Streghe - Caccia alle streghe
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Nel secondo testo teatrale, Caccia alle Streghe, organizzato per temi, proprio come in un convegno, si riprende la finzione di un documentario televisivo con interventi di ‘esperti’, proprio perché l’intento è di far conoscere, essendo ancora poco noti, i contesti, i modi, le ideologie, gli orrori, i nodi ancora misteriosi, dei processi alle streghe.
Milena Nicolini nasce a Modena nel 1948, dove ha insegnato e vive. Laureata in Filosofia con Luciano Anceschi, fa parte del gruppo Donne di Poesia e del circolo letterario Rossopietra di Modena. Si dedica alla presentazione critica di testi letterari. Svolge continuativamente dal 1978 attivita' teatrale ed e' stata presidente dell'Associazione Teatrale non professionista Arcoscenico fino al 2015. Suoi testi, critici e di poesia, sono apparsi su varie riviste e raccolte antologiche. Ha pubblicato:
- per la poesia: "Duale", Edizioni Geiger, Torino 1975; "Lilith o del sogno", Symbola ed., Roma 1984; "Le stagioni del sogno", nel volume a cinque voci "Vi son frecce", Il lavoro editoriale, Ancona 1989; "Villa Edmea", Edizioni Mongolfiera, Bologna 1990; "La vita minima(dedicando", Cultura Duemila, Ragusa 1994; "I tagli e le giunture", Book Editore, Bologna 1999; "Trasloco", Copertine di M.me Webb, 2003: "I miei stanno bene, grazie", Quaderni di Rossopietra, Castelfranco Emilia 2007; "Romance", Ed. ROSSOPIETRA, 2010; "Tre porte ad un padre", Ed. ROSSOPIETRA, 2012; "Uno piu' uno, se facesse duale", Ed. ROSSOPIETRA, 2016.
- per la narrativa: "A chi resta", Tracce, Pescara 1990; il romanzo "L'Oscuro", Ed. ROSSOPIETRA, 2013, suo primo di fantascienza. Come saggistica ha pubblicato "Dell'Amor Cortese", Ed. ROSSOPIETRA, 2016.
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Streghe - Caccia alle streghe - Milena Nicolini
Milena Nicolini
Streghe - Caccia alle streghe
UUID: 135f1485-2f6b-4b31-8f49-b0ce61015321
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Indice dei contenuti
Streghe
Caccia alle streghe
Bibliografia
alle donne perseguitate, torturate, ammazzate in
terribili supplizi, perché accusate di essere streghe,
a cui ancora nessuno ha chiesto scusa
Streghe
STREGHE
PERSONAGGI
Penteo
Dioniso
Giasone
Agamennone
Tiresia
Nunzio tebano
Nunzio miceneo
Ade
Agave
Medea
Clitemnestra
Ifigenia
Giovan Francesco Pico Della Mirandola, autore di ‘Strix’
Heinrich Institoris, inquisitore, autore del ‘Malleus Maleficarum’
Jakob Sprenger, autore del ‘Malleus Maleficarum’
Herculo de Montecucolo, prete inquisitore di Modena
Vigilio de Firmian, Capitano della Val di Fiemme
Scrivano modenese
Cancelliere Silvestro Lentner, tedesco
Zuanne Delle Piatte, guaritore indovino della Val di Fiemme
Torturatore modenese
Mastro Gilli, Carnefice, di Merano
Ursolina detta la Rossa di Modena/ Menade/ Kore
Margherita Dell’Agnola detta la Tomasina di Cavalese/ Menade/ Kore
Orsola detta la Strumechèra di Tròdena/Menade/Kore
Margherita, vedova di Bartolomeo Tessadrello, detta la Tessadrella di Tesero/Menade/Kore
Valeria Ziroli di Tésero detta la Zìrola/Menade/Kore
Dorotea di Predazzo detta la Zena/Menade/Kore
Barbara, moglie di Matteo di Carano, detta la Maròstega/Menade/ Kore
Margherita detta la Vanzina di Tesero/Menade/Kore
Elena la Serafina di Varena/Menade/Kore
Anna Tretter/Menade/Kore
Ottilia, vedova di Michele Della Giacoma, di Predazzo/Menade/ Kore
Giacoma Vinanti di Tesero/Menade/Kore
Margherita, vedova di Zanino di Federico, di Cavalese/Menade/ Kore
Bartolomea, moglie di Giuliano Del Papo/Menade/Kore
Margherita, figlia di Valeria Ziroli/Menade/Kore
Caterina Libra/Menade/Kore
Grande Madre
Persefone
Lilith
Coro delle Menadi
Coro delle Korai
Contadina del primo ‘900, guaritrice e levatrice, zia di Lisa
Lisa, contadina nipote della guaritrice
Indicazioni scenografiche e registiche
Per i richiami ed i collegamenti è importante che non ci siano interruzioni tra i quadri; la scena è pensata molto ampia, con tutte le attrezzerie necessarie nei vari quadri, sempre presenti e in vista. Gli oggetti necessari alla scena (maschere, fiori, cartigli, sistri, ecc.) saranno contenuti in cesti presso le quinte laterali. Il tavolo e il seggio del verbalizzatore dei processi, che viene usato solo nel quarto quadro, è a lato a sinistra e può essere utilizzato per gli oggetti scenici degli altri quadri; a destra un portacostumi con gli abiti che gli attori cambieranno sempre in scena a vista.
