… e poi tra poco la luce tornerà!».

    «Lo sapevo che non dovevo accettare questo lavoro, me lo sentivo… ma mia moglie… vai, sono solo tre ore, e sono soldi. Accidenti a me che ancora l’ascolto».

    Il telefono squillò e quando vide il display con la foto di Daniel sorrise.

    «Amore», disse tutta contenta. Ma il frastuono che la raggiunse dall’altra parte le fece aggrottare la fronte. Una musica sparata a palla, un chiacchiericcio di sottofondo. Daniel non era a casa.

    «Sara! Qui non si sente niente di niente, ci sei?»

    «Dove ti trovi?», rispose lei sospettosa.

    «Sono al Mistress. Hanno organizzato una specie di party natalizio a sorpresa… C’è una confusione!».

    «Al Mistress?». Era un locale di grido, famoso per gli aperitivi e la clientela esclusiva. Ovvio, lei non ci aveva mai messo piede, nessuno l’aveva ancora invitata a farlo. «Ma non dovevamo vederci a casa tua?»

    «Kelly, il fotografo, mi ha costretto a venire, diceva che c’erano tutti e non potevo mancare. Ci stiamo facendo gli auguri».

    «Daniel, vieni?». Una voce di donna che non riconobbe, troppo vicina, e troppo confidenziale. Chi cavolo era? Ok, non doveva essere gelosa, non doveva essere gelosa, non doveva essere gelosa.

    Intanto l’uomo continuava la sua disperata cantilena. «Non devo avere paura, non devo avere paura, non devo avere paura, non morirò…».

    «Sara, mi raggiungi qui? Voglio presentarti qualche amico».

    «Speravo in una seratina tutta per noi, sai che poi dobbiamo partire e domani sera siamo a cena da Alessandro».

    «Tesoro, hai ragione, perdonami, staremo poco, promesso…».

    Sara si imbronciò, sentendo ancora voci femminili in lontananza. «Saluta la tua ragazza, Daniel, dài che facciamo il brindisi».

    Ma chi si permetteva di rivolgersi a Daniel in quel modo?

    Il muratore nel frattempo si passò la mano sulla fronte, e, preso dallo sconforto, afferrò il braccio di Sara. «Mi sento male!».

    Di nuovo la voce della sconosciuta incitava Daniel a chiudere la telefonata.

    «Sara, ma chi c’è lì con te?», chiese Daniel all’improvviso. «Mi è sembrato di sentire una voce, ma qui c’è un fracasso pazzesco. Stanno ballando sui tavoli, vedessi».

    «Ma che cosa carina, sui tavoli, fa molto anni ’90… dovresti farlo anche tu», esclamò Sara con tono provocatorio. Daniel, se combini qualcosa, io… io…

    «Hai ragione, sembra divertente». La prendeva pure sul serio?

    «Signorina, mi manca l’aria», l’uomo la scuoteva disperato.

    «Scusi, ma non vede che sono impegnata? Sto parlando al telefono…», rispose alterata. E voglio fare lo scalpo a quella tizia…

    «Ma dove ti trovi?», sembrava che anche Daniel fosse entrato all’improvviso in modalità segugio. Ben gli stava!

    «In ascensore nel condominio di Lia!».

    «Ahhh, giusto, eri andata a portarle il regalo di Natale. Scusami, ma devo andare, qui sono insistenti. Ti aspetto allora, a fra poco. Ti amo tanto». E riattaccò.

    «Non posso crederci, ha chiuso la comunicazione. Scemo, sono bloccata in questo ascensore!». Si alzò in piedi furente. «Lui si diverte, capito? Balla sui tavoli! Mentre io sono qui».

    «E moriremo…».

