Il giallo di Ponte Sisto
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Geniale come Camilleri
Quando un giovane comico, Simone Rossmann, scompare, l’ispettore Ceratti è chiamato a seguire le indagini. Recatosi nell’appartamento del ragazzo, trova un vecchio disco incantato su un grammofono, che ripete la parola “morire”. La voce del disco è quella del divo del varietà del Novecento, Ettore Petrolini. Sembrerebbe una macabra coincidenza, ma le stranezze non sono finite: il palazzo in cui l’appartamento si trova è proprio quello dove aveva vissuto il grande attore romano e l’appartamento è tappezzato da sue immagini, foto e locandine. Ceratti convoca allora il suo amico libraio, Ettore Misericordia, chiedendogli come al solito un aiuto nelle indagini. Un caso così intricato, infatti, ha bisogno dell’intuito di qualcuno in grado di immergersi totalmente nella storia di inizio Novecento, senza tralasciare i dettagli più insoliti che potrebbero rivelarsi determinanti. Ha così inizio un’indagine rocambolesca, che si addentra nella vita movimentata di Ettore Petrolini, un uomo vissuto quasi un secolo prima. I misteri del passato si intrecciano con quelli del presente dando vita a un’avventura piena di colpi di scena tra palazzi e strade romane.
Un giovane comico scompare in circostanze misteriose
Un altro caso per il libraio Ettore Misericordia
Hanno scritto dei loro libri:
«Un giallo, una lunga indagine che trasporta il lettore in tutti i luoghi più belli o più segreti della capitale.»
Il Corriere della Sera
«Una lettura intrigante e coinvolgente, condita da frizzante humor che si ispira a Conan Doyle e Rex Stout.»
La Sicilia
Max e Francesco Morini
Fratelli, autori teatrali e televisivi, dirigono la Scuola di Scrittura Pensieri e Parole di Roma. I loro romanzi nascono dalla volontà di unire due grandi passioni: quella per i romanzi polizieschi e quella per la loro città, Roma. La Newton Compton ha pubblicato Nero Caravaggio e Rosso Barocco.
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Anteprima del libro
Il giallo di Ponte Sisto - Francesco Morini
2347
Copertina © Sebastiano Barcaroli
Prima edizione ebook: luglio 2019
© 2019 Newton Compton editori s.r.l, Roma
ISBN 978-88-227-3410-5
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
Max e Francesco Morini
Il giallo di Ponte Sisto
Le indagini del libraio Ettore Misericordia
Indice
1. Son contento di morire ma mi dispiace
2. L’ombra dell’attore
3. Che vergogna morire a cinquant’anni!
4. Dietro le quinte
5. Quanta pena stasera c’è sur fiume che fiotta così
6. Lux lucet in tenebris
7. Vissi d’arte
8. Chiamami Peroni, sarò la tua birra
9. Notte di comicità
10. Ho detto al sole
11. Maledetta primavera
12. Son contace di morire ma mi dispiento
13. Ceratti dà i numeri
14. Ma il cielo è sempre più blu
15. Ettore Petrolini MCMXXXVI
16. Relazioni pericolose
17. Gastone, ho le donne a profusione
18. Passi in avanti
19. Son rose spinose, son volpi vezzose
20. Amori liberty
21. Il tempo cancella tutto
22. Una gita a Monte Mario
23. Cui prodest?
24. Misericordia fa centro
25. Ti ha piaciato?
26. Senza scampo
27. In vino veritas
28. Verità nascoste
29. Incipe parve puer
30. Perché me sento un friccico ner core
31. Un po’ per celia e un po’ per non morir
Ti ha piaciato?
1
SON CONTENTO DI MORIRE MA MI DISPIACE
Avevo fatto molte cose in vita mia, ma il deejay mi mancava. Per di più vintage. Infatti, non ero alle prese con un normale piatto
o giradischi che dir si voglia, magari. Ero alle prese invece con un grammofono e con un 78 giri degli anni Venti: quando la canzone incisa su quella lacca d’antiquariato arrivava al ritornello, regolarmente si incantava. Per ben tre volte diligentemente l’avevo sbloccata, avevo alzato il braccio (abbastanza pesante, per la verità), riposizionato la puntina, fatto ripartire il disco, ma dopo le due strofe iniziali, non c’era niente da fare, stop. E meno male che il grammofono non era di quelli a manovella, o avrei dovuto azionarla ogni volta. Inoltre, quasi a beffarsi di noi, la puntina si fermava su una parola non proprio benaugurante e l’effetto che ne veniva fuori era piuttosto sinistro: «Morire… morire… morire… morire… morire…». Così, all’infinito, ripetuta da una voce un po’ sgraziata e sorniona che a sua volta sembrava farsi beffe dell’ascoltatore. Dico noi
perché tutto questo accadeva sotto gli occhi vigili del sottoscritto, di Misericordia, dell’ispettore Ceratti e del fido agente Cammarata.