Sul fondo staranno fin dal primo quadro gli apparati per la tortura delle streghe (le streghe menzionate nel testo per lo più venivano appese per le braccia e strattonate, oppure stese e stirate fino alla slogatura degli arti; a volte erano anche ustionate con ferri roventi), che non devono essere però pensati per una riproduzione realistica di scene di tortura, ma solo per suggerirne l’intervento negli interrogatori. Le strutture dovranno permettere di legare le accusate di stregoneria con le braccia in alto sopra la testa: la corda, lunga, afferrata e scossa dai torturatori, darà l’idea degli ‘squassi’. Nel mio allestimento ho usato due piani affiancati di un castello di tubi innocenti. Gli apparati sul fondo servono anche per appendere le maschere che le Menadi si metteranno nel primo quadro. Le tuniche delle Menadi/Korai devono essere semplici e non troppo ellenicamente connotate perché saranno anche le ampie tuniche delle streghe sotto processo (con piccoli accorgimenti, ad esempio sciogliere le cinture o sciogliere le maniche prima trattenute alla spalla con lacci), in quanto non c’è tempo per cambi di costume. Così per alcuni personaggi maschili, nel caso si prevedano doppi ruoli. Io ho scelto per ragioni sceniche che Penteo portasse un copricapo a mo’ di elmo, una testa-maschera greca in pelle congiunta ad un mantello: è questa che Agave svellerà dal corpo di Penteo, sottolineando così il parallelo con gli ‘smembramenti’ (solo rituali-onirici) delle streghe.
È previsto ed auspicabile un accompagnamento musicale di percussioni e flauti.
Per ragioni drammaturgiche e/o logistiche alcuni attori dovranno interpretare più personaggi.
Note drammaturgiche
Eccetto le figure delle due contadine, la Zia e Lisa, che sono di mia libera mano, anche se ampiamente modellate sulle suggestioni lasciate dal saggio di C.Ginzburg, Storia notturna- Una decifrazione del sabba, Einaudi ‘89, tutte le altre sono riprese dai testi che vengono elencati nella bibliografia, tradotti, esposti, collegati con grande libertà per ragioni drammaturgiche.
Menadi, Korai e Streghe sono portate ognuna dalla medesima attrice per sottolineare il legame profondo, ancestrale, che le unisce: la Grande Madre, declinata nei vari nomi delle dee antiche (Iside, Demetra, Cibele ecc.) e nei vari nomi della Signora del Gioco (Diana, Erodiade, Dame Habonde, Bensotia, Madonna Horiente, Perchta, Berta, ecc.). La vicenda di Agave è poi associata a quella di Dorotea la Zena per accomunarle in una disperazione di colpa per orrendi atti violenti che è loro indotta da una tradizione deviata del mito o dalla ideologia misogina controriformistica. Infatti queste donne accusate di stregoneria hanno la convinzione (che in molti casi, soprattutto le più deboli, presupponiamo autenticamente vissuta) di essere malvagie, avere commesso atroci delitti (mangiato uomini e animali, provocato malanni, ecc), perché la demonologia misogina, risuscitata e ampliata dalla Controriforma ad uso e consumo dell’attacco a tutte le forme di cultura alternativa (in primis, la cultura femminile della proprietà delle erbe, del parto, delle cure, per quanto logorata e dispersa dal lontano neolitico), attraverso le prediche in chiesa, le paure delle persecuzioni, i pregiudizi ancestrali, le false notizie, ecc., si è profondamente radicata anche nelle donne che fino a qualche anno prima (e ancora nel tempo dei processi per alcune, come si vede nel quarto quadro) credevano di appartenere alla corte della Signora del Gioco, per niente malvagia e impegnata invece ad insegnare loro i segreti delle cure, al ‘servizio’ della comunità. Il culto delle Menadi, rigorosamente di donne come altri culti e rituali dell’antica Grecia, adombrava un tempo ancestrale di libertà, autonomia e valore del femminile, che, nonostante le repressioni, ancora faceva paura al potere patriarcale dominante in Grecia, il quale inserì nella ancora pericolosa memoria tradizionale elementi fortemente disturbanti e negativi: lo smembramento di vittime maschili (Agave), l’assassinio di mariti (Clitemnestra, Danaidi), di maschi, a volte partner sessuali (le Amazzoni, Circe), di bambini figli e fratelli (Medea). Nel terzo quadro si richiamano proprio alcune di queste figure ‘deviate’ (Medea, Clitemnestra, Ifigenia), ma riprese in rari frammenti di dura denuncia e opposizione alla violenza del potere maschile.