    «E moriremo…». Scosse la testa. «Ma no, che mi fa dire. Usciremo di qui e a morire sarà lui, mi creda!». Doveva trovare un modo per andarsene da lì e subito…

    Imprecare non funzionava mai, pregare poteva essere un’idea. Portare le mani alle tempie, concentrarsi intensamente, focalizzare tutte le energie positive e…

    «Luce!», proclamò convinta. Ma tutto rimase immobile e il buio continuò ad avvolgerli, fastidioso. «Non funziona, accidenti», brontolò.

    «Lei ha bisogno di uno bravo, bravo davvero!», commentò l’uomo, convinto di morire soffocato in un ascensore insieme a una pazza da legare, da tenere a debita distanza.

    Capitolo 2

    Mistress che stress

    Sara De Michele, borsa a tracolla e scarpe da tennis, era davanti al locale, da cui proveniva una musica altissima. Un ex magazzino ristrutturato, dal design moderno, che faceva invidia ai locali alla moda di New York. Non che lei fosse mai stata a New York, ma la pubblicità diceva così.

    Una lunga fila di persone era incolonnata in una coda disordinata davanti all’ingresso, mentre un ragazzo con l’auricolare e i capelli sparati in ogni direzione, controllava una lista e faceva gesti meccanici con la testa, per indicare chi poteva entrare e chi no.

    Una lista! Daniel non le aveva parlato di una lista, ma di una festa a sorpresa. Certo una festa a sorpresa con lista! Sperò che il fidanzato si fosse preoccupato di aggiungere il suo nome, altrimenti Sara avrebbe aggiunto alla sua, di lista personale, una nuova tortura per farla pagare alla sua dolce metà.

    La Glenn Close che c’era in lei ogni tanto scappava fuori. Stava cercando di sedarla, e ci riusciva quasi sempre… peccato che quello fosse proprio il momento peggiore! Era stata chiusa in ascensore per più di un’ora, ad ascoltare i discorsi del suo improvvisato coinquilino che si lamentava della moglie, di quel lavoro che avrebbe dovuto rifiutare, dell’aria consumata, dell’ascensore che poteva precipitare, e poi di nuovo della moglie, del lavoro, dell’aria consumata, dell’ascensore e nello stesso ordine. Mentre pensava al fatto che Daniel si stava divertendo al Mistress con chissà chi. Sì, quello era proprio il momento peggiore.

    Si mise diligentemente in coda, aspettando il proprio turno. Non poté fare a meno di notare che davanti a lei sfilavano tacchi alti, minigonne e abiti griffati.

    I minuti passavano, si morse il labbro decine di volte, tanto da apparire come una che si era appena fatta di botulino. Ok, era tempo di sfoderare l’arma segreta. Odiava farlo ma dentro Daniel ballava sui tavoli: non aveva un minuto da perdere, doveva agire in fretta.

    Superò la fila, sotto lo sguardo truce di molte persone che erano già pronte a insultarla o rifarle i connotati, lo avevano scritto in faccia. Se fosse stata una delle protagoniste di The Walking Dead il suo destino sarebbe già stato segnato.

    «Non fare la furba!».

    «Ehi, scarpe da tennis, torna al tuo posto!».

    «Mi scusi!». Voce ferma, stentorea, da persona importante… quasi.

    Il ragazzetto con la testa da porcospino neppure alzò la testa. Perfetto, la soddisfazione di scoprirsi invisibile.

    «Mi scusi!», ripeté Sara alzando il tono e assumendo una posizione più eretta, quasi potesse guadagnare qualche centimetro in altezza.

    «Nome!». Decisamente loquace… Un simpaticone.

    «Sara De Michele, sono la fidanzata di Daniel Gant!».

    Un borbottio sommesso si levò dietro di lei… Beccatevi questa, colpiti e affondati.

    Porcospino sollevò la testa e sorrise. «Ma certo, prego si accomodi, la stanno aspettando!». Il sorriso divenne un po’ forzato quando si accorse di come era vestita, comunque fece finta di niente. Era evidente che Sara aveva un lasciapassare esclusivo. Sarebbe potuta arrivare anche in pigiama e babbucce e l’avrebbe fatta entrare. Era suo malgrado una vip, peccato che lei non si sentisse affatto tale. Sara incurvò leggermente le spalle e ruotò il capo sentendosi parecchio osservata.