«Va bene, Fango, grazie; almeno siamo sicuri che il disco si blocca in quel punto».
Ettore fissava la tromba del grammofono quasi ipnotizzato.
«Be’, su questo non c’è dubbio».
«Quindi voi l’avete trovato così, ispettore?»
«Esattamente così, chissà da quanto si era bloccato».
«Ma il vicino di casa non si è accorto di niente? Non ha sentito il disco?»
«Il vicino è una persona molto anziana, ormai è quasi sordo; comunque il volume del grammofono, come puoi constatare, non è certo un granché. L’unico che se n’è accorto è il padrone di casa, Tito Mantovani, quando è arrivato davanti alla porta, molto anziano anche lui ma con meno problemi di udito, per fortuna».
E qui l’agente Cammarata, ex abrupto, senza nemmeno aspettare un cenno di Ceratti, entrò prontamente in scena con uno dei suoi provvidenziali resoconti: «Tito Mantovani, proprietario dell’immobile, ottantaquattro anni, ex idraulico in pensione, da tre anni affitta con regolare contratto questo appartamento a Simone Rossmann, di ventotto anni. Il Mantovani sostiene che il ragazzo è sempre molto puntuale nel pagamento dell’affitto il 5 di ogni mese, che gli versa di persona portandogli il dovuto nel suo secondo appartamento di proprietà a piazza San Pietro in Vincoli, in cui abita».
«Pure! Due appartamenti in questa zona, in pieno centro… L’ho sempre detto che fare l’idraulico rende bene, ho sbagliato tutto nella vita!», mi intromisi interrompendo il rapporto di Cammarata, e Ceratti mi fece notare l’inopportunità della mia uscita fissandomi con uno sguardo che non prometteva niente di buono. Come al solito, d’altra parte. Seguirono anche i rimproveri di Misericordia: «Stagnaro
, Fango, si dice stagnaro
, non idraulico
, siamo a Roma… E questo Simone Rossmann da quanto tempo è scomparso, agente?».
Cammarata riprese: «Il Mantovani, non vedendolo ieri, il giorno 5, per il pagamento dell’affitto, ha provato a contattarlo telefonicamente ma senza alcun esito, il cellulare del ragazzo era sempre spento; poi ha citofonato più volte qui, ma nessuno gli ha mai aperto; infine si è rivolto ai negozianti della strada che hanno detto di non averlo più visto da giorni, soprattutto il gestore di una enoteca che il ragazzo è solito frequentare tutte le notti, al ritorno dai suoi spettacoli».
«Quindi questo Simone fa il comico…», incalzò Ettore.
«Non so se ci campa, ma sicuramente tiene degli spettacoli», commentò l’ispettore. Infatti dalle pareti il giovane ci ammiccava sorridente, in posa, in più di una locandina. Poche in verità, perché le pareti dell’appartamento erano invece letteralmente invase da manifesti, poster, foto e memorabilia di un comico romano molto più famoso di lui, ovvero Ettore Petrolini. Proprio lui, il grande attore-macchiettista-futurista d’inizio Novecento, il sommo talento del varietà capitolino. E già questo era abbastanza strano.
«Problemi economici comunque non dovrebbe averne, i genitori sono benestanti, sono una coppia di avvocati con lo studio in Prati e…».
«Non mi sembra che viva ancora con i genitori, Cammarata», aggiunsi.
«No, infatti», riprese l’agente, un po’ più rubizzo in viso per essere stato richiamato, «ma un ragazzo così giovane volete che non l’aiutino? Anche se, a quanto pare, contestano le scelte artistiche del figlio e per questo non si frequentano più molto spesso, li abbiamo rintracciati telefonicamente e dicono di non vederlo da più di un mese».
«Grazie agente… Quindi Mantovani stamattina si è insospettito, si è deciso a dare un’occhiata e dalla porta ha sentito il disco, ma perché non è entrato in casa? Se è il proprietario, deve per forza avere una copia delle chiavi».
Ettore buttò lì la domanda distrattamente, mentre studiava meglio l’appartamento, una tana
molto essenziale, composta da due soli ambienti, il salone-zona letto-angolo cottura dove ci trovavamo e un piccolo bagno. Ceratti riprese la parola: «Perché il padrone di casa non può entrare, se non l’ha concordato con l’affittuario. Quindi Mantovani, come da prassi, ha denunciato a noi la scomparsa. E noi, in questi casi, se nessuno risponde abbiamo l’obbligo di sfondare la porta ed entrare, con tutto quello che abbiamo da fare!».
«Zelante e rispettoso delle regole questo Mantovani; comunque complimenti, bel lavoro ispettore, suppongo che sia stato lei in persona a spallare
la porta del monolocale, ha il physique du rôle perfetto…».