STREGHE è stato rappresentato nel 1998 presso il teatro S.Giovanni Bosco di Modena e il teatro Dadà di Castelfranco Emilia, da Il nodo, compagnia teatrale non professionista di Arcoscenico, con la regia di Milena Nicolini; è stato poi ripreso e rappresentato nel 2006 presso il Teatro S. Giovanni Bosco e il Teatro delle Passioni di Modena da Il nodo di Arcoscenico, con la regia di Pierluigi Cassano e Milena Nicolini.
QUADRO PRIMO
Irrompe in scena dalla platea (ma anche dal fondo del palco verso il proscenio) il coro delle Menadi, con tirsi, sistri, tamburi, flauti, muovendosi a ritmo gioioso, con grande libertà e differenziazione gestuale, così da suggerire una forte ed individuale emozione espressa col corpo e non una preordinata danza collettiva. Ognuna, con una scelta vocale differenziata, grida senza sosta ‘Evoè’ . Ai lati del palco quattro uomini osservano: G. F. Pico Della Mirandola, J.Sprenger, H.Institoris, Penteo. Il coro delle Menadi, giunto sul palco, fonde gli ‘evoè’ in un unico canto di base monotono, su cui si staccano le voci di piccoli gruppi che organizzano la declamazione dei brani come parti di un coro cantante, accompagnandosi con una gestualità sempre più ritmica ed uniformata, quasi di danza.
Coro delle Mènadi -Oh!, felice chi è iniziato ai riti e una vita schietta vive e va con i sacri cori sui monti e fa puro il suo cuore, abbandonandosi tutto alla divina manìa, rituando il sacro furore che è di Cibéle, Magna Mater, scuotendo in alto i tirsi, cinto d’edera il capo. Evoè, Menadi, Evoè! Levate in alto rami di quercia e di pino!
Tutti danzeranno sui monti dove corre l’orda delle donne che da fusi e telai il furore strappa lontane. Rimbombi il tamburo tondo dei Curéti e risuoni la voce di miele del flauto in un fremito che accompagna la corsa delle Menadi al monte.
Come una puledra che pascola presso la Madre, balza veloce ogni Menade nel frastuono di Frigia, nell’alto ululare del sacro grido, evoè!
Le Menadi sono sul proscenio e ora agitano minacciose i tirsi verso il pubblico; appena G.F.Pico inizia a parlare arretrano fino al fondo e voltano le spalle al pubblico, immobili ed in silenzio; indossano la loro maschera di strega orribile appesa agli apparati di tortura.
G.F.Pico (sprezzante, guardando verso le Menadi) - Donnicciole che volano ai conviti, s’abbracciano con fantasmi nella notte più oscura e poi guastano i bambini. Fatto un circolo e untosi il corpo, non so con che strano intruglio, e proferite mormorando non so che parole, le ribalde cavalcano la notte sopra quel legno col quale si concia il lino o la canapa o sopra capre, becchi e montoni e sono portate per l’aria più veloci del vento, per arrivare a incontarsi con il diavolo!
Pènteo (sconvolto e infuriato) - Le donne, abbandonate le case per le orge di Dioniso -così dicono loro!-, vagabondano sui monti nell’ombra delle selve, e con le danze rendono onore a quel Dioniso, quel dio spuntato dal nulla adesso, che neanche si sa chi sia. Nel mezzo dei giochi del tìaso c’è un cratere colmo di vino e loro, svaccate chi qua chi là, lussuriose si danno ai maschi, col pretesto di compiere il rito delle Menadi. Prendétele, legàtele: ai ferri, ai ceppi!
Margherita