    «Ciao Sara!», gridò qualcuno in fondo alla coda agitando la mano.

    Sara arrossì e ricambiò con un salutino timido. Va bene l’arma segreta, ma ancora doveva farci l’abitudine. Sgusciò dentro il locale e si tolse il giubbotto, lasciandolo al guardaroba insieme alla borsa. Era decisamente troppo casual, ma decise che quello era il giorno in cui Sara De Michele avrebbe lanciato una nuova moda. Look very casual in ogni occasione, per la collezione inverno di quell’anno.

    La sala che si aprì davanti a lei aveva il soffitto altissimo, luci stroboscopiche si rincorrevano in un gioco frenetico. La musica – una versione techno di White Christmas, che le provocò un moto di immediata repulsione – era ancora più forte. Da una parte c’era il bancone del bar lungo un chilometro con dietro cinque barman che facevano show alla Tom Cruise in Cocktail.

    Spostò l’attenzione su un angolo del locale, lontano dalla pista, dove un gruppo di ragazzi e ragazze ballavano come ossessi. Tutti impeccabili e bellissimi. Modelli forse?

    Ecco i famosi tavoli di acciaio ultraresistenti su cui la gente si dimenava. C’era una vera festa lassù a un metro da terra e sembravano pure divertirsi tanto. Sara si avvicinò con aria circospetta, cercando di individuare Daniel.

    All’improvviso lo vide. Era sempre così, un colpo al cuore. La presenza di Daniel rendeva tutto ciò che lo circondava sfumato e di poca importanza. C’era solo lui. Il volto di Sara si addolcì. Il fatto che fosse così attraente non guastava certo. Quella magnificenza la rimetteva in pace con il cosmo.

    Daniel indossava una camicia azzurra, aperta sul collo e con le maniche arrotolate in maniera informale. Una barba leggera gli incorniciava il mento, donandogli un aspetto ancora più affascinante e maturo. Dimenava i fianchi con una tale sensualità, che Sara quasi si eccitò.

    Era irresistibile… sexy da morire… e soprattutto suo!

    Ma quando si accorse delle due biondine che gli ballavano accanto, tutto tornò nitido all’istante. Avevano avuto la decenza di non strofinarsi su di lui. Avrebbe risparmiato loro la vita. E anche a lui, che ballava disinvolto, ma senza essere coinvolto da quello che gli accadeva intorno.

    Sara agitò la mano per farsi notare nella confusione e Daniel fu attirato da lei, per quella magica alchimia che li faceva sempre ritrovare. Le rivolse un sorriso di quelli che potevano uccidere seduta stante e Sara si sentì un tortino di cioccolata, croccante fuori ma liquido dentro. Molti dei suoi propositi bellicosi erano già un ricordo. Era euforica, perché Daniel era lì, le tendeva la mano per farla salire sul tavolo, l’abbracciava e baciava davanti a tutti, con entusiasmo. Quel senso di appartenenza le toglieva ogni volta il respiro.

    «Finalmente sei arrivata. Che festa incredibile, eh?». Sembrava un ragazzino spensierato, sereno e contento. Daniel amava le feste, amava stare al centro dell’attenzione, ma, cosa più importante, amava lei più di ogni altra cosa o persona al mondo e questo le bastava.

    Sara si avvicinò con aria complice, mentre Daniel le metteva le mani sui fianchi e li accarezzava lentamente. «Questo posto è immenso e così pieno di gente!».

    «Il giornale ha organizzato la festa nel giro di poche ore. Sono pazzi!».

    Daniel e Sara cominciarono a ondeggiare a tempo di musica, e questa volta pensò di strusciarsi lei sul

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