«Misericordia, non farmi pentire di averti chiamato!».
Punzecchiato da Ettore, il nostro caro omone milanese sbraitava come sempre, ma in cuor suo sapeva perfettamente che Misericordia gli sarebbe servito quella mattina. E non poco. Be’, non era poi così difficile capirlo. Ricapitolando, avevamo: un ragazzo scomparso che faceva il comico, il suo appartamento tempestato da immagini di Ettore Petrolini e, in più, Petrolini stesso che cantava su un vecchissimo disco la sua famosa versione di Ho detto al sole, inceppata su un grammofono da chissà quanti giorni. Sì: era proprio la sua voce che ripeteva all’infinito quel funereo tormentone e che era pronta a farci compagnia in un’altra dozzina di dischi d’epoca impilati vicino al grammofono, se solo avessimo voluto. E non finiva qui, c’era anche la ciliegina sulla torta: il piccolo appartamento si trovava al numero 32 di via Baccina, nel rione Monti, nello stesso palazzetto dove il giovane Petrolini aveva abitato e dove, ancora oggi, si può ammirare una targa posta a eterna memoria della sua arte. Ceratti l’aveva letta e ne era rimasto incuriosito arrivando in loco; poi, una volta dentro l’appartamento, trovandosi di fronte a quell’esplosione di memorie petroliniane, aveva capito subito che qualcosa non tornava. Anzi, un bel po’ di cose. Insomma, aveva bisogno di Misericordia e della sua sconfinata conoscenza di Roma per capire cosa stesse succedendo; d’altro canto, Ettore in queste cose ci sguazzava e non si era certo fatto pregare. Avevamo raggiunto l’ispettore; e adesso il Capo
, come lo chiamo io, aveva cominciato ad allisciarsi il basettone destro, il che voleva dire una sola cosa: il suo cervello si era già messo in movimento e sentiva puzza di mistero. Un bel mistero da risolvere, per la precisione. Capirai, non aspettava altro, era passato fin troppo tempo dall’ultimo caso. Io invece, per il momento, avvertivo solo l’odore della primavera che aveva fatto il suo ingresso a Roma; era una splendida mattinata di un martedì di marzo e un bel sole, dopo gli affanni dell’inverno precedente, la faceva da padrone dentro a un cielo pulitissimo; pensai che il famoso adagio non esistono più le mezze stagioni
quella mattina perdesse completamente di significato: esistevano ancora, eccome! Almeno nella Città Eterna. Così, cullato da quella dolce mollezza, neanche pensavo troppo a quello che stava succedendo lì a via Baccina, al rione Monti, l’antica Suburra dell’Urbe, il quartier generale delle prostitute dell’epoca, dove era nato anche il divino Giulio Cesare e dove, poi, sembra che si aggirasse in incognito Nerone, assiduo frequentatore di bordelli e taverne, per non farsi riconoscere dalla plebe. Anche Petrolini aveva avuto a che fare con Nerone, ma per sua fortuna solo sulle tavole dei varietà, dedicandogli un’intera commedia di cui è sopravvissuto il famoso tormentone Bravo! Grazie!
.
«Inutile dire che deve trovare questo Rossmann, caro Ceratti… Origini nordiche?».
Misericordia mi riportò alla realtà, strappandomi alle mie divagazioni primaverili.
«Sì, nato a Roma, ma il padre è di famiglia tedesca… Quindi, o qualcuno ha una copia delle chiavi di casa oltre a Mantovani e organizza questo scherzetto, o questo Rossmann esce di casa e lascia intenzionalmente il disco incantato su quella parola… Ma perché? È un messaggio? Vuole suicidarsi? O ha paura che qualcuno lo uccida? O magari è solo una distrazione, il disco si blocca, lui se ne va di fretta e non se accorge nemmeno?».
Poi l’ispettore bloccò lui, a sua volta, lo sguardo verso l’alto, come se stesse cercando di ricordarsi qualcosa: «Ma scusa Misericordia… Questo Petrolini non è quello della tua suoneria… Come s’intitola quella canzone… Tanto pe’ campà… tanto pe’ magnà…
?», chiese Ceratti.
Brividi: quando un milanese pronuncia qualcosa in romanesco penso subito a Celentano in Rugantino (il film, ovviamente: uno dei misteri irrisolti del nostro cinema), e mi vengono i brividi. Di vergogna. Ma Misericordia non volle infierire e glissò: «Tanto pe’ cantà, ispettore, la cantava anche Nino Manfredi in tempi più recenti, se la ricorda?»
«Ma sì, sì… Anni Settanta, no?»
«Esatto, io, anzi noi, neanche eravamo ancora nati… Invece la canzone di questo disco